"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

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Quattro mesi di guerra. Riflessioni.
Srebrenica, memoriale di Potocari

 

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Dopo circa quattro mesi dall’inizio della guerra in Ucraina proponiamo una serie di brevi riflessioni
che riteniamo utili sia di fronte alla congiuntura attuale che in una prospettiva futura.

1. Innanzitutto, per non ripetere gli errori del passato, va preso atto come questa guerra dimostri – se mai ce ne fosse bisogno – che la pace si costruisce, prima di tutto, coltivandola quotidianamente e costantemente. Nessuna guerra ha un inizio improvviso ed imprevisto. Di conseguenza stupisce che alcune istituzioni internazionali (l’ONU e l’Unione Europea in particolare) si siano rivelate incapaci di presidiare, monitorare e, dove necessario, intervenire (in termini diplomatici e di interposizione a tutela dei civili) ben prima che le fratture diventassero insanabili. Non possiamo sempre occuparci dell’oggi, ignorando cosa è successo ieri. Altrimenti domani saremo daccapo.

 

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Verso Terra Madre - Terre Alte

 

Slow Food Trentino Alto Adige vi dà appuntamento dal 27 al 29 maggio – a Trento e alle Viote del Bondone, per una tre giorni dedicata alle Terre Alte. SCOPRI IL PROGRAMMA COMPLETO
 
L’iniziativa è ricca di appuntamenti e stimoli diversi: dal Mercato della Terra ai Laboratori del Gusto a incontri dedicati alla riflessione sul futuro di questo ecosistema e su come possa essere protagonista di una diffusa e capillare rigenerazione.
 
Terre Alte è il titolo dell’iniziativa. E i suoi protagonisti sono gli artigiani del cibo buono pulito e giusto, i cuochi, le associazioni e i numerosi attivisti che si impegnano per il bene della montagna.
 
Perché parlare di Terre Alte è necessario?
 
Quando nel 2020 con Terra Madre abbiamo avviato il ragionamento sugli ecosistemi lo abbiamo fatto con l’obiettivo di immaginare nuove geografie attraverso cui ridisegnare il pianeta comprendendone complessità e interdipendenze. E per interrogarci sulla crisi che tutti gli ecosistemi stanno attraversando e sulle possibilità di rigenerazione per ognuno di essi.

La logistica

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Dialogo con Boris Pahor, oltre la morte
Boris Pahor ad una manifestazione di Osservatorio Balcani Caucaso

Caro Professore caro,

ti scrivo, ancora una volta.

Questa lettera veleggerà nell’aria fino a raggiungerti nel silenzio dell’universo dove sei approdato. Non posso ignorare il morso di dolore che stringe lo stomaco, al pensiero della morte nonostante la tua lunga complicata vita.

Di recente ho attraversato le dolenti spiagge dell’abbandono della persona amata ed ora il saluto che devo rivolgere a te acuisce il solco della perdita. Delle varie perdite, che si sommano a mano a mano che si devono salutare i volti di quanti hanno intercettato i nostri passi e con cui si sono condivisi pensieri e speranze.

Nel tuo romanzo “Il petalo giallo”1 hai messo in campo lo scambio di lettere tra i personaggi della storia narrata, ribadendo che le lettere collegano, spiegano, fanno affiorare il rimosso, illuminano, aiutano. Tra i protagonisti, Igor a Magda, un tempo le lettere erano state “un dono, di una creatura accorta ma sognatrice e infantile, che l’aveva aiutato a ritornare nel mondo degli esseri umani”, perché l’invio di missive in qualche caso permette di ricucire gli strappi della vita.

Forse anche fra noi, pur in piccola misura, i messaggi scambiati hanno lenito momenti di solitudine. Leggendo le tue narrazioni, ho intercettato tante domande ed è forse da qui che ha preso il via la nostra corrispondenza, fatta di cartoline e di lettere, scritte a mano o battute a macchina, come facevi solitamente, secondo antica usanza. Per questo oggi ti scrivo e, col tuo permesso, condivido pubblicamente alcuni argomenti di cui abbiamo discusso da lontano.

Spero che altri possano raccogliere il testimone e proseguire allargando il cerchio del dialogo intrapreso.

Un abbraccio denso di affetto.

Micaela

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Marmolada, la nostra negazione del limite nella società della performance
Il ghiacciaio della Marmolada

di Giulio Costa *

Azzurro è il colore del vuoto. Esordisce così, durante una seduta di psicoterapia, una mia paziente riferendosi al proprio lutto e al proprio vuoto personale per la recente perdita di un familiare: un dolore che ha visto rispecchiarsi nella voragine di ghiaccio azzurro lasciata dal drammatico distacco del seracco della Marmolada.

Al pari della siccità che da mesi sta colpendo il nostro territorio, la tragedia della Marmolada è diventata nuovo simbolo dell’evidente cambiamento climatico.

Tuttavia, lo sguardo diverso della mia paziente alle fotografie che da giorni riempiono quotidiani, telegiornali e social, mi hanno rivelato come quella voragine rappresenti il nostro umano e contemporaneo rapporto con il limite e la fragilità.

Un baratro fisico, naturale, ma al contempo psichico e sociale. A partire dal Secondo Dopoguerra, abbiamo via via soffocato ogni discorso sulla fragilità, sul dolore e sul senso del limite.

 

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Non ci saranno vincitori e vinti, ma soltanto vinti
Mauro Ceruti

L'intervista a Mauro Ceruti a Repubblica

"L'emergenza climatica, la pandemia, e oggi la guerra in Ucraina. Sembra che l'umanità stia affogando, ma non dobbiamo abbandonare la speranza. La storia umana è piena di svolte imprevedibili". Nella sua ricca vita accademica Mauro Ceruti, 68 anni, ha spaziato dalla filosofia della scienza alla psicologia e alla sociologia, nel solco di Geymonat e Piaget, fino all'incontro e all'amicizia con Edgar Morin. Per la sua riflessione interdisciplinare sul tema della complessità è stato insignito ieri del premio Nonino a "Un maestro del nostro tempo".  Qui riflette sulla specificità del conflitto che oggi insanguina Kiev, sul ruolo dell'Europa e sulla via per assicurare un futuro a homo sapiens.

I suoi studi si soffermano sul concetto di complessità. Quella del presente che specificità ha?

"Le grandi crisi globali di oggi sono insieme sociali, sanitarie, politiche, economiche e riguardano sia il rapporto delle popolazioni tra di loro sia il rapporto dell'uomo con la Terra. Complessità è una parola che ultimamente viene usata a sproposito. Ma ricordiamo che deriva dal latino complexus, ossia stretto, intrecciato insieme: significa che le varie dimensioni non possono essere separate: nella vita quotidiana di milioni di persone ciò implica l'impossibilità di semplificare queste interconnessioni. Dobbiamo pensarci come in un'opera di Escher, seguendo la lezione di Calvino sul compito di rappresentare il mondo come un groviglio, senza attenuarne l'inestricabile complessità, ossia la presenza simultanea di elementi eterogenei che concorrono a determinarlo. L'unica soluzione per affrontare la complessità è ciò che io chiamo umanesimo planetario, la consapevolezza che le sfide del presente si possono affrontare soltanto uniti, come specie".

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Lettera a Papa Francesco: «Mandi un'ambasceria»
Lettera scritta a mano

 

«Noi sentiamo che per uscirne ci vorrebbe una grande conversione di culture e di politiche che coinvolgesse grandi moltitudini, ma siamo pure convinti che, grazie alla infinita dignità e alle potenzialità di ogni singolo essere umano, anche una sola persona, in date circostanze, può essere lo strumento perché il mondo sia salvato».

Una lettera aperta proposta da Raniero La Valle e condivisa da centinaia di esponenti della società civile, della cultura e della politica

 

(3 maggio 2022) Santità, Papa e Pastore, Padre e Fratello nostro Francesco o come ognuno di noi preferisce chiamarla da diverse sponde culturali e religiose,

conoscendo i suoi strenui sforzi per la pace e uniti all’ansia di milioni di persone che anelano a costruire un mondo di giustizia concordia e diritto, desideriamo esprimerle la nostra angoscia per la cattiva e letale forma di convivenza che si sta stabilendo a livello globale, non solo per la guerra in corso, contro le speranze di un mondo più prospero e sicuro che erano nate sul finire del secolo scorso. Metà di quel secolo lo abbiamo vissuto col terrore della bomba atomica e delle sue ulteriori degenerazioni, ma se il terrore era un cattivo sentimento il suo effetto positivo è stato di prevenire e impedire una guerra nucleare, essendo diventata cultura comune la novità enunciata dal suo predecessore Giovanni XXIII che la guerra stessa, per questa ragione, fosse diventata del tutto irragionevole. Tuttavia la ragione non è l’unico movente dell’agire umano, e talvolta fallisce o può essere tradita, sicché oggi quell’impedimento alla guerra, e tanto più alla guerra totale, sembra non più cogente e affidabile. Una guerra in più, oltre alle molte già patite, si è oggi scatenata con effetti imprevisti e gravissimi, e se provoca un inedito spavento, suscita il pianto alla vista di ogni singola persona o casa o opera travolta dalla devastazione e dalla morte.

Il sentimento impellente è che il mondo debba essere salvato, ma nonostante le buone volontà che pure sono presenti, non sembra che ve ne siano oggi le premesse, anzi il pericolo per la condizione umana va di giorno in giorno crescendo. Noi sentiamo che per uscirne ci vorrebbe una grande conversione di culture e di politiche che coinvolgesse grandi moltitudini, ma siamo pure convinti che, grazie alla infinita dignità e alle potenzialità di ogni singolo essere umano, anche una sola persona, in date circostanze, può essere lo strumento perché il mondo sia salvato. Le chiediamo di essere Lei a prendere l’iniziativa di un tale tentativo. 

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Divenire terrestri
La prima di copertina del libro di Luigi Ferrajoli

di Ugo Morelli *

Oltre l’estrazione, per una vivibilità planetaria. Potrebbe essere questa la sintesi per descrivere l’intento e la forza che sprigiona il libro di Luigi Ferrajoli, Per una costituzione della Terra. L’umanità al bivio, Feltrinelli, Milano 2022. Un moto di esultanza prende già dal titolo e dalla copertina: finalmente un giurista di tale livello prende in mano la situazione! E ci invita a smetterla di essere terricoli per divenire finalmente terrestri, indicandoci una via decisiva per riuscirci, quella delle regole fondamentali, quelle istituenti, per tutti gli abitanti della Terra.

Ad essere chiamati all’impegno sono, naturalmente, coloro che sono i principali responsabili, non solo perché sono divenuti i principali distruttori della Terra, ma anche perché portano la responsabilità di specie di sapere di sapere, e non solo di sapere; di conoscere la conoscenza e non solo di conoscere; di pensarsi e non solo di pensare. Siamo tutti chiamati a farlo per noi e l’ecosistema di cui siamo parte, da cui la nostra stessa vivibilità dipende. La chiamata è a darci le regole di base per smettere di estrarre sempre di più le risorse dalla nostra casa senza preoccuparci della loro riproducibilità, e di abusare senza limiti della nostra capacità di farlo.

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