"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Ritorno nell'Europa di mezzo. Prima puntata

Blagaj (Bosnia Erzegovina)

(agosto 2014) Dal mio ultimo viaggio balcanico è passato grosso modo un anno. Non più di tanto dunque, ma nell'agosto scorso fu una veloce apparizione in occasione della conferenza sul significato del “buono, pulito e giusto” nel valorizzare l'unicità di questo pezzo d'Europa nel corso della prima navigazione danubiana di "Viaggiare i Balcani". C'era stato nel 2012, è vero, un viaggio del turismo responsabile con alcuni amici, ma in realtà sono via da queste terre che nel passato avevo tanto frequentato da un sacco di tempo.

Non è questione di nostalgia, la cosa che mi è mancata è stato soprattutto lo sguardo strabico che la precedente frequentazione mi aveva aiutato ad avere, quella lettura dell'Europa che mi faceva comprendere con maggiore nitidezza i processi della modernità che l'hanno attraversata negli anni cruciali seguiti alla caduta del muro di Berlino. Era questa, del resto, la mia risposta a quanti in passato mi chiedevano ragione di questa particolare attenzione verso i Balcani. Come spesso vado dicendo attorno al centenario dell'inizio della prima guerra mondiale, non è affatto un caso che il Novecento, il “secolo degli assassini” che ancora non abbiamo sufficientemente elaborato, sia iniziato e si sia concluso in quel di Sarajevo.

Passa da qui la costruzione dell'Europa politica. Passano da qui le forme più acute della post modernità seguita al fallimento della sperimentazione politica e sociale che è stato il comunismo reale. Passano da qui le forme più aggressive della deregolazione che poi si riverberano nel resto d'Europa nei modi più svariati, dallo sfruttamento della persona alla criminalità organizzata. Passa da qui quel processo culturale di imbarbarimento che permette di vivere tutto questo come naturale, spesso suffragato dalla più o meno consapevole adesione ideologica al turbocapitalismo.

Ecco, in questo racconto di viaggio, attraverso le immagini e le parole raccolte, vi parlerò di tutto questo.

Il piacere del viaggio e la banalità del turismo di plastica 

E' mattino presto nel vecchio motel da poco ristrutturato nei pressi di Pocitelj che solo qualche ora prima ha dato asilo alla stanchezza di un viaggio lungo più di mille chilometri. Nella notte ci siamo lasciati alle spalle il mondo plastificato di un modello turistico che sta divorando la costa croata, mentre dall'altra parte dell'Adriatico quello nostrano boccheggia nella sua insostenibilità di cui il cambiamento climatico è solo uno degli aspetti. Eppure, qui e lì c'è un'umanità che questo desidera per le proprie vacanze, intese come spazio vuoto nella legge tutt'altro che spontanea del divertimentificio, l'industria che ha ormai omologato pressoché l'intero Adriatico. Non tutto, certo, ma dobbiamo pure riconoscere che le esperienze diverse improntate allo slow sono piuttosto rare.

Nella luce limpida del mattino il mio orizzonte è l'antico borgo di Pocitelj, “la città di pietra” come la chiamava Ivo Andrić, con i suoi splendidi edifici in pietra e legno che pure la furia del nazionalismo croato aveva cercato negli anni '90 di cancellare bombardando l'antica moschea, il bagno turco, la scuola coranica, l'antica mensa pubblica, la torre dell'orologio e le raffinate case signorili che compongono questo gioiello della storia. Bombardare la storia, è quel che accade sempre più frequentemente nelle guerre moderne. Ora l'accurata ricostruzione ha riconsegnato Pocitelj all'antico splendore. Mi chiedo quante delle molte persone che dal primo mattino affollano l'antico borgo ottomano si sono interrogate sul serio su quel che accadde nell'agosto del 1993 quando i nazionalisti erzegovesi dell'HVO, spalleggiati dai frati di Medjugorije, pensarono che quel tratto di terra dovesse venir ripulito da tutto quel che raccontava una storia diversa dalla loro...

Luoghi ricchi di storia e cultura, che ti avvolgono in un atmosfera speciale. Come a Blagaj, il villaggio che ospita l'omonima tekkjia, luogo di meditazione dei sufi, dove nel 1463 venne redatto il famoso editto del sultano Mehemet II, fra i primi esempi di tolleranza religiosa in un tempo di profonda ostilità. Perché nello stesso passaggio di tempo altri editti cacciavano i sefarditi e i musulmani dalla Andalusia che abitavano da secoli o fomentavano pogrom contro le popolazioni ebraiche nelle città europee, mentre questo semplicemente proteggeva i francescani bosniaci da ogni forma di vessazione.

Colgo da subito lo stupore di Antonio e Diego, compagni di viaggio che da tempo mi avevano chiesto di dare concretezza alle immagini di questa Europa tanto presenti nel mio argomentare. Quello stesso stupore che li prende nel vedere la bellezza della città vecchia di Mostar, fascino appena scalfito dalle cianfrusaglie che anche qui un certo modo di intendere il turismo porta con sé. Non è obbligatorio propinare cazzate made in Cina per lasciare il segno e accendere il desiderio di ritornare. Butto un occhio nel negozietto dei prodotti dell'Erzegovina che il programma Seenet aveva contribuito a realizzare ma appare desolatamente snobbato dal fiume in piena del turismo arraffone.

E' lo stesso stupore che a sera passa per il loro sguardo nelle vie di Sarajevo, quasi che la raffinatezza dei caffè e dell'umanità che vi si incontra rappresentasse un'ingiustificabile assenza nel proprio bagaglio di cittadinanza europea. Penso fra me che il sentirsi cittadini europei annoveri fra i suoi ingredienti anche la conoscenza, in questo caso la frequentazione specie di un'Europa che nemmeno ti immagini come quella che puoi respirare nelle città che hanno fatto la storia.

 

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