"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Quel che il referendum in Scozia ci racconta...

Rovesciamenti

di Michele Nardelli

(19 settembre 2014) “Il regno è salvo”, dicono con un sospiro di sollievo a Londra, ma hanno ben poco di cui rallegrarsi. Perché l'esito del referendum scozzese, in un primo momento sottovalutato e che successivamente ha fatto tremare i polsi ai poteri forti della City, va oltre i numeri ufficiali che dicono a maggioranza “no alla secessione della Scozia”.

A guardar bene il successo dei promotori va oltre i dieci punti di differenza fra i favorevoli e i contrari. Per l'attenzione internazionale che ha avuto, per l'altissima affluenza che ha registrato (solo qualche mese fa nel Regno Unito per il Parlamento Europeo aveva votato il 36% degli aventi diritto), per gli impegni in senso autonomistico che il referendum ha strappato al centralismo londinese (e non solo per la Scozia), questo voto lascia il segno. Evidenziando un aspetto forse meno considerato in queste ore ma che a mio avviso assume un valore cruciale, la crisi degli stati nazionali.

Non ho condiviso le ragioni dei secessionisti (che vincono nelle tradizionali roccaforti operaie un tempo laburiste), né quelle degli unionisti (attenti ai territori solo per scongiurare la disfatta del Regno Unito), ma non si può non cogliere la straordinaria attualità del nodo posto con questo referendum, ovvero quello del rapporto con un processo globale che scardina l'ordine precedente, che ridefinisce le sovranità e i luoghi del comando, che mette in discussione garanzie sociali costate un secolo di lotte e date per acquisite, che omologa i territori e le culture costringendole a mettersi in gioco...

Le risposte al nuovo ordine mondiale le abbiamo conosciute in questi anni torbidi, dal rinchiudersi a riccio a difesa del proprio giardino al neoliberismo, ovvero il diritto del più forte. Le vie dell'umanesimo, uscite malconce dal Novecento, già faticano a fare i conti con se stesse, appaiono incapaci di accettare le sfide di un tempo nuovo rimasticando vecchie teorie nella speranza che il mercato (e il rilancio dei consumi) possa indicare risposte che la politica non sa più dare. Dimentiche che il pianeta ha già oltrepassato la soglia della sostenibilità.

Il referendum di ieri è tutto qui dentro. Altri ne verranno. L'alternativa non può essere quella fra Sean Connery o sua Maestà britannica. Per questo urge quel cambio di paradigma di cui da tempo vado parlando, capace di dialogare con la terra e il nostro tempo.

 

3 commenti all'articolo - torna indietro

  1. inviato da Michele il 20 settembre 2014 13:41
    Il dramma è che, in assenza di un nuovo pensiero, quelli precedenti implodono prendendo le strade più diverse. Da qui la trasversalità sociale e di appartenenza ideologica dei due schieramenti. E' ovvio che il cambio di paradigma non è un affare trentino, anche se da qui avrebbero potuto venire stimoli interessanti proprio a partire dall'esperienza di esercizio di un'ampia autonomia. Purtroppo il Trentino è sulla strada dell'omologazione politica e del "renzismo". Peccato.
  2. inviato da Valeria il 20 settembre 2014 13:33
    Ancora una lucida analisi di Michele Nardelli
    Come non condividere?
  3. inviato da stefano fait il 20 settembre 2014 09:13
    Le ragioni di molti unionisti non erano così rozze.
    La motivazione precipua era che laddove è possibile federare e delegare, creare nuove frontiere è stupido.
    Fortunatamente questa posizione di buon senso ha prevalso sul nazionalismo meschino del tipo: "noi siamo nordici come gli scandinavi, siamo migliori, affari vostri se non riuscite a liberarvi dai neoliberisti e dallo strapotere della City" (c'erano ovviamente argomentazioni diverse e più mature, ma la frequenza di questo tipo di "logica" era sorprendente nei forum dei quotidiani).
    Il Regno Unito è uno degli stati più centralisti d'Europa, il più centralista tra le grandi nazioni.
    Nella piattaforma del partito laburista per le prossime elezioni il decentramento sull'intero territorio e non solo in Scozia o Galles è uno dei punti cardine.
    Se Salmond non si fosse messo d'accordo con Cameron nell'escludere l'opzione devo max gli abitanti della Cornovaglia, dell'Irlanda del Nord, del Galles e delle varie regioni inglesi avrebbero potuto coalizzarsi molto prima, sulla scia scozzese, per una riforma federale, dando il buon esempio anche a Spagna, Ucraina, Francia e a noi.

    Il cambio di paradigma dev'essere un affare ITALIANO, EUROPEO e MONDIALE, non solo trentino. Il Trentino avrà l'obbligo morale di battersi per l'autonomia di tutti i popoli del mondo. Questa è l'unica vera base morale dell'autonomia: non sono libero se non siamo liberi, non sono prospero se non siamo prosperi.
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