"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Perturbare la pace

Prima guerra mondiale

(21 ottobre 2014) Presenti al proprio tempo. Ho usato queste parole, nel dicembre scorso, a conclusione della mia esperienza, bella e stimolante, alla presidenza del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. Descrivendo così il tratto distintivo di un percorso nel quale ho – ma è più giusto dire abbiamo – cercato di far uscire la pace dalla retorica banalizzante in cui da tempo si è cacciata.

Un lavoro impervio. Non solo perché oggi la guerra continua ad essere il modo normale con cui si regolano i conflitti, ma anche perché il pacifismo si è arenato nei propri rituali, incapace di rompere gli steccati della propria autoreferenzialità.

Ci abbiamo provato, non so con quale esito. Certamente testimoniando che c'è un modo diverso di declinare la parola "pace", indagando la guerra fin dentro la banalità del male. Una strada originale che ha avuto il merito di intercettare le grandi questioni del nostro tempo, dallo “scontro di civiltà”, al cruciale tema del “limite”, all'elaborazione del Novecento nel centenario del “secolo degli assassini”. "Perturbare la pace" abbiamo detto, riprendendo la straordinaria suggestione di James Hillman.

Ora, nel vedere riproposta la marcia per la pace Perugia Assisi con il suo stanco rituale di parole d'ordine che nella loro astrattezza divengono retorica, provo una distanza crescente. Dietro la festa delle bandiere arcobaleno c'è a guardar bene un vuoto profondo, tanto nell'incapacità di tentare risposte alle aree di crisi in grado di condizionare l'agenda dei governi, come nel dotarsi di una agenda propria per sottrarsi alle continue emergenze e costruire – nel pensiero come nell'agire quotidiano – una consapevolezza ed un sentire diffuso. Per non parlare delle miserie umane che pervadono anche questi luoghi, quasi un tabù per i chierici della pace.

Penso che la pace richieda quello stesso cambio di pensiero di cui ha bisogno l'umanità per immaginare un futuro diverso dalla guerra di tutti contro tutti che la limitatezza delle risorse e l'indisponibilità a rivedere i propri stili di vita pongono in essere. E penso che il mondo della pace non abbia bisogno di anestetici per sentirsi meno solo.

 

2 commenti all'articolo - torna indietro

  1. inviato da Michele il 23 ottobre 2014 15:02
    Sappiamo bene che non è così, non è un problema tuo. E' il fatto che se un pensiero è fermo non produce nulla di interessante, anzi subisce un'involuzione fino a dar corpo a quella che da tempo, insieme, chiamiamo "banalità del bene". La cosa che fa male è che tante persone nemmeno se ne accorgano, perché anche porsi le domande giuste non è affatto scontato.
  2. inviato da Mauro Cereghini il 21 ottobre 2014 23:03
    Michele sai quanto condivida questi pensieri. Provocatoriamente li porto anche un passo oltre: recentemente ho letto sia i documenti sulla Perugia-Assisi (qui l'ultimo http://www.perlapace.it/index.php?id_article=7228), sia le linee guida per il Libro Bianco della Difesa in corso di preparazione (http://www.difesa.it/News/Documents/Linee Guida.pdf). Ebbene per quanto non ne condivida molti dei contenuti, trovo sicuramente più stimolante questa seconda lettura, scritta in prevalenza da militari. E' un problema mio?
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