"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

I mercati finanziari, la Grecia e l'Europa

Atene

 

di Michele Nardelli

 

(19 gennaio 2015) Domenica prossima 25 gennaio la Grecia torna al voto dopo lo scioglimento anticipato del Parlamento. Le previsioni danno tutte nettamente in testa il partito Syriza, formazione della sinistra nata qualche anno fa nel contesto dei movimenti che hanno dato vita ai forum sulla globalizzazione e che ben presto ha fatto diventare ferri vecchi non solo i tradizionali partiti comunisti ma anche il Pasok, il partito socialista che nelle elezioni politiche del 2009 ancora poteva contare sul 43% dei suffragi.

 

Quello che è in seguito accaduto è storia recente: alla crisi finanziaria globale si è sommata l'esplosione del debito pubblico greco, portando questo paese (che, non va dimenticato, è al 29° posto nell'ISU, l'indice di sviluppo umano) sul baratro della bancarotta. La cura da cavallo imposta dalla BCE e dal FMI ha forse evitato il fallimento, ma con costi sociali disastrosi che hanno gravato sulla condizione di vita delle famiglie e dei settori sociali più vulnerabili. 

 

Ora gran parte degli osservatori internazionali guardano con preoccupazione a quanto accadrà nelle elezioni di domenica prossima, consapevoli che un'affermazione di Syriza comporterebbe una svolta politica in una direzione diversa da quella sin qui seguita, a cominciare dalla rinegoziazione delle condizioni imposte dagli organismi internazionali alla Grecia. Una prospettiva temuta dai mercati finanziari, che non a caso hanno iniziato già nei mesi scorsi una pressione verso l'opinione pubblica greca, addebitando la turbolenza dei mercati finanziari all'incertezza della situazione politica greca e paventando scenari apocalittici che però non hanno sortito l'effetto sperato, tanto che gli ultimi sondaggi danno il partito di Alexis Tsipras in continua crescita (il più recente dà Syriza al 34,7%).

 

Una pressione invero intollerabile perché quella che vivono i mercati finanziari è piuttosto l'onda lunga di una crisi strutturale che ha come fattore decisivo il peso della finanza sull'economia reale. I dati sono ormai noti a tutti, nonostante si faccia finta di non vedere. Dalla crisi dei subprime a quella dei titoli derivati non è cambiato praticamente nulla, anzi il rapporto fra “finanza di carta” ed economia reale continua a crescere a favore della prima oltre ogni misura (alla fine del 2013 l’ammontare delle attività finanziarie globali corrisponde a 993 bilioni di dollari, 993 mila miliardi, mentre l’ammontare del prodotto lordo mondiale è di 75 bilioni di dollari, 75 mila miliardi: il rapporto è di 1 a 13). Anche il timidissimo tentativo di imporre una tassa sulle transazioni finanziarie (la cosiddetta Tobin tax) è ancora di là da venire e gli investitori continuano a preferire i titoli finanziari piuttosto che l'economia reale: vale per i fondi pensione, per le scelte dei singoli risparmiatori come per le aziende che investono i proventi aziendali in rifugi finanziari (considerati a breve termine più redditizi), a scapito della ricerca e dell'innovazione produttiva.

 

E qui dovrebbe intervenire la politica. Perché solo un diverso approccio europeo potrebbe avere qualche chance di mettere in discussione le dinamiche di una finanziarizzazione altrimenti inarrestabile. Rispetto alle quali la Grecia appare comunque del tutto marginale visto che questo paese rappresenta meno del 2% del PIL dell'Unione Europea e che la stessa esposizione dei singoli paesi nei titoli di stato greci non sarebbe comunque così difficile da assorbire (senza dimenticare che i titoli greci sono stati negli anni oggetto di speculazione e che la Grecia, con Cipro, sono state usate per anni nel mercato finanziario come lavanderie).

 

Ecco allora che la questione greca da spauracchio potrebbe assumere un valore paradigmatico. Per il cambio di prospettiva che ne può venire nella sperimentazione di un indirizzo economico diverso dalle regole del liberismo, inverando una diversa prospettiva capace di rinegoziare il debito, nel porre nuove regole antispeculative e nel valorizzare la ricchezza culturale ed ambientale di questo paese. E per come possa venirne un insegnamento nella costruzione di un'Europa come progetto politico sovranazionale.

 

1 commenti all'articolo - torna indietro

  1. inviato da stefano fait il 22 gennaio 2015 22:44
    La Grecia è un paese NATO e Syriza è un'alleanza di partiti e movimenti fondamentalmente anti-NATO.
    Tsipras che si trova a partecipare alle riunioni dei membri NATO e denuncia l'aggressività dell'Alleanza Atlantica, minaccia l'uscita dalla NATO, stringe accordi strategici con Russia e Cina, condanna le politiche di Israele, riconosce la Palestina. mmmh...useranno i picchiatori di Alba Dorata come in Baviera usarono i Freikorps contro Rosa Luxemburg.
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