"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Un'estrema fragilità

Intrecci

Quello che segue è l'editoriale di Simone Casalini pubblicato domenica 8 febbraio sul Corriere del Trentino

di Simone Casalini

(8 febbraio 2015) Quando le impalcature istituzionali vacillano e la rappresentanza del sociale si riduce, dando impulso alla diserzione politica, è quasi fisiologico assistere a una fase di disorientamento nella quale si affacciano proposte di ricomposizione a credibilità variabile. Non fa eccezione lo zibaldone della politica trentina che si destreggia tra antiche (contraddittorie) suggestioni e tentazioni solipsistiche perché, nel tempo delle leadership comunicative, l’idea di re taumaturghi su cui fondare la sintesi rimane una costante.

Occorre tuttavia prestare molta attenzione affinché le alchimie sperimentate in laboratorio possiedano un requisito essenziale: l’adesione del sociale. L’estetica della novità di per sé non basta se non produce culture durature e una motivazione elettorale, se non stimola l’impegno e la partecipazione a un orizzonte collettivo. Anche accettando che tali orizzonti possano essere oggi più ristretti rispetto al passato.

Sono un po’ i limiti che sembra di cogliere in alcune opzioni lanciate di recente, mosse dall’estrema fragilità del quadro politico e della classe dirigente. Fragilità che investe, in prima battuta, il Partito democratico: avrebbe dovuto essere l’architrave della coalizione, invece si è ripiegato in un’astiosa campagna di Russia interna della quale non si intuiscono le ragioni e le proiezioni future. L’ultima trincea di guerra è stata eretta tra il vicepresidente della Provincia Olivi e il gruppo consiliare in una logica di personalizzazione estenuante.

Il congiungimento con Lorenzo Dellai e una parte dell’Upt, ideale rammendo del vulnus creatosi all’origine del Pd trentino, funziona allora un po’ come ricostituente, senza essere tuttavia risolutivo, perché i ceti politici in trasformazione devono anche saper ripopolare le aride praterie elettorali. E ciò è tutto da dimostrare. Forse è il motivo che consiglia il Patt, partito del pragmatismo ma con echi popolari, di non crucciarsi per il grande rifiuto dellaiano (addio Casa dei Trentini e Partito del Trentino) occhieggiando a quelle aree di consenso rimaste orfane.

Certo, è paradossale che l’alternativa a questi percorsi minimamente collettivi sia quella dell’uomo forte. Infatti, se Matteo Renzi ha centrato finora una scommessa, quella di suscitare a destra e sinistra l’attesa di un nuovo inizio, dall’altra è innegabile che sia rimasto l’unico player del sistema: segretario nazionale del Pd, presidente del Consiglio, narratore della contemporaneità, interlocutore unico. In entrambi i casi, all’elettore non rimane che l’atto di fede.

 

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