"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Parigi, Beirut, Baghdad, Damasco...

Parigi, il giorno dopo (foto Reuters)

E ora?

Dopo la notte di terrorismo che ha lacerato una città come Parigi, lasciando sulle strade, nei teatri e nei locali pubblici un altissimo numero di vittime, ci troviamo immersi nella paura.

Beirut non è più una città lontana che si può anche far finta di non vedere, è intorno a noi. Ora forse possiamo capire come Damasco e Baghdad, città antiche che nella storia sono state la culla della civiltà, per anni teatro di guerra e di terrore, possano vivere il loro presente.

E possiamo capire quanto fosse funesta e fuorviante la sciagurata idea dello “scontro di civiltà”, nel dover prendere atto che questo teatro non è lontano migliaia di chilometri ma sotto casa, nei luoghi che abitualmente frequentiamo.

L'innocenza l'abbiamo persa da tempo, quando l'occidente ha pensato di poter trasformare il vicino Oriente in un inferno di fuoco che veniva dal cielo. A guardar bene prima ancora, quando ci siamo troppo sbrigativamente assolti dalla tragedia dell'olocausto.

L'interdipendenza ci ha restituito quel che abbiamo seminato. Attraverso i signori della guerra, finanziati da governi amici dell'occidente, addestrati dai nostri servizi, armati da un'industria bellica che fa PIL e non conosce confini.

E se imparassimo qualcosa? Se non l'abbiamo saputo comprendere con l'attentato alle torri gemelle, laddove s'è infranto il monopolio della forza, dubito che lo capiremo oggi. Conosciamo solo il linguaggio delle armi, non potremo che rimanerne vittime.

Dovremmo riflettere, non mostrare i muscoli. Smetterla di dividere il mondo fra il bene e il male. E cambiare decisamente registro. Ma le reazioni di queste ore, da parte dei governi occidentali e delle loro opinioni pubbliche, vanno esattamente nella direzione opposta.

Immersi in questa spirale, cerchiamo almeno di non smarrire il diritto di pensare e di dire parole diverse.

 

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