"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

L'ulivo e il senso del limite

Puglia, Ulivi

(29 marzo 2017) Ulivi centenari, talvolta millenari. Come in Palestina, anche nel Salento la prima sensazione che ho provato avvicinandomi a queste meraviglie della natura è stata la fragilità delle nostre esistenze, quel profondo rispetto che provi verso le cose più grandi te, come se delle piante potessero infonderti il senso del limite.

Vedere – come avviene in Palestina – queste sculture naturali tagliate come segno di disprezzo per qualcosa che rappresenta la storia degli altri o – come accade in questi giorni nel Salento – strappate dalla terra per far posto alle magnifiche sorti di un progresso che non sa interrogarsi sulla propria insostenibilità, prova in me un senso insieme di dolore e di indignazione.

Perché il tema non è semplicemente l'ubicazione di un gasdotto, laddove una scelta diversa di percorso avrebbe potuto evitare lo scempio di queste ore. E' proprio il non interrogarsi di fondo da parte della politica che colpisce, è la sua subalternità di fronte alla pretesa superiorità della tecnica. E' l'insignificanza verso la vita di chi progetta queste opere come se, in nome di un interesse superiore (del tutto discutibile), la storia di un luogo, la sua natura, fosse insignificante.

Mi vengono in aiuto le straordinarie parole di Hannah Arendt: «Quanto più una civiltà è evoluta, quanto più completo è il mondo da essa creato, quanto più familiare gli uomini trovano questo ambiente “artificiale”, tanto più essi si sentono irritati da quel che non hanno prodotto, da tutto quel che è loro misteriosamente dato». (m.n.)

 

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