"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Un futuro in cui riconoscersi

Segantini

di Ugo Morelli

Concludendo il suo libro che avrebbe dato il nome al 1.900, Il secolo breve, il grande storico Eric Hobsbawm scrive: “Se l’umanità deve aver un futuro nel quale riconoscersi, non potrà averlo prolungando il passato o il presente. Se cerchiamo di costruire il terzo millennio su questa base, falliremo. E il prezzo del fallimento, vale a dire l’alternativa a una società mutata, è il buio”.

Assistendo agli attuali giri di giostra con cui le forze partitiche affrontano la preparazione alle candidature per le prossime elezioni politiche viene da pensare che i timori dello storico fossero fondati. I prossimi cinque anni saranno anni di scelte difficili e ogni comunità locale dovrebbe esprimere dei progetti politici e delle prese di posizione chiare rispetto a questioni ineludibili.

Eppure non è così che accade. Quello che potrebbe apparire un piccolo esempio, ma non lo è, come la “banca della terra”, per citare una questione tra le altre, sollevata dal Corriere del Trentino intervistando Michele Nardelli, autore di una legge inattuata, può servire per riflettere su come si affrontano le cose. Stiamo parlando di una scelta che nelle intenzioni del legislatore avrebbe dovuto connettere tra loro tre questioni attualissime: il lavoro dei giovani; la valorizzazione di terreni pubblici coltivabili; la filiera alimentare con relativa valorizzazione dell’agricoltura di montagna.

Non è difficile vedere la rilevanza di questi temi sia da un punto di vista sociale che economico, ma in particolare come strategia di governo per un territorio, quello trentino, che dovrebbe cercare un posizionamento distintivo in un settore che in buona misura è stato consegnato a un modello agricolo industrial-padano. Ciò è avvenuto, peraltro, nel tempo in cui la preferenza per i prodotti di nicchia e frutto di una vocazione territoriale specifica è prevalente sul mercato. Per non parlare degli effetti inquinanti di quel modello di agricoltura che si è affermato.

Ma non è su questo livello che avviene il confronto. A scatenarsi è un tira e molla su chi avrà le deleghe sull’agricoltura, con prese di posizione che, lungi dal riguardare i contenuti e le strategie, mostrano strani diritti di prelazione su un settore piuttosto che su un altro da parte delle forze partitiche. È solo un esempio, ma evidenzia l’approccio e lo stile dominante, che vede in scena nomi e posizioni da conquistare, ma non progetti e strategie proprie di un programma per scegliere e governare.

Non è difficile comporre un’agenda delle questioni critiche che una realtà autonoma come il Trentino si troverà ad affrontare nei prossimi anni. In particolare per assumere posizioni che tutelino il sistema locale a livello nazionale, in modi non difensivi ma progettuali, in una prospettiva federale, ma attendiamo ancora che qualcuno si rivolga ai contenuti per un futuro nel quale riconoscersi.

 

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