"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Diario

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mercoledì, 31 agosto 2011Siria, antiche civiltà

Per la comunità islamica del Trentino è la fine del Ramadam. Un giorno di festa, ma anche l'occasione per un rinnovato impegno da parte della comunità e delle istituzioni trentine nel processo di costruzione di una piena cittadinanza, a cominciare dal diritto ad un luogo di preghiera per i credenti. E per questi nuovi trentini di sentirsi responsabilmente parte integrante di un territorio. Nel saluto che il presidente del Consiglio provinciale Bruno Dorigatti porta alla "Festa del Fitr" che conclude il Ramadam questo messaggio esce forte e chiaro.

"Il Ramadan insegna la pazienza, l'altruismo, la solidarietà e l'amore per il prossimo, come  si dice è il mese, il corso intensivo di educazione e del cambiamento in positivo - scrive il Presidente Comunità Islamica del Trentino Alto Adige Aboulkheir Breigheche - ... mi piace dire che il Ramadan ci insegna di come essere buoni cittadini".

Vedo Aboulkheir Breigheche il giorno seguente al Forum. Ci incontriamo insieme ad Adel Jabbar per parlare della situazione in Siria, che del presidente della Comunità islamica è il paese d'origine. Dall'inizio della primavera siriana il regime ha assassinato più di duemila persone, i cui nomi sono stati raccolti uno ad uno da Amnesty International. E' il tragico epilogo del potere familistico di  Bashār al-Asad, il quale non ha esitato ad usare carri armati e persino navi da guerra per bombardare le città insorte.

La Siria è un paese chiave nella regione, al pari o forse più dell'Egitto. Ventiquattro milioni di abitanti, questo paese ha una raffinata tradizione culturale ed anche sul piano politico, nonostante il monopolio del potere da parte del partito Ba'th, è stato in passato luogo di confronto culturale che rappresentava un punto di riferimento per l'insieme del mondo arabo. Nonostante la violenta repressione, la rivolta democratica prosegue e ci chiediamo che cosa possiamo fare come Forum per sostenerne le ragioni. Nelle scorse settimane si è costituito un Consiglio nazionale di transizione e decidiamo di invitare in Trentino i suoi rappresentanti. Intanto lunedì prossimo, in occasione dell'incontro con il regista tunisino Mourad ben Cheikh che stiamo promovendo, della primavera - fra speranze e disincanto - faremo il punto.

In tarda mattinata ho un appuntamento con il presidente della Provincia Lorenzo Dellai. Gli consegno il testo del Disegno di Legge sul software libero per una condivisione di massima. E' ancora un documento in itinere, ma ben strutturato, che richiede un'attenta verifica delle trasformazioni che potrebbe mettere in campo, dei costi della migrazione dall'attuale software proprietario al software libero, dei benefici che ne possono venire. Oggi il Corriere del Trentino riprende nuovamente e con un certo rilievo l'argomento, riportando alcune mie considerazioni sul valore di una proposta come quella articolata. Dellai si dimostra interessato e non appena si sarà confrontato con i suoi dirigenti prevediamo di rivederci.

L'incontro è anche l'occasione per parlare di un progetto rivolto alla Regione affinché si doti di uno spazio di ricerca e di elaborazione sulle autonomie locali nelle controversie internazionali. L'interesse verso la nostra esperienza autonomistica è venuta in questi mesi da molte parti, dal Tibet alla minoranza uigura dello Xinjang, dal Sahara Occidentale al Kosovo, dal Caucaso all'Afghanistan. Gli parlo nella fattispecie di "Afghanistan 2014", un programma che come Forum e Unimondo intendiamo lanciare a breve sul futuro assetto istituzionale di quel disgraziato paese dopo mezzo secolo di invasioni che l'hanno messo a ferro e fuoco. Proposta convincente, mi dice. Mi tocca lavorarci...

Un veloce scambio di opinioni su altre questioni e sullo stato della politica, ripromettendoci un'occasione specifica per parlarne con calma. Le nostre storie politiche sono molto diverse, ma su una cosa ci si è sempre capiti al volo nel corso di questi anni: l'idea che la politica richieda sperimentazione originale legata al territorio. E se il Trentino è stato laboratorio originale, lo si deve anche a questo. Questo comune sentire, oggi che la nostra esperienza di autogoverno è messa in discussione da più parti così pesantemente, non è cosa da poco.

Nel pomeriggio lavoro sulla relazione di sabato a Sanzeno. Sarà, quella di sabato prossimo, una giornata piuttosto intensa. La seconda giornata del convegno "Meno Male" in Val di Non, al mattino l'iniziativa al Colle di Miravalle per sostenere la proposta di Premio Nobel alle donne africane, nelle stesse ore la manifestazione dell'Anpi di Trento, Belluno, Feltre e Bolzano e l'adesione dell'Associazione Nazionale Alpini provinciale a Castello Tesino e Costabrunella, sul sentiero della memoria del battaglione "Gherlenda", infine nel tardo pomeriggio a Rovereto l'incontro con il regista tunisino Mourad ben Cheikh che presenta il suo film "Mai più paura", nell'ambito del festival "Oriente - Occidente" e del percorso "Cittadinanza euromediterranea". A tutto non si può star dietro, ma anche questo affollarsi di cose è un indicatore della grande vivacità di questa nostra terra. Le pagine degli appunti si infittiscono, il tema della "felicità della guerra" mi appassiona, quasi la scaletta per un lavoro da sviluppare nella prossima vita.
martedì, 30 agosto 2011software libero

Il Corriere del Trentino pubblica un servizio dedicato al software libero. Ne avevo parlato nei giorni precedenti con Simone Casalini e l'importanza di una migrazione del sistema provinciale verso il Floss (la categoria del software che risponde ai requisiti del software libero o del software open source), più volte auspicato, emerge con forza. Emerge anche qualche resistenza, com'era prevedibile, ma ciò accade ogni volta che s'introduce un'innovazione significativa in un sistema complesso.

Il Disegno di Legge al quale abbiamo lavorato con un folto gruppo di lavoro in questi mesi è ormai pronto ed ora viene portato al vaglio preventivo del gruppo consiliare e della maggioranza. Su un tema tanto delicato è bene un'ampia condivisione, nella consapevolezza che quello che ci aspetta non sarà un iter semplice. Il tema è di grande attualità, investe tanto gli aspetti della democrazia della comunicazione quanto l'uso oculato delle risorse pubbliche, ma anche piuttosto ostico trattandosi di un argomento ancora per "addetti ai lavori".

Gli ultimi ritocchi sulla relazione e ci siamo. Scrivere un Disegno di Legge non è cosa facile, farlo con il contributo di esperti rende la cosa insieme più facile per le competenze che vengono messe in gioco ma anche più difficile perché le idee sui singoli aspetti possono essere diverse, bisogna conciliare sensibilità e così via. E poi non tutti i disegni di legge sono uguali. Si può fare una proposta di modifica di un articolo di una legge esistente, o articolare qualcosa di più organico e complesso. E questo DDL fa parte di questa seconda specie. Speriamo in bene.

Devo dire che fino ad oggi le proposte di legge che mi vedono primo firmatario sono state tre (filiere corte, fondi rustici, bonifica amianto): le prime due sono andate in porto mentre la terza arriverà in aula in autunno. Pesi specifici diversi, di grande portata quella sulle filiere (che ha visto unificarsi altri due DDL di altri gruppi consiliari), di peso minore quella sui Fondi rustici (ma potremo valutarne gli effetti solo dopo aver costituito l'anagrafe dei fondi), di forte impatto quella sull'amianto se riusciremo (ma non vedo ostacoli particolari) a portarla a conclusione. E questo è il mio quarto disegno, che modificherebbe l'attuale assetto informatico provinciale caratterizzato dal software proprietario. Una bella sfida...

Sabato prossimo a Sanzeno, nell'ambito del Convegno dal suggestivo titolo "Meno Male" devo tenere una relazione piuttosto impegnativa. Mi è stato chiesto di parlare su un tema doloroso e complesso come quello della guerra e del male che ne viene. Un po' provocatoriamente ho proposto come titolo, ispirandomi al libro di James Hillman, "Un terribile amore per la guerra". La scaletta sulla quale sto lavorando affronta alcuni punti chiave. Come è andata modificandosi la natura della guerra nel tempo ed in particolare con la rivoluzione industriale applicata all'industria della morte, significativamente rappresentata dalla scritta "Arbeit mach frei" che campeggiava all'entrata di Auschwitz; che cosa sono le nuove guerre, quelle che si combattono contro la cultura, la storia, le città; la banalità del male e i lati inconfessabili della guerra. Un lavoro che mi prende a qualche giorno, per niente facile, che richiede di indagare sulla natura umana.

Dopo qualche giorno, ritorno in Basso Sarca. Un sopraluogo in località Gazzi di Arco. Poco sopra l'abitato di Bolognano insiste un conoide molto fragile sotto il profilo idrogeologico, tant'è che nel corso degli anni è stato interessato a continue frane e slittamenti progressivi del terreno. La strada che va verso il monte Velo ne è la visiva testimonianza: le crepe nell'asfalto sono vistose, così come nei terrapieni e nei muri di sostegno. Nelle stesse abitazioni della zona, sviluppatesi negli anni '60 con l'imprudenza che si addice a quel tempo, si manifestano spesso problemi. Ed oggi si vorrebbe realizzare una bonifica agraria, ovvero un nuovo carico in un'area così delicata che si regge solo per l'equilibrio che la natura riesce a darsi. La cosa sarà oggetto di una prossima interrogazione.

E poi un nuovo incontro a Torbole per parlare dell'"incompiuta", ovvero del futuro della Colonia Pavese o, meglio, di ciò che rimane dell'enorme edificio austroungarico dopo gli assurdi lavori di ristrutturazione interrotti per mancanza di fondi e per l'incerta destinazione. L'amministrazione di Nago Torbole insiste ancora per farvi negozi, gli uffici comunali e un'area congressuale, idea progettualmente discutibile (tant'è che gli esperti espressero a suo tempo un parere negativo) ma soprattutto difficilmente sostenibile. Occorre un progetto alternativo ed occorre un soggetto che ne assicuri la sostenibilità nella gestione senza dover ricorrere ai fondi pubblici.

L'amministrazione di Nago Torbole è, almeno sulla carta, di centro sinistra, come lo era anche la Giunta Parolari che dell'incompiuta è stata la protagonista. Anche le persone che incontro si collocano nel centro sinistra, qualcuna di loro siede nei banchi dell'opposizione in Consiglio Comunale, altri faticano a riconoscersi nei tradizionali schieramenti. Il problema è dove abita il buon senso, dove abita l'idea di sviluppo autocentrato, che cosa s'intende per sostenibilità... e dove sta l'arroganza.

Qualche progetto alternativo viene fuori, il luogo è uno dei più affascinanti del Trentino e si presterebbe ad un attività di grande prestigio, in sintonia con la storia e le vocazioni del territorio.

Immaginare nuovi negozietti appannaggio dei cinesi, avrebbe un effetto deleterio sia per l'immagine che per l'economia del territorio. Gli uffici comunali non hanno certo bisogno di un intero piano di un edificio di 1.600 metri quadrati. Ed il sottotetto come area congressuale non sta né in cielo, né in terra.

Le persone che incontro mi assicurano che un progetto territoriale, capace di coinvolgere anche gli altri Comuni della zona, potrebbe trovare il favore delle categorie economiche ed anche un pool di investitori. L'ipotesi che più attrae è quella termale, le condizioni - mi dicono - ci sono e rientra in pieno con le linee di qualificazione turistica che la Provincia sta perseguendo.

Saprà il Comune tornare sui propri passi? E' immaginabile che la Provincia si faccia portatrice di una proposta di riqualificazione della struttura? Ci saranno soggetti in grado di farsi portatori di una gestione sostenibile? Vedremo quel che si riesce a combinare.
domenica, 28 agosto 2011luna

Vivo questi giorni in maniera inquieta.

Alla crisi finanziaria globale gli stati - totalmente inadeguati - prima hanno reagito con l'indebitamento e poi facendo pagare il debito stesso ai contribuenti. I quali se la prendono con le istituzioni politiche piuttosto che con i capitali globali che pure di questa situazione sono i principali responsabili. Del resto è vero che la politica, tanto nelle sue versioni liberiste quanto in quelle socialdemocratiche, si dimostra incapace di reagire e di proporre  visioni nuove. E con la sinistra più radicale ferma sui riti di sempre e sui propri schemi novecenteschi. Occorrono pensieri capaci di scartare, ma gli intellettuali sembrano dormire sonni tranquilli, smarrita l'indignazione come la curiosità.

Il clima che ne viene è un mix di antipolitica, di difesa corporativa dei propri privilegi, di individualismo... dove tutti sono contro tutti. La crisi dei corpi intermedi, e della politica in primis, fa sì che le contraddizioni si presentino in forma manichea. Smarrita la capacità di vedere dentro, di cogliere i chiaroscuri, l'opinione pubblica si affida alle semplificazioni e ad apprendisti stregoni, quando invece servirebbero altre narrazioni, magari dure da accettare.

Tutti a guardare il dito, della luna non c'è traccia. La luna potrebbe essere un progetto per l'Italia in Europa, che parli di terra, sole, cultura. La politica sembra invece non vedere, ridotta a ricerca del consenso. Così personaggi privi di qualsiasi spessore giocano con le istituzioni, come già nel 1992 nel passaggio fra la prima e la seconda repubblica quando la risposta al malaffare fu l'idea - suffragata dal plebiscito referendario - di piegare le istituzioni repubblicane (fondate sulla rappresentanza proporzionale) alla logica maggioritaria. Si aprì la strada al berlusconismo e ancora non ne siamo usciti. Un grande imbroglio.

Nella canea anti-istituzionale sembra giungere all'epilogo il programma "piduista": messa in discussione delle Province,  cancellazione dei piccoli Comuni, via il decentramento amministrativo, dimezzamento del numero dei parlamentari,  attacco alle autonomie speciali, a cui si aggiunge tutto un corollario di cialtronerie che vorrebbero togliere di mezzo il ruolo di responsabilità che le istituzioni (e la politica) dovrebbero assumersi. E tutto in nome del taglio dei costi della politica (o, meglio, della politica tout court). Delle spese militari che ogni anno portano via in questo paese quasi trenta miliardi di euro, solo in pochi parlano. Perché? Vanno forse ad incrementare il PIL? Silenzio trasversale.

Contestualmente si costruiscono le condizioni perché le grandi riforme degli anni '70 vengano messe in discussione, dallo statuto dei lavoratori al welfare. Che tali riforme fossero il prodotto di un contesto che la globalizzazione ha in buona sostanza spazzato via non ci piove, ma rimangono valori di civiltà sociale e giuridica diventati parte integrante della cultura europea che non dovremmo gettare via. Sarebbe questa, l'Europa, la dimensione vera di una nuova politica, federale e sovranazionale, capace di sobrietà e responsabilità, ma a crederci è rimasto solo Romano Prodi che pure ne ha parlato in questi giorni a Terzolas, nella scuola di formazione politica della Rosa Bianca, non nascondendo peraltro un profondo scetticismo sulla capacità di rilanciare un disegno strategico di questo tipo.

Basta pensare a come si è guardato alla primavera araba per capire come un disegno politico europeo non esista. Di fronte alla possibilità di spartirsi il petrolio e il gas libico non solo l'alleato d'affari di ieri è diventato il simbolo del male, ma i paesi europei ingaggiano una partita senza esclusione di colpi. I regimi in frantumi e quelli che resistono con le armi malgrado abbiano perso ogni consenso popolare fanno più comodo che le nuove democrazie. Così  Israele invia un messaggio inequivocabile al nuovo Egitto (cinque guardie di confine assassinate), reo di avere rotto l'embargo verso Gaza.

Guardare il dito è anche la condizione dell'emergenza, che diventa così normalità. Perché guardare oltre? Nei giorni scorsi, di fronte alla proposta di pensare all'Afghanistan del 2014 (quando finalmente gli occidentali se ne andranno da quel paese) e alla ricostruzione sociale e civile dopo mezzo secolo di occupazione, mi sono sentito rispondere che no, dobbiamo andarcene ora punto e basta. Di emergenza in emergenza, così è ridotta la società civile del nostro paese, che da tempo ha smesso non solo di sognare ma anche di interrogarsi sulle propria capacità di leggere un presente in rapida trasformazione. Fra retorica e pragmatismo.

Un'inquietudine che avverto anche rispetto al nostro Trentino, la cui diversità qualcuno non comprende, altri guardano con fastidio. Se qui le dinamiche dello spaesamento hanno trovato un antidoto, lo si deve alla coesione sociale che viene dalle diffuse reti di appartenenza che la politica, soprattutto quella nazionale, non sa vedere. Una diversità che andrebbe però coltivata, anche criticamente certo, ma con l'amorevolezza che si deve alle cose preziose e per certi versi uniche.

mercoledì, 24 agosto 2011Sarajevo, il monumento agli aiuti internazionali

"Si avverte la tua anima". Ci sono cose che fa piacere sentirsi dire, c'è poco da fare. Sara Guelmi è di ritorno da un viaggio nel cuore dei Balcani, fra Bosnia, Montenegro e Kosovo, nei luoghi dove alcuni ragazzi del "servizio civile provinciale" operano in stretta relazione con le attività della cooperazione della comunità trentina.

Per quanto coinvolto, cerco di ascoltare in silenzio le sue parole, per capire quel che in pochi giorni si è portata via da quei luoghi a me tanto cari e dai quali manco da un sacco di tempo. Non è solo nostalgia. Mi mancano le atmosfere balcaniche, l'ironia, i profumi. Mi manca l'accoglienza delle persone che ti avvertono amico, non un cooperante tutto jeep e "progetti Frankenstein". Mi manca lo sguardo che ne viene dal frequentare spazi nei quali puoi cogliere quel che significa il concetto di postmodernità.

In questo caso, è come se nelle parole di Sara ci fosse la traccia di quel che si è cercato di seminare. Ogni tanto penso a questi quindici anni di lavoro appassionato, centinaia di migliaia di chilometri in auto attraverso strade sconnesse, le situazioni talvolta estreme vissute, l'umanità incontrata, la difficoltà di far capire qui quel che andavi cercando in questi luoghi e quel che essi ti trasmettevano.

Penso all'unicità del tempo e non ho dubbi sul fatto che quello trascorso nel cercare di entrare in sintonia con questa parte d'Europa è stato ben speso. E questo vale oltre le stesse associazioni che ho contribuito a costruire. Ovviamente fa piacere veder giovani (e meno giovani) appassionarsi al lavoro di tessitura di relazioni, così come spiace veder smarrita l'originalità che faceva di queste relazioni un contributo di innovazione nel panorama di una cooperazione internazionale che non ha più nulla da dire.

Perché ci tengo a sottolineare che in questi quindici anni abbiamo imparato a percorrere un'altra strada, diversa dalla logica paternalistica (e neocoloniale) dell'aiuto ma anche dal narcisismo dell'emergenza. Logiche che permangono ancora oggi come tratto caratterizzante di tante esperienze di volontariatoi e di chi proprio non riesce, pur avendo responsabilità politiche, ad andare oltre la solidarietà. E sono contento che questo diverso tratto emerga nello sguardo di altri, di Sara in questo caso.

E' questo sguardo sul mondo, l'anima di una cooperazione che si fonda sulle relazioni, che vorremmo trasmettere in un percorso formativo rivolto ai ragazzi del servizio civile che intendiamo progettare con Sara, perché rimanga loro come portato di un'esperienza di vita e magari anche professionale. Uno sguardo curioso, che eviti di costringere gli avvenimenti dentro i propri schemi interpretativi anche quando - a saper vedere - li mettono profondamente in discussione. E' la disposizione al cambiamento, cosa che non si smette mai di imparare.

lunedì, 22 agosto 2011software libero

Si riprende l'attività, in realtà senza mai averla interrotta. L'agenda della settimana non prevede molti incontri e quindi il mio piano di lavoro è soprattutto di studio e di scrittura. In primo luogo un articolo che scrivo per il quotidiano L'Adige sulla crisi e sulle spese militari, vero e proprio tabù nel dibattito fra le forze politiche di maggioranza e di opposizione. Un'intoccabilità trasversale, a quanto pare, che riguarda tanto le forniture dei sistemi d'arma quanto le missioni militari in varie parti del mondo. Ci aveva provato Savino Pezzotta con una mozione per bloccare l'acquisto degli F35 ma la cosa sembra caduta nel vuoto.

Il PD lancia la sua proposta alternativa, ma dalle premesse (e sarei felice di sbagliarmi) di questo non si parlerà, così come non si parla di un'altra idea di economia per questo paese, un'alleanza dei produttori e della qualità (dei territori, quindi...) per contrastare il caos finanziario che sta trascinando l'economia reale nel baratro. Staremo a vedere...

Poi mi metto a lavorare sulla relazione al Disegno di legge sul software libero. Il tema è di quelli complessi, che investe tanto la democrazia quanto il monopolio dei sistemi operativi proprietari, quelli che portano nelle casse di pochi network globali una massa enorme di denaro in concessioni.

Faccio un po' di fatica a destreggiarmi nell'argomento. Quando ho iniziato ad occuparmi delle cose del mondo, all'inizio degli anni '70, i giornali e gli stampati venivano composti a mano con i piombi. Nella tipografia "La Reclame" dove stampavamo le nostre cose c'erano professionalità alte, che presupponevano la lettura di tutto quel che veniva prodotto, le mani dei tipografi erano nere di inchiostro e di piombo. Nelle sedi sindacali e politiche vecchie "Remington" imprimevano i loro caratteri su matrici di plastica che poi venivano applicate su rumorosi ciclostili che spesso scandivano le nostre serate o nottate. La comunicazione più moderna era la dettatura telefonica, compresi i punti e virgola. Poi venne il fax e poi tutto il resto.

In pochi anni la tecnologia ha cambiato le nostre vite, il lavoro, le relazioni. E' davvero straordinario essere in connessione con il mondo, opportunità di relazioni prima impensabili che oggi sono realtà. Al tempo stesso, come non vederne le insidie. Perché le autostrade informatiche sono generalmente private, presuppongono sistemi operativi proprietari che richiedono licenze milionarie. E se andate a vedere chi sono i personaggi più ricchi del pianeta, vi troverete a constatare che sono i titolari di aziende che lavorano nella comunicazione.

Perché dunque la politica (e la pubblica amministrazione) non dovrebbe occuparsene? Il controllo delle reti e la proprietà dei sistemi informativi è, sul piano dell'esercizio della democrazia, una questione decisiva. Senza dimenticare che la Provincia autonoma di Trento spende ogni anno svariati milioni di euro di licenze. Una risposta viene dagli investimenti sulla banda larga che la PAT ha messo in campo in questi anni con il cablaggio del Trentino. Un'altra risposta riguarda la diffusione del software libero e dell'open source, il libero accesso ai dati, che la pubblica amministrazione dovrebbe incentivare.

Nei mesi scorsi un qualificato gruppo di lavoro mi ha accompagnato nell'elaborazione di una proposta di legge che, riprendendo quel che è stato fatto in altre regioni o in altri paesi, dovrebbe porsi all'avanguardia nella capacità di affrontare questo tema. Ed ora siamo ai dettagli finali e alla prova di una maggioranza con la quale vorrei condividere il testo prima di avviare l'iter legislativo vero e proprio.

Le notizie che oggi arrivano dalla Libia ci parlano di un regime ormai in agonia e dei combattimenti che si svolgono fin dentro la città di Tripoli. Prima Gheddafi viene deposto meglio è, s'intende. Ma i rivoltosi hanno ben poco a che fare con la primavera araba, visto che molti degli esponenti di spicco del governo provvisorio di Bengasi sono ex esponenti del regime. Il rais cadrà e a quel punto si aprirà un confronto molto duro nella galassia di soggetti che compongono l'opposizione. Le armi e le interessate ingerenze straniere non aiuteranno di certo la democrazia. E già le potenze europee si contendono l'egemonia sulla transizione (e sugli affari del petrolio).

La settimana prossima (il 3 settembre, alle ore 17.00) avremo in Trentino per la partecipazione a "Oriente Occidente" Mourad ben Cheikh, regista tunisino del film segnalato al festival di Cannes "Mai più paura" dedicato proprio alla rivoluzione dei gelsomini, che verrà proiettato in una "quasi anteprima" italiana a Rovereto. Sarà l'occasione per parlare certamente della primavera ma anche dell'estate e dell'autunno arabi, di quel che sta accadendo e potrà accadere in Siria dopo la repressione violenta che ha fatto più di 2.200 vittime, della recrudescenza del conflitto israelo-palestinese, delle provocazioni militari israeliane verso il nuovo Egitto che attraversa una delicatissima fase di transizione ma soprattutto che ha riaperto i valichi di frontiera con Gaza.

Infine due parole sui costi della politica. A Bolzano si riuniscono i presidenti delle assemblee legislative provinciali e regionale per discutere la definizione di un provvedimento organico per la riduzione delle indennità e delle altre voci di spesa. Si parla di un possibile taglio del 10% sulle indennità lorde dei consiglieri, che si andrebbe ad aggiungere alle operazioni che in Trentino sono state fatte nel corso di questa legislatura (il blocco degli aumenti) e di quella passata (l'abolizione dei vitalizi). Ma dalla riunione esce un nulla di fatto, rimandando tutto alla riunione dei capigruppo di inizio settembre. In mezzo a tante proposte più o meno serie, l'unica domanda vera è quella che Silvano Bert ed altri hanno posto nelle scorse settimane: qual è lo stipendio giusto per un parlamentare o per un consigliere che lavora a tempo pieno per la sua comunità? Ne parleremo nella prima riunione del gruppo consiliare di settembre. Nel frattempo rimane l'impegno di chi utilizza una parte della propria indennità (nel mio caso il 50%) per sostenere l'attività del partito ed insieme progetti di solidarietà, di informazione e di partecipazione. Affari loro, si potrà dire. Nel mio caso un impegno preso con gli elettori in campagna elettorale.
giovedì, 18 agosto 2011L\'edificio dell\'ex Colonia Pavese

L'alto Garda è uno dei tratti mediterranei del Trentino. L'ulivo e la vite, il limone e il leccio, ti raccontano del clima temperato... luoghi destinati al riposo e alla cura. Eppure il tratto di pochi chilometri che da Arco ti porta a Riva del Garda è un'area cementificata come poche altre, un pezzo di modello padano fatto di tanti "non luoghi", all'insegna del consumismo e del turismo di massa, degli affari e della stupidità.

Fa specie che a governare questo pezzo di Trentino negli ultimi vent'anni sia stato il centrosinistra. E' con questa amara considerazione che ci frulla per la testa che in un pomeriggio di agosto andiamo con il vicepresidente Alberto Pacher a fare un sopraluogo nella zona. Con due mete specifiche, Tenno e Torbole.

A Tenno, una lottizzazione molto discutibile e controversa, in un'area dichiarata qualche anno fa non edificabile in quanto soggetta a dissesto idrogeologico. Poi, quasi per incanto, il vincolo è scomparso e gli appetiti sono riapparsi in tutta la loro bramosia di affari, tanto da prevedere anche un'area a vocazione alberghiera. Con un piccolo particolare, però. Che il breve tratto di strada per arrivarci non c'è e per costruirla il Comune dovrebbe spendere un milione e mezzo di euro. A meno che non si passi nel centro medievale attraverso una stradina in forte pendenza. Che qualche giorno fa, durante una delle ormai abituali precipitazioni di natura tropicale, è diventata un vero e proprio torrente. Quando, proprio a fianco dell'area in questione, venne realizzato il centro turistico "L'Acetaia" (agriturismo ad alto impatto ambientale e, se posso dire, di cattivo gusto), più a valle nell'abitato di Gavazzo nuova (perché quella vecchia era franata) sono apparsi i primi fontanazzi. E anche qui è previsto un altro insediamento abitativo.

Tutto questo grida vendetta al cielo, ma a quanto pare il Comune si è messo in un cul de sac e la Provincia ha pochissimi margini di azione. Richiederebbe un senso di comunità, che la corsa al denaro sta cancellando. Poco importa poi se le conseguenze prima o poi le pagheranno tutti. E' il qui ed ora l'unica cosa che conta. E fa ancora più rabbia sapere che in zona molte altre abitazioni sono disabitate.

Ci spostiamo a Torbole. Cittadina turistica, le strade sono colme di gente e di traffico. Evidentemente a questi turisti va bene così. Ma non è questo il Trentino che vogliamo, né quello di cui parliamo nei programmi della maggioranza che governa la nostra provincia. In questo caso l'oggetto del contendere è la Colonia Pavese. Un edificio monumentale ed un tempo prestigioso, che nei primi anni del Novecento (e fino al 1935) ospitava il Grand'Hotel. In seguito divenne "preventorio" della Provincia di Pavia, nel periodo bellico fu requisito dalla Wehrmacht e divenne un ospedale di guerra, nel dopoguerra tornò alla Provincia di Pavia che lo adibì di nuovo a "preventorio" fino al 1975. Con la riforma sanitaria nazionale, la Provincia di Pavia dovette dismetterlo e lo cedette alla Provincia di Trento che a sua volta negli anni '80 lo passò al Comune di Nago-Torbole.

L'edificio, in stato di abbandono dal 1975, fu oggetto di diverse ipotesi di utilizzo e nel 2000 iniziò la ristrutturazione, in realtà senza saper bene ancora che farne visto che avrebbe dovuto ospitare negozi, uffici comunali e centro congressi. In realtà mai conclusa e si potrebbe dire per fortuna, visto che quel che è stato fatto fa letteralmente inorridire. Un tetto faraonico, che non centra nulla, calato sul vecchio edificio asburgico; che sostituisce un piano letteralmente tolto di mezzo, ma che paradossalmente ne aumenta la cubatura; interventi al pian terreno per farne una sorta di centro commerciale in materiali che non hanno nulla a che vedere con l'antica struttura... il tutto di nuovo abbandonato da diversi anni... Ed anche in questo caso l'amministrazione comunale che ha avuto questa alzata d'ingegno è stata di centrosinistra. La cosa è nelle mani della Corte dei Conti. Ma questa è davvero una magra consolazione.

Credo che tutto questo dovrebbe farci riflettere sulle culture, sulle idee, insomma sui fondamentali. Per ridisegnare approcci e pensieri, per educarci alla bellezza in primo luogo. "Perché il comunismo non era interessato alla bellezza?" si chiedono gli animali delle favole di Slavenka Drakulić (La gatta di Varsavia, Baldini Castoldi Dalai editore 2010)...

L'edificio dell'ex Colonia Pavese è in riva al lago, in un luogo magnifico. Vederlo in quelle condizioni, affiancato da una piazzetta con chiesa che avrebbero potuto essere realizzate in un paesino del Veneto o nei pressi di Medjugorje tanto sono banali, rappresenta una ferita aperta. Ma come sanarla è difficile immaginarlo. Di certo non sarà il Comune ad avere i fondi per metterci mano, non rimane che la strada dell'alienazione o del passaggio alla Provincia. Ma anche queste tutt'altro che semplici. Oltre ai denari (molti), servono idee e progetti sostenibili, anche sul piano della gestione. Qui occorre mettere insieme un gruppo di coraggiosi... intanto penso ad una mozione concordata con la maggioranza in Consiglio provinciale, ma prima è necessario avere le idee chiare.

Tutto questo avviene nel nostro bel Trentino, della cui diversità siamo fieri. Richiede però di essere coltivata, nutrita e rinnovata.
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martedì, 16 agosto 2011Paul Klee, Angelus Novus

Starmene in Trentino non è esattamente staccare la spina, ma non ho proprio voglia di immergermi nel traffico e nella confusione delle vacanze. Sono piuttosto giornate di lettura, di studio e di qualche passeggiata. Non di serenità, per la verità, piuttosto di inquietudine e di preoccupazione. Per la follia dei mercati finanziari, per i provvedimenti del governo che metteranno sul lastrico gli enti locali, per le carrette del mare con migliaia di disperati alla ricerca di un futuro improbabile quanto effimero, per quanto sta accadendo in Siria dove alla nonviolenza delle grandi manifestazioni il regime dispotico di Assad risponde con i carri armati, per le perforazioni nel Mediterraneo alla ricerca di petrolio e per il greggio che esce dai pozzi della Shell nel mare di Scozia e per tante altre cose ancora. Ne scrivo e raccolgo qualche idea, per un autunno che si preannuncia pieno zeppo di cose. E di questo oggi vi parlo.

Dell'attualità in primo luogo. Butto giù un po' di appunti in ordine alla manovra finanziaria del governo, che ogni giorno si rivela più iniqua e di stampo emergenziale, il che significa inutile. Leggo i sette punti della contro-manovra proposti dal PD ma devo ammettere che rimango davvero perplesso, non perché non ci siano cose condivisibili (come si fa a non essere d'accordo sulle azioni contro l'evasione fiscale) ma perché manca una visione alternativa, capace di contrapporre alla finanziarizzazione dell'economia un'altra idea di mercato che si basi sull'economia reale e sui territori. Che destini gli investimenti sottratti al nucleare verso le energie rinnovabili. In grado di proporre un taglio deciso alle spese militari e l'abbandono del programma di acquisto dei cacciabombardieri F35.

Sistemi d'arma che con la difesa e le "missioni di pace" non c'entrano nulla. O no? In realtà, per fedeltà all'Alleanza Atlantica o per convinzione, l'Italia è ancora in Afghanistan. E lì, che ci piaccia o no, c'è guerra. Se utilizzassimo quel che spendiamo per missioni destinate a concludersi con il rafforzamento dei signori della guerra, a favore di progetti di pace e di ricostruzione sociale ed istituzionale risparmieremmo denaro ed investiremmo in futuro. In questa direzione va "Afghanistan 2014", un progetto nel quale credo molto, al quale stiamo lavorando come Forum e Unimondo, ma che vorrei rientrasse nella programmazione sulla solidarietà internazionale non solo rivolta alle emergenze e agli aiuti. Che dovrebbe vedere la nostra terra come laboratorio permanente nell'elaborazione di conflitti regionali, valorizzando la storia e le tradizioni autonomistiche della nostra Regione (vedi l'intervento di Razi e Soheila Mohebi nella home page).

Dal Mediterraneo non vengono i suoni della buona stagione ma lo stridore dei carri armati e dei bombardamenti. Mentre proseguono i bombardamenti sulla Libia, la repressione in Siria è davvero drammatica, nonostante il carattere nonviolento delle grandi manifestazione. Ti racconta del crepuscolo di regimi corrotti avvinghiati al potere, sostenuti da altri regimi nel timore di un contagio democratico. Mi chiedo cosa fare e come reagire. Ne parlo con Ali Rashid che raggiungo telefonicamente ad Amman, e con Adel Jabbar con il quale discutiamo di come coinvolgere la comunità araba in Trentino, affinché si faccia sentire la nostra e la loro voce.

Dovrei staccare, ma voglio portarmi avanti nella preparazione dei due testi di legge ai quali sto lavorando da tempo, uno sul software libero e l'altro sull'apprendimento permanente, perché temo che solo i provvedimenti che si presentano ora avranno la possibilità di arrivare in porto entro la fine della legislatura. Entrambi i temi sono impegnativi, per la complessità della materia relativa al software libero ma anche per le resistenze che s'incontreranno nell'apparato provinciale, come del resto nell'individuare le iniziative che la PAT dovrebbe mettere in campo per favorire la capacità di una comunità di stare nei rapidi processi di cambiamento che altrimenti rischiano di travolgerti.

Ci sarebbe poi il tema dei costi della politica, che ogni giorno occupa pagine di cronaca dei quotidiani. Ma per il polverone che se ne sta facendo, non mi appassiona neanche un po'. Il PD del Trentino sta predisponendo una proposta organica in un contesto dove già si è fatto più di ogni altra regione. E, personalmente e senza clamore, l'impegno verso gli elettori di destinare il 50% della mia indennità a progetti di partecipazione lo sto attuando sin dal primo mese della legislatura.

Nel rallentamento delle attività, almeno trovo lo spazio per qualche lettura, peraltro non disgiunta dai "cantieri" che ho aperto in questi mesi. Sul tavolo del mio studio un po' di libri. Il primo s'intitola "Primavere. Per una Siria democratica e un Libano indipendente" (Mesogea, 2006): è una raccolta di scritti lungo un decennio da Samir Kassir, prima che venisse fatto saltare in aria nella sua città, Beirut. Uno dei pensieri più fervidi del Mediterraneo (andate a leggervi dello stesso autore "L'infelicità araba" da poco ristampato da Einaudi). Primavere raccoglie anche un intervista a Elias Khuri che a settembre, se tutto va bene, sarà con noi in Trentino ad "Oriente Occidente" nell'ambito del percorso "Cittadinanza Euromediterranea".

A proposito di sollevazioni, avete letto "Indignatevi!"? L'autore è Stephane Hessel, un giovane ultranovantenne che partecipò nel 1948 per il suo paese (la Francia) alla stesura della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. Un testamento politico rivolto ai ragazzi del XXI secolo, affinché si prendano nelle loro mani il proprio destino. Un messaggio semplice, forse un po' retrò, ma che parla al cuore, nel cercare di evitare che il cumulo di rovine che chiamiamo progresso ci travolga.

Altra lettura stimolante è il nuovo lavoro di Ugo Morelli "Mente e paesaggio" (Bollati Boringhieri, 2011), un libro che ti propone come scrive l'amico Ugo «...una torsione, uno spiazzamento profondo delle nostre visioni del mondo, dei significati consolidati e della nostra esperienza ... nella trasformazione dei nostri paesaggi mentali». Penso possa aiutarci nel definire il filo conduttore per il programma 2012 del Forum per la pace che avrà come oggetto il tema del "limite".

Altra lettura che ho terminato proprio nei giorni scorsi (dandomi il tempo anche per una recensione per il portale di Osservatorio Balcani Caucaso e che i lettori troveranno su questo blog) è "Il progetto Lazarus" di Aleksandar Hemon, scrittore bosniaco che vive negli Stati Uniti, originario di quelle "kraijne" che un tempo venivano chiamate "Piccola Europa" dove trovarono asilo alla fine dell'800 anche le popolazioni trentine in fuga dalla miseria e dalle alluvioni che devastarono la Valsugana. E' la storia intrecciata di due migranti di inizio e fine secolo, entrambi in fuga da vecchi e nuovi pogrom, fra ironia e disperazione.

Infine, un testo che ho avuto modo di leggere qualche tempo fa, "Un terribile amore per la guerra" di James Hillman (Adelphi, 2005), sul quale sto lavorando per una relazione che devo tenere nel seminario "Meno Male! Tra coscienza e responsabilità" che si svolgerà nei giorni 2 e 3 settembre 2011, nell'ambito dell'annuale appuntamento di "Sanzeno Mondo. Incontri di spiritualità e cultura". Occuparsi di pace, significa indagare la guerra, anche nei suoi aspetti meno confessabili.

Mentre scrivo queste cose, penso che almeno tre o quattro giorni di distacco totale dovrò proprio prendermeli.
martedì, 9 agosto 2011darsi il tempo

Una parte del pianeta trepida quotidianamente per l'andamento dei mercati finanziari. E' un mondo impazzito, che ha sempre meno a che fare con quello reale ma che condiziona le scelte dei governi e alla fine anche le nostre esistenze. Il prodotto del lavoro non vale più nulla. In compenso, nel crollo del mercato azionario, il prezzo del petrolio tocca i minimi storici da un anno a questa parte, andando sotto gli 80 dollari al barile. Qualcuno, in pieno esodo ferragostano, se ne è forse accorto?

L'intervento della BCE sui titoli di stato italiani ha nei fatti costretto il governo ad anticipare di un anno il pareggio in bilancio, tanto che qualcuno ha usato il termine "commissariamento": costo dell'operazione, 20 miliardi di euro. Si parla di ritoccare l'età pensionabile... Ma questa cifra non corrisponde grosso modo alla spesa prevista dall'Italia per acquistare i cacciabombardieri F35? O forse Finmeccanica è, a differenza delle pensioni, intoccabile?

Si parla dei costi della politica, chiedendo a gran voce che - in un contesto di forti riduzioni della spesa pubblica - si taglino i privilegi della "casta". Cosa sacrosanta, ma un po' sospetta se contestualmente non si mettono in discussione le diffuse aree di privilegio delle molte "caste corporative" e protette, l'evasione fiscale, il lavoro nero, le spese militari. Tanto per dire, lo sapete che l'ammontare dei costi istituzionali delle Province italiane è di poco superiore a quanto ogni anno il nostro paese spende per la missione in Afghanistan?

Paese da dove arrivano notizie tragiche e troppe medaglie alla memoria...  a testimonianza del fallimento di una "guerra infinita" che finirà come ebbe fine l'occupazione sovietica: lande desolate in preda a mafie di ogni tipo, governate dai signori della guerra. Era per questo che abbiamo destinato ogni anno più di trecento milioni di euro?

Anche il regime di Gheddafi aveva - stando alla coalizione dei volenterosi - i giorni contati, ma intanto la situazione è di stallo, nonostante continuino i raid occidentali, fra bombardamenti "intelligenti" ed "effetti collaterali" che di umanitario non hanno proprio nulla, compreso il tragico destino delle carrette del mare che partono dai porti libici cariche di un'umanità perduta. Di quella coalizione fa parte anche l'Italia, con tanto di benedizione di Giorgio Napolitano. O ce lo siamo scordati?

Servirebbe ben altro approccio, in Afghanistan come in Libia, in Siria come in Somalia. Situazioni molto diverse fra loro, certo, che richiederebbero capacità diplomatica e competenza, strumenti di pressione ed autorevolezza. Manca in tutto questo un'autorità internazionale capace di prevenire, isolare ed intervenire se necessario, capace di accompagnare processi democratici e transizioni post belliche. Ma come dimenticare che le Nazioni Unite sono morte a Sarajevo?

Richiederebbe una capacità di sguardo che una politica invece priva di respiro ed autoreferenziale non riesce ad avere. Ferma al secolo scorso, incapace di una narrazione che elabori il Novecento, troppo cinica per meravigliarsi e troppo presa ad occuparsi dei destini individuali, la politica rincorre gli avvenimenti, vive sull'emergenza, è incapace di visione.

Il quadro è piuttosto inquietante. Fa davvero sorridere (per non piangere) l'iniziativa della Lega che in questo contesto non trova niente di meglio da fare se non di richiedere la convocazione straordinaria del Consiglio provinciale sul funzionamento del servizio emergenza 118. Siamo fuori dal mondo, oltretutto per un servizio che in Trentino funziona meglio che in ogni altra regione italiana. Avranno magari anche il coraggio di affermare che, grazie a loro, si è messo al lavoro un Consiglio Provinciale altrimenti in vacanza.

Manca sul serio il senso del reale. E non solo fra i militanti del Carroccio.
venerdì, 5 agosto 2011tombe moderne

Il mare in questi giorni estivi è nelle aspettative di molti. Anche nelle mie, malgrado il mese di agosto sia forse quello meno indicato per andarci. Le immagini di mare che ci arrivano però non sono di serenità, né di contemplazione per le meraviglie della natura. Sono di dolore, invece, di violenza, di morte.

Nonostante il Mediterraneo sia al centro di uno straordinario processo di cambiamento, ancora oggi la speranza per migliaia di persone è quella di andarsene, di migrare alla ricerca di una vita migliore, verso un nord simbolo di ricchezza che per molti di loro si rivelerà un tragedia.

Secondo i dati del Ministero degli Interni sono almeno 1.700 le persone inghiottite dal mare dall'inizio dell'anno. Gli altri finiscono nei centri di detenzione in attesa del rimpatrio, mentre per i più fortunati inizia un'esistenza da clandestino.

Proprio in questi giorni il flusso migratorio delle carrette del mare ha ripreso vigore, gettando sulle rive di Lampedusa migliaia di persone. Chi ci arriva vivo, naturalmente. Perché dalle stive di queste barche escono decine di cadaveri, mentre altri che non ce la fanno vengono direttamente gettati a mare.

Verso questa tragedia non sembra esserci commozione, né omelie, né il doveroso interrogarsi sul diritto alla vita. Tutti a rincorrere l'andamento delle borse, senza comprendere che quello è un mondo artificiale che ha smarrito qualsiasi rapporto con la realtà. E che semmai quella drammatica realtà che si consuma nel nostro mare è proprio l'effetto di chi investe sulle disgrazie di altri.

Mi passano per la mente i versi de "La madonna delle conchiglie" di Vinicio Capossela, un'artista di straordinaria sensibilità. Parla di «...un altro popolo, un'altra gente con la stessa paura di sempre. Di essere nati e dovere andare, nati e poi non essere più niente...».

Sì, nemmeno numeri perché in questo tragico calcolo delle persone inghiottite dal mare, una vita in più o in meno non conta niente. Figuriamoci i loro nomi, le loro storie... Che Andrea Segre ha raccolto nei suoi documentari, che Gian Maria Testa ha cantato nei suoi testi, che i ragazzi di Limen hanno raccolto a Lampedusa.

Ne parliamo con Federico, Francesca ed Emiliano. Fra le persone accolte in Trentino (sono in tutto 178) alcuni sono negli appartamenti di Atas (di cui Emiliano è direttore) e vengono proprio da quel Mediterraneo che è al centro dell'iniziativa del Forum nell'anno in corso. Alla fine ci convinciamo che il modo forse più efficace per riconoscerli come persone forse non sia quello di raccontarsi, le storie sarebbero spesso sovrapponibili. Ma di intervistarli su come loro ci vedono, cosa pensano della terra che gli accoglie e che probabilmente darà loro lavoro, del nostro modo di vivere, delle nostre paure, dei nostri razzismi. Insomma, di capovolgere il racconto e di guardarci nello specchio dei loro occhi.

http://www.youtube.com/watch?v=KcRZi9Au7-k

martedì, 2 agosto 2011Pista ciclabile in Valsugana

E' difficile stare a Trento e staccare la spina. Il telefono, internet, il lavoro arretrato, le riunioni che - se non stai accorto - riempiono l'agenda nonostante il mese di agosto. Se poi sei tu a richiederle...

E' così per l'incontro di oggi della Commissione Ambiente del PD del Trentino, che si riunisce in ordine al tema della viabilità che incombe sul Trentino. La Regione Veneto sta attuando un vero e proprio assedio al nostro territorio, denunciato in questi giorni tanto dall'assessore Pacher che dal presidente Dellai.

In che cosa consiste è presto detto. Con il completamento dell'autostrada della Valdastico e con la realizzazione di una nuova autostrada nella parte veneta della Valsugana si delinea un progetto di attraversamento del Trentino che parte da est e che intenderebbe dirottare gran parte del traffico pesante proveniente dall'Adriatico e dall'est europeo lungo queste direttrici.

L'effetto sarebbe quello di vanificare la scelta strategica dell'asse del Brennero per il trasporto merci su rotaia, ovvero la nuova linea ferroviaria dell'Alta Capacità che avrebbe a Verona e a Isola della Scala lo snodo intermodale. Più concretamente inondando la Valsugana, ma soprattutto la Valle dell'Adige, di significative quote di traffico pesante.

Un progetto che non avrebbe effetti solo sulla viabilità e sull'ambiente, rappresentando un vero e proprio modello di sviluppo ad immagine e somiglianza del modello padano, insomma un progetto di assimilazione economica, sociale, culturale e politica.

Che fare dunque per fermare la logica dell'attraversamento? Di questo parliamo nella riunione. Ho chiesto di parlarne perché, dopo l'incontro della scorsa settimana degli amministratori del PD della Valsugana, ho avuto l'impressione che la pressione della Lega, ma anche degli amministratori locali di UpT e Patt (partiti che in Valsugana hanno una forte base popolare), stia mettendo in difficoltà anche il PD locale, disposto - almeno nelle dichiarazioni di molti amministratori - ad accettare la Valdastico piuttosto che vedere invasa la Valsugana dal traffico pesante.

La logica dello scambio appare inaccettabile per molte ragioni. La storica opposizione al completamento della Valdastico non aveva solo ragioni ambientali, ma riguardava proprio la contrarietà verso un progetto di assimilazione e di attraversamento del Trentino che avrebbe l'effetto di snaturare la nostra terra, in netta contrarietà con la stessa Convenzione delle Alpi che si oppone alla realizzazione di nuove autostrade nell'arco alpino.

E poi, non saremo certo noi ad innescare una lotta fra la Valsugana e la Valle dell'Adige. Mentre però l'opposizione del Trentino al completamento della Valdastico è dirimente (sul nostro territorio decidiamo noi), per quanto riguarda la Valsugana gli effetti della realizzazione di una nuova arteria autostradale nel tratto meno scorrevole alle porte del Trentino, avrà comunque effetti sul nostro territorio.

Come rispondere a tutto questo. La strategia che emerge nella riunione si basa fondamentalmente su sei punti:

- ribadire la centralità strategica dell'Alta Capacità sull'asse del Brennero, portando il traffico merci dalla gomma alla rotaia, anche attraverso l'intermodalità;

- fare della linea ferroviaria della Valsugana, anche grazie all'accordo siglato la scora settimana a Roma con le Ferrovie dello Stato, una metropolitana di superficie per ridurre l'impatto della mobilità locale;

- eliminare i punti di criticità dell'attuale statale della Valsugana, studiando altresì le modalità di dissuasione del traffico pesante;

- ribadire il no del Trentino al completamento della PiRuBi;

- dare pieno dispiegamento al piano di mobilità lungo le autostrade informatiche (la banda larga) e alla riforma istituzionale (comunità di valle) per limitare la mobilità tradizionale e favorire il telelavoro (la maggior parte del traffico sulla Valsugana ha origine in Trentino);

- avviare un progetto di riconversione economica della Valsugana, valorizzandone le vocazioni, come antidoto alla logica dell'attraversamento.

Su queste basi si può resistere all'offensiva del leghismo veneto e rispondere con buoni argomenti a quello nostrano che cerca come sempre di cavalcare la paura. Ne verrà un documento del PD del Trentino, un nuovo incontro con gli amministratori (anche alla luce delle novità rispetto alla ferrovia della Valsugana) e l'avvio di una serie di incontri sul territorio. In realtà non solo in Valsugana, perché la questione investe l'insieme del Trentino.
lunedì, 1 agosto 2011finanza allegra

Nonostante l'annunciato accordo fra la Camera e il Senato degli Stati Uniti che ha evitato la bancarotta americana (ma lasciato profonde ferite soprattutto fra i Democratici), le borse crollano. A Milano Piazza Affari segna - 3,87%, ma perdite analoghe investono le borse dei principali paesi europei. Se non rassicura i mercati il discorso di Obama, figuratevi la manovra finanziaria in Italia, a dimostrazione di quel che dicevano qualche giorno fa e cioè che l'instabilità finanziaria ha carattere strutturale. O ci si mette mano, o altrimenti travolgerà le economie nazionali, quelle più deboli come quelle più solide, comunque troppo deboli rispetto all'immenso casinò rappresentato della finanziarizzazione dell'economia.

Perché questo è il punto: la dimensione finanziaria ha sempre meno a che fare con l'economia reale, non solo ha smarrito la sua natura tradizionale di supporto dell'economia ma vive di luce propria piegando fino a farla esplodere l'economia reale. Così, del resto, è avvenuto nel 2008 e anche in quella circostanza la bolla che scoppiò negli USA travolse come un enorme tsunami l'economia mondiale.

Nel frattempo si è forse messo mano al sistema? Ci ha provato Barack Obama andando a Wall Street chiedendo di regolamentare i titoli derivati ma è venuto via con le pive nel sacco. E tutto è rimasto come prima, tanto che l'ammontare dei derivati sul mercato globale continua a crescere ed ormai è consuetudine che ad ogni investimento finanziario corrisponda un investimento assicurativo (con altri derivati) a coprirne il rischio. Creando così un mercato parallelo ben più grande di quello tradizionale e talmente perverso che lo porta a scommettere sull'andamento negativo della situazione finanziaria dei vari paesi e dei loro titoli di Stato come è avvenuto in queste settimane per la Grecia e sta avvenendo - a quanto pare - anche per l'Italia.

In questo contesto di strutturale turbolenza si inserisce l'iniziativa che abbiamo intrapreso in Consiglio Regionale con la mozione su PensPlan. Mi chiama un giornalista del quotidiano "Trentino" per chiedermi le ragioni della mozione. Le domande lasciano intendere la ricerca di un'intenzione polemica verso PensPlan, la sua gestione, le responsabilità politiche di tale gestione.

Ma il sangue non c'è. C'è, certo, la preoccupazione che nella bufera finanziaria e in un contesto dominato da fattori che non guardano all'economia reale, gli investimenti del fondo per la previdenza complementare istituito nel 1997 (il sistema PensPlan) possano risultarne inquinati. Di qui la richiesta di maggiore oculatezza verso l'eticità degli investimenti, visto che l'operatività gestionale sui titoli viene fatta altrove (in Olanda, attraverso una delle più grandi agenzie di investimento mondiali). So bene che definire quale sia nell'attuale contesto finanziario il confine fra l'etico e il non-etico è piuttosto difficile. Ma al tempo stesso dobbiamo avere piena consapevolezza che, in un contesto interdipendente, la catastrofe finanziaria degli altri prima o poi ci ricade addosso.

E c'è soprattutto la consapevolezza che in un contesto di profondi tagli finanziari alla nostra autonomia e ad una prospettiva di "lacrime e sangue" sul bilancio provinciale, o ci si attrezza o si viene travolti. E allora è necessario che ogni tassello della nostra autonomia sia messo a sistema. Per questa ragione anche PensPlan deve svolgere la sua parte, nell'ambito di una mobilitazione più generale della finanza trentina. Penso in primo luogo alla realtà delle Casse Rurali, che raccolgono il 65% del risparmio di questa terra, penso a realtà assicurative come l'Itas (il soggetto leader nella raccolta assicurativa trentina), penso alle società di sistema che in questi anni ci siamo dati per l'operatività finanziaria in Trentino. Ed è quello che abbiamo chiesto nella mozione relativamente a PansPlan e ai fondi pensione ad esso collegati (1.800 milioni di euro), ovvero che si studino delle «modalità per creare fondi d'investimento a base territoriale, funzionali ad investire sui settori individuati come strategici per lo sviluppo delle Province Autonome di Trento e di Bolzano».

Quali potrebbero essere è presto detto. Penso al settore dell'energia e della green economy, penso a "Dolomiti Energia" che potrebbe decidere di allargare il proprio assetto societario ai Comuni e ai cittadini attraverso forme di azionariato popolare, penso al sostegno verso le vocazioni economiche delle nostre valli, alla ricerca applicata, al sostegno verso la riconversione economica indirizzata alla qualità delle produzioni in settori chiave della nostra agricoltura.

La qualificazione dell'economia trentina (ne abbiamo parlato a proposito della recente legge sugli incentivi alle imprese) è la strada maestra per garantire il sostegno alle risorse dell'autonomia, mentre l'ossessione verso l'aumento del Pil rischia di farci accettare ogni cosa, compresa l'idea - tanto cara alla Lega - di finanziare l'economia locale purchessia, anche quando mancano prospettive.

E' proprio nella direzione di una ri-qualificazione dell'economia trentina che le realtà della finanza locale devono fare rete ed in questo senso il sistema dei fondi della previdenza complementare possono essere messi in gioco per sostenere un circuito virtuoso a fronte di un rating positivo che è rappresentato dalla ricchezza (inclusa la coesione sociale) di questa nostra terra.

Sarei in vacanza, assurdo privilegio direbbe qualcuno, ma non riesco a staccare la spina. Tanto che  di questo e d'altro mi sto occupando in questa prima settimana di agosto.