"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Diario

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domenica, 30 ottobre 2011paesi poveri?

Alla fiera "Fa' la cosa giusta!" un fiume di persone e alla fine della tre giorni sarà record di presenze, oltre 12 mila visitatori paganti. Venerdì scorso, proprio in questa sede, abbiamo presentato il tema che caratterizzerà il programma del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani nel corso del 2012, "Oltre il limite. La pace nella sobrietà". Ed oggi la radio della fiera, Radio in Blu, dedica uno speciale pomeridiano proprio a questo tema. Protagonisti del dialogo radiofonico dallo stand di "Vita Trentina" sul tema proposto dal Forum siamo Alberto Conci, Francesca Ferrari e il sottoscritto. Il contesto di una fiera del consumo critico e degli stili di vita equi e sostenibili è, come si può capire, quello giusto per affrontare il tema del "limite" e se c'è un tratto culturale che forse unisce gli oltre duecento espositori potrebbe proprio essere quello della sobrietà.

Declinare la pace nella sobrietà apre molte piste di lavoro, dal rapporto con le risorse alle guerre che ne vengono, dalla tutela delle biodiversità ai cambiamenti climatici, dalla qualità dei consumi alla valorizzazione delle filiere corte, dall'abbandono delle campagne ai processi di inurbamento nelle megalopoli, dal delirio di onnipotenza che ci prende ogni volta che ci pensiamo indispensabili alla cultura del limite che dovremmo imparare a praticare nelle nostre esistenze. Ne parleremo nell'assemblea del Forum prevista per venerdì prossimo 4 novembre (ore 17.00) al Museo Caproni di Mattarello.

Ma intanto ci sembrava questa la cornice ideale per presentare la proposta, proprio a partire dalle tante buone pratiche che qui sono rappresentate. Prima della diretta radiofonica, mi aggiro fra gli stand anche per cercare di capire i tratti di novità rispetto agli altri anni. Una prima cosa che salta all'attenzione rispetto agli anni precedenti è la minore presenza delle associazioni di volontariato e Ong, a fronte di un numero maggiore di esperienze di produzione e lavoro, soprattutto nel campo del benessere e dell'abbigliamento. A riflettere forse una situazione di stanchezza di un mondo come quello della solidarietà sociale e della cooperazione internazionale, alle prese con la necessità di ripensarsi nelle pratiche come nelle idee.

Il maggior numero di espositori sono quelli degli "ecoprodotti" ovvero della trasformazione artigianale nel settore dell'abbigliamento, della cosmesi, della lavorazione delle erbe, seguiti a ruota dal settore alimentare e dalle aziende agricole con i loro prodotti biologici. Non a caso il momento culturale più importante della fiera è il convegno sul futuro dell'agricoltura trentina dove, stando a quel che raccolgo nel pomeriggio, le posizioni a confronto sono molto distanti. Mondi che dovrebbero imparare a parlarsi ma anche qui scontiamo conservatorismi, autoreferenzialità ed inconsistenza delle classi dirigenti. Questa settima edizione di "Fa' la cosa giusta!" riflette un po' questo nostro tempo, ricco di buone pratiche ma povero di pensiero.

Al mattino alla Fondazione Caritro c'è la presentazione dello spettacolo dell'artista israeliana Noa, che in serata farà il pieno all'auditorium S.Chiara in una manifestazione per la raccolta di fondi per l'emergenza Somalia. Iniziativa meritoria, per dare un po' di sollievo alla sofferenza di alcuni villaggi dove opera l'associazione trentina "Una scuola per la Vita".

E' però doveroso dire che quell'emergenza non viene dal nulla, così come ogni altra emergenza. Quel paese, lungo il Novecento, è stato terra di espansione coloniale da parte dell'imperialismo italiano, successivamente dilaniato dalle guerre post coloniali che avevano come scenario un mondo segnato dal bipolarismo, poi negli anni '80 divenuto discarica di rifiuti tossici e luogo simbolo della mala cooperazione internazionale (italiana in primis), in seguito area geografica strategica prima per gli Stati Uniti e poi per i signori della guerra... Oggi la Somalia è, a dispetto delle apparenze, un paese dove si sperimenta una post modernità fatta di traffici di ogni tipo e di moderna pirateria che tiene in scacco una vasta area dell'oceano indiano. Un porto franco, insomma, controllato dalla criminalità organizzata internazionale.

L'unico soggetto che avrebbe potuto avere l'autorevolezza e la capacità di metterci mano sarebbe stata l'Unione Africana, ma i paesi occidentali e la Cina - con i loro interessi - ne hanno minato l'unità e dilaniato la coesione interna. Ricordo l'appello che qualche anno fa proprio l'Unione Africana rivolse all'Europa di Romano Prodi per costruire un'alleanza strategica per la rinascita del continente africano, che non avrebbe bisogno di aiuti ma la cui ricchezza è diventata invece negli anni fonte di impoverimento. Non se ne fece nulla, perché saltò Prodi e con lui - senza che nemmeno l'opinione pubblica europea se ne accorgesse - il progetto europeo. Ed oggi anche l'Unione Africana non sta proprio bene.

Tanto per cambiare, manca la politica. Quella seria, s'intende. Quella che dovrebbe proporre visioni e capacità di autogoverno. Quel che accade, invece, è che il continente più ricco di materie prime affondi fra miseria e neocolonialismo, tanto che la sua gente cerca rifugio altrove e la terra diventa luogo di sfruttamento e di produzioni intensive nella guerra già iniziata per lo spazio vitale. O forse non ci siamo accorti che la Cina si sta comprando l'Africa?

Non vorrei sembrare cinico, ma è troppo comodo andare ai concerti o alle partite del cuore.

sabato, 29 ottobre 2011Generazioni

In una bella giornata di sole autunnale inizia a Trento la raccolta di firme per le due proposte di legge di iniziativa popolare relative ai diritti di cittadinanza e a quello di voto nelle elezioni amministrative per gli immigrati che hanno un regolare permesso di soggiorno e che sono residenti in Italia da almeno cinque anni.

A promuovere l'iniziativa sul piano nazionale un folto cartello di associazioni che va dalla Caritas alla Cgil, a testimonianza di un impegno non solo sociale ma anche politico della società civile. In Trentino aderiscono anche il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani e pure il PD del Trentino si è messo a disposizione con i suoi consiglieri per la raccolta e l'autentificazione delle firme.

Che i figli degli immigrati nati in Italia non abbiano la cittadinanza italiana fino al diciottesimo anno di età e che solo allora la possano chiedere è davvero discriminatorio. Che un bambino possa perdere il diritto al sistema sanitario qualora ai genitori venga revocato il permesso di soggiorno magari perché il padre o la madre hanno perso il lavoro, anche questo è un segno di inciviltà. E infatti molte persone che si fermano al tavolino della raccolta delle firme queste cose non le sanno, non conoscono l'odissea burocratica e l'umiliazione di fronte ad una pubblica amministrazione che ti appare (e spesso ti è) ostile.

In Trentino, dove i nuovi cittadini di origine straniera sono quasi il 10% dell'insieme degli abitanti, la situazione è un po' migliore, perché almeno vi sono servizi di informazione e accoglienza efficienti e il lavoro ancora tiene. Il livello di integrazione nel lavoro e nella società è abbastanza buono. E poi, diciamolo chiaramente, l'economia del nostro territorio non potrebbe certo fare a meno di questa forza lavoro disposta ad occupare gran parte di quelle attività che gli autoctoni non intendono più svolgere.  Ma le leggi sulla cittadinanza sono quelle italiane e le situazioni che prima descrivevo ci sono anche qui. Si tratta insomma di passare dall'accoglienza alla cittadinanza.

Tanto è vero che stiamo pensando come gruppo consiliare di elaborare, tanto sul piano dei diritti di cittadinanza quanto su quello elettorale due apposite proposte legislative, in Provincia e in Regione, così da rafforzare politicamente l'iniziativa nazionale che, stante l'attuale quadro di riferimento politico istituzionale, s'infrangerà attorno ad una maggioranza parlamentare ostile.  

Raccogliere le firme su temi di così forte valore simbolico (e politico) potrebbe non essere così facile, incontrare un po' di diffidenza, ma così non è e a fine giornata, nel banchetto del mattino in centro storico e quello del pomeriggio alla fiera "Fa' la cosa giusta" raccogliamo oltre 250 firme per ciascuna delle due proposte. Niente male come prima uscita. Nella raccolta del mattino vedo le persone fermarsi spontaneamente, conversare con gli organizzatori, informarsi: mi piace questa città viva e vedo anche molto apprezzato il fatto che a sostenere l'iniziativa della società civile ci siano i consiglieri del PD del Trentino. Il che non guasta, considerata la separatezza con la quale spesso viene vista la politica.

Nel pomeriggio sono finalmente a casa, un po' di tranquillità che dedico alla scrittura di qualche parola sulla scomparsa di James Hillman, esponente di rilievo della psicanalisi americana e mondiale, filosofo dell'anima come veniva definito. La sua morte è davvero una perdita grande. I lettori più attenti di questo blog e dei miei interventi sanno quanto il suo pensiero fosse per me un punto di riferimento. Ma questa è la finitezza, alla quale ci dobbiamo rassegnare, anche in considerazione del fatto che i maestri della generazione precedente alla mia si trovano necessariamente a fare i conti con la loro ultima stagione.

Le cronache politiche della giornata parlano dei "rottamatori". Non nascondo lo sconforto (e il solco profondo) che mi fa sentire lontano mille miglia da una politica che non sa pensarsi fuori dai luoghi del potere, che non si propone di elaborare il proprio tempo per non consegnarne una narrazione critica a chi viene dopo, che non si predispone al passare la mano. O, d'altra parte e peggio ancora, che pensa - si fa per dire - di basare le proprie fortune sullo scontro generazionale. Poveri noi.

venerdì, 28 ottobre 2011Stava

La giornata di giovedì non ha molto da dire. Mi rallegrano lo scoiattolo che al mattino presto attraversa con i suo andare elegante la stradina di casa... e la lepre che mi accoglie al mio rientro verso le otto e mezza di sera... Altre volte sono i caprioli, più raramente è il tasso con il suo incedere buffo. Ho il privilegio di vivere in una casa in campagna a pochi chilometri dalla città. Tutto intorno un biotopo naturale, un bosco cresciuto spontaneamente laddove un tempo c'erano i noccioli e gli albicocchi. Adatto al riparo per gli animali selvatici rispetto all'insidia che l'uomo rappresenta.

A dispetto di questa immagine bucolica, mi aspettano una sequenza di incontri che ruotano intorno all'attività consiliare e al Forum, quell'oscuro lavoro che sta dietro anche alle cose più interessanti, che richiede pazienza e diplomazia. In buona sostanza, niente di nuovo da raccontare ai lettori di questo blog. Qualcosa di insolito per la verità c'è ed è il colloquio che ho in serata con Gianko Zuanelli. L'ho conosciuto come "vecchio" militante dei DS della Valle di Non ma poi, di fronte all'ultimo miglio del passaggio verso il PD del Trentino, proprio non se l'è sentita di percorrerlo, preferendo una scelta più radicale (e immagino anche più difficile per la sua storia) che l'ha avvicinato alla SEL.

Nelle sue parole avverto tutta l'incertezza di una scelta che rischia la dimensione della testimonianza. Mi interroga sulla sostenibilità dello sviluppo rurale del Trentino, lui che viene da una valle alle prese con gli effetti perversi della monocoltura. Al tempo stesso gli racconto del mio navigare in campo aperto, in un partito che sta perdendo la sua sfida di costruire un pensiero originale ma che al tempo stesso ti offre l'opportunità di dare cittadinanza piena ad idee altrimenti condannate alla marginalità.

E su tante altre cose. Ne esce una conversazione piacevole e senza infingimenti, anche quando insisto sulla pigrizia culturale che vedo a sinistra, laddove ci si barrica attorno a certezze che non ci sono più, a visioni che non sono più in grado di descrivere il presente, a rituali che conosco fin troppo bene. Non nascondo nemmeno le mie distanze dal PD nazionale, soprattutto laddove non c'è alcuna capacità di ripensamento, in particolare sui temi della pace ai quali dedico un'attenzione particolare senza peraltro farmi condizionare dalle appartenenze.

Ci salutiamo con l'impegno di proseguire questo dialogo. E' già tardi e l'indomani, venerdì, devo essere alle 8 del mattino in una scuola professionale di Tesero, per parlare di Europa e di Mediterraneo. Per essere sicuro di arrivarci con puntualità la sveglia è alle 6.00. Devo proprio dire però che arrivare in Valle di Fiemme all'alba è ancora emozionante: il profilo delle montagne, i colori dell'autunno inoltrato, sono un vero e proprio dono.

Davanti a me una quarantina di ragazzi che ascoltano con attenzione il mio racconto, spero non banale, sulla geografia che andrebbe studiata per capire il tempo che attraversiamo, sull'intrecciarsi delle culture nel corso della storia grazie al Mediterraneo, sulle primavere che oggi l'attraversano. Vedo incuriositi anche gli insegnanti, che di tanto in tanto interrogo affinché gli studenti si sentano meno soli nel loro  ignorare alcuni passaggi decisivi della vicenda umana, culturale e politica che ha portato a quel che siamo.

Non so quel che gli resta delle mie parole, se avranno la possibilità (e la volontà) di approfondire qualcuna delle suggestioni proposte, tenendo conto che si tratta di una scuola professionale, ma l'applauso finale mi sembra sincero. Riparto verso Trento ma quando vedo il bivio per Stava mi viene d'istinto di prenderlo. Dopo la tragedia di venticinque anni fa non ci sono più tornato. Mi fermo nel luogo che, a monte del vecchio abitato, venne solo sfiorato dalla furia delle acque del bacino di Prestavel. Quelle vecchie case sono oggi tutto quel che rimane di una storia cancellata dall'incuria dell'uomo e dalla logica del profitto ad ogni costo, che pure rappresentò una sorta di spartiacque fra il prima e il dopo nelle scelte ambientali della PAT. Il resto sono i nuovi alberghi realizzati laddove non era rimasto che fango e dolore. Sono belli e curati ma non so se ci verrei in vacanza...

La giornata è ancora lunga. Dopo una veloce sosta a Mezzocorona, verso mezzogiorno sono a Trento. Vado al gruppo, mi prendo qualche appunto per l'incontro del Forum previsto nel tardo pomeriggio alla Fiera Fa' la cosa giusta, insieme a Bruno Dorigatti ci incontriamo con il presidente Dellai, vedo gli amici afghani Razi e Sohelia ed infine vado alla sala del padiglione fieristico di via Briamasco dove con Stefano Albergoni nei panni di direttore del sto web Ambiente Trentino presentiamo il tema che sarà al centro del percorso del Forum nel 2012, la cultura del limite. O, in altre parole, la pace declinata nella sobrietà. Non siamo in molti, ma in compenso il confronto che ne viene con la ventina di persone presenti è davvero stimolante. Forse per il contesto colloquiale in molti vogliono dire la loro e anche questo mi fa capire come il tema prescelto sia cruciale proprio per  immaginare quel cambio di paradigma che il nostro tempo ci chiede.

Ne parleremo anche domenica pomeriggio alla radio della fiera (Radio in blu), con alcune delle associazioni che vogliamo diventino protagoniste di questo itinerario lungo un anno, ancora più di quel che siamo riusciti a fare con "Cittadinanza euromediterranea", che pure ci ha fatti sentire nel cuore degli avvenimenti che hanno cambiato (e stanno cambiando) il corso della storia nel mondo arabo.

mercoledì, 26 ottobre 2011autonomia

Ci sono molti giovani che guardano con interesse e scelgono discipline universitarie connesse agli studi internazionali. E' appassionante e immagino pensino che in una società globalizzata avere uno sguardo internazionale ti possa dare una marcia in più anche sotto il profilo internazionale. E qui si scontrano con uno dei paradossi del nostro tempo: più grande è il villaggio globale e maggiore è la consapevolezza dell'interdipendenza, più acuta è la crisi della cooperazione internazionale, più le comunità tendono a chiudersi come autodifesa.

Così mi capita frequentemente di avere a che fare con giovani poco più che ventenni, laureati o laureandi, che parlano due o tre lingue oltre a quella materna, magari anche con un piccolo bagaglio di esperienza di volontariato in qualche parte del mondo, alla ricerca di un lavoro che faticano a trovare nell'ambito in cui hanno studiato, costretti ad adattarsi a quel che capita.

Oggi al Forum incontro Martina. Sta preparando la tesi di laurea sul possibile rapporto fra cooperazione internazionale ed immigrazione: nell'intervista spazio dalla necessità di intendere la cooperazione come relazione territoriale al contributo di conoscenza ma anche di attivazione economica che può venire da una migrazione che frequentemente segue linee omogenee (da territorio a territorio) grazie al passa parola. Le dedico un'ora di intervista e spero che questa cosa possa servirle, non solo per la tesi.

Subito dopo ho appuntamento con Mellarini per parlare dell'attuazione della legge sui prodotti a basso impatto energetico (filiere corte, per capirci) e all'educazione al consumo consapevole. La legge, passata al vaglio dell'Europa, è in vigore, ma il programma triennale che doveva essere varato entro centottanta giorni e che nei fatti costituisce una sorta di regolamento di attuazione ancora non c'è. Come si può capire, non basta fare le leggi, bisogno soprattutto che trovino applicazione. A breve (l'11 novembre) dovrebbe esserci anche la giornata dell'agricoltura istituita dalla medesima legge ma anche di questo non si sa nulla. Purtroppo non ci capiamo sul luogo dell'incontro e dunque ci incontriamo solo per riaggiornarci a breve, vista l'urgenza.

Delle agevolazioni per fare sistema locale (anche di questo si parla nella legge 13/2009) discutiamo anche nella successiva riunione della maggioranza provinciale convocata per discutere della Legge Finanziaria 2012. Esattamente come si prevedono agevolazioni Irap per le imprese che hanno comportamenti virtuosi, investono, assumono, perché non prevedere agevolazioni/servizi per chi fa sistema territoriale, valorizzando i prodotti del territorio?

Talvolta ho la percezione che le idee innovative si fermino sulla soglia delle consuetudini e della burocrazia che non vuole gatte da pelare, controlli da eseguire, un po' come nella stesura dei protocolli d'appalto che il legislatore ha stabilità devono fondarsi sulla qualità ma dove le inerzie fanno rientrare dalla finestra la logica del massimo ribasso. Così si gioca sulle crocette corrispondenti ai limoni di Sicilia, ai prodotti di prossimità, al biologico anche quando non c'è, tutto sì con l'effetto di azzerare la qualità, per poi far prevalere la logica perversa che porta necessariamente all'abbassamento della qualità. Ma anche all'infiltrazione di forme di economia che si fondano sulla precarietà e sul non rispetto delle leggi (e, mi permetto di dire, anche di natura criminale).

Nella stessa riunione pongo il problema, decisivo per l'attività legislativa, di sapere a quanto ammonta il fondo per le leggi nuove. Tocco un tasto dolente, rispetto al quale ricevo assicurazioni non del tutto convincenti. Bisognerà intervenire in Commissione e in aula. Scorrendo la prima bozza della Legge di Bilancio ci sono parecchie cose da rivedere e approfondire, ma in generale non trovo nell'impostazione complessiva quella capacità di visione che usciva in maniera più forte nelle finanziarie precedenti. Due aspetti sono affrontati con una maggiore attenzione di altri, l'investimento sui giovani e l'organizzazione della struttura dell'apparato provinciale. Ma credo si debba lavorare ancora in questo mese di novembre per dare alla Finanziaria un'impronta più innovativa. Ci sono scelte importanti, che sono condivise e che richiedono di diventare altrettanti tratti di caratterizzazione della maggioranza di centrosinistra autonomista: penso alla scelta di fermare la costruzione di strade a favore della ferrovia, penso alla rivoluzione del telelavoro, penso alla valorizzazione delle filiere corte, penso alla scelta della riqualificazione delle produzioni agroalimentari... Che però si scontrano con il conservatorismo diffuso, con la mancanza di classi dirigenti all'altezza dei processi di trasformazione, con le pigrizie mentali. Con i piccoli e grandi interessi che s'insinuano nella gestione della cosa pubblica e che si nutrono nel vuoto delle idee e nell'assenza di progettualità.

La sfida vera sta qui.

martedì, 25 ottobre 2011In alto mare

Giornata densa d'incontri che non attenuano il mio cattivo umore. L'origine di questo stato d'animo sta nella fatica della politica. Per chi come me ha avuto il privilegio di far coincidere le proprie idee con il proprio impegno professionale, il non ritrovarsi nei propri luoghi di appartenenza politica costituisce un problema. Nella scelta di mettere in gioco le proprie idee in spazi ampi di rappresentazione politica ci stava ovviamente la condizione di essere opinione fra le opinioni, minoranza fra molte minoranze, purché in una dialettica aperta e attenta ai processi di cambiamento, ad iniziare dallo sguardo sulle cose del proprio tempo.

Era parte essenziale e cultura istitutiva del PD (e del PD del Trentino) quello di partire dall'inadeguatezza dei pensieri e delle forme dell'agire politico precedenti. La Carta dei valori del PD, il suo vero atto di nascita dopo e oltre la coraggiosa scelta di andare al superamento dei DS e della Margherita (nonché delle formazioni politiche locali che, come in Trentino, hanno concorso alla formazione del nuovo soggetto politico), è rimasta nel cassetto, primo e nobile tentativo di costruire una sintesi culturale originale che nel corso del tempo si è andato sbiadendo, facendo invece riemergere le culture di una classe dirigente che è rimasta uguale a se stessa, come se la nascita di un nuovo soggetto politico fosse più un'alchimia per rimanere a galla che un processo profondo di rinnovamento.

In questa mancata sintesi misuriamo oggi le difficoltà del PD, la sua capacità o meno di abitare con intelligenza questo tempo. E francamente quando sento D'Alema, con la spocchia di sempre, dire che siamo pronti al dopo Berlusconi, mi chiedo che cosa sia cambiato - tanto sul piano della proposta progettuale come nella classe dirigente - rispetto al fallimento precedente. Siamo ancora all'idea che gli italiani si siano sbagliati a votare per Berlusconi...

Berlusconi e Bossi sono al governo perché hanno saputo interpretare e a loro volta contribuire a rendere più aggressiva la profonda trasformazione culturale avvenuta in questo paese, a partire dall'idea che di fronte ai processi della globalizzazione si potesse rispondere con la chiusura ed un modello neocorporativo di tipo populistico. Al quale il centrosinistra non ha saputo rispondere con un progetto alternativo, che ancora non c'è. Certo, l'anomalia Berlusconiana, questo personaggio da operetta che ha reso impresentabile l'immagine dell'Italia nel mondo, ha semplificato le cose considerato che, al confronto, persino una destra normale come quella di Fini diventava accettabile. Ma, paradossalmente, questo ci ha portati fuori strada ed ora, nell'urgenza di liberarsi di questo squallido personaggio, un'idea diversa di modello sociale e culturale - alternativa a quella dei poteri finanziari di questo paese - ancora non s'intravvede. E francamente non mi pare che il cosiddetto "nuovo ulivo", l'alleanza con Di Pietro e Vendola, dato per scontato che il terzo polo giocherà una partita a sé, sia portatore di un progetto particolarmente nuovo (e fino ad oggi nemmeno di un progetto purchessia).

E poi c'è dell'altro, ovvero la degenerazione della politica e delle sue classi dirigenti. Ho frequentemente la sensazione che i destini individuali prevalgano sempre di più, facciano da tappo verso un ricambio che poi si manifesta più come scontro fra generazioni che sul piano del rinnovamento del pensiero. Il problema "generazionale" c'è, sia chiaro. E fin quando la mia generazione non si disporrà a passare il testimone attraverso un serio lavoro di elaborazione del tempo che abbiamo letteralmente occupato, anche il rinnovamento si porrà in maniera distorta, affidando alle sole regole la soluzione del problema.

Guardo con un certo interesse all'incontro dei "trentenni" che si è tenuto lo scorso fine settimana a Bologna, ma alla fine siamo sempre lì, inchiodati al numero dei mandati e poco altro. Quando invece il problema riguarda la capacità di elaborare la storia recente, di questo paese in rapporto agli avvenimenti che hanno letteralmente cambiato l'assetto mondiale, indagando le idee e la loro capacità di interpretare tale cambiamento.

Per fare questo lavoro è necessario darsi una distanza, non essere in prima linea. Questo voglio dire quando parlo di predisporsi a passare la mano. Lo avverto come una forma di ecologia personale.

Parole in libertà per cercare di descrivere uno stato d'animo. Il che non impedisce di partecipare alla conferenza stampa di presentazione della campagna "Anch'io sono italiano", di incontrarmi prima con lo staff del Forum e poi con il presidente Dorigatti per trovare una soluzione al problema della precarietà del personale che in questa istituzione della Provincia ha creduto e messo l'anima, di andare in terza commissione, di incontrare i rappresentanti della comunità sarda del Trentino e, infine, di partecipare all'incontro promosso dalla "Sinistra per Israele" sul processo di pace (che non c'è).

Quest'ultimo incontro ruota attorno all'intervista a due esponenti del pacifismo in Israele, Avshalom Vilan e Mohammed Darawshe, da parte dei direttori dei quotidiani locali. Un confronto franco e aperto, certamente interessante, anche se purtroppo poco rappresentativo della realtà. Che invece appare sempre più radicalizzata, seppure per responsabilità che non possono essere messe sullo stesso piano. La stessa introduzione curata dai promotori dell'iniziativa propone una narrazione della storia che fa cadere le braccia tanto è unilaterale.  

Sono fermamente convinto che se ognuno rimarrà chiuso nella propria narrazione non si andrà certo verso una soluzione basata sul principio "due popoli, due stati", proposta tanto realistica quanto lontana, che pure non tocca le mie corde. Quanto alla pace, presuppone il mettersi nei panni dell'altro, il riconoscere come sono andate le cose, la riconciliazione. Purtroppo la realtà è un'altra. Richiederebbe un cambio di prospettiva, ma non vedo nelle classi dirigenti, né dello stato di Israele, né nell'Autorità Nazionale Palestinese, la capacità di questo salto di paradigma.

In questi incontri, se vogliamo che possano accendere un po' di speranza, c'è il dovere di dire cose sgradevoli, da una parte e dall'altra. Certo, è importante dare voce a chi, in Israele come nei territori dell'ANP, si ostina ad impegnarsi per il dialogo e per la pace. Ma anche questo rischia di diventare un rituale che poi non ha nulla a che fare con i muri e il filo spinato che sorge ovunque. E anche la nascita degli stati dobbiamo sapere che producono confini piuttosto che superarli.

lunedì, 24 ottobre 2011La politica è un\'altra cosa...

Al Forum facciamo il punto su "Afghanistan 2014". Il cantiere aperto un paio di settimane fa richiede un paziente lavoro di raccordo fra la diaspora afghana nel mondo e chi in quel paese segnato da una guerra infinita cerca di dare cittadinanza culturale e politica al futuro. A Bonn il 5 dicembre si svolgerà una conferenza internazionale del sul futuro dell'Afghanistan ma in quella sede avranno voce le grandi potenze e i signori della guerra. Non certo la società civile. L'approccio che verrà proposto sarà quello dell'emergenza, la sicurezza fondata sul controllo militare del territorio, la ricostruzione come business di chi ha distrutto. Partirà proprio dal cambio di sguardo la piattaforma per favorire la circolazione delle idee, ma anche per proporre un'immagine diversa di quel paese. Il "cantiere" è al lavoro.

Vado in ufficio e, dopo una settimana di assenza, riprendo il contatto con un ambiente che avverto lontano. Nonostante abbiamo scollinato metà legislatura, ancora manca qui dentro una dimensione collettiva, quasi ciascun consigliere o assessore avesse aperto una partita individuale. Forse proprio in questa chiave si può leggere il sondaggio a suo tempo commissionato ad un'agenzia specializzata e che in questi giorni i giornali locali hanno ripreso pubblicando le graduatorie di simpatia per i possibili candidati alla presidenza della Giunta Provinciale. Già si guarda al 2013 e anche questo descrive una forma patologica grave della politica se consideriamo che abbiamo quasi metà della legislatura da percorrere. La politica per me è altra cosa. E avverto una strana stanchezza, quasi a sentirmi (o a chiamarmi) fuori.

Pongo nella breve riunione del Gruppo consiliare la necessità di avere fra noi un confronto sulle linee della Finanziaria provinciale e di un lavoro sistematico sul bilancio prima della sua pubblicazione ufficiale. Proprio sul bilancio mi metto a scrivere un promemoria per la prossima riunione di maggioranza.

Arrivano i dati relativi all'afflusso al voto in Tunisia, oltre il 90%. Non importa chi sarà il vincitore, questo dato in sé è la vittoria della rivoluzione democratica. Arrivano anche le immagini del grado di considerazione raggiunto dal nostro paese fra i capi di governo europei ed insieme la richiesta di interventi strutturali che le manovre del govenro hanno sistematicamente eluso. E questa volta, Berlusconi sembra effettivamente in difficoltà.

A metà pomeriggio sono di nuovo al Forum, dove ho appuntamento con alcuni amici del Marocco. Si tratta di un primo momento di restituzione rispetto all'esperienza di una settimana fa a Casablanca nella conferenza sull'autonomia. Luci e ombre, ma è stato utile andarci. Perché fino ad oggi in quel paese si è parlato di autonomia ma senza entrare nel merito del significato di questa parola, quasi si trattasse di un espediente per uscire dalle secche di una crisi infinita e senza soluzione nel conflitto sul Sahara Occidentale. Ed invece questa volta, con la nostra presenza (anche alcuni di loro erano lì) si è entrati forse per la prima volta nel merito di quel che vuol dire autogoverno. L'autonomia non è un coniglio da tirare fuori dal cappello, ma una soluzione politica che richiede pensiero, cultura condivisa, amore per la propria terra, ridislocazione dei poteri. L'assunzione di un agire responsabile che è difficile trovare anche qui in Trentino, nell'inverare un'autonomia stanca e dove pure avremmo bisogno di una primavera.

domenica, 23 ottobre 2011Il riposo di Don Quijote

I lettori più affezionati di questo blog sanno che da tempo sto lavorando insieme ad un folto gruppo di persone attorno ad un Disegno di Legge sul tema dell'apprendimento permanente. Un tema, quello della società della conoscenza, che considero decisivo se vogliamo che la nostra comunità possa abitare la globalizzazione senza subirne gli effetti perversi ed omologanti.

Significa in primo luogo investire in cultura. Non semplicemente in eventi culturali, ma in cultura diffusa sul territorio: saperi, sensibilità, formazione... per attrezzare una comunità alla consapevolezza delle trasformazioni in atto. Qualcosa di più della tradizionale offerta culturale, una pratica sociale che si diffonde in ogni fascia d'età. E non facile da tradurre in una proposta di legge, specie quando si è in tempi di tagli al bilancio provinciale. Così lo scorso anno presentammo un emendamento alla finanziaria per dare attuazione agli articoli della Legge Salvaterra dedicati alla formazione permanente e che hanno trovato nel corso dell'anno un'apposita delibera di Giunta per la sua attuazione.

Ora si tratta di mettere a punto l'altra faccia della medaglia, l'educazione informale. Provo a dare sistematicità all'articolato e proviamo a vedere l'effetto che fa. Con il capogruppo, con l'assessore all'istruzione e con il gruppo di lavoro che riuniremo mercoledì prossimo (ore 18.00 al gruppo consiliare).

Lavoro anche al testo di uno scritto per la terza edizione dell'Atlante delle guerre e dei conflitti nel mondo, questa volta dedicato alla declinazione della pace sul piano della sobrietà. Raffaele Crocco, che di questa esperienza editoriale promossa da un gruppo di giornalisti italiani riuniti nell'associazione "46° Parallelo" è l'animatore oltre che il direttore, mi sta con il fiato sul collo perché deve chiudere l'Atlante in tipografia. Questo testo, oltre che per l'Atlante servirà anche al Forum per farne l'introduzione al programma 2012 che presenteremo (venerdì 28 ottobre, ore 18.00) in occasione della fiera "Fa' la cosa giusta" a Trento.

E poi decido di tagliare ogni altra cosa in questo fine settimana. Inviti e incontri si susseguono e richiederebbero di essere delle macchine sempre in azione. Sabato mattina al convegno del WWF sull'ambiente naturale e il parco agricolo a Riva del Garda, sabato pomeriggio al Linux Day a Trento, domenica mattina alla conferenza stampa di presentazione del concerto per la Somalia della cantante Noah. Lo scorso fine settimana ero in Marocco, quello precedente alla Campana dei Caduti. Decido quindi che questo fine settimana, oltre alla scrittura, sarà sgombro da impegni. La cultura del limite è anche questo.

giovedì, 20 ottobre 2011rivoluzioni moderne?

Riprendo a pieno ritmo l'attività. Oggi prosegue il Consiglio provinciale e contestualmente ho un'agenda fitta di appuntamenti fino a tarda sera quando a San Michele all'Adige ci sarà la serata dedicata a "PensPlan e alla finanza di territorio". Ma procediamo con ordine.

Già nella prima serata di mercoledì devo presiedere il Consiglio della Pace e dei Diritti Umani. Un ordine del giorno piuttosto nutrito: l'aggiornamento sul cantiere "Afghanistan 2014" che ha preso il via nei giorni scorsi, l'adesione del Forum alla campagna "L'Italia sono anch'io" per i diritti di cittadinanza e di voto ai nuovi cittadini italiani, la nomina della Commissione per la selezione dei ragazzi che faranno il servizio civile al Forum nel 2012, un primo bilancio sul percorso annuale "Cittadinanza euromediterranea" e il quadro delle iniziative (ancora una decina quelle che sono in programmazione) da qui alla fine dell'anno, l'impostazione del percorso del Forum che si svilupperà lungo l'intero 2012 sul tema del "limite" (La pace nella sobrietà) e la sua presentazione il prossimo 28 ottobre alla fiera "Fa' la cosa giusta", la convocazione dell'assemblea del Forum per il prossimo 4 novembre. Potremmo parlare di tutto questo per delle ore, ma siamo davvero molto bravi e stringati e poco dopo le 20.00 sono in stazione a prendere Ali che arriva a Trento per una serie di incontri previsti nel giorno successivo.

La giornata inizia di primissimo mattino con la preparazione dell'incontro serale (studiare, tanto per capirci). Poi il Consiglio Provinciale. Questa sessione è dedicata prevalentemente alla trattazione di mozioni, con l'unica eccezione della legge sulla dislessia alla quale in particolare hanno lavorato alcuni colleghi del Gruppo del PD. Per il resto, niente di particolarmente importante. Riesco quindi a rendere compatibile i lavori d'aula con altri appuntamenti.

Vedo Stefano Raffaelli, il nuovo direttore della Risto 3 (la cooperativa leader nella ristorazione collettiva che conta ormai oltre mille dipendenti), a proposito dei criteri con i quali vengono assegnati gli appalti nella ristorazione collettiva nelle mense pubbliche, tema sul quale ho presentato nei giorni scorsi una question time (che potete trovare in prima pagina di questo sito) e che ha molto a che fare con la legge sulle filiere corte approvata un anno fa. Pensare di trattare la qualità nei bandi attraverso un sistema di crocette è davvero fuorviante, perché ha come effetto che il massimo ribasso diventa l'unico parametro. Quindi è necessario porvi rimedio, attraverso la richiesta esplicita e senza suggerimenti preventivi delle caratteristiche dei prodotti utilizzati, della loro tracciabilità, della loro provenienza (e sostenibilità energetica e ambientale). Come del resto prevede la legge che però non ha ancora un suo regolamento attuativo. Ci si trova perfettamente d'accordo e decidiamo di proseguire nell'iniziativa, ciascuno per le proprie competenze. In giornata sull'argomento metterò a punto un appuntamento con l'assessore Mellarini per la prossima settimana.

Nella pausa pranzo mi incontro con la delegazione palestinese che è giunta a Trento sul tema del credito insieme alla Cassa padana di credito cooperativo di Brescia. Si vorrebbe collaborare nel percorso da noi intrapreso nella costruzione di una relazione fra le attività di microcredito promosse dal Parc nei territori palestinesi e il sistema delle Casse rurali del Trentino. L'incontro avuto in mattinata ha però evidenziato un taglio ed un livello di strutturazione del confronto piuttosto diverso. Vedremo se sarà possibile far convergere le iniziative, purché non venga meno l'idea della sperimentazione (e della relazione) territoriale. In coda all'incontro con Paolo Tonelli, Mario Zambarda e Ali Rashid facciamo il punto sul programma di relazioni suggellato dal "patto" fra il Trentino e la Palestina nel settore rurale che richiede una forte regia da parte della PAT e degli altri soggetti coinvolti, cosa di cui parleremo nel pomeriggio in uno specifico incontro con il presidente Dellai. A brevissimo (primi di novembre) ci sarà una nuova delegazione che andrà in Palestina e che riguarderà in maniera specifica il settore produttivo del melograno e quello vitivinicolo. Gli incontri si rivelano molto positivi e concreti. Mi spiace solo di non essere riuscito ad incrociare in questi giorni Carlo Petrini, visto che su questo argomento avevamo definito un patto d'azione con Slow Food.

Con Dellai parliamo anche dell'esperienza avuta in Marocco e della forte attenzione che su scala internazionale viene rivolta alla nostra autonomia, al suo ancoraggio internazionale, alla sua esperienza avanzata di autogoverno ed insisto sul fatto che i nostri centri di ricerca internazionale si attrezzino per diventare un punto di riferimento nella risoluzione delle controversie territoriali. Il che farebbe della nostra Regione un vero e proprio laboratorio di idee, innovativo rispetto ad un confronto internazionale ancora appiattito sul concetto di stato-nazione e che potrebbe collocare il Trentino al centro di un sistema di relazioni davvero interessante (anche per i risvolti di promozione del nostro stesso territorio).

Arriva la notizia dell'uccisione di Gheddafi. Le immagini sono agghiaccianti: la rivolta libica finisce così com'è iniziata e - come ho sempre detto in questi mesi - qui del profumo dei gelsomini non c'è proprio traccia. Una vicenda che sin dal primo momento ha mostrato la sua natura novecentesca, una guerra fra clan sulla quale si sono mosse potenze internazionali come Francia e Inghilterra interessate a giocarsi un ruolo nella regione e nel controllo delle risorse di quel paese. Come per il sostegno al vecchio leader libico da parte dell'amico Berlusconi, anche nello schierarsi dalla parte degli insorti da parte dell'Italia di "democratico" non c'è un bel niente. Anche la fine della guerra avviene nella forma più classica, affinché la morte del tiranno possa coprire ogni altra responsabilità. Nessuna elaborazione della storia, come avvenne per la fine del regime rumeno e dei coniugi Ceausescu, mettendoli a tacere definitivamente così da togliersi da ogni imbarazzo e fare in modo che tutti possano vantare la propria verginità. Davvero un bell'esempio di diritto internazionale.

Altri incontri si susseguono fino al tardo pomeriggio, con la riunione della Commissione Ambiente del PD del Trentino. Parliamo del contributo da portare all'assemblea di lunedì prossimo e successivamente alla conferenza programmatica. Oltre ad una serie di schede tematiche, decidiamo di insistere sul tema di fondo che dovrebbe fare da cornice all'insieme delle nostre attività: ritorniamo alla cultura del limite, che con l'idea di sviluppo e di crescita che va per la maggiore centra ben poco. E che anche nel PD non è affatto scontata. C'è un lavoro culturale da svolgere e su questo c'è fra noi un sentire comune.

E, per finire, a San Michele, nella serata pubblica sulla crisi finanziaria e il ruolo che i soggetti della finanza locale potrebbero svolgere per provare a mettere il nostro territorio al riparo da un'economia impazzita, diventata un'enorme casinò. Con me ad interloquire con il pubblico presente c'è Giorgio Valzolgher, direttore di Laborfonds, il più importante fondo regionale per la previdenza integrativa. Con Giorgio c'è una vecchia amicizia, da quando poco più che ragazzino divenne militante sindacale nel commercio, poi nel sindacato confederale e poi questa in nuova ed impegnativa esperienza. La serata, nonostante il carattere "ostico" dell'argomento, è partecipata e dalle reazioni del pubblico anche piacevole. Non è facile trattare argomenti di macroeconomia in termini semplici e comprensibili, ma in questa serata che prende le mosse dalla mozione presentata in Regione dal nostro gruppo consiliare (e che mi vede primo firmatario) mi pare di poter dire che ci siamo riusciti. Più complesso sarà dar corpo al disegno che ne sta all'origine, quello di mettere gli strumenti finanziari di realtà locali come il sistema delle casse rurali del Trentino, Itas, PensPlan al servizio del territorio nell'investire sulle vocazioni strategiche e sulla capacità di innovazione di questa terra. La mozione impegnerà PensPlan in questa direzione, Laborfonds si sta attrezzando... e dunque è un inizio.

Per oggi, invece, abbiamo dato. Venerdì dovrei andare a Gorizia, ma devo rinunciare. Un po' perché ho molte cose da fare qui, un po' perché il limite è il limite, e vale per tutti.

martedì, 18 ottobre 2011Andrea Zanzotto con uno dei suoi gatti

Rientrato domenica sera da Casablanca, mi attende una settimana di Consiglio provinciale. Lunedì è l'unica giornata libera da impegni e vorrei dedicarla a scrivere il pezzo per la terza edizione dell'Atlante delle guerre nel mondo, edito dall'associazione 46° Parallelo che coinvolge i giornalisti italiani più attenti alle situazioni di conflitto acuto nel mondo. Dopo quelli dedicati alla Transnistria e alle comuni radici culturali dell'area euro mediterranea, il tema che intendo affrontare è quello della cultura del limite o, meglio, della declinazione del concetto di pace nella sobrietà.

Ma fare i conti con il tema del limite è necessario a partire da se stessi. Perché se non ti dai un attimo di tregua, se non fai i conti con quel delirio di onnipotenza che ti prende quando ci immaginiamo indispensabili, se non hai coscienza che il mondo continua a girare anche senza di te, prima o poi è la natura a fermarti, senza considerare che anche la qualità delle cose che fai ne risente. Come ad esempio andare in paese che non hai mai visitato prima, arrivare il venerdì notte e ripartirtene la domenica mattina, pensando che la fatica e lo stress non pesino sul tuo corpo.

E così mi prende una febbre da cavallo, probabilmente un virus intestinale che mi mette ko per un paio di giorni. E a quel punto non ci sono scadenze che tengano, compreso il Consiglio Provinciale. Non era una sessione particolarmente significativa, mi spiace per la question time sulle mense pubbliche che sarebbe stata l'occasione per spronare l'assessorato competente a rendere efficace la legge sulle filiere corte e l'educazione alimentare.  E' il corpo che ti invia dei segnali quando un'altra parte di te non si rende conto che si sta esagerando.

Arriva la notizia della scomparsa di Andrea Zanzotto, da molti considerato il più grande poeta italiano contemporaneo. In uno dei suoi ultimi lavori, "In questo progresso scorsoio" (Garzanti, 2009), una conversazione curata dal giornalista Marzio Breda nella quale Zanzotto s'interroga su questo tempo inquietante, egli affermava  "Oggi siamo alla mancanza del limite e alla caduta della logica, sotto il mito del prodotto interno lordo: che deve crescere sempre, non si sa perché. Procedendo così, la moltiplicazione geometrica non basterà più ed entreremo in un'iperbole...". L'iperbole è quella  - appunto - del "progresso scorsoio".

Sempre che riusciamo a comprenderlo in tempo. Intanto il signore di Casablanca che ha aperto un'agenzia per gli investimenti nel suo paese sabato scorso mi diceva "In Italia non c'è più niente da costruire". Sapremo fermare il "progresso scorsoio"?

sabato, 15 ottobre 2011Sahara Occidentale

Sabato a Casablanca. Uno s'immagina una visita a quel che rimane della città vecchia, gli odori forti del mercato, uno sguardo sul mare che qui è oceano ... ed invece passiamo la giornata ad incontrare persone in hotel, prima dove abbiamo alloggiato e poi allo Sheraton, dove si svolge la conferenza sul futuro del Sahara Occidentale (che qui chiamano "marocchino"), dopo anni di stallo nelle trattative per l'indipendenza. Insomma, chiusi nei "non luoghi" della modernità che in questa metropoli appare più vistosa che altrove. Questo suona contraddittorio con i costumi tradizionali che affollano la conferenza e con le mie stesse parole sull'autonomia come modo di abitare la globalizzazione.

A tarda sera ne parlerò con i ragazzi marocchini e saharawi venuti dal Trentino per l'occasione e ci troveremo in piena sintonia. Mezzi e fini dovrebbero avere qualcosa da dirsi, ogni tanto, ma soprattutto quando parliamo di autonomia. Non vorrei che pensassero che l'autonomia sia un escamotage (o, peggio ancora, una furbizia) per venire a capo di un conflitto che ha prodotto quarant'anni di sofferenza. E lo dirò nel mio intervento alla conferenza del pomeriggio.

Nella giornata in cui gli indignados manifestano in 951 città di ogni parte del mondo contro gli effetti della finanza globale e per rivendicare il diritto al futuro, sono in Marocco e quello a cui assisto è molto probabilmente uno degli effetti della primavera araba. E' infatti dal 1975 che il desiderio di indipendenza del Sahara occidentale s'infrange contro l'indisponibilità del Marocco a mettere in discussione la sovranità di quelli che ritiene essere i propri confini, ma oggi accade forse qualcosa che potrebbe aprire una prospettiva diversa proprio in nome dell'autogoverno: il re del Marocco ha proposto l'autonomia, una larga autonomia per il Sahara, appunto un nuovo scenario possibile.

C'è attesa per l'incontro del pomeriggio, la conferenza che ruoterà intorno al tema dell'autonomia. Nell'albergo che ci ospita è un continuo via vai di persone e di strette di mani. Non so se hanno idea di quel che vuol dire autonomia, ma sicuramente qualcuno di loro vorrebbe mettersi alle spalle una storia di vita trascorsa nei campi profughi e nella violenza.  Altri più smaliziati vogliono probabilmente giocare questa carta per contrastare il diffondersi anche qui dei partiti islamici o per il prossimo destino personale. Ma non ha importanza.

Quel che mi interessa è che si parli di autonomia in maniera propria ed in una prospettiva non di chiusura egoistica ma nell'orizzonte del Mediterraneo come spazio sovranazionale, di idee e di progettualità politica. Il fatto di essere qui con Ali Rashid, amico e fratello, mi permettere di cogliere immagini e sfumature altrimenti impossibili da percepire. E rende la mia presenza ancora più importante, perché tutti qui hanno nel cuore la questione palestinese. Vedo gli occhi delle persone illuminarsi quando Ali nel presentarsi dice di essere di Al Quds, Gerusalemme.

Nella sala della conferenza ci saranno duecento persone, spiccano i colori vivaci dei costumi tradizionali delle donne come degli uomini. Un sacco di giornalisti assediano i relatori, la cosa è sentita e c'è la percezione di una svolta in corso sulla questione saharawi. L'immagine del re Mohammed VI è sullo sfondo del salone e penso fra me e me che non avrei mai immaginato che nel mio percorso politico ci sarebbe stato anche questo. A ragion del vero, nella Rapublika Srpska dell'immediato dopoguerra bosniaco, mi è capitato ben altro... ma quando si teorizza di abitare i conflitti questo è niente.

E' interessante il fatto che dopo la mia relazione, quella che ha il maggiore spazio nella conferenza, si avvicino spontaneamente numerosi giornalisti a chiedere di intervistarmi ... Non quelle di prassi, dovute all'ospitalità o al volere degli organizzatori, ma di operatori dell'informazione che rappresentano anche altri punti di vista e che hanno colto nelle mie parole un orizzonte che appare loro inedito e interessante.

Ed è questa, in buona sostanza, la ragione della mia presenza qui. L'autonomia non è qualcosa che si insegna, non ci sono modelli esportabili, ma idee ed esperienze da mettere in gioco. E poi quel cambio di paradigma che i profondi cambiamenti del nostro tempo impongono. Uno sguardo che propongo ha in più una prerogativa, non è né di destra, né di sinistra. O almeno non è così facilmente catalogabile. Parlare di amore per il territorio, di autogoverno, di responsabilità e di sostenibilità non è riconducibile alle vulgate novecentesche.

Uno dei giovani che assistono alla conferenza e che abbiamo conosciuto al nostro arrivo mi avvicina per dirmi che il mio è stato l'unico intervento che ha sentito vicino, che lo ha colpito nella sua sensibilità di migrante che vorrebbe un futuro diverso del paese del quale è pure orgoglioso. Ma dove c'è tanta povertà, mi dice, alla faccia della dimensione dei palazzi o delle moschee di questa città.

Mi avvicina un signore sui quarant'anni che si presenta come titolare di un'agenzia d'investimenti. Ha lavorato a Milano e mi dice che qui ci sono tante opportunità nel settore delle costruzioni, mentre in Italia è tutto costruito. Gli chiedo se dunque, visto come abbiamo ridotto il nostro bel paese, dovremmo fare altrettanto con il Marocco e gli faccio notare come, peraltro, già si stiano dando da fare abbondantemente in questa scellerata direzione.

Probabilmente ci sono persone che non hanno più l'abitudine di ascoltare quel che si dice, quasi fosse un optional anche in un momento di parola qual è una conferenza. E so  bene che anche da noi è talvolta così. Ma in generale devo dire che il racconto sulla vicenda dell'autonomia trentina viene colto da molti come uno sguardo interessante per le implicazioni che potrebbe avere anche in questo paese come approccio diverso allo sviluppo locale. Nelle domande del cronista del quotidiano dell'Unione socialista sento come questo approccio venga visto nella sua originalità, specie in un mondo come quello arabo che ancora fatica ad uscire dall'alternativa fra tradizione e modernità, a scrollarsi di dosso la nostalgia per un grande passato andato perduto e l'omologazione verso i tratti di una modernità omologante.

Alla fine della conferenza ci viene dato in dono uno "quftan", il costume tradizionale delle popolazioni saharawi e della Mauritania, che ci fanno  indossare per le immagini conclusive della conferenza. Come si suol dire "nei panni dell'altro". Così agghindati andiamo al buffet.  Anche qui sono in molti ad avvicinarci per chiedere di avere qualche ulteriore suggestione oppure per invitarci a ritornare e visitare la loro città o regione. Oppure a dirci che le nostre parole hanno dato un senso alla conferenza. 

Quando tutti se ne sono andati dal terrazzo dello Sheraton, io ed Ali siamo ancora lì a rispondere alle domande di chi mostra curiosità per questa visione territoriale della quale intuiscono il valore e la potenzialità di scompaginare le famiglie politiche di appartenenza.

Nel ritornare verso il nostro albergo, possiamo vedere uno spaccato della vita serale di Casablanca, c'è un gran movimento di uomini e di mezzi  ma l'impressione è quella di trovarsi in un luogo come tanti altri, gli stessi locali, gli stessi prodotti, gli stessi loghi, lo stesso degrado culturale in nome del consumismo.  La notte precedente ho dormito pochissimo e quando arriviamo sto crollando di stanchezza. Affido ad Ali le incombenze formali, una doccia e a nanna.

Un'occhiata alla televisione e apprendo che a Roma la manifestazione degli "indignados" è finita fra vetrine infrante e violenti scontri con la Polizia di cui sono responsabili i soliti cretini. Provo solo tristezza nel vedere come la protesta verso la mancanza di futuro e la partecipazione di migliaia di giovani venga violentata da chi esprime solo una cultura di morte. Quelle immagini di violenza prenderanno le prime pagine, le ragioni dell'indignazione continueranno a tenere banco solo nella preoccupazione sull'andamento delle borse e nient'altro. Forse ci si dovrebbe interrogare sulle modalità con le quali la si dovrebbe esprimere questa indignazione. Perché nel volto tumefatto di qualche poliziotto non ci vedo nulla di nuovo, né di ascrivibile ad una cultura di pace e di civiltà.

venerdì, 14 ottobre 2011antiche civiltà

Giovedì è stato un giorno particolare, non c'è che dire. "Uno mattina" trasmette un servizio sull'amianto in Italia, dedicando uno spazio anche alla realtà trentina e al Disegno di legge che ho presentato per la bonifica del nostro territorio dalle conseguenze di questa pesante eredità. Che una proposta legislativa del Trentino arrivi su Rai 1 in effetti non è cosa di tutti i giorni. E, devo dire, sono contento del fatto che il taglio del servizio si riveli equilibrato, le testimonianze efficaci.

Nello stesso giorno in Terza Commissione Legislativa provinciale apriamo questo DDL insieme a quello presentato sullo stesso argomento dai consiglieri Eccher e Sembenotti, quand'anche più mirato al tema dell'informazione. Avverto una diffusa condivisione e gli stessi dirigenti della PAT, in genere prudenti nel prendere posizione sui testi di legge, indicano l'utilità della proposta nel dare più forza al lavoro che già si sta facendo seppure ancora sul piano del monitoraggio della situazione.

Ho già avuto modo di illustrare la proposta di legge sulla bonifica dall'amianto ai lettori di questo blog. Mi limito dunque a dire che i due DDL, sostanzialmente compatibili, arriveranno in aula nella sessione di febbraio con un testo unificato. Oltre alle audizioni previste a cavallo fra dicembre gennaio, mi propongo di realizzare un percorso di incontri sul territorio, per illustrare la proposta ma soprattutto per creare un contesto culturale favorevole, fatto di comportamenti oltre che di norme, cosa niente affatto scontata.

Fra poche ore sarò in partenza per il Marocco, dove sono stato invitato a parlare dell'esperienza di autogoverno del Trentino e del Sud Tirolo. La cosa mi stimola molto, perché quel paese intende affrontare l'annosa controversia del Sahara Occidentale, fra istanze di indipendenza e di autogoverno, con strumenti nuovi. Preparo un po' di appunti per la conferenza, non è così semplice spiegare la nostra autonomia ad un uditorio così particolare, come non lo è proporre un cambio di paradigma che, superando il concetto di stato-nazione, si proponga in una prospettiva regionale e insieme sovranazionale.

Con gli amici afghani, nei giorni scorsi, ci siamo compresi al volo ed era come se una pista di lavoro si aprisse improvvisamente. Ovviamente non ci sono modelli da proporre, ogni situazione è una storia a parte, ma esperienze da raccontare, questo sì.  In questo villaggio globale aprire prospettive diverse, sparigliare rispetto a consuetudini mentali e vecchi paradigmi, diviene essenziale. E spero proprio che ciò avvenga anche in questa circostanza. In ogni caso sono davvero curioso di quale potrà essere l'accoglienza, sul piano delle idee naturalmente.

Quando qualche tempo fa proposi al presidente Dellai di immaginare la nostra Regione come laboratorio sull'autonomia, così come è avvenuto per il Tibet con la Carta di Trento, pensavo esattamente a questo. Il mondo è pieno di popoli non riconosciuti, di nazioni senza stato, di territori privi di autogoverno. Quando l'autodeterminazione degli uni contrasta con la sovranità degli altri, due diritti confliggono e non è facile venirne a capo. Ed è qui che si misura l'originalità del pensiero. Staremo a vedere quel che ne viene. Così venerdì mattina me ne parto per Roma e insieme all'amico Ali Rashid in serata siamo a Fiumicino, destinazione Casablanca.

Mentre scrivo è notte fonda e siamo ancora sul volo che ci porta in Marocco, per quanto mi riguarda per la prima volta. Arriveremo a Casablanca intorno alle 23.30 locali (l'una e mezza in Italia) dove ci stanno aspettando. Chissà quel che ci riserverà l'indomani...  Spero davvero che questa fatica sia ben spesa, per ciascuno di noi ma soprattutto per loro, per un paese che trascina un conflitto da mezzo secolo senza trovare una soluzione negoziale e che tiene una popolazione come quella saharawi a vivere in degradanti campi profughi.

Dimenticavo di dire che ieri un giornalista del Trentino mi ha chiamato per raccogliere qualche mia considerazione attorno alla proposta di legge riguardante il software libero che ho presentato la scorsa settimana. Oggi il quotidiano dedica il focus in prima e in tutta la terza pagina proprio alla mia iniziativa legislativa. Che la questione sia di particolare attualità non ci piove, che le ricadute economiche possano anche essere rilevanti lo stesso. Nei ritagli di tempo di questa giornata di spostamenti finisco di scrivere un pezzo per il Corriere del Trentino proprio su questo argomento.

Ancora un'ultima annotazione. Trovo Ali in buona salute, nel corpo come nella vivacità intellettuale che esprime. Una buona notizia, dopo mesi di trepidazione che non ho ancora del tutto lasciato dietro di me.

mercoledì, 12 ottobre 2011pericolo amianto

Ho appuntamento alle 8.00 del mattino con l'inviata di Uno Mattina e la sua troupe televisiva, in Trentino per registrare una parte del servizio che la popolare trasmissione televisiva dedicherà al tema dell'amianto. Ci mettiamo d'accordo sullo svolgersi della mattinata e partiamo alla volta di Mezzocorona dove abbiamo appuntamento con Diego  Pancher per realizzare sul campo alcune interviste ad altrettanti testimoni dell'inquietante presenza dell'amianto negli edifici e nei capannoni della zona.

Iniziamo in località Rupe di Mezzolombardo dove ci viene segnalata una vecchia struttura, un tempo adibita ad allevamento di polli, completamente ricoperta di eternit. Le lastre di cemento-amianto mostrano i segni del tempo, crepe vistose che nel soffitto lasciano filtrare la luce del sole. Il capannone è lì, abbandonato da anni, accanto ad altre attività artigianali che quasi non sembrano curarsi del pericolo che incombe.

Lì viene raccolta la voce di Giancarlo Moresco, un ingegnere che in occasione dell'incontro che qualche mese fa organizzammo come Circolo di zona del PD del Trentino aveva portato una importante testimonianza sulla diffusione del problema. Tanto Diego quanto la giornalista della Rai provano a sentire se qualcuno di chi lavora a pochi metri dal manufatto ha qualcosa da dire, esprimere la preoccupazione o anche dire che non ci sono problemi. Incontriamo un vero e proprio muro di omertà e questo non è il Trentino che vorremmo.

Non si fa problemi invece Corrado Furlan, titolare di una carrozzeria che invece è seriamente preoccupato. Siamo nella zona industriale di Mezzocorona e quella che un tempo era una falegnameria oggi è un malandato capannone che funge da deposito di cose messe all'asta ed ora qui ammassate alla rinfusa. Ovunque lastre di eternit, in condizioni di fatiscenza. I suoi clienti l'hanno messo in guardia dalle conseguenze che possono venire alla salute sua e di chi lavora in quella zona da quelle coperture che si sbriciolano. E' visibilmente emozionato di questa sua apparizione in un programma nazionale, ma la paura per quelle lastre spezzate a dieci metri dall'entrata della sua officina è ancora più forte.

Anche una giovane signora, Manuela Tomasi, titolare di una ditta di lavorazione del marmo che sta adiacente allo stesso capannone vuole dare la sua testimonianza, se non altro in memoria di sua madre morta qualche tempo fa proprio di mesotelioma pleurico, il cancro dell'amianto. Lei vive lì, con il marito e tre figli, nell'appartamento che sta sopra il laboratorio artigianale, a ridosso di un tetto in eternit in evidente stato di degrado, ed è preoccupata perché ha vissuto da vicino il calvario della madre. La sua testimonianza risulterà davvero efficace.

Ritorniamo verso Trento, nel mio ufficio, dove mi intervistano in qualità di primo firmatario del Disegno di legge per la bonifica dell'amianto. La situazione dell'amianto in Trentino non è diversa da quella in altre regioni italiane od europee e temo che venga invece dipinta con toni allarmistici, invece di mettere in evidenza - accanto all'estensione reale del problema - tanto il lavoro di monitoraggio che la PAT ha realizzato nei mesi scorsi quanto le proposte legislative per incentivare la bonifica da parte dei privati.

Per una volta devo invece dire che il taglio del reportage che viene realizzato è rigoroso e sono felice che il giorno seguente la trasmissione dedicata all'amianto di "Uno Mattina" coincida con l'apertura formale dell'iter legislativo in Terza Commissione Legislativa. Davvero una bella cassa di risonanza per questa iniziativa legislativa che approderà in aula nella sessione consiliare nel mese di febbraio dell'anno che viene. Molte persone mi hanno chiesto in questi mesi quando la legge entrerà in vigore, così da avviare i lavori di ristrutturazione e di smaltimento dell'amianto potendo ottenere un contributo pubblico. Oggi possiamo dire di avere una prima certezza.

Sono queste proposte di legge che, accanto all'efficacia che riguarda la tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini, possono lasciare il segno di una presenza.

martedì, 11 ottobre 2011Copertura in eternit

Martedì in Consiglio regionale, una giornata intera per votare tre articoli della legge sull'ordinamento del personale delle amministrazioni comunali. Il tutto grazie all'ostruzionismo della minoranza, di cui non si capisce bene il motivo. Come del tutto paradossale è che il Carroccio presenti un'interrogazione sul futuro dell'Autostrada del Brennero, quando la concessione alla A22 è stata messa in discussione preferendo la gara internazionale da parte del governo centrale di cui la Lega è l'asse portante. Un vero e proprio rovesciamento della realtà.

Giustamente il presidente della Regione Lorenzo Dellai risponde a tono per rivendicare la giustezza dell'impugnazione della gara da parte dell'attuale concessionaria  e comunque il fatto che l'attuale società  di gestione dell'A22 ha lavorato per realizzare investimenti sul futuro attraversamento ferroviario con il tunnel del Brennero, a testimoniare le ragioni sociali di una concessione pubblica anziché privata.

Concordo con l'assessore regionale Martha Stocker alcune piccole modifiche della mozione che ho presentato su PensPlan e la necessità di un maggiore ancoraggio etico e territoriale della nostra finanza regionale.  

Mi chiamano da "Uno mattina" per concordare un servizio sul tema dell'amianto, che andrà in onda giovedì (Rai 1 dalle 7.00 in poi). Sono colpiti dalla notizia della rilevazione di 6.200 coperture in cemento-amianto nella nostra provincia e vogliono venire a fare un servizio in Trentino raccogliendo anche la mia testimonianza come primo firmatario del Disegno di legge provinciale per la bonifica e la protezione dai pericoli derivanti dall'amianto. Duemilionisettecentomila metri quadrati di coperture in eternit sono in effetti un tragica eredità del passato. E sono solo una faccia del problema, perché l'amianto è stato usato fino al 1992 in mille modi, nei locali caldaia, nei pavimenti, nelle controsoffittature solo per parlare dell'edilizia. Ma l'amianto si usava nei ferri da stiro, nei sipari dei teatri, nelle cucine, nelle tute da lavoro, nei sacchi delle poste ... perfino nel talco per i bambini. Concordiamo di andare sul territorio, per raccogliere le testimonianze di chi ci vive e ci lavora in mezzo a vecchi capannoni industriali o artigianali da bonificare. E ci diamo appuntamento per l'indomani mattina.

Scendo da Bolzano dove si riunisce il Consiglio regionale nella seconda metà del mandato. A Trento mi aspetta un appuntamento con i promotori della campagna "L'Italia sono anch'io" per i diritti di cittadinanza e il diritto di voto per le persone di origine straniera, lanciato sul piano nazionale da una serie di associazioni come Arci, Acli, Caritas e da enti locali e Regioni. Siamo nella sede della Cgil, sindacato fra i soggetti promotori, e l'incontro coinvolge molte realtà associative del Trentino. Si discute delle modalità di presentazione dell'iniziative e di raccolta delle firme per dure proposte di legge di iniziativa popolare che riformino le norme sulla cittadinanza e sul diritto di voto nelle elezioni amministrative.

Quando finisce l'incontro parliamo con alcuni dei presenti della nostra intenzione come gruppo consiliare di presentare una proposta di legge  che affronti il tema del diritto di cittadinanza nei diversi abiti in cui la cittadinanza si esplica, dalla salute all'istruzione, materie sulle quali abbiamo come provincia la possibilità di legiferare per garantire ad esempio che un bambino nato a Trento da genitori stranieri non debba perdere i propri diritti qualora i genitori perdano (per effetto di licenziamento, ad esempio) il permesso di soggiorno. Sembrano cose elementari, ma così non è e qualcuno mi racconta di una pediatra che si rifiuta di visitare un bambino perché non è più nei suoi elenchi. La realtà è anche questa, nostro malgrado.

lunedì, 10 ottobre 2011Grigia

Dopo una settimana intensa anche la domenica è di lavoro, dedicata alla tavola rotonda che segue la camminata per la pace in nome della solidarietà con la Somalia. Il tema del confronto alla Campana della Pace di Rovereto è il difficile rapporto fra la montagna e la pace e a parlarne con me e Mario Cossali ci sono uomini e donne che alla montagna hanno dedicato una parte importante delle loro vite. La pace per molti di loro è uno sguardo di solidarietà verso un prossimo meno fortunato, per altri l'occasione di scoprire mondi e culture sempre nuovi, per altri ancora un guardarsi dentro nel rapporto con l'infinito o altro ancora.

In mattinata preparo qualche appunto e rileggo dopo tanto tempo una novella di Robert Musil che mi è molto cara, intitolata "Grigia" e dedicata ad una "Valle incantata" alla quale sono affettivamente legato. L'autore de "L'uomo senza qualità", il grande capolavoro che ha descritto meglio di ogni altro sguardo l'affresco del passaggio fra il XIX e il XX secolo, dedica un racconto delicato ed intensissimo alle Valle del Fersina dopo avervi trascorso come ufficiale austroungarico dei lunghi mesi sul fronte della prima guerra mondiale.

Una guerra che ha lasciato sulle Alpi Orientali centinaia di migliaia di vite, una generazione di giovani mandati al massacro da gerarchie fanatiche e ottuse come bene ci ha raccontato Emilio Lussu. E che, ciò nonostante,  non impediva di raccogliere immagini e tratti di quella gente di montagna che il fronte l'abitava, arrivata fin quassù nel ‘500 dalla Baviera per lavorare nelle miniere d'oro e d'argento, dai modi accoglienti ed amabili a dispetto del loro isolamento.

Quel che invece non avviene per le nuove guerre, che non si fanno più per allargare i propri confini ma per il controllo delle materie prime e affermare una supremazia a fronte di un presunto scontro di civiltà. Che invece di raccogliere storie complementari preferisce erigere muri sempre più alti.

Sì, la montagna non è più incantata. Violentata invece, dai bombardieri che solcano i cieli e dalle mine che ne feriscono l'anima, da criminali che fanno profitto su ogni cosa. E dalla banalità del male che gira lo sguardo altrove.

Quando ritorno a casa è sera. Walter e Dora ci vengono a trovare e ci fa piacere trattenerli a cena. Mi portano notizie di Ciro, in ospedale per un'operazione che si è rivelata più complicata del previsto, provato ma che per fortuna si sta riprendendo e che a breve riavremo fra noi dopo una lunghissima parentesi sudamericana.

Dedico il lunedì mattina al riordinare le idee, a mettere un po' d'ordine nella mia agenda settimanale, a scrivere un pezzo per il Corriere del Trentino. Nel pomeriggio la riunione del Gruppo consiliare, seguita da un incontro con il vicepresidente Alberto Pacher su diverse cose di sua competenza e da un incontro con Giovanni Zatelli con il quale ci confrontiamo da tempo sui temi dell'inquinamento elettromagnetico.

Arriva inattesa la telefonata di una giornalista di "Uno mattina" che vuol saperne di più del nostro lavoro sull'inquinamento da amianto. Le illustro brevemente la situazione in Trentino, il disegno di legge che ho presentato nei mesi scorsi e, più in generale, gli ambiti nei quali è stato usato l'amianto... tanto da rimanerne sconcertata. Ci accordiamo per un'intervista che faremo nelle prossime ore e che andrà in onda giovedì mattina sul primo canale televisivo della RAI.

Stamane sarei  dovuto partire con un folto gruppo di amici per un viaggio nei Balcani. La nostalgia è fortissima, manco da quelle terre da più di un anno e proprio mi mancano le atmosfere, gli odori, i suoni, l'ironia di quei luoghi. Ma alla fine fra gli impegni e la precarietà del mio camminare (che corrisponde ad una sospetta lesione al menisco) mi convinco che non è il caso di fare quasi tremila chilometri di automobile in due giorni.  

A questi luoghi, alla riflessione su quel che è avvenuto negli anni '90 in questo pezzo d'Europa, con Agostino, Andrea, Rosita, Roberta, Marco e tanti altri abbiamo dedicato anni di passione, impegno e studio, che ancora continua, ciascuno in ambiti diversi, professionali e non. Avrei voluto essere con queste persone care, per il piacere di un viaggio insieme e di quel che ne sarebbe venuto.

Nella consapevolezza - più seriosa - che l'Europa si fa o si disfa proprio qui, nel suo cuore gioioso e pazzo, dove oriente ed occidente si sono incontrati nel corso della storia.

venerdì, 7 ottobre 2011Un\'immagine della conferenza stampa di apertura del cantiere Afghanistan 2014

7 ottobre 2001. Esattamente dieci anni fa scattavano i bombardamenti sull'Afghanistan. Ed oggi siamo qui a ricordare che questa guerra sembra davvero infinita, com'era scontato ha rafforzato i signori della guerra e non ha portato né democrazia, né libertà.

Ma in questo triste anniversario non è di questo che vogliamo parlare. Nella saletta della zona archeologica del Sass, a Trento, il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani e Unimondo, insieme agli amici afghani, vogliono proporre uno sguardo diverso. Di Afghanistan se ne parla solo quando tornano le bare (un impegno che oltre a troppe giovani vite costa all'Italia 2 milioni di euro al giorno), quando come da rituale si riaccende la discussione se andarsene o restare. Un confronto tutto ideologico che rischia di non portare da nessuna parte, come se andarsene dopo aver contribuito a creare il problema fosse la soluzione e come se proseguire l'occupazione non rafforzasse proprio chi si dice di voler combattere.

Noi oggi vogliamo parlare di un altro Afghanistan. Non delle bare, non delle immagini di guerra, non del terrorismo, ma dell'Afghanistan che vuole mettersi alle spalle tutto questo.  Di un Afghanistan che sta cercando un proprio futuro fuori dalla logica della guerra. E per questa ragione oggi a Trento si apre un cantiere di pace, luogo di pensiero, di studio, di confronto e di orgoglio verso un paese amato, nell'occupazione come nella diaspora. Questo cantiere si chiama "Afghanistan 2014".

Il 2014 è infatti l'anno in cui è stato annunciato il ritiro definitivo del contingente internazionale. Allora vorremmo guardare all'Afghanistan in questa prospettiva piuttosto che continuare a rincorrere la logica della guerra e delle emergenze che ne vengono. L'obiettivo non è un progetto di solidarietà e nemmeno una raccolta fondi per qualcosa di più o meno importante, bensì quello di contribuire a costruire le condizioni affinché nel 2014 questo paese possa rinascere a partire dalle proprie forze, con la società civile, con la diaspora, con i giovani. Quei giovani, donne e uomini, che frequentano le trentadue università che si sono aperte a Kabul, quella diaspora che vede un milione di giovani afghani in Europa con le loro intelligenze e le loro professionalità, quelle donne e uomini di cultura oggi stritolati fra forse di occupazione e signori della guerra.

Per questo un cantiere. Un cantiere che costruisca una narrazione condivisa che sola può essere alla base della convivenza di popolazioni diverse, attraverso racconti, testimonianze, film. Una piattaforma web nella quale far convergere la discussione sul futuro politico istituzionale di questo paese. Una "carta", riprendendo l'esperienza della Carta di Trento per l'autonomia del Tibet, che possa contribuire al confronto sul futuro assetto dell'Afghanistan. Un programma di iniziative, incontri, gemellaggi da qui al 2014, che si chiuderanno con una conferenza internazionale che intendiamo realizzare a Venezia.

Dauod, Sohelia, Razi, Basir sono qui oggi con noi per dire che questa è la strada che intendono percorrere. Dauod, editore della BBC in persiano, è venuto da Londra per sostenere questa idea, per la prima volta un progetto - afferma - che va oltre lo sguardo della guerra e la logica che impone. Occorre un cambio di sguardo, ci dice, per dare voce ad un altro Afghanistan, forse ancora piccolo ma che vuole avere voce in capitolo sul futuro del paese, nelle conferenze internazionali come nella sua futura organizzazione sociale.

Da dove si parte, con quali energie, con quali reti? chiede qualcuno dei presenti. Partiamo dalle immagini che scorrono sullo schermo e che ci parlano di un paese culturalmente vivace, partiamo dalle idee e dalle storie di vita di milioni di afghani che stanno fuori dal paese e che in questa transizione vogliono dire la loro, partiamo dall'idea che l'Afghanistan ha in sé le forze per riprendere nelle mani il proprio destino.

Per parte nostra noi mettiamo a disposizione le istituzioni trentine, a partire dal Forum ma anche la Provincia e la Regione che guardano a questo percorso con interesse come ci dice nel suo intervento l'assessore Lia Beltrami, il nostro percorso di autonomia, la nostra esperienza e le nostre idee.  Fabio Pipinato dichiara che Oneworld, uno dei più importanti portali globali della società civile, metterà a disposizione lo spazio per la piattaforma che sarà in tre lingue. Gli amici afghani la loro rete europea.

Cambiare lo sguardo è quel che ci proponiamo noi stessi di fare: la logica dello sguardo militare ci porta all'emergenza e agli aiuti, niente di nuovo; questo altro Afghanistan ci chiede relazioni, confronto, scambio di idee. E' quel che penso da tempo e trovare questa sintonia nelle parole degli amici afghani mi emoziona. Dovrebbero cambiare lo sguardo anche i mezzi di informazione, abituati come sono a seguire il clamore ed il sangue piuttosto che le immagini di vita, di resistenza culturale, di impegno umano e professionale.

Finisco la conferenza stampa, passo al gruppo dove devo correggere la pagina del Forum di "Consiglio Provinciale Cronache" e poi vado a portare un ultimo saluto ad Evi, la compagna di Edoardo Arnoldi, che nei giorni scorsi ha finito di lottare con il male che da qualche anno non le dava tregua. E che ha guardato in faccia con la sua forza d'animo e la serenità che le si leggeva in volto ogni volta che ci incontravamo. Alla fine ha avuto il sopravvento e la dolorosa solitudine di Edoardo e Nicola la si percepisce nel loro sguardo perso nel vuoto. Non ho conosciuto Evi da vicino, ma penso davvero che fosse una grande donna.

Ritorno in ufficio per un ultimo incontro della giornata e poi di corsa a preparare la cena per gli amici afghani che ho invitato a casa. Un modo per esprimere loro la mia fratellanza. La nostra conversazione proseguirà fino a notte inoltrata. Dauod è felice di essere venuto da Londra e questo mi basta.

giovedì, 6 ottobre 2011software libero

Un ingorgo di impegni e il diario ne soffre. Provo a sintetizzare queste giornate  con le cose più interessanti per i lettori di questo blog.

Fra tutte le cose, commissioni legislative, circoli, conferenze stampa, riunioni operative, cene di lavoro...  l'avvenimento che più mi colpisce è l'incontro con Mr. Dauod, editore della BBC in persiano. Viene da Londra ed è la prima volta che lo incontro, ma è come ci fossimo sempre conosciuti. Poche parole per entrare in sintonia.

Dauod è a Trento per presentare "Afghanistan 2014", un cantiere che si apre nella nostra città ma internazionale e di cui parleremo diffusamente nei prossimi giorni. Ma basta che io gli dica che non se ne può più di parlare del suo paese associandolo alla guerra, al terrorismo e all'emergenza e che vorremmo invece affrontare il futuro, quel che accadrà nel 2014 quando l'occupazione militare avrà fine, il ruolo che potranno svolgere gli afghani, quelli che sono rimasti e la diaspora, i giovani e la società civile, perché i suoi occhi si illuminino. Ama il suo paese, vuole dar voce a quella resistenza civile che in mezzo alla distruzione studia, lavora, costruisce relazioni, si esprime artisticamente... vuole disegnare un futuro democratico e di autogoverno.

La nostra conversazione prosegue per un'ora e mezza ma potrebbe durare per un giorno intero, ininterrottamente. Ma è solo rimandata. Un po' alla conferenza di presentazione di venerdì e un po' in occasione dell'invito a cena che rivolgo anche a Sohelia, Razi e Basir, amici afghani che vivono a Trento e a Padova e con i quali abbiamo costruito questa proposta di cantiere.

Un altro momento importante è la presentazione del Disegno di legge sul Software libero e Open Source. Con un gruppo di lavoro di dieci persone che da anni lavorano in questo settore e che si sono incontrate una decina di volte abbiamo elaborato una proposta fortemente innovativa che, se approvata, porterebbe il Trentino all'avanguardia nel superamento del sistema basato sulle licenze proprietarie. Il caso vuole che la conferenza stampa di presentazione del DDL avvenga il giorno dell'annuncio della scomparsa di Steve Jobs, l'ideatore di Apple, il simbolo dei naviganti liberi nella rete.

Il tema è di particolare rilievo e attualità. Nell'aprire l'incontro con i giornalisti insisto sul fatto che la libertà di navigazione e l'accesso libero ai dati riguarda questo tempo, le primavere dei popoli e le loro forme di comunicazione. Attraverso le quali il mondo sta cambiando, il villaggio è diventato davvero globale. Ma anche il villaggio, un territorio alle prese con gli effetti della crisi, con il venire meno di risorse finanziarie. E la migrazione che la legge si prefigge è anche uno strumento per risparmiare milioni di euro delle licenze proprietarie che ogni anno la PAT deve versare, aprendo la possibilità di elaborare programmi liberi che meglio si adattano ai contesti territoriali e divenire dunque occasione di crescita e di sperimentazione per le aziende che intendono davvero innovare. Insomma, una risposta alla crisi.

Sono proprio soddisfatto di questa nuova proposta di legge, la quarta che presento dopo quella sulle filiere corte e l'educazione alimentare, quella sui fondi rustici, il DDL sulla bonifica dell'amianto. Sono contento anche per il modo con cui si è costruita e di questo devo in particolar modo ringraziare Annalisa Tomasi che di questa iniziativa è stata l'anima.

Con un altro gruppo di persone stiamo lavorando all'evento conclusivo di "Cittadinanza Euromediterranea" previsto per l'11 gennaio 2012. Nel frattempo saranno ancora molte le iniziative, non ultima quella di domenica prossima a Rovereto (al colle di Miravalle) dedicata al rapporto fra la montagna e la pace. L'evento conclusivo è dedicato alle anime di Creuza de mä, uno dei capolavori di Fabrizio De Andrè. Si svolgerà al teatro sociale e ripercorrerà in un caffè mediterraneo le tappe di un anno di lavoro attraverso i personaggi di questa navigazione, la storia, la musica, il canto, la letteratura. Come faremo ad organizzare una cosa così senza fondi Dio solo lo sa. Ma è davvero un miracolo che il Forum abbia potuto realizzare decine e decine di avvenimenti (alla fine saranno un centinaio) con meno di trentamila euro. Il segreto è nel lavorare insieme, mettendoci le idee e coinvolgendo soggetti diversi in un'unica cornice. Ne verrà una cosa molto bella e l'entusiasmo che vedo nelle persone che ho invitato a cena per parlarne ne è una garanzia.

L'ultimo flash riguarda i lavori della terza commissione legislativa che si riunisce per esaminare i disegni di legge di modifica della legislazione provinciale sulla fauna, in altra parole sull'orso e gli altri predatori (il lupo e la lince) che stanno arrivando in Trentino. L'orso in Trentino si sta trovando abbastanza bene, se è vero che oggi possiamo contare su una trentina di esemplari giovani ed adulti che si stanno riproducendo con una certa regolarità. Che questo generi una qualche contesa con la presenza dell'uomo è normale. Che l'orso diventi il simbolo dell'altro che non si vuole, della paura e di quella pancia che genera odio, questo è segno dei tempi. In questa occasione devo dire che il confronto appare piuttosto pacato anche se i toni che vengono usati nelle audizioni da qualche rappresentante della Coldiretti un po' mi preoccupa.

Se un problema c'è, questo è circoscrivibile al comportamento di pochi esemplari, in tutto cinque, che vengono considerati problematici, paradossalmente non per la loro aggressività ma per il loro frequente avvicinarsi alle zone abitate. Così posto il problema riguarda la messa in sicurezza di questi esemplari, la prevenzione da parte delle comunità verso i campi, le stalle e le arnie, le forme di risarcimento che la comunità deve garantire verso i danni, peraltro nell'ultimo anno in netto calo. A testimonianza che se questi animali trovano il cibo abbondante nel bosco, si guardano bene dall'avvicinarsi all'uomo di cui peraltro conoscono la pericolosità. Il DDL proposto da Roberto Bombarda è sicuramente quello che più risponde ad un approccio condivisibile, mentre gli altri (quello del consigliere Giovanazzi e quello analogo di iniziativa popolare) rispondono più alla paura che al raziocinio. Ciò nonostante si farà una verifica fra i proponenti se è ipotizzabile un unico testo.

L'audizione delle associazioni, in particolare di quelle ambientaliste, della Sat, ma devo dire anche degli agricoltori della Cia (Confederazione italiani agricoltori), testimoniano di una grande sensibilità e competenza. L'orso in Trentino potrà starsene tranquillo.

lunedì, 3 ottobre 2011volto

La settimana inizia con una seduta del Consiglio Provinciale dedicata all'avvio del confronto sulla manovra finanziaria 2012. Un inedito, affinché l'intera assemblea, maggioranza e opposizione, possa contribuire con idee e proposte alla definizione del bilancio della PAT in un contesto nel quale viene chiesto al Trentino di farsi carico della crisi e del debito pubblico che pesa sulle finanze dello Stato.

Non si tratta soltanto di far fronte ai tagli richiesti alla finanza provinciale o alla diminuzione delle disponibilità in virtù delle accresciute competenze autonomistiche (università e ammortizzatori sociali), ma di interrogarsi sull'economia del nostro territorio che - seppure in un quadro migliore rispetto a quello nazionale - fatica a crescere e mostra alcuni segni di crisi strutturale.

La manovra non è ancora predisposta, quelle che si analizzano dunque sono solo le linee generali che la Giunta provinciale intende mettere in campo per sostenere una crescita qualitativa e per sostenere l'ambito sociale che oggi esprime le maggiori criticità, ovvero quello dei giovani.

Giovani che, 1 su 4, sono senza lavoro. Che vivono in una diffusa precarietà. Che non sono nelle condizioni di costruirsi una vita autonoma perché farsi una casa è proibitivo e perché l'affitto si porta via un intero stipendio, sempre che ci sia. Che non hanno accesso al credito e che hanno scarsi incentivi a scommettere su se stessi...

E dove il concetto di crescita viene aggettivato nelle parole del presidente Dellai sul piano della qualità, dell'innovazione, della ricerca, della responsabilità, attraverso processi di selezione e di forte condizionalità rispetto agli incentivi pubblici.

Come consiglieri della maggioranza avevamo già avuto un primo quadro di riferimento nelle scorse settimane e la relazione del presidente non presenta elementi di particolare novità. Forse inevitabile in questa fase ancora preliminare di verifica, ma francamente un po' deludente quanto alla capacità di mettere in campo progettualità e strumenti capaci di scaldare i cuori di una comunità che si vuole coesa come condizione per vincere le difficili sfide del presente.

Devo altresì riconoscere che il dibattito che ne viene negli interventi di capigruppo è ancora più insignificante. Seguo gli interventi di tutti ma gli acuti sono davvero rari. Spero proprio che si tratti soltanto del primo approccio e dunque che nei mesi che ci separano dalla metà di dicembre (quando è in calendario l'arrivo della manovra in Consiglio) ci siano altre occasioni, in Commissione, sui media  e in Aula, per raddrizzare la barra di navigazione.

Insomma un'occasione perduta. Prima della seduta mi vedo con Domenico e Francesco per avere uno scambio di idee in ordine allo schema distribuito nei giorni scorsi ai consiglieri di maggioranza e alla scaletta di appunti che ho predisposto a mia volta per il confronto con l'esecutivo e della quale ho già scritto - seppure in estrema sintesi - su questo stesso diario.

Ne escono alcune piste di lavoro che meritano un approfondimento e sulle quali dovremo cimentarci per superare il torpore ormai endemico della politica. Occorre usare con intelligenza le risorse di un ricco bilancio che mantiene - nonostante tutto - un significativo impatto su un territorio piccolo come il nostro, serve uno sforzo di fantasia per scommettere sul futuro indicando piani di riqualificazione nei settori che riteniamo strategici per questa terra, è necessario imparare ad usare al meglio le prerogative dell'autonomia, bisogna pensare l'Europa come un'opportunità per moltiplicare gli investimenti. Mi fa piacere che qualcuno si renda conto come le proposte che ho messo in campo sulla bonifica dall'amianto e sul software libero possano rappresentare validi esempi di quel che può voler dire investire sulla qualità.

Ma in realtà in ognuno dei capitoli del bilancio provinciale si può fare meglio con meno, così come sul piano più generale non possiamo lasciare nel limbo della finanza globale le risorse che il sistema finanziario trentino dispone grazie al risparmio, alle assicurazioni e alla previdenza integrativa. Prevedendo invece ricadute territoriali ormai ineludibili. E mobilitando le comunità, affinché ognuno si senta impegnato a fare la sua parte.

sabato, 1 ottobre 2011Paul Klee

1 ottobre. Esattamente un anno fa, nel cortile di Palazzo Thun a Trento, iniziammo l'itinerario del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani che abbiamo dedicato alla "Cittadinanza Euroediterranea". Un lavoro che è ancora in corso e che nelle prossime settimane si articolerà oltremodo lungo le quattro direttrici (storia, saperi, pensieri e geografie) sulle quali si sono sin qui sviluppati gli incontri e le manifestazioni per concludersi il prossimo 11 gennaio con una manifestazione spettacolo dedicata alle anime mediterranee di "Creuza de mä" e a Fabrizio De Andrè.

Non è ancora tempo di bilanci, dunque. Ma sin d'ora possiamo dire che si è trattato di una felice intuizione, perché il mondo - un pezzo di mondo - è cambiato accanto a noi, e noi eravamo lì ad interagire con una primavera che abbiamo vissuto come parte di quel che stavamo facendo.

Probabilmente in molti non se ne sono nemmeno accorti, tanto presi dal rincorrere gli avvenimenti piuttosto che esserne parte. Non certo le persone che proprio oggi primo ottobre, alla sala della Circoscrizione di San Giuseppe, partecipano all'incontro del Movimento del popolo, uno dei partiti che saranno in lizza per l'elezione dell'Assemblea Costituente della nuova Tunisia nata dopo la rivoluzione democratica che ha spazzato via il vecchio regime di Ben Ali. Perché costoro ci hanno visti al loro fianco fin dalle prime proteste per la morte suicida di un giovane che chiedeva dignità, perché hanno trovato nel Forum una istituzione trentina che li ha accompagnati in questo riscatto democratico, perché la comunità trentina grazie a questo percorso forse si è sentita un po' di più parte di un'unica civiltà mediterranea.

Penso anche agli incontri con il presidente Dellai e a quelli che abbiamo ripetuto in piazza fin quando il dittatore non se ne è andato... e penso, da ultimo, agli incontri avuti a Rovereto e a Trento con il giovane regista tunisino Ben Cheikh, autore del film "Mai più paura!" dedicato proprio al movimento che ha posto fine ad una dittatura durata quarant'anni.

Nessuno dei presenti, ed io con loro, un anno fa avrebbe di certo immaginato che oggi saremmo stati qui a parlare della campagna elettorale della comunità tunisina del Trentino per eleggere i tre rappresentanti in Italia all'Assemblea Costituente. E quasi mi commuove pensare che Saadi Brhami, con il quale questo percorso ho condiviso, sia oggi candidato per il Parlamento del suo paese d'origine.

Saadi mi chiede di portare all'incontro un mio messaggio, per aiutarli a vivere questa pagina di democrazia di un paese che ben poco conosce l'esercizio democratico. Nelle mie parole ai presenti esprimo un ringraziamento per la prova che il popolo tunisino ha dato nei mesi scorsi e per il messaggio che ci è venuto dal mare, oltre la pura e oltre lo stesso dramma dei profughi. Quella primavera ha invaso non solo tutto il mondo arabo ma anche l'Europa ed oggi gli stessi Stati Uniti, se pensiamo alle manifestazioni degli "indignados" di questi giorni.

E poi, la nostra bella democrazia oggi appare piuttosto sfiorita. Racconto come anche in un villaggio nei pressi di Hebron si sorridesse delle prodezze del nostro premier e di come la democrazia costituisca una conquista permanente, che non è mai acquisita una volta per tutte.

Al di là dell'amicizia con Saadi, ovviamente il mio non è il sostegno ad un partito i particolare e sarei felice che mi invitassero a partecipare anche ad altri incontri di questo genere, perché come giustamente viene detto durante l'incontro è già un successo che questo voto ci sia, nonostante qualcuno del vecchio apparato vorrebbe spostare di un anno la consultazione popolare.

Anche Luciana Chini, presente con me all'incontro, porta un breve saluto e fa appello al fatto che la democrazia è fatta anche da quella metà del cielo che qui oggi non c'è, di quelle donne che pure sono state una componente essenziale della primavera araba.

Poi ci riprendiamo questa splendida giornata di sole, lasciando che l'incontro - fino a quel punto svoltosi in lingua italiana come segno di ospitalità verso di noi - possa proseguire nella lingua del loro paese d'origine. Intanto auguri, Tunisia democratica.