"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Diario

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mercoledì, 29 febbraio 2012La stube del Rafenstein

Al Palazzo dell'Istruzione ho un incontro con l'assessore Marta Dalmaso e il dirigente Tomasi per discutere della convenzione su "Millevoci", il centro interculturale che nel corso di dodici anni è stato costante punto di riferimento per l'integrazione scolastica in Trentino. Nato per iniziativa del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani e di altre istituzioni locali, da qualche tempo avvertiamo la necessità di rinnovare questa scommessa a partire da quanto il fenomeno migratorio è cambiato negli ultimi anni. Il concetto chiave di questa nuova fase di Millevoci è riconducibile al passaggio dall'integrazione alla cittadinanza. Concetto condiviso dai miei interlocutori, tanto è chiaro che oggi la questione cruciale non è - se non in misura marginale - la conoscenza della lingua italiana, ma la storia, la geografia politica, le culture dei territori di provenienza delle famiglie migranti, con l'avvertenza che le seconde generazioni sono nate qui, questa è la loro terra, hanno costruito le loro giovani vite nel rapporto con i loro coetanei, spesso vivono con distacco i territori d'origine delle loro famiglie.

Decidiamo che la firma del nuovo protocollo coinciderà con un seminario rivolto agli insegnanti e agli altri protagonisti del mondo della scuola attorno proprio alle trasformazioni profonde della vita scolastica prodotte dai fenomeni migratori, non ultima la consapevolezza che dovremo aspettarci a breve un tendenza all'emigrazione di ritorno che potrebbero produrre nei ragazzi nuovi conflitti e lacerazioni. Anche qui come altrove ci si deve interrogare sul senso del proprio agire, sui cambiamenti che hanno segnato quest'ultimo decennio, sulle nuove frontiere della cittadinanza. Occorre dunque una grande disponibilità a mettersi in gioco e alla rimotivazione.

Con Federico Zappini partiamo alla volta di Bolzano. Il tempo per un piatto tirolese nello splendido scenario di castel Rafenstein e poi incontriamo gli amici della Fondazione Langer. Vorremmo che una riflessione sulla figura di Alex entrasse nell'itinerario sulla cultura del limite del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani e vorremmo farlo a partire da quel "peso insopportabile" di cui Alex Langer parlò nel suo ultimo messaggio, non per scavare dentro la tragedia di un uomo ma per indagare il delirio quotidiano di ciascuno di noi. Il tema affascinante del nostro limite. Ne nasce una bella conversazione che prova anche a spaziare sulla nostra futura possibile collaborazione attorno ad un'idea che potrebbe caratterizzare il programma del Forum per il 2013. Ci lasciamo in maniera interlocutoria, con la sensazione che forse siamo riusciti a mettere un piccolo mattoncino per un ponte fra mondi tanto vicini e così lontani.

Tornato a Trento butto giù qualche appunto per il convegno che prende il via l'indomani, promosso dalla Scuola di studi internazionali dell'Università di Trento e dal Centro di formazione per la solidarietà internazionale. Il convegno "Conflitto, pace, costruzione dello stato e Istituzioni locali" intende interrogarsi sul ruolo delle agenzie internazionali, dei governi, delle Ong e della società civile per la creazione e lo sviluppo di spazi pubblici nei contesti di crisi e, in questo quadro, mi è stato chiesto di partecipare alla tavola rotonda conclusiva con Filippo Andreatta e Massimo De Marchi, a partire dalle sintesi delle sessioni di lavoro che articoleranno due giorni di convegno. Il tema che intendo proporre è il ruolo delle autonomie e dell'autogoverno nei processi di ricostruzione.

Vedo il gruppo di lavoro di Viaggiare i Balcani. C'è molta frustrazione per il fatto che la PAT ha deciso di non finanziare il progetto di cooperazione 2012 dedicato allo spazio danubiano. Non ne sono chiare le ragioni, ma di certo una cosa c'è: che l'Europa non è al centro delle priorità dell'indirizzo politico dell'assessorato. E considero questo un nodo politico da affrontare nella maggioranza.

Incontro Nadia e Rosanna. Sono impegnate nella circoscrizione di Gardolo sui temi dell'immigrazione e mi chiedono uno scambio di idee sulle attività da sviluppare sul territorio nei prossimi mesi. Così la giornata si conclude com'è iniziata attorno a Millevoci: dare un contributo alla costruzione di cittadinanza a partire dalla conoscenza dell'altro come occasione per conoscersi. Perché le storie (e le geografie) sono così intrecciate che quando si parla degli altri, a guardar bene parliamo di noi.

martedì, 28 febbraio 2012Il primo ministro tibetano a Palazzo Trentini

Provo angoscia per quel che sta avvenendo in queste ore in Val di Susa. La scelta di salire su un traliccio dell'alta tensione mettendo in gioco la propria vita ci racconta di un conflitto che non trova più margini di mediazione. Che si sono tagliati i ponti di comunicazione, che la vittoria di una parte comporta l'annichilimento dell'altra e che il conflitto è destinato così a produrre solo frustrazione e rancore.

La lotta nonviolenta ci insegna invece che uno spiraglio va sempre lasciato o ricercato, per una soluzione che non sia umiliante per ognuna delle parti, a prescindere da chi vince e da chi esce sconfitto, nella ricerca spesso dolorosa di un compromesso che faccia maturare la contraddizione.

Di fronte a quel che accade in Val di Susa occorre fermarsi. Un'intera valle, il presente e il futuro di migliaia di persone non può essere considerato un accidente secondario e questo ci dice come tutta la procedura sia stata impostata male, nel segno della forza piuttosto che nella ricerca di strumenti di democrazia partecipativa in grado di abbassare il conflitto e di farlo evolvere in maniera creativa. Nel chiudere ogni spazio di dialogo c'è la negazione del ruolo stesso della politica, ovvero la ricerca di soluzioni il più possibile condivise.

Invece, avanti, a testa bassa. E' il progresso a chiederlo. Dove ci porti non è affatto chiaro, la politica si muove a vista figuriamoci se ha idea di quel che accadrà sul piano delle comunicazioni e del trasporto merci fra trent'anni... ma in attesa si scavano le montagne.

Fuori dalla ricerca del consenso il conflitto diventa esasperato, estremo. Tanto da mettere in gioco la vita. Per chi, come me, pensa che fini e mezzi siano la stessa cosa, non c'è nessuna causa per quanto nobile per la quale valga la pena di sacrificare la propria vita. Poi accade, e verso queste persone va il rispetto più alto.

Nella disperata scelta di quei monaci tibetani che scelgono di morire dandosi fuoco c'è l'assenza di una via d'uscita. Come non c'erano vie d'uscita nella scelta di Jan Palach di fronte ai carri armati con la stella rossa o del giovane tunisino di fronte al sopruso di un regime che calpestava la dignità.

Questo scorrere di pensieri mi attraversa mentre ascolto la voce rassicurante di Lobsang Sangay, il giovane capo del governo tibetano in esilio. Lui rappresenta la resistenza nonviolenta di un popolo la cui forza sta nel contrapporre alla negazione dei diritti umani la cultura. Strada difficile di fronte ad un avversario tanto potente non solo da condizionare gli Stati ma persino una piccola università come quella di Trento che, preoccupata di compromettere le proprie relazioni con la Cina, non trova di meglio che oscurare l'informazione sulla conferenza promossa dalla Università stessa nella Facoltà di Giurisprudenza con la partecipazione del primo ministro tibetano. Tornano rapidamente sui propri passi, ma questo può accadere anche in una terra sensibile e aperta come il democratico Trentino che pure è stata la culla della carta per l'autonomia del Tibet.

Misuriamo così, nelle vicende internazionali come sulle strade di una valle che non vuole soccombere alle magnifiche sorti e progressive, la crisi della politica.

lunedì, 27 febbraio 2012Capannone industriale con copertura in eternit

Il Disegno di legge sull'amianto è approvato in Terza commissione legislativa provinciale con una sola astensione, il che significa che il prossimo 20 marzo arriverà in aula per il varo definitivo. E' un risultato molto positivo ed il testo approvato ricalca in larga misura quello che avevo presentato un anno fa a nome del gruppo consiliare del PD del Trentino. Con in più la parte che avevo lasciato in bianco nel testo originario relativa alle disposizioni finanziarie, che sono di 500 mila euro nel 2012 (quando verrà completato il monitoraggio, definito il piano e i criteri di intervento, avviata l'attività di informazione e formazione), di 1,5 milioni di euro per il 2013 ed altrettanti per il 2014. A cui si aggiunge la possibilità di detrazione Irap per le aziende che bonificheranno i loro siti, nei fatti un canale di finanziamento pari se non superiore a quello dell'intervento diretto della Provincia. Se teniamo conto che quest'ultimo concorre alla bonifica fino ad un massimo del 70% questo significa l'attivazione di un ulteriore intervento privato almeno pari allo stanziamento provinciale.

Al di là delle risorse impegnate, la cosa fondamentale del DDL approvato è l'obbligatorietà della bonifica secondo un piano che darà priorità di intervento alle situazioni più a rischio per la salute dei cittadini e dei lavoratori. Rappresenta dunque una forte accelerazione verso la bonifica del territorio e una crescita della consapevolezza verso il problema. Di questo intendo parlare negli incontri sul territorio dedicati alla presentazione di questa importante iniziativa legislativa, in un giro di serate che inizia già martedì 28 a San Michele all'Adige.

Se verrà approvato in sede definitiva sarà la mia terza legge (dopo quella sulle filiere corte e sui fondi rustici) di questa legislatura, senza dimenticare che altre due importanti proposte legislative sono in avvio di discussione (quella sul software libero, assegnata alla prima commissione, e quella sull'apprendimento permanente, assegnata alla quarta). Non si tratta di leggine che modificano qualche parola di normative vigenti, ma provvedimenti di sostanza che se implementati (ma questo è compito del governo provinciale) contribuiranno a fare migliore questa terra.

Appena finisco il lavoro della Commissione (che vara anche la legge sull'orso, di cui vi parlerò in seguito), corro in Provincia dove il presidente Dellai riceve Hassan Aboyoub, Ambasciatore del Marocco in Italia. L'iniziativa è il seguito della mia recente visita in quel paese e trovo nell'ambasciatore un interlocutore attento ed intelligente. Già nel colloquio della sera prima, presenti anche Ali Rashid e Abdelali Etthairi, rappresentante quest'ultimo della comunità marocchina in Trentino, c'è stata fra noi una larga identità di vedute, tanto sul processo in corso nel mediterraneo quanto nella possibilità di costruire relazioni fra la nostra terra e la sua, con particolare attenzione ai temi dell'autonomia e dell'autogoverno.

L'incontro con il presidente della PAT è molto cordiale ed è l'occasione nel corso della colazione offerta da Dellai per trattare le grandi questioni che coinvolgono l'area mediterranea. L'interesse del Trentino a diventare un laboratorio internazionale sui temi dell'autonomia altrettanto significativo.  Perché questo tema sarà sempre più decisivo, ovvero la capacità di abitare un tempo sempre più sovranazionale e territoriale. E l'incontro di oggi con l'ambasciatore del Marocco è, sul piano dell'autonomia dei territorio regionali, sulla stessa lunghezza d'onda di quello che avverrà l'indomani con il primo ministro in esilio del Tibet.

Riesco a fare un salto veloce al Gruppo consiliare, saluto Ali che deve rientrare subito a Roma, e poi mi attende la riunione del Consiglio del Forum dove presento il programma di iniziative sulla cultura del limite. Non prima di aver approvato la relazione sull'attività previsionale dell'Osservatorio Balcani Caucaso, con la direttrice Luisa Chiodi che aggiorna il Consiglio sui nuovi traguardi raggiunti da OBC ma anche sulla difficile situazione finanziaria determinata dalla sospensione da parte del governo italiano del programma Seenet 2. E' davvero paradossale che mentre OBC raggiunge i maggiori risultati, si trovi in una situazione di grave incertezza per chi con il proprio lavoro ha reso possibile questa eccellenza trentina.

Non posso anticipare su questo sito l'articolazione del programma annuale del Forum peraltro in via di costruzione, ma posso dire fin d'ora che l'esperienza avviata lo scorso anno con "Cittadinanza Euromediterranea"  si rinnoverà con altrettanta fantasia di proposte articolate sul territorio, quest'anno sul nodo cruciale del limite. "Nel limite. La misura del futuro".

E' sera e mi intrattengo con Federico Zappini per parlare della Val di Susa. E' arrivata nel pomeriggio la notizia del grave incidente occorso a uno dei leader del movimento No Tav, caduto da un traliccio durante la protesta. Temo che questo episodio sia qualcosa di più che un semplice incidente, è un po' il simbolo di una lotta che appare priva di sbocchi, senza vie d'uscita. Concretissima se la si rapporta alle implicazioni sulla vita di tante persone che abitano la Valle, ma che diventa solo simbolica se non si costruiscono le condizioni per venirne  a capo. Di questo sono responsabili in primo luogo i governi (uso non a caso il plurale), invasati dall'ideologia delle grandi opere come vettore di sviluppo infinito, senza mai chiedersi se un ripensamento di fondo non sia d'obbligo proprio di fronte ad un limite ormai di molto oltrepassato. Ma anche chi fa della TAV un simbolo ideologico dell'antagonismo, quel "bene comunismo" di cui parlo con Federico e che lui consoce bene per averlo vissuto in passato nel Centro Sociale Bruno. E che in questi giorni segna la polemica sulla gestione dell'acqua in Trentino, non riuscendo a capire (o non volendo comprendere) che quello che si sta cercando di fare in Trentino con  lo scorporo dell'acqua da Dolomiti Energia è (purtroppo) uno dei rari esempi in Italia di ripubblicizzazione del servizio idrico laddove questo è finito in mano di multiutility come  DE.

Amareggia il fatto che l'azione di chi cerca di farsi carico dell'esito referendario per garantire che la gestione del servizio idrico sia nelle mani delle comunità locali, passi come una sorta di "tradimento" del voto. Categoria, quella del tradimento, che ha attraversato la storia lasciando sul terreno tragedie infinite.

sabato, 25 febbraio 2012Anni \'70

Incontro Giulia, Mattia e Pasquale, rispettivamente 23, 25 e 35 anni. Sono stati direttori di "Politica Responsabile" proponendo tesi che hanno fatto nascere discussioni niente affatto banali su temi cruciali come il mercato del lavoro, il confronto generazionale, la democrazia economica. Insieme a loro Tommaso, Steven, Thomas, Franz, Giuseppe, Alessandro, Mario, Franco, Marco ... giovani trentenni ai quali le idee non mancano affatto e che potrebbero rappresentare uno spaccato di una nuova classe dirigente per questa terra. Basterebbe credere in loro un po' di più, investire su di loro, metterli alla prova. Invece la mia generazione occupa pressoché ogni spazio e quei pochi giovani che si fanno largo tendono ad imparare fin troppo bene il peggio della politica.

Detesto la parola "rottamazione", non credo che il futuro possa essere migliore (e nemmeno i partiti) semplicemente attraverso un ricambio basato sull'occupazione di spazi di potere lasciati liberi in nome del ricambio generazionale. Ma il tema è solo accidentalmente anagrafico. Riguarda piuttosto la capacità di elaborazione del passato, senza la quale non c'è trasmissione di sapere e dunque quel passare la mano che viene dal far tesoro della storia. Questo è, a mio avviso naturalmente, il nodo di fondo di una politica che fatica a svecchiarsi e di categorie interpretative che non riescono più a descrivere un tempo nuovo.

Di questo parliamo nel nostro incontro. Non facciamo fatica a sintonizzare i nostri pensieri, nel loro averne piene le tasche di essere "i giovani" di qualcosa, nella mia preoccupazione che di fronte ad una situazione complessa che richiederebbe una classe dirigente all'altezza delle profonde trasformazioni in atto abbiamo invece a che fare con un drammatico vuoto di sguardo.

Preoccupazione che, lo devo riconoscere, riflette il mio stato d'animo. Fra pessimismo della ragione e ottimismo della volontà è stato fino ad oggi sicuramente il primo a guidarmi nell'osservare le cose del mondo, ma è il secondo ad avere avuto sempre la meglio nel mio agire. La curiosità per quel che accade non smette di farmi meravigliare, ma poi la meschinità che vedo in giro e nella sfera pubblica in particolare (non parlo solo della politica, la società civile non è affatto diversa) mi riesce proprio insopportabile. E avverto, in questo, una profondo senso di solitudine.

Con Fabio e Stefano, chiediamo a Giulia, Mattia e Pasquale (e lo faremo a tutti gli altri) di prendere nelle loro mani "Politica Responsabile", come strumento insieme per far sentire una voce diversa e insieme come luogo dove questo lavoro di elaborazione del passato prossimo possa avvenire in maniera fertile. La risposta è sostanzialmente positiva e ci proponiamo di rivederci nel giro di quindici giorni.

Incontro i rappresentanti dell'Associazione Artigiani per la legge provinciale sull'amianto. Ne intuiscono il valore e le opportunità che ne possono venire. Il tema sta crescendo nella consapevolezza di molti, tanto che anche nella riunione della Giunta Provinciale di oggi se ne parla perché le aspettative sono diffuse e ci si rende conto che le risorse rischiano di essere poche. Tanto che stiamo ragionando di legare almeno in parte la bonifica a procedure di agevolazione fiscale. Lunedì prossimo, in Commissione, sarà un passaggio decisivo.

Mi sposto a Rovereto dove al Colle di Miravalle prende il via il cantiere sul Centenario dall'inizio della "Grande Guerra" . Il tema viene affrontato sotto un insieme di profili, dai luoghi della memoria alla raccolta delle testimonianze, dalla didattica alle potenzialità turistiche. Quel che sembra mancare è il profilo dell'elaborazione del conflitto, per quel che ha prodotto nel proseguo del Novecento come nell'indagare la banalità del male e l'altro aspetto inconfessabile, la felicità della guerra. A ragion del vero, un Alberto Robol provato dalle vicende della vita, nel suo saluto a nome della Fondazione Opera Campana dei Caduti che ospita l'evento , ne fa un accenno ma temo che questo possa rappresentare un vuoto del percorso che oggi ufficialmente prende il via.

Così come il profilo europeo della riflessione. Anche in questo caso di Europa si parla, ma come se si trattasse di una parola un po' astratta, evocabile perché inconsistente e così vaga nei suoi confini che la sua parte orientale , balcanica, turca e caucasica viene sostanzialmente rimossa. Anche l'appello al fare rete rivolto ai vari mondi qui rappresentati rischia di diventare esercizio retorico. Che il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani facesse parte del comitato promotore avrebbe dovuto essere cosa ovvia, ma come spesso accade le contaminazioni culturali (e d'immagine) non sono gradite. Va detto a questo proposito che la proposta del Presidente del Consiglio Provinciale Bruno Dorigatti in questa direzione non ha avuto nemmeno risposta. Quando me ne vengo via, ho le palle girate. Ne parlerò in tarda serata con il presidente Dellai.

Passo al Centro di Trentino Sviluppo a Rovereto dove s'inaugura Remida, il centro del riuso. Il capannone sembra un emporio della fantasia, a testimoniare il valore del riciclo in un mondo "usa e getta". Ho appuntamento lì con il Sindaco di Rovereto Andrea Miorandi per parlare delle iniziative nell'ambito del programma annuale del Forum sulla cultura del limite che proprio nella città della quercia dovrebbe prendere il via a fine marzo. Si dimostra entusiasta della cosa e mi garantisce piena collaborazione.

Prima di sera ancora qualche riunione e colloquio. Poi mi attende una bella serata al Teatro San Marco dov'è in scena "Il tempo della festa" dell'amica Roberta Biagiarelli. Il tavolo "Trentino con i Balcani" e l'associazione "Viaggiare i Balcani" hanno promosso questo evento allo scopo di ricostruire nei racconti e nei suoni le suggestioni di questa parte rimossa dell'Europa. Il teatro è pieno e anche questo, in una serata dove ci sono mille altre iniziative, è una riprova della vivacità di questa terra. Forse significa che quanto si è investito in questi anni verso quest'area a qualcosa è servito. Anche se una politica che rincorre le emergenze fatica ad averne consapevolezza.

Con Roberta Biagiarelli, Antonio Colangelo ed Emanuela Rossini ci incontriamo sabato mattina, nel primo caldo primaverile di piazza Battisti a Trento. Parliamo della cultura del limite. Parliamo de "La ginestra" di Giacomo Leopardi che ne rappresenta forse il suo testamento politico e che il Multiverso Teatro sta traducendo in piéce teatrale. Parliamo dell'opera di Andrea Zanzotto, il grande poeta scomparso il 18 ottobre scorso. Segmenti di un percorso in costruzione sulla cultura del limite.

Poi ci spostiamo a Isera per incontrare Sergio Valentini, responsabile regionale di Slow Food. Gli propongo di organizzare un corso di cucina povera (sempre nell'ambito dell'itinerario del Forum) e lui propone a Roberta di realizzare "L'incantadora" nel suo e in altri locali come iniziativa per promuovere i presidi territoriali di Terra Madre.

Poi di nuovo a Trento, dove in piazza Fiera abbiamo organizzato un presidio di raccolta di firme contro gli F35. Il governo ne ha tagliati 41 su 131, un primo passo ma ancora non ci siamo. Non basta dire che non ci sono soldi, bisogna cambiare rotta. Andare nella direzione del disarmo o, quanto meno, nella direzione di un sistema di difesa europeo che liberi i confini e le risorse nella direzione della cooperazione, non della paura. Nella piazza c'è il raduno degli scout trentini (e per la prima volta anche quelli dei nuovi trentini, gli scout musulmani) ed in molti ragazzi firmano l'appello. E' soprattutto del loro futuro che stiamo parlando.

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giovedì, 23 febbraio 2012Manifestazione Asar

Due giorni di Consiglio Provinciale. Se escludiamo la comunicazione del Presidente sul rapporto fra l'autonomia trentina e il governo centrale, per il resto è una sostanziale perdita di tempo. Più di mezza giornata dedicata alle interrogazioni a risposta immediata (che stando al regolamento non dovrebbero occupare più di novanta minuti), ore di parole in libertà su un ricorso alla Corte Costituzionale attorno ad una delle tante impugnative di Roma verso la nostra autonomia (che andrebbe considerata come prassi), una lunga discussione su un "disegnino di legge" (come è stato definito in aula) per aggiungere quattro parole alla legge sulle filiere corte (quando semmai se ne dovrebbe richiedere la piena attuazione) e infine una sfilza di interrogazioni in larga misura delle opposizioni e che non avevano trovato risposta da parte della Giunta (che dall'aula non dovrebbero nemmeno passare).

C'è qualcosa da rivedere nella gestione dei tempi consiliari. I disegni di legge di un articolo non possono avere lo stesso iter di una proposta di riforma organica, anche se so bene che di ordini del giorno e mozioni approvate in Consiglio e non attuate ne sono pieni gli archivi. Devo peraltro dire che lo stesso confronto attorno alla comunicazione del presidente è un'occasione mancata. Eppure di spunti ce ne sarebbero davvero molti. A cominciare dal fatto che alcuni passaggi chiave come la riforma dei nostri rapporti finanziari con il governo centrale (o quella delle Comunità di Valle) richiederebbero quegli stati generali dell'autonomia di cui si è parlato per coinvolgere e mobilitare la nostra comunità e superare le resistenze corporative e conservatrici che si annidano tanto dentro l'apparato pubblico quanto nella difesa dei particolarismi e dei privilegi.

Si avverte in questo la crisi delle classi dirigenti. Quella rappresentata da questa assemblea provinciale non sembra all'altezza della complessa e dura partita che si sta giocando. Così come fatico a vedere nelle più importanti articolazioni sociali quel necessario profilo culturale e politico capace di "guardare oltre" (oltre l'emergenza, oltre l'interesse immediato, oltre il particolare...), valorizzando in questo contesto le eccellenze pure presenti sul nostro territorio. Se vogliamo costruire una comunità autonoma, questa richiede uno straordinario investimento sulla formazione e sulla riattivazione di adeguati canali di comunicazione ed interlocuzione sociale e politica.

Il ruolo della politica, in questo, dovrebbe essere decisivo. Ma così non è. Come Gruppo consiliare abbiamo attivato i dialoghi sull'autonomia nel tempo della crisi, una cosa utile ma ancora lontana dall'attivazione di nuovi strumenti di partecipazione e di formazione. I circoli del PD del Trentino sembrano un motore ingrippato e la politica sembra più attenta ai dosaggi congressuali (UpT e Patt) o ai colpi di teatro (la proposta di area Patt della manifestazione del 10 febbraio a difesa dell'autonomia). Come "Politica Responsabile" ci siamo posti in questa direzione ma anche qui occorre uno scarto che interpreti quel che ci siamo detti a Maso Martis.

Torniamo a queste giornate. Il quotidiano L'Adige riporta in uno dei commenti in prima pagina la mia risposta al consigliere Borga sulla questione della gestione dell'acqua in Trentino. Imbroglio (come sostiene il consigliere del PDL) o percorso virtuoso? Mi arrivano riscontri positivi, ma so che dovrò fare i conti con la strana convergenza fra il centrodestra e l'estremismo fondamentalista di chi non può accettare che il Trentino esca dallo schema politico-ideologico nazionale, confermi la sua tradizione di gestione dell'acqua come bene comune e al tempo stesso "ritorni sui suoi passi" rispetto a quei processi che, in maniera superficiale, avevano portato una parte importante dell'utenza idrica nelle mani di una Società per Azioni mista, pubblico e privata (seppure a larga maggioranza pubblica) come Dolomiti Energia.

Mentre in un'aula distratta e semi vuota scorre un noioso rito istituzionale, infilo uno dietro l'altro una serie di incontri, dalla predisposizione del programma del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani sulla cultura del limite, alle forme di adesione alla mobilitazione contro gli F35 che prosegue nonostante il taglio di un terzo dei 131 cacciabombardieri programmati. Dieci miliardi di euro previsti, in un contesto dove mancano le risorse per le cose più elementari. Larga parte della cultura politica è ancora chiusa nella logica della deterrenza, "se vis pacem, para bellum" come dicevano gli antichi, e quando si affida ai generali la politica della difesa l'esito non può essere che questo. Ci diamo appuntamento con Unimondo e le Acli sabato pomeriggio (ore 15.00 - 19.00) in piazza Fiera a Trento per raccogliere firme e far sentire la nostra voce per un futuro che sappia guardare non dico oltre gli eserciti ma almeno verso la prospettiva di  un unico esercito europeo. La cultura del limite è anche questo.

Altri incontri. Nei giorni in cui il sito web di Osservatorio Balcani Caucaso raggiunge i picchi più elevati di accessi, anziché vivere questa esperienza come una grande opportunità per la politica e le istituzioni (ma anche di promozione del Trentino) ho l'impressione che la connessione fra il locale e il globale ancora non sia naturale, che l'interdipendenza non entri a pieno nell'azione di governo. Investire in conoscenza ed in relazioni, continuiamo a dirci, giustamente. Ma poi si inseguono le emergenze. E poi, c'è una vera e propria miopia verso la prospettiva europea che è "la" prospettiva politica.

Come non vedere che il Trentino è uno straordinario luogo di elaborazione di percorsi di pace attraverso una fittissima rete di relazioni? Nei prossimi giorni verranno in Trentino il primo ministro tibetano in esilio e l'ambasciatore del Marocco in Italia, per parlare di autogoverno e consolidare le nostre relazioni territoriali e culturali. La strategia anticrisi passa anche da qui, da relazioni che ci insegnano a vivere questo tempo.

martedì, 21 febbraio 2012La mitologia di Europa

Il "Vittorio Veneto" è il più antico liceo della città di Milano. E un po' si vede, per l'obsolescenza delle strutture. Avrebbe certamente un grande valore pedagogico se gli insegnanti trentini ogni tanto mettessero il naso fuori provincia a rendersi conto in quali condizioni lavorano i loro colleghi italiani. Ciò nonostante è un istituto che lavora, le attività che vedo promosse sono numerose, gli insegnanti entusiasti del lavoro che stiamo facendo insieme, gli studenti delle classi coinvolte che a marzo parteciperanno ad un viaggio di studio nel cuore dell'Europa attenti e curiosi.

La mia lezione dura un paio d'ore. Parto dalla geografia, per poi affrontare l'idea di Europa presente nell'immaginario collettivo, la natura politica della riduzione delle radici culturali europee a quelle cristiane, la distanza fra la rappresentazione dell'Europa che ne dà l'Unione Europea e quella che ne viene dalla più antica istituzione europea rappresentata dal Consiglio d'Europa. Parlo della figura mitologica di Europa, come straordinaria metafora di un Europa che nasce "fuori di sé" e in quel crogiuolo di pensieri e saperi che è stato lungo la storia il mare Mediterraneo. Descrivo i passaggi cruciali dell'incontro (e dello scontro) fra oriente e occidente e di come cruciale a questo proposito sia stata la regione balcanica, a cominciare dal fatto che il Novecento nasce e muore a Sarajevo.

I ragazzi che mi ascoltano sono nati mentre nel cuore dell'Europa scorreva il sangue, avveniva un vero e proprio genocidio, riapparivano i campi di concentramento, si distruggevano le città, venivano bruciate le biblioteche e abbattuti i simboli di una storia che si voleva cancellare. Una realtà complessa, letta attraverso gli stereotipi, rimossa. Mentre ne parlo mi rendo conto che la mia lezione è rivolta anche agli insegnanti, che pure hanno avuto la sensibilità di chiamarmi fin qui a parlarne.

E' davvero incredibile come questo pezzo di storia europea sia stata velocemente cancellata, prima ancora di essere compresa ed elaborata. Non si tratta di cosa da niente. Per mettere fine sul serio ad una guerra non basta che tacciano le armi. Occorre elaborare il conflitto, indagare non solo la colpa criminale ma anche quella politica e morale. E ricercare i possibili punti d'incontro fra le diverse narrazioni. Solo così potrà esserci riconciliazione. Tant'è vero che le guerre del  Novecento sono ancora pagine aperte, che ancora generano conflitti. In Europa, nel Mediterraneo, nel Caucaso ed altrove nel mondo.

In un tempo che non sa che rincorrere le emergenze, pensare alla pace come processo di elaborazione e di riconciliazione è quel che in genere né il pacifismo, né la cooperazione, fanno. E' paradossale pensare che il mondo si divida fra l'egoismo del tutti contro tutti e la logica paternalistica degli aiuti umanitari, quando invece quel che servirebbe sarebbe un cambio di sguardo sul mondo.  Ed anche un viaggio di studio può diventare uno strumento di crescita per osservare il proprio presente con occhi diversi.

L'attenzione che riscontro nei ragazzi è davvero forte e me ne torno verso casa con la convinzione di essere entrato in comunicazione con loro. Verso casa si fa per dire, visto che alle 18.30 è convocata la riunione dei consiglieri della maggioranza che governa la Provincia Autonoma di Trento. In discussione è la comunicazione che il Presidente Dellai farà l'indomani in Consiglio in merito alle trattative con il Governo per la definizione di un accordo sui rapporti istituzionali e finanziari fra Stato e Province autonome di Trento di Bolzano. In buona sostanza (la comunicazione verrà pubblicata nella home page di questo sito) la proposta è di completare l'accordo di Milano e quindi di acquisire nuove competenze affinché lo Stato Italiano non sia gravato di spese per il Trentino a fronte della conferma del concorso del Trentino alle spese dello stato corrispondente al 10% della fiscalità locale.

La sfida è quella del completamento della nostra autonomia alla quale dovrebbe corrispondere una grande mobilitazione delle risorse umane, nuove responsabilità di autogoverno, maggiori capacità sul piano della classe dirigente, la rimotivazione del personale in ogni segmento della pubblica amministrazione della Provincia autonoma di Trento. Intervengo nella riunione della maggioranza in questo senso: nessuna riforma di rilievo diventa realtà a prescindere del coinvolgimento culturale della comunità. Non basta vincere, bisogna convincere. La riforma delle Comunità di Valle ne è la più evidente conferma.   

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lunedì, 20 febbraio 2012Brera, Milano

Era tanto che non mi capitava di passeggiare a tarda sera per le strade di Milano. Corso Garibaldi, Brera, Broletto... nomi che mi parlano di una Milano che non c'è più se non nel mio immaginario. La Milano che ho conosciuto nelle canzoni di Enzo Jannacci, dei Gufi e di Giorgio Gaber. E poi, qualche anno più tardi, la capitale operaia di un nord non ancora preda dell'egoismo sociale, quando questa città rappresentava un importante laboratorio politico per tutto il paese.

Girare ora per queste vie, fra locali fashion e grandi firme, sembra siano passati anni luce. Da quando Sergio Endrigo cantava "Se passate da via Broletto, al numero 34, toglietevi il cappello e parlate sottovoce, al primo piano dorme l'amor mio. È tanto bella la bimba mia e giura sempre di amarmi tanto, ma quando io la bacio, lei ride e parla d'altro, o mangia noccioline..." era il 1962, e in effetti sono passati cinquant'anni.

La classe operaia è andata in paradiso, quella che ancora c'è esprime soprattutto rancore. Del "Piccolo Teatro" e di Giorgio Strehler non è rimasto granché, ma ancor meno dei bar popolari e del gioco della pelota che proprio in un locale qui vicino, in zona Garibaldi, richiamava ogni sera centinaia di tifosi e scommettitori. Con Massimo ed Emilio ci venivamo  negli anni '80 ed era come immergersi - già allora - in un tempo in via di estinzione.

Quegli anni lasciarono in eredità un ventennio di delirio berlusconiano che solo nel 2011 questa città ha saputo mettersi con fatica alle spalle con l'elezione di Pisapia a sindaco di Milano. Anche se, a guardarsi attorno in questa sera d'inverno, è difficile capire in quale direzione.  Considerazioni che scambio con l'amico Rino mentre ceniamo alla "Latteria" di via Solferino, la strada del vecchio "Corrierone".

Sono qui a Milano per due cose. Una visita specialistica al mio ginocchio e un incontro al Liceo Vittorio Veneto dove parlerò di Europa e di Balcani con gli studenti che si accingono ad un viaggio oltre la vecchia cortina di ferro. Ed anche con i loro genitori che probabilmente hanno bisogno di rassicurazione, immaginando che il viaggio in questa parte inquieta del vecchio continente possa riservare chissà quali incognite.

Un medico che in pochi minuti mi dice molto di più di quel che mi ero sentito dire in sei mesi, rassicurandomi che non c'è alcun intervento da fare ma solo modificare un po' le mie abitudini di vita. E un gruppo di ragazzi che incontrerò stamane e ai quali proporre un immaginario inconsueto per dare significato ad un viaggio vero, che in qualche modo potrebbe fargli guardare la vita con occhi diversi. Andranno a Sarajevo, Mostar, Srebrenica, Prijedor... città che per loro sono solo dei punti su una carta geografica e che forse al loro ritorno potranno diventare una chiave diversa per leggere la realtà.

Via Broletto 34 continuava così...

"...Troppe volte mi lascia solo
E torna quando le pare
E poi mi guarda appena, non dice dov'è andata
Tante volte penso di lasciarla
Io vorrei ma non posso andare
È la mia croce, la mia miseria
Ma è tutta la mia vita
Per me è tutto il mondo
È tutto quel che ho

Se passate da via Broletto
Al numero 34
Potete anche gridare, fare quello che vi pare
L'amore mio non si sveglierà
Ora dorme e sul suo bel viso
C'è l'ombra di un sorriso
Ma proprio sotto il cuore
C'è un forellino rosso
Rosso come un fiore

Sono stato io
Mi perdoni Iddio
Ma sono un gentiluomo
E a nessuno dirò il perché
A nessuno dirò il perché".

venerdì, 17 febbraio 2012Sviluppo...

La sala conferenze del Centrofor di Trento è piena di delegati sindacali dell'edilizia riuniti per discutere di sicurezza sul lavoro. Non si parla di denaro, ma della salute di chi lavora nei cantieri. Che non è riconducibile solo all'evitare gli incidenti ma di arrivarci alla pensione con la salute non compromessa. E i fattori che nell'edilizia la possono compromettere sono molti, dalle condizioni in cui si lavora (visto che i cantieri sono in genere all'aperto), ai prodotti che vengono usati (molto spesso con componenti chimiche insalubri), alle polveri che si inspirano nel lavoro.

I relatori affrontano il tema sotto diversi profili, devo dire tutti molto interessanti. Fra questi anche Graziano Maranelli che affronta il tema particolare e poi ripreso da tutti della cultura della sicurezza, che nel delirio del fare molte volte viene considerata come un'inutile perdita di tempo. Quando l'ing. Trentini spiega con esempi concreti una serie di semplici accorgimenti per evitare gli effetti delle polveri, in molti si guardano come a dire che questa sembra fantascienza se raffrontata alla realtà. Eppure non servirebbero particolari investimenti tecnologici.

Fra i relatori invitati ci sono anch'io, per parlare dell'amianto, delle sue conseguenze, di come è stato usato in passato, nel pericolo talvolta invisibile che ancora rappresenta.  E della proposta di legge che mi vede primo firmatario. La platea dopo una mattinata di relazioni rischia di essere un po' stanca, ma ciò nonostante vedo le persone molto attente alle mie parole. Ciascuno dei presenti si è trovato in situazioni a rischio e la consapevolezza che è sufficiente l'esposizione occasionale per contrarre una delle gravi malattie correlate non può che preoccuparli. Cerco di essere sintetico e di spiegare le ragioni che mi hanno portato a presentare questa proposta. Un forte applauso, i complimenti di molti dei presenti, qualche domanda e qualche osservazione come quella di chi, nei giorni scorsi, era con la Protezione Civile nella Val Marecchia ad aiutare le popolazioni sotto tre metri di neve e si trovava ad avere a che fare con  numerose coperture in eternit crollate sotto il peso della neve.

Al mattino presto con il vicepresidente della PAT Alberto Pacher, nel pomeriggio con Stefano Albergoni  (Ambiente Trentino) e Thomas Miorin (Habitech), parliamo delle possibili collaborazioni sul tema annuale del Forum dedicato quest'anno alla cultura del limite. Ne escono molte idee che vanno ad arricchire il già ricco canovaccio di proposte che andranno a costituire il programma annuale del Forum. Spero che questa modalità di declinare l'impegno per la pace diventi un patrimonio di questo organismo, anche quando il mio mandato di presidente sarà concluso. Ma vedo in giro troppo conservatorismo.

Occorre un cambiamento profondo - di cultura e di comportamento - di cui non vedo molti segni. A sera, nella sala del centro civico di Povo dove si svolge un bell'incontro del PD su "L'autonomia nel tempo della crisi", nel parlare della crisi delle classi dirigenti mi riferisco in primo luogo alla politica, ma non solo. Alla necessità cioè di cambiare i nostri sguardi sul presente, nel nostro lavoro come nei ruoli di responsabilità istituzionale, sociale e politica che esercitiamo.

E davvero provo solo tristezza nel leggere nella rubrica delle lettere di un quotidiano locale le parole di un esponente ambientalista che apostrofa la politica colpevole di essere stata assente al convegno "Quale futuro per il Monte Bondone", minacciando di redigere le liste dei buoni e dei cattivi (politici, s'intende). Il problema del rinnovamento culturale delle classi dirigenti investe proprio ogni segmento della nostra comunità.

giovedì, 16 febbraio 2012primavere

Riunione corposa quella odierna della Terza Commissione Legislativa. Dopo aver respinto la proposta di legge della Lega che proponeva la sospensione per due anni della Legge Gilmozzi sulle seconde case, paradigmatica di come questi personaggi pensano alla gestione del territorio, andiamo a trattare il Disegno di legge sull'amianto.

Dovrebbe essere una seduta senza sorprese, il testo è grosso modo concordato, ma così non è. Un po' perché la proposta di diversificare la quota massima di intervento pubblico nella bonifica fra enti locali (fino al 100%) e privati  (fino al 70%) non viene accettata dal consigliere Eccher, un po' perché si manifestano posizioni demagogiche sull'appannaggio finanziario della legge che pure è triplicato rispetto alla proposta originaria degli uffici, un po' infine perché queste cose dipendono dall'asprezza delle persone (in questo caso dei consiglieri presenti in commissione). Si conclude il dibattito generale e però non c'è il tempo per passare all'articolato. Che viene rinviato al prossimo 27 febbraio. In aula si andrà comunque a marzo per l'approvazione definitiva.

Il tempo per un toast, alla faccia del tempo disteso, e alle 14.00 ho in agenda un incontro con due funzionari di Microsoft Italia. Sono qui a proposito del Disegno di Legge "Norme in materia di adozione del software libero ed open source, dei formati, dei dati aperti e dei diritti digitali del cittadino", di cui sono primo firmatario per il gruppo consiliare del PD del Trentino. Una forma di pressione un po' al limite, ma sono incuriosito e l'affronto come una prova, insieme a Matteo Ruffoni ed Annalisa Tomasi che sono parte del gruppo di lavoro che ha elaborato il testo.

Dico ai rappresentanti di Microsoft che nonostante la nostra ampia autonomia di cui andiamo orgogliosi, anche il Trentino è soggetto alle normative europee in ordine alle leggi sulla concorrenza e al libero mercato. E che ogni nostra proposta di legge si colloca in questa cornice, anche se a volte vorremmo osare un po' di più. Certo è che oggi i soggetti che si muovono nel mercato del software non sono affatto sullo stesso piano, esercitando piuttosto ruoli di natura monopolistica che andrebbero messi in discussione proprio attraverso forme di diritto diseguale. Lo scopo della legge è quello di mettere tutti sullo stesso piano, pari dignità e pari diritti. Obiettivi elementari di libertà d'espressione e d'informazione, di iniziativa economica e di uguaglianza.

Non possono avere nulla da eccepire. Ma insistono sul fatto che Microsoft in questi anni è profondamente cambiata, che sull'apertura dei dati non ci piove e che sul piano della ricerca sono più avanti di ogni altro soggetto. Allora davvero non capisco il perché di tanta premura. Se non per il fatto che temono un effetto di contagio nel divincolarsi dal loro monopolio e del non beneficiare più di una rendita di posizione che costa ogni anno al Trentino non meno di cinque milioni di euro di diritti proprietari. Se questo accade per un piccolo territorio come il nostro, pensiamo ai profitti globali di questa multinazionale.

Ciò nonostante l'incontro è cordiale. Immagino che il loro pressing non si fermerà qui e che possa avere altri destinatari. Non sarà facile portare a casa la nostra proposta, ma l'incontro mi rafforza nell'idea che l'iniziativa andava fatta, che dovremo costruire conoscenza ed un quadro di adesione culturale nella politica trentina, che dovremo mettere in campo un azione diffusa sul territorio. In discussione non è la disputa fra software libero e proprietario, ma la libertà di navigazione.

E, a proposito di libertà di navigazione, mi sposto alla scuole elementari di Mattarello dove si svolge la presentazione di una nuova associazione che ha per nome "Docenti senza frontiere". Di che cosa si parli appare abbastanza chiaro. Interessante è come si è arrivati a DSF, attraverso un lungo lavoro di relazione fra l'Istituto comprensivo di Aldeno e Mattarello e le scuole di Bogutovac, nella profonda Serbia nell'ambito del Tavolo di cooperazione con Kraljevo. Che si è sviluppato nel corso degli anni attraverso altri ambiti di relazione e scambio e che oggi approda ad un'associazione che vuole andare oltre il proprio territorio. Perché "Docenti senza frontiere" è anche un sito internet già attivo da diversi mesi e che gode già di 15.000 amici in tutta Italia. Ed è anche un negozio equo e solidale online di materiale didattico, mettendo a sistema insegnanti, genitori e ragazzi in un'azione di auto sostenibilità. Come spesso accade quando si coinvolgono soggetti e istituzioni nella solidarietà internazionale, echeggiano parole che ricordano un modo vecchio di leggere le cose del mondo e allora provo a dire che occorre uno sguardo non banale, dove lo strabismo possa fornire una diversa profondità nel guardare al mondo. A questo servono le relazioni, comprendere il proprio presente.

E' giovedì grasso e la presentazione dell'associazione si chiude con le castagnole, i tradizionali (e buonissimi) dolci di carnevale.      

mercoledì, 15 febbraio 2012Danubio, arrivo a Belgrado

Giornata carica di cose. In primo luogo della soddisfazione di veder riconosciuto il proprio lavoro dai media locali che oggi dedicano grande spazio all'iniziativa legislativa sul tema dell'amianto. Effetto della sentenza Tribunale di Torino, e pur tuttavia essere sul tema con un lavoro che si prefigge non solo di denunciare gli effetti della "malapolvere" ma che cerca le soluzioni per uscire da questo incubo non mi sembra per niente banale.

In mattinata rilascio tre interviste radiofoniche (nessuna del servizio pubblico Rai regionale, com'è di norma) e chiamano anche alcuni circoli per invitarmi a parlarne sul territorio, il che mi fa piacere naturalmente ma testimonianza anche questa che per la politica i problemi esistono solo se i media ne parlano. Il che dovrebbe diventare motivo di riflessione.

In ogni caso è importante che se ne parli, che le persone si dispongano ad osservare l'eternit che hanno sul proprio territorio con la necessaria preoccupazione, che vi sia una crescente consapevolezza del problema. Mi chiama il segretario della Fillea Cgil per l'incontro di venerdì con i direttivi delle categorie sindacali dell'edilizia proprio sul tema della presenza del pericolo amianto nel loro lavoro e al quale mi hanno invitato per parlare della legge in discussione in Consiglio Provinciale.

Così come in serata viene a trovarmi un mio anziano cugino che abita a Mattarello (sobborgo a sud di Trento) eche lì, nei pressi della loro casa e di altre abitazioni, ha da anni un laboratorio artigianale con la copertura in eternit. Non vuole lasciare ai fili e nipoti questa pesante eredità e mi chiede come deve fare. Segno che la sensibilità cresce e che la mia iniziativa ha colto nel segno.

Rivedo dopo tanti anni Eugenio Rivaira, anche se la circostanza è quella triste del funerale del padre Alberto, figura importante della sinistra trentina che se ne è andato nei giorni scorsi. Eugenio abita da tempo a Firenze e i nostri sguardi si ritrovano come ad interrogarsi su quel che la vita ci ha riservato. Quella vita che gli stava scappando di mano a vent'anni quando gli toccò di intraprendere una dura battaglia contro il tumore che lo aveva ridotto pelle ed ossa. E che vinse, contro ogni previsione della medicina ufficiale grazie alla cura di un anziano e quasi sconosciuto medico che si chiamava Di Bella. Ci promettiamo di rivederci a breve. Chissà se sarà davvero così...

Al Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani mi attendono una serie di incontri: per il programma sul tema della "cultura del limite" (e il delirio dell'amianto non ne è forse parte integrante?), per la nuova edizione del festival dell'economia dove il tema del limite è strettamente connesso con quello proposto per l'edizione 2012 sul passaggio generazionale, per il "Café de la Paix" che in primavera il Forum regalerà alla città come nuovo e qualificato spazio d'incontro.

Mi vedo con i responsabili di "Viaggiare i Balcani" per parlare del viaggio che verrà organizzato con Slow Food International nell'ultima settimana di giugno da Budapest fino a dopo le porte di ferro, otto giorni di navigazione lungo il Danubio. Una perla da non perdere. E che si concluderà a Sofia in occasione della seconda edizione di "Terra Madre Balcani". Iniziano ad arrivare le prenotazioni. Mi chiama Emilio Molinari per prenotarsi con un gruppo di amici di Milano e di Genova e per proporre l'adesione all'iniziativa anche del Contratto mondiale per il diritto all'acqua. Mi entusiasma pensare di trascorrere una settimana nel silenzio del grande fiume simbolo dell'attraversamento e di quella grande koinè di culture che è l'Europa.

Le attività dell'associazione stanno andando molto bene ma c'è un po' di incertezza sul sostegno della PAT al programma 2012 anche per effetto dei tagli in corso che colpiscono in maniera indiscriminata, quasi che un preciso indirizzo politico e l'impegno per unire l'Europa dal basso fosse svanito. Altro motivo di riflessione e, se sarà confermato, occasione per un serrato confronto nella coalizione che governa la nostra provincia.    

lunedì, 13 febbraio 2012al processo di Torino

La notizia arriva nel primo pomeriggio. La sentenza del Tribunale di Torino condanna i responsabili della multinazionale Eternit a 16 anni di carcere e al risarcimento delle vittime. Il capo d'accusa conteneva un elenco di 2.191 morti e 665 malati a causa delle patologie correlate con l'amianto, circa 6.400 richieste di costituzione di parte civile, quasi interamente accolte. Il processo Eternit di Torino per i morti e malati d'amianto è considerato la più grande causa in materia di inquinamento ambientale mai celebrata in Europa.

Come i lettori di questo blog sanno nella fase più recente mi sono occupato della tragica eredità dell'amianto, impegno che ha portato all'elaborazione di un disegno di legge che ora è in dirittura d'arrivo in Consiglio Provinciale. Prevede criteri di individuazione delle aree a maggiore rischio, una diffusa pratica di formazione e informazione, un piano di bonifica del territorio e contributi per l'abbattimento dei costi, il tutto per cercare di far fronte a questa pesante eredità del passato. Una bonifica necessariamente parziale, se consideriamo che una stima a livello europeo indica in una spesa pari a quattro PIL il costo potenziale di un intervento di bonifica nei paesi della Unione Europea.

Nello sguardo segnato dei parenti delle vittime che assistono alla lettura della sentenza si può leggere un senso di liberazione che non cancella il dolore ma che restituisce dignità alle vittime dell'amianto. Ed è per me che pure ho vissuto da lontano alla loro tragedia come se mi sentissi parte di questo parziale risarcimento. Il fatto che proprio giovedì prossimo la Terza Commissione Legislativa provinciale vari il DDL sull'argomento può rappresentare un ulteriore punto a favore in questa battaglia.

Con Michele Ghezzer (che ha lavorato con me in questi mesi sull'articolato) diamo un ultimo ritocco al testo di legge e alle modifiche che sono emerse nel lavoro di audizione della Commissione. Mi scrive Silvia Nejrotti, amica piemontese con cui ho lavorato per anni sui temi dell'educazione alla pace, che mi esprime la sua soddisfazione per la sentenza di Torino "Oggi è un giorno importante. Non per i numeri in sé, ma per il loro significato. La società del XXI secolo - scrive Silvia - non è più divisa in classi, ma vedere due miliardari condannati per le molteplici sofferenze inflitte con disinvoltura e tracotanza, fa un certo effetto". Nei giorni scorsi Silvia è andata alla rappresentazione al Teatro Gobetti di "Malapolvere", piéce teatrale dedicata proprio alla tragedia dell'amianto. Da giorni è tutto esaurito e lunghi applausi accolgono il lavoro teatrale di Laura Curino. "Uno spettacolo di qualità, raffinato, che nulla concede al colore... Non ti dico l'emozione di sentire in una sfera pubblica alcuni termini dialettali che echeggiavano a casa mia e che hanno cessato di esistere nella mia lingua verso i dieci anni...". Ho contattato Laura Curino nei giorni scorsi per realizzare una replica in Trentino.

Se, come è probabile, a marzo questo Disegno di Legge diverrà norma provinciale, questo avrà dato un senso al mio lavoro istituzionale. Fioccano le telefonate. La città di Casale Monferrato ha pagato più di ogni altro luogo le conseguenze della "malapolvere", ma il dramma dell'amianto riguarda tutti, chi ci ha lavorato e chi ha avuto un'esposizione occasionale nel suo lavoro come nelle attività domestiche. Il Piemonte come ogni altra Regione. E tutti i paesi che continuano con la produzione di manufatti contenenti amianto come la Cina, il Canada, il Brasile, la Russia...

Non è possibile volgere lo sguardo altrove ed è davvero motivo di soddisfazione essere sul pezzo.

venerdì, 10 febbraio 2012Inverno

Le mucche della Val Rendena e la transumanza della pace. L'audizione in Terza Commissione Legislativa sul DDL sull'amianto. L'incontro con l'amministrazione comunale di Nago Torbole per la questione del futuro della "Colonia Pavese". La ricognizione per il percorso "Nel limite. La misura del futuro". La giornata del ricordo di una tragica vicenda che la politica prima ha negato e poi ha usato come una clava. Il cantiere "Afghanistan 2014" ad un anno dall'ideazione. L'incontro con il Circolo PD di Gardolo. Sono i titoli di altrettanti argomenti che in sintesi descrivono il lavoro di tre giorni, fra mille piccole altre incombenze, pubbliche e private.

Delle "Rendene" donate ad un villaggio non lontano da Srebrenica i lettori di questo blog dovrebbero sapere, grazie all'articolo di Carlin Petrini pubblicato dal quotidiano "la Repubblica" e che ho ripreso nella home page. Mercoledì mattina, nel salone della Federazione Allevatori del Trentino, in un interessante incontro sull'autonomia e la cooperazione, Gianni Rigoni Stern racconta dove sono finite le manze che la Provincia Autonoma di Trento ha donato a questo angolo di mondo segnato dalla guerra degli anni '90. Viene proiettato il documentario realizzato da Roberta Biagiarelli che ha accompagnato Gianni in questa iniziativa più complessa di quello che si può immaginare, fra percorsi formativi, ostacoli burocratici, quarantene. Con il figlio di Mario Rigoni Stern, all'inizio di questa avventura, ci siamo incontrati più volte per far sì che alla buona volontà si unisse anche l'attenzione verso la sostenibilità del progetto, la conoscenza del contesto, la necessità di coinvolgere una comunità. Una comunità che oggi segue attentamente il documentario, emozionandosi di fronte all'amore della signora Alberti verso la sua "Susi" che va ad imparare un'altra lingua lungo il cammino del vecchio impero austroungarico.

Il tema della presenza dell'amianto caratterizza il confronto con i soggetti sociali nell'audizione della Terza Commissione. Consorzio dei Comuni, INAIL, associazioni imprenditoriali e cooperazione trentina, organizzazioni degli agricoltori e degli allevatori, ordini professionali apprezzano il Disegno di Legge, offrono spunti interessanti ed anche proposte di integrazione.  Sarebbero invitate anche le associazioni del mondo ambientalista, ma non si presenta nessuno. Devo dire che questa cosa mi riempie di amarezza. Se penso all'attenzione riservata ad altre battaglie che se paragonate alla questione della presenza dell'amianto fanno quasi sorridere, il fatto che non ci si presenti se non altro per dire che l'iniziativa viene condivisa mi fa sentire un po' più solo. Ne parlo con Maddalena Di Tolla che so sempre attenta a queste cose, ma la sua lettura è diversa. Mi parla di un volontariato che fatica a stare appresso a tutte le cose, della sua stessa difficoltà di reggere impegno volontario e necessità di sbarcare il lunario. Come sempre l'incrocio di sguardi aiuta. Ma anche sulla difficoltà di un mondo si dovrebbe pure aver il coraggio di riflettere.

Non che la politica stia molto bene. Ne ho una riprova nell'incontro con il sindaco di Nago Torbole sul tema della Colonia Pavese. Questione che si trascina dal lontano 1973 e che è diventata ormai dirompente, trattandosi di una delle aree più belle del Trentino sulla quale si sono già spesi un sacco di soldi con un esito quanto mai discutibile. Qualcuno la chiama "l'incompiuta" ed il mostro abbandonato di quello che all'inizio del Novecento era il Grand Hotel al quale hanno messo in testa un tetto di rame che non sta né in cielo, né in terra ora incombe come un macigno sull'amministrazione locale. Nelle scorse settimane ho predisposto una mozione per perorare la causa di un futuro termale per quella struttura, l'unica soluzione che potrebbe permettere di fare sistema fra i Comuni della zona, la Comunità di Valle, l'economia del territorio e di rendere possibile un intervento della Provincia, l'unico soggetto pubblico in grado di sostenere la ristrutturazione dell'edificio. Ma questo presuppone, com'è ovvio, la condivisione da parte della proprietà, ovvero del Comune di Nago Torbole. Che invece è ferma nell'idea di destinare una parte della struttura per ospitare gli uffici del Comune. E' stata questa una questione che ha caratterizzato le elezioni comunali e non se la sentono di fare un passo indietro, nonostante dovrebbero avere la consapevolezza che sul piano dei numeri elettorali la lista risultata vincente (e che rappresentava solo una parte del centrosinistra, che si presentava diviso in due liste) aveva il consenso di poco più di un terzo dei votanti.

Una condivisione anche con le minoranze sarebbe solo buon senso, anche perché sull'ipotesi di destinare questo importante edificio in riva al lago di Garda ad uffici comunali e non si capisce bene cos'altro si troveranno davvero soli.  Lunedì prossimo il Consiglio Comunale di Nago Torbole è convocato proprio sul futuro della "Pavese" ed un piccolo passo indietro potrebbe riaprire il confronto, ma niente da fare. Dopo quarant'anni di attesa e tanti fallimenti, questa accelerazione in una direzione che appare insostenibile mi sembra una follia.

Non è ancora l'alba del 10 febbraio che mi metto a scrivere una riflessione sulla giornata del ricordo. Nella retorica delle celebrazioni non c'è elaborazione di questa come di altre tragedie che hanno attraversato il Novecento. E non c'è dubbio che se c'è una giornata che non corrisponde al sentire diffuso è proprio quella dedicata alla triste pagina dell'esodo italiano dall'Istria e dalla Dalmazia e alla tragedia per molti anni negata delle foibe. Parlarne è necessario. Farlo senza secondi fini di propaganda politica richiede però di essersi messi alle spalle per davvero il Novecento.

Le immagini girate a Bonn durante la recente conferenza sul futuro dell'Afghanistan sono bellissime. Non c'è ancora il commento ma bastano le immagini per comprendere l'ironia che accompagna questa ennesima prova di paternalismo coloniale che avrà come effetto solo quello di rafforzare i signori della guerra. Razi e Sohelia sono soddisfatti del loro lavoro: decidiamo che nell'arco di un paio di mesi il documentario sarà pronto , che per il momento la piattaforma di dialogo sul futuro di questo paese verrà ospitata in una sezione dedicata del sito del forum (http://www.forumpace.it/), che nel percorso sulla cultura del limite del forum uno spazio ah hoc sarà dedicato ad "Afghanistan 2014" ed infine che sarà il 2013 il passaggio decisivo per l'anno zero dell'autogoverno di questo paese, quando il mezzo milione di soldati stranieri oggi presenti su quel territorio ritorneranno nei loro paesi d'origine.

Dallo sguardo sul mondo a quello su Gardolo il passaggio è breve. Il più grande sobborgo di Trento è per numero di abitanti il quarto comune del Trentino. Ma soprattutto è un complesso laboratorio di sperimentazione di nuove cittadinanze e di funzioni che continuano ad insistere sul fondovalle.  Due anni fa avevo presentato in Consiglio Provinciale un Ordine del giorno in cui si prevedeva la realizzazione di un Accordo di Programma fra Provincia e Comune per affrontare questa specialità.

In questo arco di tempo alcune cose sono state realizzate, altre avviate. Ma decisivo per il futuro del sobborgo risulta la capacità di dare risposte agli interrogativi posti nel rapporto fra il capoluogo e il resto del territorio provinciale. Perché è indubbio che se c'è un'area di espansione nel fondovalle questa è il territorio a nord di Trento, ma al tempo stesso è altrettanto vero che le politiche che la PAT ha avviato sul piano dello spostamento verso le valli delle funzioni amministrative (la riforma delle Comunità di Valle) e della riorganizzazione dell'apparato provinciale (la riduzione dei dipartimenti, lo snellimento dell'apparato, il telelavoro...) dovrebbero alleggerire il peso demografico ed amministrativo sul capoluogo. Se lasciamo che sia invece la pianificazione dei soggetti che vorrebbero edificare le aree liberate dalle precedenti vocazioni industriali (oltre al comparto Michelin già in fase d avanzata costruzione, l'area Sloi e Carbochimica, l'Italcementi a Piedicastello, l'area Lenzi a Trento Sud...), l'area Tosolini e quella delle comparto scolastico di via Brigata Acqui in pieno centro, quella dello scalo Filzi o del piano Canova , a disegnare la politica urbanistica, allora la città sarebbe destinata a crescere a dismisura, nei fatti contraddicendo le implicazioni urbanistiche che il piano di riequilibrio fra Provincia e territorio.

Ci lasciamo con la necessità di un confronto da aprire fra la PAT, il Comune e la Circoscrizione per comprendere dove si vuole andare e, definito questo, quali degli interventi indicati a suo tempo (declassamento e interramento di via Brennero in primis) potremo prevedere già nella prossima finanziaria.

martedì, 7 febbraio 2012Europa

Ho concluso il precedente "diario di bordo" parlando dell'Osservatorio Balcani Caucaso. Ed oggi, dopo una mattinata dedicata ad incontri vari, sono a Palazzo Adami, nel cuore di Rovereto, per partecipare all'incontro mensile dello staff di OBC. E' dall'evento sui dieci anni di Osservatorio che non ci vediamo con tutti e per me è sempre un'emozione essere in queste stanze che hanno visto nascere e crescere questa impresa fino a farla diventare il centro di informazione e ricerca sulle ragioni balcaniche e caucasiche più importante d'Europa.

Non sono solo io a dirlo, parlano le cifre. Nel corso del 2011 il sito http://www.balcanicaucaso.org/ ha registrato 1.309.381 visite, per 11.491.681 pagine visitate ed oltre 58 milioni e mezzo di accessi. Dati in continua crescita se pensiamo che proprio oggi, in un giorno qualsiasi visto che non ci sono stati eventi particolari, le visite sono state 5.072, le pagine visitate 34.245, gli accessi 234.342. Dati che, proiettati sull'anno, corrisponderebbero a più di 1.800.000 visite. Il sito ha due versioni, in italiano e in inglese, ma gli articoli sono molto spesso nella lingua dei corrispondenti dai paesi monitorati che sono 26 (in ordine alfabetico Abkhazia, Albania, Armenia, Azerbaijan, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Cecenia, Cipro, Croazia, Daghestan, Georgia, Grecia, Inguscezia, Kosovo, Macedonia, Moldavia, Montenegro, Nagorno Karabakh, Ossezia del Nord, Ossezia del Sud, Romania, Russia, Serbia, Slovenia, Transnistria, Turchia). I visitatori provengono dall'Italia, ma il secondo paese che più frequenta il sito OBC sono gli Stati Uniti d'America e poi via con Francia, Germania, Albania, Gran Bretagna, Bulgaria, Serbia, Slovenia, Cina...

OBC non è solo il suo sito internet. Sono anche le pubblicazioni (quaderni di ricerca), DVD multimediali, documentari, mostre fotografiche, attività formative, conferenze locali, nazionali e internazionali, presenza e collaborazioni sui media italiani e di tutto il mondo.

Uno strumento di respiro e approfondimento internazionale come ve ne sono pochi in Italia, realizzato in questa nostra terra. Una straordinaria eccellenza che ci dà prestigio nel mondo e, a guardar bene, uno strumento di promozione del Trentino che forse non ha eguali. In OBC lavorano 12 persone e conta su 54 corrispondenti su paesi e tematiche inerenti gli ambiti di ricerca. Osservatorio è incardinato nella Fondazione Opera Campana dei Caduti di cui è il progetto principale in collaborazione con il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani, ma gode di una piena autonomia editoriale e politica. Anche finanziaria, in relazione ad una convenzione pluriennale con la Provincia Autonoma di Trento che ne rappresenta il principale finanziatore.

Eppure quest'oggi l'incontro si svolge nell'incertezza. Perché questo patrimonio, che si basa essenzialmente sul lavoro qualificato delle persone, è messo in discussione dai tagli che vengono operati alle risorse della nostra autonomia. Quando nel luglio 1999 andai a parlare con il presidente Dellai di questo progetto trovai immediatamente una niente affatto scontata disponibilità. Un segno di lungimiranza politica per una piccola realtà come il Trentino, che si proponeva uno sguardo non emergenziale su quella regione decisiva per la costruzione dell'Europa ("L'Europa si fa e si disfa nei Balcani" diceva il presidente Amato nel suo rapporto sullo stato dell'integrazione balcanica). Si è rivelato, negli anni, il più importante contributo al processo di costruzione dell'Europa che il Trentino ha saputo dare e che continua a dare con riconoscimenti che vengono da ogni parte del mondo, a fronte di un investimento che è un'inezia rispetto agli interventi per sostenere l'internazionalizzazione delle imprese o la promozione del Trentino nel mondo.

L'incertezza viene dal fatto che per effetto dei ritardi nei pagamenti e di un Ministero degli Affari Esteri che ha bloccato per qualche mese i fondi del progetto Seenet 2  (un contratto per un programma di cooperazione con 7 regioni italiane coinvolte fra le quali il Trentino e in questo quadro anche OBC) le persone non ricevono il proprio stipendio da novembre. Una situazione davvero incresciosa, a fronte di un lavoro da tutti riconosciuto come di grande profilo, a cui si aggiunge l'incertezza per il futuro perché non è chiaro se quella visione verso l'Europa che permise questa scommessa sia ancora nel cuore e nella mente degli amministratori trentini.

E' lo stesso interrogativo che ci siamo posti come Forum in occasione del ventennale della legge istitutiva, quando vediamo che le risorse che vengono destinate alla cultura della pace sono un nulla e questo organismo vissuto da qualcuno come un ingombro. Il nodo è tutto politico. Come non capire che oggi l'Europa è la questione decisiva di una seria progettualità politica e come non comprendere che l'Europa è il progetto che dovrebbe unire politicamente i 47 paesi che fanno parte della sua più antica istituzione, ovvero il Consiglio d'Europa? Come non vedere che aver tenuto per anni sull'uscio dell'Unione Europea un paese come la Turchia che ne chiedeva l'adesione, ha fatto sì che oggi questo grande paese abbia rivolto lo sguardo altrove diventando il soggetto economico egemone e paese di riferimento per l'insieme del Mediterraneo? Come non rendersi conto che in ogni aspetto della vita economica, sociale e culturale dei nostri paesi e delle nostre comunità locali l'interdipendenza con un'area destabilizzata dove i salari sono largamente inferiori alla media europea, i controlli sull'ambiente largamente inadeguati, i processi di corruzione molto estesi, i fenomeni di criminalità organizzata sempre più aggressivi pesa come un macigno sul nostro stesso presente?

Dev'essere chiaro che la solidarietà e gli stessi interventi di carattere umanitario oggi dovrebbero essere declinati nella costruzione di relazioni improntate all'autosviluppo e all'autogoverno. Nonché all'elaborazione dei conflitti che hanno segnato il passato, compreso quello recente. Dunque alla crescita di nuove classi dirigenti, all'investimento in cultura e processi partecipativi, alla conoscenza di quel che accade e alla costruzione di una memoria condivisa. Ma purtroppo, lo dico con il rammarico che viene dal non vedere questa prontezza di riflessi nella politica, si preferisce molto spesso rimanere fermi alla logica degli aiuti che forse ti può aprire le porte del paradiso ma non certo quelle della dignità e del cambiamento.

Con gli amici di OBC parlo della necessità di far emergere questo messaggio ancora più chiaro: diventare cioè una piattaforma internazionale a sostegno di una primavera balcanica di cui nel pantano odierno si avverte una grande necessità. Per quei paesi e per questa Europa sgangherata. A vent'anni dall'inizio delle guerre che hanno insanguinato l'Europa centro orientale, è questo io credo il modo per rinnovare una scommessa.

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lunedì, 6 febbraio 20121992, con Giuliano Pontara

Alla sede del Museo storico del Trentino mi attende un'intervista sulla storia dell'Unip, l'Università internazionale delle istituzioni dei popoli per la pace e di quel passaggio di tempo che rappresentò per il movimento per la pace un passaggio cruciale.

Che ci sia un'istituzione come il Museo storico del Trentino che ricostruisce questo passaggio di tempo mi sembra già di per sé un fatto rilevante, segno della diversità di questa terra, tema questo che emergerà nella stessa intervista. Che sia già il tempo per rifletterne sul piano storico, anche mi dà da pensare, come mi capita sempre più frequentemente in questi ultimi mesi, attorno alla questione decisiva dell'elaborazione del proprio tempo come condizione per un ricambio generazionale che non sia rottamazione.

Di che tempo stiamo parlando? Era l'inizio degli anni '90 e molto rapidamente le speranze affidate alla caduta del muro di Berlino e alla fine del bipolarismo che aveva segnato la seconda metà del Novecento si stavano  tramutandosi in orrore. La prima guerra del petrolio, la fine dell'umanesimo connessa alla non negoziabilità degli stili di vita, lo sgretolarsi della Jugoslavia con il portato di tragedia che l'avrebbe accompagnato, non la fine della storia ma di una storia certamente sì.

In quel contesto l'impegno per la pace assunse una dimensione nuova. La pace non era più solo lo schierarsi dalla parte degli aggrediti contro gli aggressori, degli oppressi contro gli oppressori, del bene contro il male. Il bene e il male sfuggivano alla precedente visione del mondo, erano trasversali e riguardavano ciascuno di noi. La nonviolenza non era più solo terreno di testimonianza di pochi ma un ineludibile terreno di riflessione politica.

Occorreva "preparare la pace" per usare la formula di Aldo Capitini. Nacquero in pochi mesi tre realtà davvero importanti. In primis, la Casa per la Pace di Trento, luogo di messa in rete delle esperienze del pacifismo trentino. Un tendone in piazza Duomo, poi una casetta prefabbricata in piazza Battisti, infine un luogo permanente di iniziativa politica. Era l'inverno fra il 1990 e il 1991. Con Luigi Calzà ed altri amici ne fummo protagonisti. Dopo qualche mese ed un lungo iter preparatorio il Consiglio della Provincia Autonoma di Trento approvò con i soli voti contrari del MSI la legge n.11 che istituiva il Forum trentino per la Pace. Era il 10 giugno 1991. L'impegno per la pace doveva diventare permanente, permeare le istituzioni e le sue politiche. Rimarrà un'esperienza unica in Italia. Infine di lì ad un anno nacque presso la Fondazione Opera Campana dei Caduti l'Unip, l'Università per la Pace. La pace diventava tema di studio.

Per quindici anni l'Unip sarà un punto di riferimento negli studi per la pace, con i suoi corsi internazionali diretti da Giuliano Pontara, con i corsi locali che seguiranno diversi filoni di ricerca grazie ad un gruppo di lavoro nel quale erano impegnati Vittorio Cristelli, Domenico Sartori, Alberto Tomasi, Mauro Cereghini, Fabio Pipinato ed altri. Ed io con loro.  

Le domande di Marco, giovane ricercatore del Museo, incalzano. In un'ora e mezzo percorriamo quegli anni, dalla guerra del golfo alla tragedia balcanica, alla nostra difficoltà di capire, al cimentarsi nell'abitare il conflitto, alla necessità di uno sguardo non stereotipato sull'Europa. Mi cambierà, nel profondo. E poi la nascita di Osservatorio Balcani, un'impresa straordinaria che oggi rappresenta un punto di riferimento europeo. Marco mi chiede perché ad un certo punto Unip muore. Gli rispondo che è normale che le esperienze abbiano un inizio e una fine, che il loro valore sta nel germinare nuove storie, rifuggendo dall'autoreferenzialità. Così finì l'esperienza della Casa per la Pace ma nacquero percorsi di cooperazione fortemente innovativi, che hanno fatto scuola, in Trentino e non solo. Così si concluse l'esperienza di Unip, per dar vita al Centro di formazione alla solidarietà internazionale, luogo ben più ampio dove l'originalità di un pensiero trovava piena cittadinanza. Così oggi mi trovo a proporre una svolta nell'attività del Forum, organismo che dopo vent'anni aveva anch'esso bisogno di nuovi sguardi, motivazioni, frontiere.

Il tema, cruciale, dell'elaborazione del conflitto. Che ha a che vedere tanto con la banalità del male quanto con il tragico amore per la guerra che facciamo finta di non vedere. Vedo Marco appassionarsi mentre affronto questi argomenti. Mi chiede com'è possibile che il Trentino sia tutto questo, la mia risposta investe l'autonomia, che non è solo un fatto amministrativo ma in primo luogo di pensiero. In serata mi scriverà così: "Michele, volevo ringraziarti, al di là del lavoro, per l'intervista che mi hai rilasciato questa mattina. Sono rimasto incantato dalle tue idee, è stato per me un momento formativo importante... Grazie ancora della disponibilità".

domenica, 5 febbraio 2012Arsenio Lupin

Nel diario di questo fine settimana, saltiamo di palo in frasca.

Per prima cosa uno sguardo al sito. Oltre al ritocco cromatico, sono apparse un po' di funzioni, l'accesso a facebook (che so frequentato ma che non rientra nelle mie corde) e la galleria fotografica che piano piano sta prendendo corpo. Vi potete trovare un pezzo di storia ricostruita a fatica, un po' perché non mi sono mai accompagnato con una macchina fotografica, un po' perché l'archivio fotografico che avevo in casa relativo alla storia politica collettiva dagli anni '70 in poi l'ho messo a disposizione del Museo storico del Trentino nella certezza che ne avrebbero fatto il miglior uso possibile e, infine, perché - se ci fate caso - su internet la storia precedente agli anni '90 praticamente non esiste.

In particolare non c'è la mia/nostra storia politica, non solo quella della nuova sinistra e di DP ma ben poco delle lotte operaie e studentesche, delle forme partecipative e delle esperienze che dettero vita al più grande processo di trasformazione che abbiamo conosciuto nel secondo dopoguerra. Provate ad andare su qualsiasi motore di ricerca e quel che vi appare è tuttalpiù l'immagine di qualche personaggio ma niente di più. Trovate un sacco di cose sugli anni di piombo ma niente sulla stagione dei Consigli di Fabbrica. Molto sulle forme del violentiamo ma nemmeno un frammento sulla ricerca politica che si fondava sul movimento operaio e sul pensiero critico. Non una foto congressuale, non una testimonianza di una stagione per certi versi decisiva di questo paese. Occorre fare qualcosa, nella scrittura come nelle immagini.

Provo anche un po' di rammarico personale per non aver fermato qualche istante pubblico e privato. Mi spiace avere solo rare immagini della mia esperienza politica e lavorativa a Roma negli anni '80 o dell'amicizia con tante persone care che oggi sono scomparse o che hanno preso altre strade. Pagine intensamente vissute. Incontri con i protagonisti del tempo. Mi sono riproposto di ritrovarne traccia. Sarà una galleria che col tempo si arricchirà di tasselli oggi mancanti.

In secondo luogo un accenno alle polemiche di questi giorni sulla noia del posto fisso. Credo anch'io che la flessibilità dovrebbe essere declinata con la creatività piuttosto che con la precarietà. Ma questo non centra nulla con l'articolo 18, piuttosto con la motivazione ed il riconoscimento del valore delle persone. E' questa la grande sfida, il valore aggiunto del lavoro, nel pubblico impiego come nel settore privato o nella cooperazione. E, contestualmente, nel riflettere sul fatto che il compromesso keynesiano su cui si è retta un'intera fase di conflitto fra capitale e lavoro era reso possibile dal fatto che 2/3 dell'umanità non sedeva al tavolo delle trattative e non esercitava alcun diritto. Per dire che ora dobbiamo avere coscienza che la nostra impronta ecologica è insostenibile. Purtroppo invece è come se il confronto avvenisse fuori dal tempo.

In terzo luogo la neve. Dopo gli eventi alluvionali dell'autunno anche l'inverno è fuori dai gangheri. Ogni stagione ormai ci ammonisce che i cambiamenti climatici non scherzano, eppure le polemiche di queste ore rappresentano uno stucchevole scambio di accuse che riguardano l'emergenza dell'ultimo minuto, non il carattere paradigmatico degli avvenimenti. Non ho sentito una parola che provasse ad interrogarsi su quel che accade. Invece tutti lì a dire un indistinto "vergognatevi" che ha molto a che fare con l'antipolitica.

Del resto, quest'ultima (la politica intendo) continua a dare una pessima prova di sé. Che tredici milioni di euro possano sparire dalle casse di un partito senza che nessuno se ne accorga mi sembra fuori dal mondo. E lo è ancor più se pensiamo che si tratta di rimborsi elettorali che nei fatti hanno sostituito un finanziamento pubblico abrogato con il voto referendario, dati oltre tutto ad un partito che non  c'è più ma che all'atto dello scioglimento e del suo convergere in un nuovo soggetto politico si è ben guardato dal portare in dote questo patrimonio. Quasi a tenersi una via d'uscita e la disponibilità di esercitare un potere lobbystico  tutt'altro che trasparente. Conoscendo bene l'ambiente, nella mia vita sono stato anche tesoriere di un partito nazionale, che non mi vengano a dire che questa è la responsabilità di un senatore Lusi qualsiasi perché non esiste proprio. Il degrado della politica impone una riflessione e una primavera.

giovedì, 2 febbraio 2012mercato a Marrakech

Vediamo un po' di recuperare il diario perduto. Mercoledì continua la discussione sul DDL Borga sulla gestione del servizio idrico in Trentino. Un dibattito surreale, a parti rovesciate. Dove chi si è schierato contro il referendum ora vuole forzare la mano per obbligare alla pubblicizzazione, e noi che il referendum l'abbiamo voluto a dover spiegare la coerenza del percorso avviato in Trentino ben prima dell'esito referendario per garantire ai Comuni di gestire l'acqua come un bene comune, ripubblicizzandola laddove (17 comuni trentini) era finita in una società pubblica-privata come Dolomiti Energia. Come è surreale che gli esponenti della destra agitino gli articoli di giornale che parlano di un incontro promosso qualche sera fa da alcuni comitati per l'acqua in cui si dice che la Provincia tradisce il voto referendario con lo scorporo da DE del ramo acqua e la formazione di una società in house pubblica al 100%. Pura e semplice follia. Tutto questo merita una trattazione specifica che sto preparando anche per i giornali locali e che troverete a breve su questo blog. In aula siamo io e il consigliere Anderle a reggere lo scontro, una fatica che non avevo messo in conto tanto era chiara la strumentalità dell'iniziativa del centrodestra.

Respinta al mittente questa provocazione, sono alle prese con il lavoro di precisazione del testo della legge sull'amianto con i funzionari. Ultimi ritocchi e poi il nodo della copertura finanziaria. Mi accordo con il presidente che dopo il primo anno di messa a punto della macchina (con 500 mila euro), dal secondo anno in poi la copertura sia di un milione/un milione e mezzo di euro. Così l'operatività diverrebbe reale perché potrebbe corrispondere ad un investimento pubblico e privato doppio. Mi chiamano le organizzazioni di categoria dei lavoratori edili per avere con me una giornata di confronto sul tema che concordiamo per venerdì 17 febbraio.

Nei giorni scorsi le cronache nazionali hanno parlato della causa giudiziaria in corso a Casale Monferrato sugli effetti dell'amianto in quella città che ha prodotto già migliaia di vittime. Su questa tragedia del delirio dell'homo faber (e del profitto) il teatro stabile di Torino mette in scena la piéce teatrale "Malapolvere" e provo a vedere se ci sono le condizioni per portarla in scena anche a Trento.  

Alla sera di mercoledì la proiezione del documentario "18 IUS SOLI ", un filmato che raccoglie e racconta le storie di 18 ragazze e ragazzi nati e cresciuti in Italia, ma figli di immigrati e quindi non riconosciuti come cittadini italiani. Fred Kudjo Kuwornu è un giovane regista italiano di padre ghanese ed il suo lavoro che presentiamo nella sala del Caffè Bookique è il momento conclusivo della raccolta di firme per le proposte di legge di iniziativa popolare nell'ambito della campagna "L'Italia sono anch'io" per riconoscere i diritti di cittadinanza a chi nasce in Italia da genitori stranieri. Nonostante la serata nevosa, sì finalmente nevica anche a Trento, la sala è gremita di giovani. A dicembre, durante l'ultima finanziaria, il Consiglio Provinciale ha votato un ordine del giorno a favore dello "ius soli", diritto sacrosanto di chi nasce in Italia di averne la cittadinanza, ma la sfida vera è di mettere in campo un cambio di prospettiva con cui guardare ai fenomeni migratori a partire dalla conoscenza, dalla valorizzazione delle ricchezze di ogni paese e dalla costruzione di relazioni fra i territori. 

Il giorno seguente prosegue la tornata consiliare. Al centro della discussione l'ennesimo tentativo da parte del consigliere Morandini di scardinare la Legge 194 sull'interruzione volontaria della gravidanza. Andrebbe respinto punto e basta, perché anche in questo caso è il furore ideologico ad animare la proposta, tesa a sostenere le condizioni economiche della donna e della famiglia, come se ciò già non avvenisse e come se fosse questa la motivazione che porta una donna a decidere di non avere un figlio. Ma quando in Consiglio si toccano questi temi scattano dinamiche ideologico religiose (e paure elettorali) che altro non fanno che dare corda alle crociate fondamentaliste.

Lunghissime trattative non portano ad un accordo e la nostra stessa maggioranza rischia di spaccarsi. Ne chiedo la convocazione e, nonostante qualche forzatura, finalmente la cosa prende una direzione accettabile: si respinge il Disegno di legge Morandini e la maggioranza presenta un suo documento che accoglie alcune delle istanze di potenziamento del servizio e che verrà poi condiviso anche dal proponente. Diciamolo apertamente: un documento che non dice niente di più e niente di meno di quel che già oggi si sta facendo e che semplicemente neutralizza l'iniziativa del centrodestra, evitando il formarsi di pronunciamenti trasversali.

Infine al Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani comincia a prendere corpo il programma sulla cultura del limite. Fioccano moltissime proposte e il percorso prende forma, così come logo e titolo, per un lavoro che ci impegnerà in tutto il 2012 fra pensieri, musica, teatro, cinema, corsi formativi, giochi, viaggi di conoscenza ed altro ancora. Rodati come siamo grazie alla bella esperienza di "Cittadinanza Euromediterranea", anche la complessa struttura di iniziative che stiamo predisponendo non ci mette paura. Anzi, vedo entusiasmo in Federico, Anna, Francesco e Luisa. Lo stesso che abbiamo incontrato nei giorni scorsi con le associazioni con le quali abbiamo fino ad oggi condiviso la genesi di questo percorso.  A fine febbraio la presentazione, a metà marzo il via.