"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Diario

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giovedì, 7 aprile 2016Maria Pia Ciresa

Ieri se ne è andata Maria Pia Ciresa, per le tante persone che l'hanno conosciuta “la Pia”. In realtà potremmo dire che se n'era andata già da tempo, quando lei che non mancava mai alle manifestazioni per la pace, ai banchetti delle molte cause giuste che negli anni hanno attraversato la città, alle iniziative umanitarie, era stata costretta a ritirarsi in una Casa di riposo, quasi avesse capito per tempo che anche quella storia s'era conclusa e che non avrebbe più avuto nulla da offrire.

La Pia era uno spirito libero, troppo orgogliosa della sua indipendenza per immaginarsi chiusa fra quattro mura, con degli orari o con qualcuno che le dettasse delle regole. La sua casa in via Mazzini (e successivamente in via Malvasia) era letteralmente ricoperta di oggetti e di articoli di giornale a ricordo del suo impegno professionale di educatrice dell'infanzia, della sua passione per la montagna o delle persone che sentiva più vicine, tanto che quando andavo a trovarla rimanevo stupito (e un po' imbarazzato) da tanta attenzione e meticolosità nell'archivio degli avvenimenti locali, con tanto di commento o sottolineatura. Irregolare anche nel cibo, con le sue immancabili noccioline di cui, secca com'era, viveva.

Era minuta, ma non era uno scricciolo, la Pia. Sapeva essere tenerissima ma anche tagliente. Ricordo in particolare quando alla Casa per la Pace assunse la responsabilità della raccolta di indumenti negli anni della guerra in Jugoslavia. Venivamo sommersi di cose utili ma anche di indumenti indecenti o di cianfrusaglie di chi voleva liberarsi la casa. Lei si infuriava verso questa carità pelosa e verso queste persone a cui la dignità degli altri non importava granché. Naturalmente se la prendeva con chi sentiva più vicino, con me, Gigio, Alberto... che non sapevamo mettere fine a questa ipocrisia. E dopo aver rimbrottato rimaneva in sede fino alle tre del mattino affinché tutto fosse pronto per la spedizione.

Era generosa, la Pia. Non solo perché spesso ci metteva del suo (che non era molto ma se lo faceva bastare), ma perché nel mettersi a disposizione non sapeva che cosa significasse la parola risparmiarsi. Nonostante l'età cominciasse a farsi sentire, lei c'era. Quando si trattò di partire con i Beati i costruttori di pace verso la Sarajevo assediata mise il suo zaino in spalla, salì sulla vecchia corriera e via.

Ed era presente al suo tempo. Fu nella Scuola di preparazione sociale quando il fermento di quegli anni fece di questo luogo un punto di riferimento per un mondo cattolico che stava cambiando. Allo stesso modo era stata nella sinistra democristiana e con il sindacato ai tempi di Bepi Mattei. Era con don Vittorio Cristelli e la sua Chiesa degli ultimi quando l'allora direttore di Vita Trentina venne messo alla porta. Poi con la Casa per la Pace quando divenne chiaro che la caduta del muro non avrebbe aperto una nuova stagione di fraternità ma una guerra infinita. E infine con Solidarietà perché qui ritrovava lo spirito di tutto questo. Un tragitto politico tutt'altro che banale, anche questo era la Pia.

E tante altre cose ancora che me la rendevano cara e simpatica, il suo sorriso, il suo amore per la montagna, le sue piccole manie, i suoi numeretti magici. Quando ti ho vista per l'ultima volta ero venuto a trovarti a Villa Belfonte ma tu eri già altrove, in un mondo tutto tuo frequentato dalle persone che amavi. Ti ho salutata senza che tu te ne accorgessi e i nostri sguardi hanno proseguito ad incrociarsi in quel mondo che la senilità ci dona per renderci meno doloroso il distacco dalla vita.

Un tenero abbraccio, come sempre, dunque.