"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Diario

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venerdì, 29 marzo 2019Modena, 28 marzo 2019

Palazzo Europa a Modena non è propriamente una bella costruzione. Ci racconta piuttosto di un tempo in cui il delirio della potenza attraversava trasversalmente le culture, così che questo palazzo avrebbe potuto sorgere qui come a Bucarest, ospitare le organizzazioni del cattolicesimo sociale come un qualsiasi comitato centrale di stampo sovietico. E di come in fondo ciò che veniva vissuto come opposto avesse più cose in comune di quanto si potesse ritenere.

E' un po' una metafora di quelle “magnifiche sorti progressive” di cui abbiamo discusso nella serata dedicata alla presentazione del libro “Sicurezza” e, per altri versi, della scarsa cittadinanza che ancora oggi, in questa lunga transizione dalla fine della storia novecentesca, trova la cultura del limite.

Presentazione che si svolge proprio in questo palazzo sorto negli anni '60 per iniziativa della Modena “Bianca” e della quale ancor oggi – pur in un contesto radicalmente diverso – rimangono i segni nelle fondazioni e nei centri che di quella storia tengono viva la memoria. Luoghi che pure non hanno mai smesso di leggere e reinterpretare questo nostro tempo, attraverso ambiti formativi, convegni, attività sociali ed editoriali. Tanto che in questi giorni il palazzo – rispondendo alla proposta di Romano Prodi di esporre la bandiera europea – è colorato di blu e stelle gialle. L'effetto è significativo.

In questo caso è il Centro culturale Francesco Luigi Ferrari a promuovere la presentazione di “Sicurezza” con Massimo Rovatti, lo storico “banchiere” di Banca Etica, Francesco Maria Feltri, docente ed esperto di storia dell'ebraismo, e uno degli autori (ovvero chi scrive) in un incontro dal titolo niente affatto banale: “Più sicurezza o più libertà?”.

Il piccolo auditorium è affollato di persone, vecchi compagni di storie politiche ormai lontane, nuovi amici con i quali ho condiviso percorsi formativi e viaggi nel cuore balcanico dell'Europa, altre persone che non conosco e che immagino legate al Centro Ferrari. Il caso vuole che contemporaneamente al nostro incontro la Lega abbia promosso qui a Modena, con un'inserzione di mezza pagina su uno dei quotidiani locali, una serata con un titolo dai caratteri cubitali, Sicurezza, e con una cromatismo del tutto simile a quello del nostro libro.

Il che fa dire a Massimo Rovatti che questa serata cade a pennello nel suo proporsi una diversa declinazione di questa parola diventata il mantra con cui agitare l'incertezza e l'inquietudine verso il futuro (oltre che nel giorno dell'approvazione definitiva in Senato della nuova legge sulla legittima difesa). Un invito, il suo, a leggere questo libricino ben più denso di quel che a prima vista potrebbe sembrare.

Considerazione ripresa dal professor Francesco Feltri il quale ricorda come Umberto Eco affermasse come i libri più interessanti fossero quelli che hanno un titolo geniale. Ecco dunque che “Sicurezza” di presenta sin dalle prime pagine come “il libro che non ti aspetti”, che non cede nulla alle grossolane semplificazioni di cui è piena la cronaca giornalistica, che propone un discorso sulle questioni cruciali del nostro tempo, affrontando nodi che chiamano in causa la necessità di visioni di lungo respiro ma anche i nostri comportamenti quotidiani, ovvero gli stili di vita che non siamo disposti a mettere in discussione.

Snocciola così una serie di interrogativi che associano i muri e gli slogan razzisti ad un “pensiero diffuso e silenziosamente condiviso che va esplorato più che demonizzato”, al rancore che diviene una forma di autismo, agli effetti che hanno avuto le migrazioni non accompagnate da un lavoro di crescita culturale, ad uno scontro che prende sembianze religiose.

Ne viene una bella serata, arricchita dalle domande da parte del pubblico attorno al tema del limite che non entra nei programmi della politica, alla rivendicazione di futuro che viene dal 15 marzo e dal nuovo protagonismo giovanile, all'Europa che va al rinnovo del suo Parlamento in un confronto ridotto fra sovranismo e status quo.

“L'Europa al bivio” titola il manifesto con cui la Fondazione Ermanno Gorrieri (che fra l'altro condivide la sede con il Centro Ferrari proprio in questo palazzo) propone l'incontro agli inizi di aprile con Romano Prodi. Nell'osservarlo accanto a quello che propone la nostra serata, penso fra me che quel bivio l'abbiamo già superato senza nemmeno accorgersene, tanto oggi l'Europa appare lontana da quel progetto politico cui guardavano con speranza milioni di persone.

E che ancora può avere una sua attrazione se questo sarà accompagnato da un nuovo racconto di cui però si fatica a vederne i contorni. Ma comunque vale la pena di provarci, nelle forme più diverse. E così anche un confronto politico in senso pieno come quello che questo “libricino” ci aiuta a fare può servire. Grazie a chi vi ha partecipato, grazie ai miei interlocutori che hanno guidato la serata, grazie al Centro culturale Ferrari. E grazie anche a questa città che da un po' di tempo accoglie con attenzione questo mio pensiero laterale.

mercoledì, 6 marzo 2019Angelus Novus

Presentare due libri in una volta sola è inusuale. Ma il dialogo fra gli autori di “Nel labirinto delle paure” (Bollati Boringhieri, 2018) e “Sicurezza” (Edizioni Messaggero, 2018) è qualcosa che prosegue da tempo e questi diversi sguardi attorno al tema dell'incertezza del presente potevano ben intrecciarsi in una comune ricerca, tanto sul piano del pensiero come su quello dell'azione.

E così quella che si è svolta venerdì 1 marzo alla libreria Due punti a Trento non è stata semplicemente una presentazione intrecciata di due lavori editoriali e nemmeno la descrizione del cupo presente, bensì il tentativo di interrogarsi su quali strade per uscire da quel labirinto che ha dato il titolo al saggio di Aldo Bonomi e di Pierfrancesco Majorino. O, per riprendere la metafora proposta da me e Mauro Cereghini nel nostro “discorso politico” sulla sicurezza, come «disincagliare le ali all'angelo della storia».

Sin nell'introduzione al confronto, è stato proprio questo il nodo posto da Federico Zappini, fra l'onda lunga del vento sovranista che ovunque spira in Europa e il bisogno di definire i tratti di un racconto diverso senza il quale la risposta si riduce alla mera resistenza verso la barbarie che cresce intorno a noi.

Proprio Pierfrancesco Majorino, assessore al Comune di Milano e fra i principali promotori della manifestazione “Prima persone” che sabato scorso secondo diversi opinionisti ha dato il là al riscatto della solidarietà, a conclusione del suo saggio indica alcune strade per uscire dal labirinto: ripartire dalle belle bandiere; stare nel mezzo, fare società, cercare gli impauriti; realizzare progetti radicali per il riscatto sociale; governare l'immigrazione senza farsi prendere dal panico; rimettere al centro il discorso sul futuro. Perché la casa è comune.

Titoli accattivanti, nei quali ci si può riconoscere, alcuni dei quali hanno rappresentato un tratto stesso del mio impegno sociale e politico. Penso in particolare a quel “mettersi in mezzo” che era l'essenza dell'abitare i conflitti e della cooperazione di comunità. Ma le belle bandiere, ovvero i valori, sono spesso diventate parole vuote e banalizzate; lo stare dalla parte della gente (il riscatto sociale) quando anche il grado della povertà può diventare la ragione del “prima noi”; il governare l'immigrazione che ai tempi del centrosinistra si risolveva nel far sparire i barconi ma non le ragioni profonde (guerra, spogliazione delle risorse e cambiamento climatico) che generano la necessità di emigrare.

Non basta «tornare sui ballatoi del Corvetto», sempre utile per comprendere la fatica del vivere; ma se il tema è quello di uscire dal labirinto richiede una condizione: quella di avere un racconto, un discorso sul futuro che se vuole essere tale deve proporsi il cambio dei paradigmi di un tempo finito. Perché se il “non più” è abbastanza chiaro, il “non ancora” stenta a manifestarsi. Il fatto è che la barbarie è un racconto semplice e accattivante. E cattivo. Chi vi si oppone è quel che c'è, perché in fondo nel labirinto se si è dalla parte degli inclusi ci si può anche accomodare.

Pensiamo alla categoria di “progresso”, utilizzata in questi anni dall'Occidente per giustificare guerre e atrocità di ogni tipo, magari associata ai diritti civili. E che oggi viene non casualmente rispolverata per il sostegno al TAV, nell'ipocrisia di un trasporto su rotaia in Italia colpevolmente ridotto a percentuali inferiori al 10%.

Un discorso sul futuro che deve avere il coraggio di dire la verità su come stanno le cose, ovvero che viviamo nell'insostenibilità, in Italia e in Europa più che altrove. E che se vogliamo davvero prendere in considerazione l'appello di Greta1, l'unica strada percorribile è quella di riconsiderare l'attuale modello di sviluppo, terribilmente vincente sul piano culturale ma che ci ha portati sull'orlo del baratro o forse anche oltre.

Se continuiamo a ragionare con i vecchi paradigmi, saremo prigionieri del progresso e della crescita, ancorati alle magnifiche sorti e progressive dello sviluppo; alla subalternità dell'uomo alle cose, misurando il benessere sul possesso di beni e sul denaro per averli; alla cornice degli stati-nazione che hanno segnato la tragedia del Novecento con il “prima noi”, quel sovranismo che continua a segnare anche questo tempo e dal quale – in assenza di elaborazione collettiva – rinascono il razzismo e il fascismo; all'idea antropocentrica dell'uomo signore del mondo, cui piegare la natura; allo scontro di civiltà, come se la storia non ci avesse insegnato che ogni sapere è l'esito dell'attraversamento e dell'incontro; all'abbandono della terra (e della montagna) e al contestuale crescere a dismisura delle megalopoli, paradigma di un immaginario artificiale e plastificato. E così via.

Aldo Bonomi insiste sulle isole che accolgono i naufraghi, le buone pratiche che ci aiutano a sopravvivere nell'imbarbarimento delle politiche ma anche dei comportamenti. Per parte mia, sulla necessità di un nuovo approccio che, proprio a partire dall'elaborazione del passato, faccia della cultura del limite la propria stella polare. Senza il quale la politica non potrà che assecondare l'insostenibilità e senza il quale anche le buone pratiche saranno all'insegna del “non nel mio giardino”.

Venerdì scorso, durante la presentazione incrociata di due libri utili per cercare di essere presenti al proprio tempo, non c'era ancora tutta questa euforia per l'esito delle primarie del Partito Democratico. Che animale strano è l'uomo, il cui spirito di adattamento davvero non ha limiti. Aggrappandosi ad ogni cosa pur di non naufragare, senza interrogarsi delle ragioni del naufragio.



Mein Flügel ist zum bereit,

ich kehre gern zurük,

denn blieb ich auch lebendige Zeit,

ich hätte wenig Glück2

 

Gerhard Scholem,

Gruss vom Angelus

 

«C'è un quadro di Klee che s'intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L'angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l'infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta».

Walter Benjamin, 1921



1 Mi riferisco a Greta Thunberg, la studentessa svedese che ha deciso di scioperare per chiedere ai potenti della Terra azioni concrete in difesa del clima

2 «La mia ala è pronta al volo, ritorno volentieri indietro, poiché restassi pur tempo vitale, avrei poca fortuna»