"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

12/10/2010 -
Il diario di Michele Nardelli
l\'Europa che non c\'è
Notte di tosse forte, decido che la riunione del Consiglio Regionale prevista per oggi può tranquillamente fare a meno della mia presenza. Ieri ho forzato la mano uscendo di casa ed il risultato è che la costipazione che sembrava essere sulla via della guarigione è ritornata a farsi sentire più intensa di prima. Ma poi in casa, invece di stare tranquillo sotto le coperte, mi metto a lavorare come se fossi in ufficio e anche questo non aiuta. Nei prossimi giorni, inoltre, ci sono impegni inderogabili: la preparazione dell'iniziativa di sabato prossimo sul pane, gli incontri programmati da tempo, le riunioni della seconda e della terza commissione legislativa provinciale, la visita in Trentino dell'amico scrittore Predrag Matvejevic,  l'evento a Teano (Napoli) sull'unità di questo paese, Terra Madre a Torino, la visita del ministro dell'agricoltura palestinese, la tornata del Consiglio provinciale, Terra madre in Trentino, la conferenza di Mani Tese dove devo intervenire. Devo scrivere il pezzo per la nuova edizione dell'Atlante delle guerre nel mondo, cosa piuttosto impegnativa se non si vuole cadere nella consolatoria divisione fra bene e male. Come fare?

Mercoledì mi devo mettere in piedi per forza, questa è la morale che contraddice ogni considerazione sul senso del limite. Vedrò almeno di contenere gli impegni all'essenziale e poi di ritornarmene a letto. Mentre scrivo queste considerazioni la televisione trasmette l'assurdo spettacolo di qualche centinaio di "tifosi" che sono venuti dalla Serbia fino a Genova per poter gridare il proprio odio contro tutti in nome di quel cortocircuito ideologico ed identitario per il quale "solo l'unità salverà i serbi". Sono gli stessi che sabato scorso a Belgrado hanno cercato di impedire il Gay Pride. Sono gli stessi giovani nazionalisti che potete trovare ogni anno a Guca, nella Serbia profonda, dove la festa degli ottoni si trasforma nella sagra del rancore. Sono i figli di quelle stesse tifoserie che all'inizio degli anni '90 vennero reclutati nei corpi paramilitari per le operazioni più sporche di pulizia etnica. Carne da macello per interessi ben più prosaici del nazionalismo in cui credono, fatto di traffici, droga, affari. Ma questo è un altro discorso.

L'effetto concreto, oltre alla probabile perdita della partita a tavolino che escluderà la Serbia dal campionato europeo di calcio, è quello di isolare ancor più questo paese nel contesto internazionale. Ma è esattamente quel che vogliono, o che qualcuno vuole nella dura dialettica politica di quel paese. Nella solitudine c'è l'oblio, nella sconfitta il martirio, nella non elaborazione della storia l'incubo dal quale non si vuole uscire.  Conosco troppo bene queste anime perse per non coglierne la banale pericolosità. Proprio oggi ero al telefono con il mio amico Jovan Teokarevic di Belgrado, persona colta, intelligente e ironica. E' l'animatore del Centro per l'integrazione europea di Belgrado: chissà che cosa avrà pensato questa sera di quel triste spettacolo a cui ogni serbo verrà suo malgrado associato. E del suo lavoro per l'integrazione europea. Accadde così anche nel 1989 e negli anni successivi, di fronte a personaggi da baraccone che ben interpretavano la moderna barbarie e che divennero di lì a breve i tragici protagonisti di un decennio che si era aperto con la caduta del muro e finì fra i bombardamenti della Nato sul cuore dell'Europa.

Immagino l'amaro sorriso di Jovan, insieme al senso di disprezzo e di impotenza. Tranquillo Jovan, quel che è accaduto ieri sera allo stadio di Genova non è poi tanto diverso da quel che cova dietro all'imbarbarimento di casa nostra, dove la banalità del male pervade ormai ampi segmenti della nostra vita, pubblica e privata. Non diversa dal vento che spira in Europa e che dobbiamo saper vedere in tutta la sua pericolosità. Non è gridando un inno nazionale più forte che ne veniamo a capo. Pensate se ieri a Genova, in risposta al nazionalismo e all'idiozia, la risposta fosse stata l'inno alla gioia.

 

0 commenti all'articolo - torna indietro

il tuo nick name*
url la tua email (non verrà pubblicata)*

Link ad altri siti

  • link al sito Sifr - la solitudine della politica
  • osservatorio balcani
  • viaggiare i Balcani
  • link al sito Forum trentino per la pace e i diritti umani
  • Sito nazionale della associazione Sloow Food
  • link al sito dislivelli.eu
  • link al sito volerelaluna.it
  • ambiente trentino
  • pontidivista
  • Sito ufficiale della Comunità Europea