"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

22/10/2010 -
Il diario di Michele Nardelli
Il Vesuvio visto da Pompei
Sono a Napoli. Amo questa città, quand'anche provata dall'incuria e dai poteri che giocano con il business dei rifiuti. Guardo con aria benevola anche il traffico e il rumore dei clacson, il via vai che c'è davanti alla stazione dove incroci le umanità più varie, i rioni che ancora ricordano una Napoli che probabilmente non c'è più.

Quando l'ho conosciuta più da vicino erano gli anni del riscatto, delle prime giunte di sinistra e dello scudetto di Diego Armando Maradona. La primavera di Napoli è finita da un pezzo e con essa anche la spinta propulsiva delle amministrazioni di centrosinistra, di Valenzi prima e di Bassolino poi. Praticamente il secolo scorso.

Erano gli anni in cui il mio compagno di banco a Roma era Giovanni Russo Spena, figlio di una napoletanità colta e bizantina che ritrovai qualche anno dopo in "Mistero napoletano", splendido affresco con il quale Ermanno Rea tratteggiò l'ambiente della sinistra all'ombra del Vesuvio nel dopoguerra. Mi capitava allora di venire spesso nei locali insalubri di via Stella, all'inizio del rione Sanità, dove c'era la sede di Democrazia Proletaria. Lunghe e fumose riunioni con Domenico Jervolino, Vito Nocera, Eugenio Mancini, Mario Raffa, ed altri di cui ora non rammento i nomi (ma di cui ho documentazione nei miei bloc notes ben conservati) ed io fra di loro, trentenne che veniva dal profondo nord e che a quel partito non era nemmeno iscritto nonostante gli incarichi nazionali (ero iscritto a DP del Trentino, partito autonomo e federato a DP italiana) e che provava a far crescere l'idea di una soggettività politica originale, non riconducibile alla tradizione comunista ma nemmeno alla parzialità verde.

Quella di oggi è una Napoli diversa, che avverto come smarrita, come se avesse messo da parte ogni speranza. Anche la tifoseria più pacifica d'Italia ha preso la piega del tempo. I cumuli di immondizie crescono ai margini delle strade, facendosi beffa dei contenitori per la raccolta differenziata. "Tutto a posto" aveva detto Berlusconi dopo aver vinto le elezioni con i suoi anonimi luogotenenti. Oggi l'area vesuviana è di nuovo un incendio, scontri di piazza contro le nuove discariche, capipopolo che non sai se sono anche capibastone, camion incendiati.

Penso al Trentino, ai nostri livelli di raccolta differenziata ma anche alle nostre discariche esaurite, alle paure del "non nel mio giardino", al timore verso un piccolo inceneritore che si vuole "a termine", per farci carico della nostra insostenibilità senza scaricarla su altre ragioni. Più in generale, penso alla riunione di stamane dei consiglieri della maggioranza con la Giunta provinciale per discutere della legge finanziaria 2011, alle nostre prerogative di autogoverno, ad un tessuto istituzionale e culturale che ancora tiene, nonostante il vento dell'antipolitica tiri forte anche da noi. Questo incrocio di sguardi è davvero importante, ci permette di cogliere le dinamiche della modernità e di vedere da un'angolazione diversa le nostre stesse contraddizioni. Andrebbe favorita questa visione asimmetrica, come una forma di educazione permanente. Ne guadagnerebbero la politica, il giornalismo, il senso civico.

Non solo rifiuti. Basta guardarsi attorno per capire che c'è qualcosa che non va, un'antropizzazione insostenibile, un'urbanizzazione da urlo, un modello di sviluppo che ci ha portati a devastare territori di una bellezza straordinaria, il tutto in nome delle "magnifiche sorti e progressive" dalle quali Giacomo Leopardi pure ci aveva messi in guardia proprio qui, a Napoli, quando scrisse "Il fiore del deserto" (La ginestra). Era il 1837. Profeta inascoltato.

Mentre da Napoli ci spostiamo verso Capua, sembra non esserci soluzione di continuità nel territorio edificato nonostante siamo alle pendici di un vulcano che non è spento e in una zona a rischio sismico. Eppure sento vicinanza per questa terra. Non avevo mai visto un cane di mezza taglia sul seggiolino posteriore di una motocicletta, in equilibrio perfetto nonostante lo slalom fra le automobili in coda. Anche Maradona era così, genio e sregolatezza.

Teano è ormai vicina. Mentre andiamo a celebrare - quand'anche in forma critica -  il 150° anniversario dell'incontro di Teano, a pochi chilometri bruciano insieme agli auto compattatori anche le bandiere tricolori.

 

 

1 commenti all'articolo - torna indietro

  1. inviato da vito nocera il 26 novembre 2010 16:47
    un abbraccio affettuoso. Vito Nocera
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