"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

05/03/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
Donne iraniane
Al giornale radio delle 7.00 scandiscono le notizie. Putin ha vinto le elezioni al primo turno. Ahmadinejad viene battuto alle urne dal fronte conservatore guidato dalla Guida Suprema dello Stato, Ayatollah Khamenei. A New York Netanyahu incontra Obama per ottenere il via libera alla guerra contro l'Iran (ma questo il GR1 non lo dice). Ferrandelli vince a sorpresa le primarie del centro sinistra a Palermo che vedono la partecipazione di oltre 30 mila cittadini. Infine, maretta sulla nomina del segretario del PD del Trentino Michele Nicoletti nella Commissione dei 12.

La notizia che più mi angoscia è quella che riguarda la determinazione con la quale il governo israeliano sta andando verso la guerra contro l'Iran. Obama, alle prese con le elezioni presidenziali, è debole, vulnerabile e dunque condizionabile. Così, dopo aver dichiarato qualche mese fa che gli USA non sarebbero più stati il cane da guardia nel mondo, ora afferma che nessuna opzione viene esclusa. Certo, la partita è difficile e Obama (che non ama Natanyahu) cerca di far prevalere l'opzione diplomatica. Ma il peso della lobby ebraica negli USA è così forte da aver già costretto il governo americano a mettere in un cassetto la strategia di pace proposta da Obama all'inizio del suo mandato. Quanto tempo sembra passato da quando si rivolgeva agli studenti universitari del Cairo invocando un stagione di riscatto per il mondo arabo...  

Il problema è che, con o senza il consenso degli Stati Uniti, l'amministrazione di destra che governa lo Stato di Israele (potenza nucleare), ossessionato dalla propria insicurezza, intende distruggere il potenziale nucleare iraniano. E, in assenza di una pressione forte da parte della comunità internazionale, lo farà.

"A quanto pare ci siamo" mi scrive Stefano Fait, attento osservatore di cose mediorientali. Un intervento armato in Iran sarebbe una pura e semplice follia. Tanto che, nei giorni scorsi, in un articolo a tutta pagina del Washington Post, dieci ex generali statunitensi consigliavano caldamente all'amministrazione americana di evitare una nuova guerra. Di sicuro renderebbe oltremodo difficile un processo di pace nella regione. Rafforzerebbe la rabbia del mondo arabo contro l'occidente. Senza contare che un'ulteriore militarizzazione della regione avrebbe effetti devastanti verso una primavera ancora incompiuta, rafforzando i regimi come quello siriano più ostili ad ogni cambiamento.

Ne parliamo con David Gerbi e con Erica Mondini nella conferenza stampa a Palazzo Trentini di presentazione dell'iniziativa promossa da "Pace per Gerusalemme" sulla situazione in Libia. Nella quale manifesto tutta la mia preoccupazione per i preparativi di guerra nel vicino Oriente. Gerbi esprime le mie stesse preoccupazioni. Uso la metafora dell'ingorgo per dire della complessità di una situazione che per essere affrontata non ha certo bisogno di nuove guerre. Un ingorgo è la vicenda libica, dove la primavera è durata davvero molto poco. Un ingorgo è la primavera araba oggi sospesa fra la grande speranza che ha suscitato in milioni di giovani e il disincanto che viene dalle dinamiche di restaurazione dei vecchi poteri. Un ingorgo è la stessa vita di David Gerbi, straniero ovunque.

Arrivo alla riunione del gruppo consiliare che sta già finendo. Il tempo solo per qualche battuta sulla vicenda che occupa le cronache provinciali sulla sostituzione del deputato leghista Fugatti con il segretario del PD del Trentino Nicoletti nella Commissione dei 12 (la commissione - lo scrivo per i lettori non trentini - che regola l'attuazione dello statuto di autonomia fra Trento e Roma) in rappresentanza del governo italiano. Candidatura tecnica o politica? Certamente politica, ma nelle intenzioni del governo Monti era intesa come tecnica. Concordata con la Provincia? Niente affatto. Opportuna? Insomma...  

Di certo c'è che questa scelta fa incavolare il presidente Dellai che se ne esce pubblicamente dichiarandola inopportuna. Altra caduta di stile, perché di veti nella maggioranza che governa il Trentino non ne abbiamo di certo bisogno. Qui di tecnico non c'è proprio niente e questa storia dei tecnici mi ha davvero stufato. Se l'effetto sarà quello di un passo indietro del governo sul nome di Nicoletti, sarà l'ennesima brutta figura. Evitabile.

Due parole anche sull'esito delle primarie palermitane. Non solo polemiche ma anche sospetti di brogli, che se tirati fuori solo dopo l'esito del voto di trentamila cittadini mi sembra una denuncia del tutto irresponsabile. Qualcuno arriva addirittura a chiedere le dimissioni del segretario Bersani. Siamo davvero alla frutta. Per quale motivo si fanno le primarie? Non certo per mettere a confronto i candidati dei vari partiti che si riconoscono nel centro sinistra, perché se così fosse il candidato spetterebbe sempre al partito maggiore della coalizione. Le primarie si fanno perché la politica è inceppata e richiede l'apporto non solo degli iscritti ma anche degli elettori. Dove le trasversalità sono naturali ed è bene oltre che naturale che sia così. E che possano candidare più persone dello stesso partito. Non conosco Fabrizio Ferrandelli, e la vaga somiglianza con Cetto La Qualunque non me lo rende simpatico. Ma quando si decide di fare le primarie, l'esito del voto va rispettato. Punto e basta.

Personalmente considero il sistema delle primarie una sconfitta della politica. Ma la politica, nella sua accezione nobile, è sconfitta e dobbiamo prenderne atto. Parte di questa sconfitta non è estranea all'introduzione del sistema maggioritario che non solo affida poteri eccessivi agli esecutivi e al capo di turno, ma che ha anche contribuito ha modificare la natura dei partiti in macchine elettorali. Il PD, forse l'unico partito di massa ancora esistente, sta nel mezzo di questa contraddizione e ne soffre. Le primarie possono essere forse la terapia per attenuare una forma partito e un meccanismo democratico inceppati, non la cura. La cura è la partecipazione consapevole delle persone, non il ricorso alle tifoserie.

 

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