"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

19/03/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
Giudicarie esteriori, un modello zootecnico fallimentare
In terza Commissione Legislativa provinciale va in discussione il tema dei biodigestori. Non parliamo in questo caso della localizzazione degli impianti di biodigestione d'area, tema ancora irrisolto e che ha come effetto il fatto che l'80% dell'umido prodotto in Trentino viene portato in altre regioni italiane, cosa di per sé irresponsabile ed antieconomica.

La Provincia ha programmato la realizzazione di quattro impianti in altrettante aree geografiche del territorio, a fronte di un unico impianto oggi in funzione in Vallagarina. Ma l'opposizione delle comunità locali ha fatto sì che l'impianto di Lasino venisse bocciato e che quello di Faedo fosse al centro di una contestazione che ha coinvolto anche il vicino Sud Tirolo, nonostante la localizzazione sia lontana dai centri abitati e la tecnologia proposta garantisse un ciclo anaerobico senza conseguenze in termini di inquinamento o di odori. Un'opposizione sorda e dura, che ha trovato facile sponda in buona parte della politica che non trova nulla di meglio da fare che cavalcare il "non nel mio giardino".

Ricordo come, in occasione della contestazione dell'impianto a Lasino, i rappresentanti dei Comitati andassero affermando che non c'era da parte loro una preclusione sull'impianto bensì su quella determinata localizzazione e sulla mancata condivisione preventiva. Denunciai, voce isolata in Consiglio provinciale, l'ipocrisia di queste argomentazioni. E infatti proprio in queste settimane la Comunità della Valle dei Laghi, ripartendo da zero attraverso un percorso partecipato per l'individuazione di un area per tale localizzazione, ha ottenuto un analogo risultato, l'opposizione verso ogni soluzione. Questo è un problema. Di fondo.

Oggi invece in terza commissione parliamo dell'articolo 52 di un disegno di legge unificato che modifica la legge quadro sull'agricoltura. Riguarda gli impianti di biodigestione dei reflui delle aziende agricole o zootecniche. E' la terza volta che la lobby dei biodigestori cerca di far passare in Consiglio una norma che permetta il business dell'energia prodotta da impianti di biogas, non come attività accessoria a quella tradizionale (cosa giusta e auspicabile), ma come dimensione prevalente alla quale subordinare anche la produzione agricola (mais per combustione) e la possibilità di utilizzare prodotti di scarto di altre lavorazioni provenienti dal territorio provinciale (e siccome degli scarti si fa commercio, anche provenienti da fuori provincia).

La terza Commissione, pressoché in maniera unanime, pone delle condizioni precise che vengono accolte dall'assessore e vicepresidente Pacher, il quale dà assicurazione che in aula il testo verrà modificato accogliendo le perplessità emerse.

Il tema ritorna poco dopo in discussione quando incontriamo i rappresentanti del CIGE, il Comitato delle Giudicarie esteriori che da anni si batte contro il modello zootecnico locale basato su grandi impianti di allevamento e sulla questione della dispersione dei reflui delle stalle della zona sul terreno agricolo con effetti gravi sul piano dell'inquinamento. Una battaglia che fino ad ora non ha sortito molti risultati. Eppure quel modello non è solo impattante sul piano ambientale, è anche fallimentare. Lo è in primis sul piano della qualità delle produzioni agroalimentari locali e la vicenda del caseificio di Fiavé non è affatto estranea a questa situazione. E, anche in questo caso, tornano in ballo gli impianti di biogas, con un'agricoltura che viene piegata al business dell'energia.

Con i rappresentanti del CIGE ho avuto in passato molte occasioni d'incontro. Ho provato senza riuscirci a scardinare la questione del coefficiente UBA, il numero di animali allevati per ettaro di pascolo disponibile, per evitare che in un'area geografica di dimensioni limitate venissero realizzati grandi allevamenti. Ma, nonostante che in tutte le dichiarazioni programmatiche si affermi la necessità di un modello basato su piccole aziende di qualità, la realtà è un'altra e la qualità è altrove.

L'unico intervento che siamo riusciti a mettere in campo è stato durante la finanziaria di due anni fa quando abbiamo inserito precise regole sulla dispersione dei reflui sul territorio. Si tratta però di una soluzione parziale e comunque a valle del problema, non a monte. Mi prendo l'impegno di ritornare alla carica sulla questione degli UBA nella prossima finanziaria.

Un paio d'anni fa, proprio con i rappresentanti del CIGE, feci un sopralluogo nella zona di Fiavé per rendermi conto di persona della gravità della situazione. Proprio in quell'occasione mi resi conto di quanto diffuse fossero nelle stalle della zona le coperture in eternit. E partì da lì l'idea di un'iniziativa legislativa per mettere mano alla bonifica dell'amianto del nostro territorio, che proprio in queste ore approda in Consiglio provinciale.

Interrogazioni, mozioni, ordini del giorno, leggi: sono gli strumenti di lavoro del legislatore per cercare soluzioni ai problemi. Si accompagnano all'azione di governo e ai cambiamenti culturali, ingredienti senza i quali anche gli atti più importanti come le leggi rischiano di rimanere sulla carta.

Tutto questo dovrebbe avere come cornice l'aggiornamento dell'"Atto di indirizzo sullo sviluppo sostenibile" adottato il 28 giugno 2000 che nel corso dei lavori della Commissione viene presentato dal vicepresidente Alberto Pacher. S'intitola "Passo" e sta per "Patto per lo Sviluppo Sostenibile". Un atto di indirizzo che dovrebbe indicare nuovi indicatori affinché il concetto di sotenibilità non venga, come spesso avviene, banalizzato e quindi svuotato. Ne parleremo nei prossimi giorni.

 

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