"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

17/05/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
Fra Scilla e Cariddi
Mattinata di incontri. Di buon mattino con l'assessore alla cultura del Comune di Trento Lucia Maestri per il programma del Forum sulla cultura del limite. L'apporto del Comune capoluogo potrebbe concentrarsi attorno all'evento conclusivo che vorremmo dedicare alla figura e alla poesia di Andrea Zanzotto, un omaggio della città ad un anno dalla sua scomparsa che si articolerà in un incontro il prossimo 18 ottobre con Goffredo Fofi e a gennaio 2013 con uno spettacolo dedicato al grande poeta di Pieve di Soligo.  E' anche l'occasione per scambiarsi qualche idea su quel che accade, quel che butta la politica, il PD e l'idea di partito territoriale.

Finito in Comune sono in Provincia, dove si svolge l'incontro per "Abitare la Terra", l'agenzia di informazione sugli eventi legati alla pace e ai diritti umani che una decina d'anni fa con Armando Stefani ci inventammo e che nel frattempo è diventata un'appuntamento settimanale che giunge puntuale in forma elettronica nelle case di oltre diecimila persone. Oggi sappiamo che l'agenda viene aperta in tempo reale da quasi la metà degli utenti, mentre gli altri la guardano saltuariamente... non male direi. L'agenda settimanale ha anche un supporto web che corrisponde al sito http://www.abitarelaterra.org/ che raggiunge un numero crescente di lettori (circa 10 mila mensili). In ballo c'è il rinnovo della convenzione che, grazie ad un accordo fra la PAT, il Forum e il Comune di Trento, affida all'associazione Tremembè la gestione dell'agenzia. Che viene confermata, ma con l'idea di allargare il partenariato di questa iniziativa ad altri soggetti come l'Università, la Cooperazione trentina, il Consorzio dei Comuni.

In tarda mattinata mi vedo con Riccardo Mazzeo, responsabile editoriale della Casa editrice Erickson di Trento ma soprattutto caro amico. La Erickson è diventata un'importante azienda sul piano nazionale, leader nel campo dell'editoria psicosociale e scolastica ma che spazia ormai a tutto campo (basti pensare alla pubblicazione dei testi di Morin, di Bauman o della Marzano), tanto che in questo momento ha in catalogo ben 1700 titoli, a cui si aggiungono numerose riviste specializzate. Un'impresa che nel complesso di Gardolo dà lavoro ad oltre 100 persone. Di questa avventura, Riccardo è stato ed è uno dei protagonisti. Persona colta e sensibile, è piacevole conversare con lui. Sono venuto ad incontrarlo per parlargli del percorso sul limite e di una proposta editoriale di cui non posso anticipare nulla se non che dovrebbe trattarsi, in un tempo così infecondo per la politica, di un atto d'amore proprio verso la politica.

Nel pomeriggio lavoro al gruppo. Alle 17.00 mi attende una conferenza dal titolo "Una o più patrie. Tra esilio e appartenenze". Provare a dire cose sensate in pubblico, rivolgendosi ad un pubblico con il quale ti capita frequentemente di interloquire, senza ripetere sempre le stesse cose, non è facile. Al di là della tensione emotiva che, per quanto una persona possa essere abituata a parlare in pubblico, non ti molla... il problema è provare a far riflettere le persone che ti ascoltano, fornendo in un tempo così torbido qualche chiave di lettura che possa aiutare ad orientarsi. Provo a buttar giù qualche appunto.

L'incontro che si svolge alla Fondazione Caritro è promosso dall'associazione "Pace per Gerusalemme" nell'ambito di "Officina Medio Oriente", settimana di iniziative di cui ho già parlato criticamente in questo blog. Perché il dialogo non deve sottacere i conflitti, né immaginare - come diceva don Milani - di far parti uguali fra disuguali. In Palestina come in tutto il mondo arabo. Piuttosto significa avere il coraggio di mettere il dito nella piaga, farla sanguinare se occorre, darle aria e cura come si fa con le ferite. Perché con ferite, anche profonde, abbiamo a che fare. L'elaborazione del conflitto non è un ecumenico "vogliamoci bene". Non è nemmeno equidistanza, semmai "equiprossimità", ma sapendo che diversa è la condizione di chi chiude l'acqua da quella di chi ne rimane privo.

L'incontro del tardo pomeriggio è incentrato attorno alla figura di David Gerbi, persona dalle tante appartenenze, libica (la sua terra natale), ebraica (le sue radici familiari e religiose), italiana (la sua terra d'asilo). Ma soprattutto, cittadino del mondo. Di quella Terra che l'astronauta indica dallo spazio come "la mia patria". La "Terra patria" di cui parlava Edgar Morin in uno splendido libro di qualche anno fa. A conversare con lui siamo Erica Mondini, Micaela Bertoldi ed io.

Erica descrive il percorso di "Pace per Gerusalemme" nel porsi come soggetto di riconciliazione, pur nel sostegno alla sofferenza del popolo palestinese. Gerbi percorre la storia della sua vita, una storia del Novecento, zeppa di prove spesso dolorose e di un esilio che lo ha portato ad essere considerato straniero ovunque. Micaela propone altre narrazioni novecentesche, fra la Palestina e i Balcani, suggestioni di patrie immateriali e appartenenze sempre in divenire.

E infine tocca a me di riprendere la domanda: "Una o più patrie?". Per tentare una risposta cerco di parlare di questo tempo incapace di raccogliere i messaggi che vengono dalla storia, quella più vicina della Primavera araba come quella più lontana di un Novecento mai abbastanza elaborato e che si trascina nel nuovo secolo riproponendo le stesse tragedie e una fatica ancora maggiore nell'elaborarle. Una riflessione che avverto sentita e che mi riprometto di mettere su carta. C'è anche una risposta alla domanda del convegno: fra una o più patrie, preferisco sostare sulla soglia, che di volta in volta può essere un confine, una città, un fiume o anche semplicemente una porta di casa sempre aperta.

 

 

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