"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

11/07/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
Un\'immagine dello spettacolo teatrale
Manifattura Tabacchi di Rovereto. Un complesso industriale nato a metà dell'Ottocento per iniziativa dell'Impero Austroungarico che ne fece il suo maggiore "sigarificio" nonché il più grande opificio industriale del Trentino. Se inizialmente occupava 440 operaie, il numero dei dipendenti arriverà nei primi anni del Novecento a 1.400 unità e così sarà anche nel primo dopoguerra.

Generazioni di famiglie, di Borgo Sacco ma anche di Isera e Rovereto, hanno vissuto quel luogo come l'emancipazione da un contesto di povertà quando il lavoro della terra riusciva a malapena a sfamare la gente. Una storia operaia che ancora oggi sembra scolpita nelle pietre di una struttura imponente e che mantiene tutt'oggi la sua antica bellezza. Quelle mura rappresentano, insomma, un tratto della storia della nostra terra.

Dall'autunno 2008 l'antico opificio ospita Manifattura Domani, un ampio progetto di incubazione di iniziative imprenditoriali improntate in particolare alla green economy. Ma arriverà anche l'Università di Trento in un padiglione in corso di ristrutturazione e comincia ad essere uno spazio della città di Rovereto a tutto tondo. Quale luogo migliore, quindi, per ambientare la rappresentazione teatrale de "La Ginestra", la lirica con la quale Giacomo Leopardi nel lontano 1837 da Torre del Greco mise in guardia il suo tempo dalle lusinghe delle "magnifiche sorti e progressive"?

Qualche mese fa ho proposto a Michela Embriaco di Multiverso Teatro una pazza idea, quella di tradurre le parole straordinariamente evocative del "fiore del deserto" in una piéce teatrale da presentare in altrettanti luoghi paradigmatici del Novecento: ecco perché la Manifattura di Rovereto, le aree inquinate di Trento nord, l'ex ospedale psichiatrico di Pergine Valsugana. E un luogo simbolico del rapporto con la natura come il Muse realizzato laddove un tempo sorgeva la Michelin, non appena ne verrà data l'agibilità.

Il presidente di "Manifattura Domani" Gianluca Salvatori e l'assessore del Comune di Rovereto Fabrizio Gerola mi precedono nell'indicare al numeroso pubblico presente (circa 170 persone) tanto il valore evocativo del luogo e la condivisione rispetto alla scelta del Forum di declinare la pace attorno ad un tema cruciale come quello del limite. Proprio questo è il senso del mio breve intervento: un modo diverso e non rituale per parlare di pace, nella consapevolezza che proprio il limite è già la frontiera dei conflitti della postmodernità.

Per questo riflettere sul messaggio leopardiano diventa importante, così come sui nostri stili di vita che vanno radicalmente messi in discussione. Proprio ne La Ginestra il Leopardi criticava l'idea antropocentrica dell'uomo al centro del creato, da cui faceva scaturire l'appello alla solidarietà degli uomini in una lotta disperata contro la natura "matrigna" di cui la gentile e forte ginestra era il simbolo, per una convivenza fondata sul sentimento di fraternità che poteva nascere proprio dalla consapevolezza della nostra fragilità.

Un messaggio non facile che pure Tommaso Lonardi, Michela Embrìaco, Roberta Rigotto e Pierluigi Faggion di Multiverso Teatro interpretano al meglio. Immagini e parole che fanno riflettere e che pure lasciano inquieti gli spettatori, forse perché qui ad essere in gioco non sono solo le scelte dei governi ma un modello di sviluppo e di consumi che investe anche i nostri comportamenti quotidiani.

Perché intorno allo "sterminator Vesevo" oggi c'è un insediamento umano di qualche milione di persone, nonostante il vulcano non sia affatto spento, il carattere sismico dell'area, la follia di una cementificazione che ha reso ad alto rischio idrogeologico quel territorio.

Troverò il giorno appresso una forte analogia con l'idea infausta di realizzare un bacino per l'innevamento artificiale di sette ettari nel cuore di quelle Dolomiti che abbiamo riconosciuto come patrimonio dell'umanità. Una proposta, quella della Società di gestione delle Funivie Madonna di Campiglio, avvallata dagli uffici tecnici della PAT che appare come l'onda lunga della contestata scelta del collegamento Pinzolo - Madonna di Campiglio, assunta nel corso della passata legislatura ma contraddittoria con gli indirizzi assunti dall'assessorato all'ambiente e le stesse linee guida sul turismo della Provincia.

Ne parliamo in Consiglio Provinciale grazie ad una mozione del consigliere Roberto Bombarda che propone un orientamento negativo sull'opera, un documento (emendato e concordato con il vicepresidente Pacher) che viene votato a larghissima maggioranza per chiedere un ripensamento sulla proposta considerata una follia.

Era già accaduto anche all'inizio della legislatura quando - di fronte ad una delibera assunta nella prima riunione della Giunta provinciale sul collegamento San Martino/Passo Rolle - imponemmo una marcia indietro sugli impianti che avrebbero compromesso una delle aree più delicate e intonse come quella dei laghi di Colbricon. Rappresentò un segnale di svolta. Ma, evidentemente, niente affatto consolidata. L'espressione dell'assemblea legislativa provinciale assume il valore di un indirizzo inequivocabile, anche se ancora lontano da quell'urgente cambio di cultura politica che ci dovrebbe mettere al riparo da nuove incursioni della lobby degli impiantisti.

Ecco il senso del limite, la misura del futuro.  

 

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