"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

13/07/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
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Sono giorni intensi di lavoro. Mi viene da sorridere al pensiero che qualche giornale poco tempo fa titolasse in prima pagina sui due mesi di vacanza dei consiglieri provinciali. Certamente dipende anche da come ciascuno interpreta il proprio mandato, ma per quel che mi riguarda è difficile pure ritagliarsi uno spazio per il diario di bordo. Tanto che utilizzo questo fine settimana per scrivere, disertando qualche appuntamento che pure avrei voluto seguire.

Tre giornate di aula consiliare all'insegna di mozioni e disegni di legge che proseguiranno la prossima settimana fino a completamento dell'ordine del giorno, con sedute fino alle otto di sera e con l'ipotesi di andare anche a venerdì. Il clima in Consiglio provinciale, tanto per cambiare non è dei migliori, i toni sono quelli di una campagna elettorale permanente nonostante manchi ancora quasi un anno e mezzo alla scadenza della legislatura.

A rendere incandescente la situazione ci sono i tagli che il governo Monti intende imporre alle regioni italiane, comprese quelle a statuto speciale in aperta violazione delle norme di autogoverno che pure qui hanno valore costituzionale. La proposta di autonomia integrale fatta dalle Province autonome di Trento e Bolzano, ovvero l'assunzione di ogni residua competenza e dunque della spesa sostenuta dallo Stato italiano sui nostri rispettivi territori oltre alla quota del 10% delle entrate fiscali destinate alla sussidiarietà nazionale, a quanto pare non è sufficiente. Altre strade (riforma degli incentivi sugli investimenti, iter più rapidi per autorizzazioni e pagamenti, snellimento della burocrazia...) il Governo provinciale le sta studiando per attrezzare l'autonomia ad un futuro prossimo particolarmente incerto.

Anche per questo appare sconcertante che la scure dei tagli governativi, oltre a ledere i principi di autogoverno, si abbatta a prescindere dall'analisi delle situazioni specifiche, degli sprechi o del carattere virtuoso nella gestione dei servizi e delle risorse dei territori. Il valore dell'autonomia come risposta alla crisi non sembra proprio avere la minima cittadinanza nel panorama politico nazionale. Su questo, mi spiace dirlo, l'insensibilità è trasversale.

La mia sensazione è che la politica arranchi proprio nella capacità di darsi nuovi orizzonti e pensieri. Penso alla cultura del limite, al pensiero autonomistico, all'approccio sovranazionale ed europeo, alla nonviolenza. Quando abbiamo dato vita al PD si guardava a nuove sintesi capaci di riprendere le migliori tradizioni di pensiero e di andare oltre: che ne è di tutto questo? Chi si ricorda di quella Carta dei valori che rappresentava l'avvio di un nuovo percorso culturale e politico?

In questa fatica di coniugare pensiero e politica non siamo soli. Se la stessa primavera araba arranca è in primo luogo per questo. Figuriamoci laddove la primavera non è nemmeno all'orizzonte. Di autonomia e di democrazia economica parliamo nell'incontro fra il presidente della PAT Lorenzo Dellai e il Ministro del lavoro (e dell'agricoltura) dell'Autorità Nazionale Palestinese che si svolge giovedì mattina prima della ripresa dei lavori consiliari. Nell'incontro, che rientra nel percorso avviato lo scorso anno con l'ANP nel campo dell'agricoltura e del credito, non si parla di solidarietà ma di relazioni, di opportunità che queste possono aprire in ogni campo, da quello economico a quello dello scambio di esperienze sul piano dell'autogoverno e della valorizzazione delle reciproche unicità. Quando capiremo che le relazioni internazionali non sono carità sarà sempre troppo tardi...

Quando la smetteremo di considerare il territorio come localismo? Quando sapremo mettere in campo le nostre risorse autonomistiche per costruire partnership virtuose fra territori? Quando sapremo davvero investire sull'Europa costruendo un vero dipartimento in grado di intercettare le straordinarie opportunità che alla cultura, alla ricerca, alla cooperazione economica quella pur malconcia Europa sta già offrendo a chi lo sa vedere? E che cosa c'entrano con tutto questo gli schützen e i missionari. Proprio non ci siamo.

La miopia, la ricerca del facile consenso, l'inconsistenza della politica... mi amareggiano profondamente. Il fatto è che i processi di cambiamento culturale sono troppo lenti rispetto ad una realtà in rapida trasformazione. Il silenzio del pensiero è davvero strabiliante. Scorro le prime pagine dell'ultimo libro di Martha Nussbaum "Creare Capacità" (il Mulino), pensiero fervido del nostro tempo che pone in questo saggio il problema di liberarsi dalla dittatura del PIL, ma mi cadono le braccia quando ancora leggo la riproposizione di categorie che ormai non riescono a descrivere più il mondo in cui siamo. Se il pensiero è fermo, difficile immaginare che la politica sappia esprimere nuove chiavi di lettura.

Vale per la politica, ma non solo. La crisi, infatti, non è solo della politica. La crisi investe ogni segmento di questo difficile passaggio, fra un passato il cui peso specifico è stato gigantesco (il Novecento) e che pure non abbiamo ancora elaborato (e che per questo non passa), ed un futuro che ancora non sappiamo immaginare perché è la tecnica a scandirne le forme. In questa contraddizione, siamo immersi.

Mentre perdiamo un sacco di tempo in stupidaggini, rottamazioni e regole, senza comprendere che il ricambio nasce in primo luogo dall'elaborazione della storia (anche quella più recente), qualcuno compra il futuro, dalla terra al cloud, la nuvoletta immateriale della conoscenza.

Magari per ritrovarci, in assenza di futuro, nell'incubo del passato. Come leggere diversamente l'annuncio del ritorno in campo di Silvio Berlusconi?

 

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