"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

18/07/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
Quarto potere

Fare una legge costa fatica. Studio in primo luogo, coinvolgimento di persone che conoscono bene la materia, comparazione con la legislazione di altre regioni e paesi, elaborazione del testo (penso che l'ultima sarà stata la centesima versione), nel caso in questione comporta persino un percorso di alfabetizzazione se consideriamo che il "divario digitale" investe il palazzo almeno quanto la società. E poi capacità di mediazione, relazioni che si basano sulla fiducia, pazienza.

In ballo in questo caso c'erano anche notevoli interessi economici, ovvero i profitti milionari delle multinazionali del software proprietario, che non stavano certo a guardare. So di altre regioni dove le lobby hanno costruito maggioranze a sé favorevoli pur di fermare i processi migratori verso il software libero e anche qui, in qualche modo, ci hanno provato.

Quando poi s'impone la necessità di innovazione e di cambiamento è piuttosto frequente trovarsi ad avere a che fare con resistenze che riguardano le abitudini quotidiane, le consuetudini, la scarsa curiosità di esplorare i nuovi confini della conoscenza.

Infine la consapevolezza che i cambiamenti richiedono una loro processualità, sul piano culturale prima ancora che amministrativo.

Così quel che nella scorsa legislatura sembrava impossibile, oggi lo è stato. Quella che approviamo nella tarda mattinata di mercoledì 18 luglio 2012 è una legge importante. Non perché sono io ad affermarlo, ma perché è destinata a cambiare molte cose nel funzionamento della pubblica amministrazione come negli altri segmenti della nostra comunità.

Dopo l'approvazione in aula, una giornalista mi chiede di spiegare in parole semplici che cos'è il software libero e di farlo in estrema sintesi per la televisione. Gli rispondo pressappoco così.

Quando parliamo di software libero e di open source pensiamo di avere a che fare con chissà quali marchingegni elettronici complicati, ma in fondo le cose sono più semplici di quel che appare. Ciascuno di noi ha a che fare con un personal computer e usa dei programmi. Questi programmi possono essere a licenza proprietaria o libera. Nel primo caso li paghiamo comprandoli
dai grandi network che ne curano l'aggiornamento periodico (in genere con un costo accessorio), i linguaggi e i dati che vengono usati sono chiusi e immodificabili, tant'è vero che il materiale in archivio diventa progressivamente inservibile. Nel caso delle licenze open source, i programmi sono scaricabili gratuitamente, sono modificabili e adattabili alle esigenze specifiche, i soggetti che ci lavorano possono essere del territorio e avere conoscenza delle specificità, dunque favorire la creatività e le professionalità locali. I dati sono accessibili e costituiscono un bene comune. Tutto qui?

No, per la verità. Perché ieri abbiamo approvato un testo che dà organicità al sistema informativo elettronico trentino, connette questo sistema agli investimenti operati sul piano della banda larga e alle scelte che andremo a fare sul piano dell'archiviazione dei dati (Polo archivistico).

Le implicazioni che vengono con questa legge che mi vede come primo firmatario sono in realtà moltissime. Sono di natura culturale, organizzativa ed economica. Il problema è che l'assemblea legislativa provinciale un po' fatica a comprenderlo, anche se nelle dichiarazioni finali in aula ho la percezione che l'iter della legge qualche effetto di alfabetizzazione l'abbia già ottenuto. Lo dico anche per me che in questo anno e mezzo sono entrato in contatto con un mondo che prima consideravo lontano dalle mie corde, scoprendo di giorno in giorno il valore strategico di questo nuovo fronte della libertà e della democrazia.

Se lo si percepisse anche in Rai non sarebbe male, visto che di questa nuova legge quadro provinciale che spazia dalla banda larga al telelavoro, dal software libero ai dati aperti, dalle forme di migrazione da un sistema all'altro fino ai meccanismi di partecipazione e controllo, non ne fa nemmeno una parola.

Forse perché si rendono conto che il "quarto potere"  con internet è destinato ad essere profondamente ridimensionato. "Con internet, questa cosa di proibire è finita" e con essa, aggiungo io, anche quella di tacere o distorcere la verità. Questa almeno è la frontiera, anche se sappiamo bene quanto le mani dei potenti network internazionali cerchino di mettere sotto controllo la rete.

Per questa ragione, una legge come quella approvata ieri in Consiglio Provinciale è importante, per certi versi decisiva. Possiamo far finta di non vederlo, oppure non citare chi ne è stato il promotore, le miserie del "quarto potere" appunto, per orientare la politica e l'opinione pubblica in un certo modo anziché in un altro, ma pazienza.

Come si diceva nel '68? Ah sì... una risata vi seppellirà.      

 

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