"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

20/07/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
Franco Dalvit

Franco Dalvit ci ha lasciati il 20 luglio 2002, dieci anni fa. Con l'angoscia di salutare per l'ultima volta Rosanna, Silvia e Giorgio, ma con la serenità di aver vissuto con pienezza quei cinquant'anni che la vita gli aveva donato. Quella stessa serenità che mi trasmetteva quando lo andavo a trovare e che continuo a portarmi dentro quando penso allo scorrere del tempo e alla limitatezza della nostra esistenza. Che pure facciamo fatica ad imparare se è vero che poi cediamo al delirio che ci prende nell'esercizio dei ruoli.

Franco era uno di noi. Di quella generazione che, a partire dagli anni '70, ha avuto il privilegio di prendere nelle sue mani il presente e il futuro. Al ritorno da Bologna dove aveva lavorato all'inizio del suo percorso professionale nelle Ferrovie dello Stato, il suo impegno nel sindacato e nelle Acli s'incontrò quasi naturalmente con quello di DP del Trentino e poi di Solidarietà. Il suo rigore lo portava ad essere sempre attento e mai sopra le righe, come se ogni volta si dovesse convincere dell'opportunità di una scelta o di una posizione. Come scrisse Giorgio Rigotti nel ricordare la sua figura, "Franco aveva quella radicalità che è antidoto all'estremismo". Non era di molte parole, ma la sua opinione pesava sulle scelte collettive.

Anche nella sua comunità, Gardolo, Franco godeva della massima stima e considerazione e questo nonostante la sua appartenenza politica (e il pregiudizio che ne veniva) non lo agevolasse di certo nel suo impegno nella Circoscrizione. Perché quelli erano anni in cui quel processo di scomposizione e ricomposizione politica che poi abbiamo conosciuto ancora non s'era affermato e collocava Franco all'opposizione. Poi rimescolammo le carte e a Franco questa nostra scelta collettiva, oltre ad esserne protagonista, risultava molto congeniale. Perché lui era proprio così, esigente ed unitario, rigoroso e aperto al dialogo.

Quando sopraggiunse la malattia, Franco provò a combattere ma poi accettò che il suo percorso sarebbe volto al termine. Era orgoglioso dei suoi figli e innamorato di Rosanna, non aveva nulla da rimpiangere per quanto aveva dato all'impegno per la sua comunità. Franco, la sua impronta su questo mondo l'aveva data e questo gli bastava. E così, nel caldo di una estate sul terrazzino di casa, Franco salutò Rosanna come a darsi appuntamento altrove.

Ho ritrovato quella stessa serenità nel pomeriggio di venerdì, dieci anni dopo. Franco nel frattempo è diventato nonno, Silvia e Giorgio hanno scelto le loro strade, Rosanna ha ripreso a vivere... Alla festa in ricordo di Franco alla malga Brigolina non c'è retorica, ma la felicità del ritrovarsi lungo lo svolgersi delle esistenze, accompagnato dalla musica e anche da un primo concretizzarsi di quel progetto che proprio nel nome di Franco avviammo in Palestina alla ricerca degli antichi vitigni di Cana.

Nello stringersi di Rosanna, Silvia e Giorgio in un dolce abbraccio, circondati dai tantissimi amici che portano Franco nel cuore, possiamo "vedere le cose che rendono bello essere qui".

 

1 commenti all'articolo - torna indietro

  1. inviato da vincenzo calì il 23 luglio 2012 12:02
    caro Michele,
    poche parole,in omaggio a Franco Dalvit, riprese da una lettera che Anna Maria scrisse dieci anni fa a Silvia Dalvit, che era stata una delle sue migliori allieve alle medie di Gardolo e con cui negli anni successivi era rimasta a lungo in corrispondenza: " Ora vi rimane il ricordo dolcissimo e intenso di una persona che ha saputo essere davvero Padre e trasformare anche la sua morte in un'occasione di insegnamento per la vita"
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