"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

03/08/2013 -
Il diario di Michele Nardelli
Vecchio porto di Trieste, il silos n.25

Finita la discussione sulla finanziaria, dovrebbe iniziare la pausa estiva. Per me non sarà così. In effetti  avverto il bisogno di staccare almeno per qualche giorno, ma proprio non ci riesco. Troppo forte l'incertezza di questo passaggio, troppa la preoccupazione per le sorti non solo del PD del Trentino ma della nostra autonomia.

Per la prima volta in questi mesi ho la percezione che quel che è accaduto a Pergine Valsugana qualche mese fa possa in qualche modo accadere a livello provinciale. Che la fragilità e l'autolesionismo del PD possa avere effetti pesanti sull'insieme della coalizione. Che la candidatura di Mosna da parte del centrodestra mascherato da liste civiche possa avere un effetto moltiplicatore della crisi di fiducia verso i partiti nazionali. Che quella parte di DC che non ha seguito Dellai in un percorso ancorato al centrosinistra, riesca a ricompattare il vecchio partito degli affari insieme ai transfughi della Lega, di AN e i Forza Italia.

Sarebbe davvero imperdonabile se l'anomalia politica che il Trentino ha rappresentato per quindici anni, orfana di Dellai e Pacher, non fosse in grado di raccogliere il testimone e di superare la soglia del 40% dei consensi per avere il premio di maggioranza. O che a questo si arrivasse con una sinistra della coalizione in posizione di marginalità.

Porto questa mia preoccupazione al colloquio con la Commissione Elettorale del PD del Trentino. Perché la diversità del Trentino che ho descritto nel mio intervento in dissenso con quello del capogruppo Zeni (che trovate nella home page con il titolo "Oltre il profilo di quelle montagne...") non ha saputo diventare patrimonio consolidato nella nostra gente. Che vota con l'occhio rivolto a quel che accade sul piano nazionale, che non sempre ha elaborato il valore della nostra autonomia, che talvolta ha avuto un atteggiamento di sufficienza verso i nostri partner e immaginato l'autosufficienza del PD. Non mi stancherò mai di ricordare che il PD in Trentino ha percentuali di consensi generalmente inferiori a quelli nazionali e che se questa anomalia politica si è realizzata lo si deve al fatto che qui si è sperimentato un quadro politico originale dove, accanto al PD (e ad un PD che aveva saputo raccogliere percorsi anche molto diversi da quelli nazionali) c'era un popolarismo ed un autonomismo veri che si sono sentiti più vicini alla sinistra che al berlusconismo.

Per vincere le elezioni bisogna raccontare il Trentino ai primi posti delle graduatorie del benessere sociale, le cose che abbiamo saputo fare in questa legislatura e in quelle precedenti, il contributo legislativo e politico che il PD ha portato. Snocciolo queste cose e mentre lo faccio penso fra me che una buona parte del PD non sa quel che abbiamo realizzato. E poi bisogna dar vita ad una lista fatta di persone che questa diversità l'hanno saputa interpretare nel loro impegno professionale, politico, sociale ed istituzionale. Trentacinque persone che diano credibilità alla proposta del PD e della coalizione tutta.

Non tralascio nemmeno alcune considerazioni critiche sul lavoro del nostro gruppo consiliare (tanto lavoro individuale, scarso lavoro collettivo), dei circoli (che non hanno saputo/voluto capitalizzare il lavoro legislativo del gruppo), del fatto che il partito ha lavorato più rispondendo alle scadenze e alle emergenze che per una sua capacità di darsi un'agenda politica propria. Mi piacerebbe ne uscisse un minimo di confronto, ma non è così. Sono probabilmente io ad essere fuori dal tempo.

La settimana finisce qui? Neanche per sogno. Sabato mattina 3 agosto, una di quelle giornate che si ricordano per il caldo e per il bollino nero sul traffico autostradale, parto di buon mattino per Trieste con Giuseppe Ferrandi, direttore della Fondazione Museo Storico del Trentino e amico, dove ci attendono per un incontro dedicato alle iniziative che vorremmo mettere in campo in occasione del centenario sulla grande guerra affinché questo non diventi un'insopportabile esercizio di retorica.

A Trieste ci incontriamo con l'assessore regionale alla cultura Gianni Torrenti, il consigliere regionale Franco Rotelli (psichiatra, per anni braccio destro di Franco Basaglia) e il giornalista Piero Del Giudice. L'idea è molto affascinante: unire Trento e Trieste in una riflessione che, a partire dalla prima guerra mondiale, ci porti a parlare di un Novecento che nasce e muore a Sarajevo. E di farlo con una mostra d'arte contemporanea delle opere realizzate durante l'assedio di Sarajevo degli anni '90 che vorremmo realizzare a Trento nel giugno 2014 e a Trieste nell'ottobre successivo.  

Nella città di Claudio Magris c'è un caldo soffocante, la colonnina di mercurio segna 41 gradi. La discussione è proficua, l'approccio condiviso e l'intesa facile. Che le nostre regioni si triangolino con la città martire di Sarajevo nel celebrare l'anniversario dello scoppio della prima guerra mondiale, mi sembra davvero un'idea molto bella. Uno sguardo rivolto al passato ma declinato al presente.

Franco Rotelli ci accompagna a visitare l'area espositiva che hanno pensato per questa occasione. E' un padiglione del vecchio porto di Trieste e rimango di stucco nel vedere i grandi edifici che costituivano i magazzini del vecchio porto. Mi vengono alla memoria le parole di Marisa Madieri nel racconto "Verde acqua" ambientato proprio in uno di quei magazzini, il silos di quando ragazza si trovò sfollata proprio lì con la sua famiglia istriana.

Vedere ora quei palazzi abbandonati in uno dei lungomare più belli fa arrabbiare. Quasi un insulto per la gente che vi ha lavorato, per quelli che hanno conosciuto l'onta del profugo guardato di sbieco da tutti, quelli che li consideravano fascisti e quelli che li vedevano come un ingombro. Uno di questi palazzi, il numero 25, è stato ristrutturato qualche anno fa: è una splendida combinazione di pietra e ghisa, uno stile inizio novecento che ti racconta tante cose, ma è vuoto perché l'amministrazione non sa cosa farne ma soprattutto non ha i soldi per pagare la gente che lo dovrebbe gestire. Penso al Trentino, alla nostra diversità, al valore della nostra autonomia, al "progettone"... a proposito del dibattito di questi giorni sull'anomalia che i trentini stentano a comprendere.

Quando rientriamo da Trieste è ormai tardi per passare alla festa del Café de la Paix che da lunedì chiude per il mese di agosto. Sono lì con il pensiero, con la gioia di aver contribuito a ridisegnare la città e con la fatica di cambiare lo sguardo arido della burocrazia. E la speranza che da settembre il confronto diventi dialogo e crescita per tutti.

 

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