"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

31/08/2013 -
Il diario di Michele Nardelli
Un momento della conferenza stampa con Saadi Brahmi

Non vi nascondo la preoccupazione per quel che potrebbe accadere nelle prossime ore in Siria e in tutta la Mezzaluna fertile del Mediterraneo. La spirale di un intervento armato sembra non conoscere ostacoli e Barack Obama il lontano parente di quello che incontrando i giovani all'Università del Cairo nel giugno del 2009 parlò di un "nuovo inizio" nella politica nordamericana. Ad ascoltare in queste ore gli esponenti della Casa Bianca sembra di ritornare indietro di almeno un decennio.

Arriva quasi inaspettata la posizione del Parlamento inglese che dice no ad un intervento armato in assenza di un mandato delle Nazioni Unite e questa è anche la posizione espressa dal Governo Italiano. Ma, ancora una volta, l'Europa manca l'appuntamento e va in ordine sparso, evidenziando la propria ininfluenza rispetto alle scelte degli USA. Prima la Francia, a
testimoniare come sul tema della pace gli orientamenti politici dei governi s'intreccino trasversalmente.

Dal globale al locale. Il pensiero va all'incontro di lunedì scorso sul programma quando ho posto l'attenzione al fatto che gli orientamenti dell'elettorato trentino potrebbero venir condizionati dal contesto nazionale ed internazionale nel quale ci troveremo nei prossimi mesi. Ma avverto distanze profonde fra il mio sentire e quello della quasi generalità dei miei
interlocutori. Come se il concetto di interdipendenza proprio faticasse ad entrare nel cuore pulsante della politica. Quando arriveranno migliaia di profughi con le carrette del mare, di fronte cioè all'emergenza umanitaria... forse per un attimo ci si accorge che forse sarebbe stato il caso di occuparci dei contesti di crisi con approcci diversi e preventivi. Ma poi tutto rientra
nella normale opacità.

Alcune delle persone che incontro in questi giorni mi chiedono che cosa si dovrebbe fare di fronte al dittatore che usa le armi chimiche contro la sua gente. E così tutto si riduce alla risposta da dare nell'emergenza e quando dici che no, l'intervento armato altro non fa che aggravare la situazione, si passa per essere insensibili di fronte alle immagini dei bambini ammazzati con i gas tossici. Era la stessa cosa vent'anni fa in Bosnia Erzegovina o in Libia lo scorso anno. Come non comprendere che l'approccio emergenziale è una sorta di abdicazione della politica...

Non ci sto. Intendo rifuggire da questo approccio che elude i nodi del conflitto. Ci siamo forse dimenticati che in Siria per un anno e mezzo le manifestazioni erano nonviolente e di massa, nonostante la dura repressione del regime? Non la guerra santa delle milizie jihadiste contro la casta militare alawita. Ma la primavera è stata lasciata sola, mentre i paesi esportatori d'armi (Italia compresa) armavano gli eserciti e le milizie.

"Le armi arrivano dalla Libia in Tunisia ad armare i fondamentalisti che hanno assassinato mio fratello" mi dice Saadi Brahmi, portavoce in Italia del partito "Corrente popolare" e fratello del professor Mohamed Brahmi membro della Costituente tunisina, ucciso a Tunisi il 25 luglio scorso con quattordici colpi di arma da fuoco sulla soglia di casa. Partecipo alla conferenza stampa per far sentire all'amico Saadi la mia solidarietà, per dire che no, le primavere arabe non possono finire schiacciate fra i vecchi regimi nazionalisti e i fondamentalismi religiosi e, infine, per esprimere tutta la mia preoccupazione verso un intervento armato occidentale che avrebbe come esito un'ulteriore destabilizzazione di una vasta regione che va dall'Algeria all'Afghanistan. Temi che riprendo nel commento che scrivo per uno dei quotidiani locali e che posterò a breve su questo blog.

Tutti abbiamo la consapevolezza di un mondo interdipendente, ma poi facciamo fatica ad associare il futuro della nostra terra con la necessità di una visione globale. Anche quando parliamo di internazionalizzazione, pensiamo a come piazzare le nostre aziende su altri mercati immaginando una competitività che un po' mi fa sorridere. Per essere competitivi occorre infatti sviluppare unicità dei prodotti e relazioni durevoli, fondate sulle reciprocità, sulla storia, sulle aree di migrazione, mettendo in campo le esperienze di autogoverno e le eccellenze dei territori. Ne parlo con gli amici che in questi giorni sono stati contattati dal governo venezuelano per avviare un'attività di assistenza tecnica con la Fondazione Mach per lo sviluppo agroalimentare. Quella che abbiamo inaugurato con l'accordo in campo agroalimentare fra il Trentino e la Palestina è una strada straordinariamente interessante che andrebbe coltivata e sulla quale investire. Presuppone quella visione territoriale e sovranazionale di cui abbiamo parlato nella summer school di Mezzocorona.

L'innovazione e la ricerca, in questo senso, diventano opportunità in vari campi sui quali il Trentino avrebbe qualcosa da dire. Ne parlo in coda all'assemblea cittadina del PD con alcuni ricercatori che vorrebbero portare il loro contributo nella definizione del programma in vista delle elezioni di ottobre. Ci accordiamo per vederci a breve e forse è questo l'aspetto più interessante di un incontro sì partecipato ma che si trasforma in una carrellata un po' noiosa dei possibili candidati cittadini. Quasi non avessimo nulla da dirci.

A proposito di "summer school". Fausto Raciti mi dice che sono rimasti entusiasti dell'esperienza realizzata in Trentino, che i ragazzi trentini che ha conosciuto sono davvero molto bravi, che bisogna proseguire su questa strada. Conveniamo che l'approccio euromediterraneo dovrebbe portarci a breve a mettere in campo piattaforme virtuali e relazioni vere, e che la
mozione territorialista potrebbe diventare un importante contributo congressuale.

Lunedì prende il via a Bolzano una settimana impegnativa sotto il profilo istituzionale (tre giorni di Consiglio provinciale). E sempre lunedì (ore 18.00) a Palazzo Trentini presentiamo la mostra fotografica dedicata ad Andrea Zanzotto. Un piccolo omaggio al grande poeta che ha saputo raccontare come nessun altro lo spaesamento, che due anni fa ci ha lasciati. Nella
speranza che una nuova guerra non renda tremendamente inutili le nostre parole.

 

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