"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Migrazioni

Prima che sia troppo tardi.
foto di Luigi Ottani

di Michele Nardelli

(28 settembre 2021) Che il mondo della società civile e del volontariato s'interroghi sul proprio tempo e sul senso del proprio agire non è affatto scontato, anzi. Lo dovrebbe essere, certo, ma nel rincorrere le situazioni di emergenza sulle quali tende ad essere piegata una parte importante dell'associazionismo prevale la tendenza a dare risposte immediate e una progettualità funzionale ad intercettare bandi (finanziamenti) tendenzialmente corrispondenti all'orientamento dei decisori politico-istituzionali.

Nel delirio del fare, nel pragmatismo senza pensiero, nel prendersi cura senza andare alle radici dei conflitti e dell'esclusione, possiamo leggere uno degli effetti del malessere che investe la nostra società.

Andare alla radice significa mettere in discussione poteri consolidati che dalle diseguaglianze e dall'utilizzo irresponsabile delle risorse traggono profitti e privilegi. Insomma bisogna cambiare ed essere visionari, perché quello che abbiamo non è affatto il migliore dei mondi possibili.

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Da comunità che sostengono a comunità sostenibili
desertificazione

Settima edizione della Settimana dell’Accoglienza (25 settembre - 3 ottobre 2021)

"Da comunità che sostengono a comunità sostenibili"

di Claudio Bassetti *

Una nuova Settimana, la settima.

Un appuntamento significativo, per le realtà che lo promuovono, lo animano, lo frequentano, e per la comunità regionale stessa. Che ne viene investita e alla quale vengono rinviate le domande che noi ci poniamo e presentate le risposte che tentiamo di dare.

Perché la Settimana è questo: una occasione per ri-tessere fili, relazioni, legami, connessioni, quanto mai importanti ora, in momento di ripartenza ma anche di smarrimento; come re-iniziare, portandoci la lezione della pandemia, per un nuovo cammino, per un nuovo modo di stare insieme, per mettere al centro le persone “come soggetti portatori di diritti inalienabili e non come consumatori, come cittadini responsabili e non come individui alla ricerca del proprio particolare”. Non è facile pensare a come ridefinire oggi relazioni, spazi di vita, rapporto con l’ambiente, ma ci proviamo, sia sul piano della elaborazione che su quello della pratica quotidiana, dentro le nostre realtà, dentro le comunità grandi e piccole della nostra regione.

In questa settima edizione al centro vogliamo porre la questione ambientale. E la vogliamo affrontare puntando, con una prospettiva particolare, oggi, crediamo, ineludibile. Una prospettiva che mette l’attenzione sugli aspetti legati all’inquinamento, al consumo delle risorse, alle distruzioni ambientali, al riscaldamento globale, ma che si connette fortemente con le questioni legate alla giustizia sociale, alle povertà, alle esclusioni per arrivare alla questione nodale, quella del modello economico ed alla sfida dell’economia solidale circolare.

 

L'abisso.
aprile 2021

«Tempi interessanti» (113)

Un tragico paradosso. E' quel che accade in queste ore lungo il limes spazio temporale che attraversa l'Europa e il Mediterraneo. O, se si vuole, attorno alla faglia dell'indifferenza e dell'ipocrisia. Perché mentre nel Parlamento Italiano si discute sul Next Generation EU e più precisamente sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, centinaia di persone affondano le loro speranze di futuro nel Mediterraneo. ... 

Ma che cosa c'entra questa ennesima tragedia del mare con la Next Generation EU? E' forse l'Europa fortezza quella che immaginiamo per le generazioni a venire? Il diritto al futuro è solo quello di chi vive nella parte settentrionale del Mediterraneo? Come non capire che nell'interdipendenza i crimini che si consumano dall'altra parte del mare (e dei quali siamo spesso responsabili) ci ricadranno addosso, come del resto già avviene anche se ancora in minima parte? E, infine, come si può essere così miopi da non comprendere che le crisi di cui la sindemia è l'esito non si affrontano, e tanto meno risolvono, dentro i confini dei vecchi stati nazionali? ...

Dal libro dell'esodo
La prima di copertina

AA.VV.

Dal libro dell'esodo

Piemme edizioni, 2016

 

Un esodo dei nostri giorni: quello dei migranti. Che avviene quotidianamente, sotto le telecamere di tutto il continente. Una fuga da guerre e povertà di centinaia di migliaia di persone che, però, trova il passo sbarrato da un'Europa impreparata, intimorita, pronta ad innalzare muri e fili spinati. Un viaggio che porta la guerra e il dolore fin dentro il cuore d'Europa e che l'artista multidisciplinare Roberta Biagiarelli, con la sensibilità e l’attenzione acquisite attraverso l’esperienza del teatro storico sociale, e il fotografo Luigi Ottani, con lo sguardo empatico e penetrante di chi cattura attimi di storia, hanno documentato in un reportage intenso ed emozionante, una pubblicazione, in uscita il 27 settembre, dal titolo "Dal libro dell'esodo" (Piemme Edizioni, pp. 256, € 17,50).

Il volume, progetto sostenuto fin dall'inizio dal Comune di Modena, nasce dall'esperienza del viaggio che Biagiarelli e Ottani hanno realizzato, nell'agosto 2015, sul confine greco-macedone: una settimana di cammino, fianco a fianco con i migranti, lungo i binari tra Gevgelija, in Macedonia, e Idomeni, in Grecia. Il libro si arricchisce dei testi della parlamentare europea Cécile Kyenge, del giornalista e scrittore Paolo Rumiz, del ricercatore e saggista Michele Nardelli, dello studioso del Novecento e regista Carlo Saletti e del giovane storico italo-siriano Ismail Fayad. Donne e uomini di confine che sono stati coinvolti nel progetto editoriale così da fornire maggiori strumenti di comprensione e chiavi di lettura del fenomeno.

Naufraghi nella neve. Una nuova disfatta europea?
File di profughi nell'inverno di Bihac

«Tempi interessanti» (111)

C'è una tragedia che da mesi si consuma al confine con l'Unione Europea. Almeno duemila persone vagano nella neve, fra boschi e ruderi di vecchi combinat industriali nei dintorni delle città di Bihac e di Velika Kladusa, in Bosnia Erzegovina, alla ricerca di un varco per entrare in Croazia e da lì andarsene il prima possibile verso una nuova speranza di vita. In realtà si tratta di un frammento di quell'esodo che da anni viene chiamato “rotta balcanica”, a sua volta una delle tante rotte che percorrono i migranti nel cercare scampo da guerre, crisi climatiche, povertà estreme, regimi totalitari o semplicemente rispondendo all'istinto umano di cercare di migliorare la propria esistenza... 

... In situazioni normali la società civile avrebbe messo in moto carovane, come già avvenne in questi stessi luoghi negli anni '90. Ma in queste ore l'unico soggetto che può sbloccare questa situazione è quel che resta di un'Europa politica che ha l'obbligo morale prima ancora che politico di costringere la Croazia ad una moratoria per riaprire le frontiere e i paesi dell'Unione a porre fine alla pratica insopportabile dei respingimenti che con ipocrisia chiamano “riammissioni”...

Migranti, rappresentazione e partecipazione
Foto di Luigi Ottani

di Adel Jabbar

Migranti identità e altrove

L’abbandono del luogo d’origine da parte dell’immigrato non è soltanto fisico, giacché egli è anche costretto ad allontanarsi dal suo vissuto quotidiano, e quindi a decodificare il bagaglio di conoscenze, pratiche e consuetudini interiorizzate e adatte a vivere nel proprio paese, per rimpiazzarle, il più velocemente possibile, con nuovi codici di riferimento funzionali all’inserimento nel paese di arrivo. D’altra parte il distanziamento dalle origini rimane parziale, poiché permane l’attaccamento affettivo, emotivo, che induce nostalgia, tanto da amplificare l’estraneità rispetto alla realtà in cui si inserisce. Né d’altra parte sono facilmente e immediatamente acquisibili le nuove conoscenze, le nuove regole, le nuove abitudini e tale difficoltà di inserimento comporta una condizione di marginalità che si delinea sostanzialmente secondo tre caratteristiche. Si tratta infatti di un individuo che:

a) viene da altrove, un altrove geografico, culturale, politico e linguistico;

b) viene dal basso ovvero da una condizione di debolezza socio-economica che rappresenta di per sé un ostacolo all’inserimento e alla partecipazione, anche in ragione del venir meno di una rete di relazioni sociali;

c) non possiede una titolarità formale dei diritti di cittadinanza, condizione che limita fortemente la capacità di negoziare i propri bisogni o anche di contare su qualche forma di rappresentanza, diversamente da altri soggetti deboli ma appartenenti per nascita a questa società.

Tuttavia questa condizione di doppia appartenenza innesca nell’immigrato un particolare processo identitario. Dal continuo rapporto dialettico fra la sfera della memoria, che rappresenta il vissuto passato e quindi il punto fermo di un percorso, e la sfera progettuale, ovvero la dimensione del divenire legata al ‘fare’, al movimento, si genera una peculiare esperienza, un tentativo di coniugazione fra due possibili modi di essere, che induce una continua alternanza identitaria. Si tratta di un delicato e sempre precario equilibrio, entro il quale incidono profondamente determinati fattori, che possono accelerare o rallentare il processo di inserimento. Questi fattori sono riconducibili sia a variabili ‘indipendenti’, come il genere, la provenienza geografico-culturale, il grado di istruzione, sia a condizioni acquisite, come l’inserimento nel mondo del lavoro, la qualità e il tipo di accoglienza. 

Un appello per regolarizzare il lavoro dei migranti nell'agricoltura
Migranti al lavoro

LETTERA - APPELLO APERTA

 

al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella -

al Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte

ai Ministri dell’Agricoltura, del Lavoro, dell’Interno, della Salute e del Sud



Agire subito per tutelare la salute dei migranti costretti negli insediamenti rurali informali e nei ghetti”


L'Italia è alle prese con una grave emergenza sanitaria. La pandemia di Covid-19 mette a dura prova il Paese, l’Europa e il pianeta nel suo complesso. Una drammatica situazione che richiede un impegno straordinario ad ogni livello della società, dalle istituzioni ai singoli. Oggi abbiamo più che mai bisogno tutti di fare riferimento ai principi di giustizia sociale e solidarietà insiti nella Costituzione per fare fronte a una minaccia inedita.

Come rappresentanti dei sindacati, organizzazioni del terzo settore impegnate nel campo dell'ecologia, della tutela dei diritti umani, sociali e civili, esprimiamo profonda inquietudine e sentimenti di estrema preoccupazione per le migliaia di lavoratori stranieri che abitano nei tanti ghetti e accampamenti di fortuna sorti nel nostro Paese. Molti di loro sono impiegati nel settore agricolo, più che mai indispensabile per la sicurezza alimentare della cittadinanza e la tenuta collettiva.

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