«Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani»<br/> Manifesto di Ventotene
di Francesco Prezzi
(25 maggio 2012) Nella trasmissione di Rai 3 Linea Notte di venerdì 23 maggio, ho avuto il modo di ascoltare le tue riflessioni sulla fase economica che stiamo attraversando e sul ruolo del Parlamento Europeo. Hai affermato che non solo la Sinistra è favorevole agli Eurobonds, ma anche il Partito Popolare Europeo. Subito mi è venuto in mente un vecchio libro di Gaetano Salvemini 1788/La rivoluzione francese.
Il comunicato dei componenti del Consiglio del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani
(1 giugno 2012) In merito alle pesanti critiche apparse negli ultimi giorni sulla stampa nei confronti di Federico Zappini, del presidente Michele Nardelli e indirettamente del direttivo stesso del Forum trentino per la pace e i diritti umani, vanno fatte alcune fondamentali precisazioni che smentiscono quanto pubblicato. La stampa ha, infatti, criticato l'affidamento di un incarico a Zappini per un importo complessivo di 46.700 euro, senza chiarire che si tratta di un incarico per 28 mesi di lavoro a tempo pieno.
di Micaela Bertoldi
(24 maggio 2012) E' proprio vero che, come scrisse Fedro, "Peras imposti Iuppiter nobis duas" e cioè che Giove impose agli uomini due bisacce: quella dei vizi degli altri tenuta bene in vista, quella dei propri tenuta invece ben nascosta dietro la schiena.
E' questa la sensazione chiara che si ha leggendo la presa di posizione di Ilda Sangalli Riedmiller (Sinistra per Israele)e di Giuseppe Franchetti (Presidente Federazione Sionistica) a proposito della replica da loro scritta ad una riflessione condotta dal Presidente del Forum per la pace e i diritti umani Michele Nardelli sulla situazione che contraddistingue i rapporti tra Palestina e Israele.
(21 maggio 2012) Le recenti immagini delle piazze affollate della primavera araba e delle proteste in Grecia stanno a dimostrare che continua a esistere il bisogno di spazi fisici per dare forma ai diritti della collettività. Dovremmo però chiederci quale sia lo stato di salute degli spazi pubblici. Sono ancora l'ossatura portante della nostra città? L'intelligenza collettiva ha ancora bisogno di spazi adeguati? La loro vitalità e bellezza sono misure della fiducia in se stessa della società urbana immersa nella crisi? A queste domande prova a dare qualche risposta Giovanna Ulrici su www.politicaresponsabile.it
di Michele Nardelli
(1 giugno 2012) Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. Se ne sta parlando con titoli di rilievo che mai aveva ricevuto fino ad oggi, nonostante un agire che prosegue ininterrottamente dal 1991 quando il Consiglio della Provincia Autonoma di Trento decise con una votazione pressoché unanime (e il solo voto contrario del MSI) che la pace era troppo importante per limitarsi ad esibirla nelle ricorrenze o semplicemente gridata nelle piazze quando ormai si era perduta. Che dunque occorreva dotarsi di uno strumento permanente di studio, elaborazione e condivisione della cultura pace e dei diritti umani. Così, grazie alla Legge Provinciale n.11/91 "Promozione e diffusione della cultura della pace", nacque il Forum.
Fu quello un anno cruciale che cambiò il mondo. Trasformazioni che richiedevano anche a chi era impegnato sul terreno della pace di interrogarsi sulla natura delle "nuove guerre" per accaparrarsi il petrolio e per trasformare la fine dei regimi comunisti in un'occasione per insediare vecchie nomenclature e nuovi criminali. Occorrevano sguardi diversi, capaci di leggere queste trasformazioni e di non consegnare la pace a quelle cancellerie che conoscevano solo il linguaggio delle armi. Insomma, un nuovo pensiero e nell'arco di qualche mese in questa terra presero corpo il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani e l'Unip, l'Università internazionale delle istituzioni e dei popoli per la Pace.
Realtà che hanno contribuito a fare diversa questa terra. Diventata non a caso un punto di riferimento della diplomazia parallela e della cooperazione di comunità.
di Giorgio Beretta, www.unimondo.org
(14 Maggio 2012) Quasi 127 milioni di armamenti per la "dittatura monopartitica" del Turkmenistan (tra cui elicotteri per uso militare, fucili d'assalto, lanciagranate e pistole della ditta Beretta già consegnati); oltre 99 milioni di euro di armi alla Russia di cui si sa solo di 10 autocarri protetti Iveco; una nave d'assalto anfibia da 416 milioni di euro all'Algeria; "prestazione di servizi" da parte del Ministero della Difesa alle Forze armate egiziane nel pieno delle rivolte popolari e oltre 30 milioni di armi destinate al "regime autoritario" del Gabon.
Sono solo alcune delle esportazioni autorizzate dal governo Berlusconi nel 2011 sulle quali il rapporto del Consigliere militare del presidente Monti ha steso un velo di silenzio. Ma che si scoprono spulciando le oltre 2500 pagine dell'intera Relazione consegnata al Senato l'8 maggio scorso che Unimondo presenta qui in anteprima. Andiamo con ordine.
Una delegazione del Parlamento europeo aveva in programma di recarsi da Baku in Nagorno Karabakh senza passare per la Georgia. Ma l'attraversamento di questo confine non riconosciuto si è rivelato per l'ennesima volta impossibile. Le riflessioni di Paolo Bergamaschi, Consigliere per gli Affari esteri del Parlamento europeo, su questo conflitto in cui la diplomazia non riesce a sbloccare lo status quo
(13 maggio 2012) Questa volta pensavo davvero di farcela. È da quindici anni che cullo l'idea di poter attraversare la linea di contatto che separa i territori occupati dall'esercito armeno nei primi anni novanta dal resto dell'Azerbaijan. Ci avevo provato nel 1999, ai tempi in cui il Parlamento Europeo aveva affidato allo svedese Per Gahrton il compito di redigere la prima relazione sullo stato dei rapporti fra Unione Europea e il Caucaso meridionale e poi ancora nel 2005 con l'eurodeputata francese Marianne Isler-Beguin, Presidente delle Delegazione per le Relazioni con Armenia, Georgia e Azerbaijan. Sorrisi ed incoraggiamenti sia da Yerevan che da Baku ma nulla più. L'iniziativa era naufragata tra i veti incrociati della diplomazia internazionale. Quando quest'anno la Commissione Esteri ha deciso di inviare per la prima volta una missione ufficiale nella regione ho immediatamente rispolverato il mio vecchio sogno, rintanato ma mai abbandonato nel fondo di qualcuno dei cassetti del mio ufficio.