Ricerca politica

Comunità. Di aree interne e terre alte, di energia effettivamente sostenibile e solidale, di geografie ecosistemiche per leggere il nostro tempo.
Alcuni dei partecipanti all'incontro nel Matese

Report sul terzo incontro (in presenza) del Collettivo di scrittura

Matese, 25 - 28 settembre 2025

 

Il terzo incontro del Collettivo di scrittura nato a partire dalla pubblicazione di “Inverno liquido” si è svolto a fine settembre a Pietraroja (Benevento) e ha visto la partecipazione di Mauro Arnone, Giuliano Beltrami, Micaela Bertoldi, Antonio Cherchi, Maurizio Dematteis, Guido Lavorgna, Alessandro Mengoli, Nino Pascale, Rita Salvatore, Luca Serenthà e chi scrive.

Siamo nel Matese, una delle aree interne del Mezzogiorno che sarà oggetto di indagine nella pubblicazione della Collana di Derive Approdi dedicata all'impatto delle crisi sugli ecosistemi, relativa alla rinascita delle terre alte attraverso il patto politico fra chi sceglie di restare, chi arrivando trova buone ragioni per immaginarvi il proprio futuro e chi sceglie di ritornare dopo una vita realizzata altrove portandosi appresso un bagaglio di esperienze da mettere in gioco.

Sarà il motivo principale che attraverserà questi quattro giorni di immersione in territori spesso segnati dall'abbandono, niente affatto poveri, semmai impoveriti a cominciare da una malintesa idea di modernità e di sviluppo, dalla mancanza di istituzioni di autogoverno e da modelli di sviluppo importati e che avevano e continuano ad avere ben poco a che fare con la ricchezza culturale e materiale di queste terre.

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sabato, 22 novembre 2025 ore 10:00

Comunità di studio “Cerchiamo ancora” - Il secondo incontro.
Lourmarin (Provenza. L'ultima dimora di Albert Camus

Sabato 22 novembre 2025, ore 10.00 – 12.30

Trento, Bookique – Via Torre d'Augusto

 

Che cosa hanno in comune Hannah Arendt, Albert Camus, Nicola Chiaromonte, Arthur Koestler, Ivan Illich, Chirtopher Lasch, Carlo Levi, George Orwell, Pier Paolo Pasolini, Ignazio Silone e Simone Weil?

Esamineremo questi tratti comuni a partire dall'introduzione che Filippo La Porta ci propone nel libro "Maestri irregolari" (in allegato)

Trento, Bookique, via Torre d'Augusto

L'introduzione

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La fine di un Mondo e quello nuovo che ancora non viene.
Manifestazione a Trento

di Federico Zappini

E’ faticoso muoversi sulla linea di faglia di un salto d’epoca. Da venticinque anni le crisi (economiche, ecologiche, militari, di senso) si accumulano e interagiscono. La fine di un Mondo porta con sé un carico di contraddizioni difficili da sciogliere. Non avviene in un sol colpo e oscilla tra l’emersione di elementi simbolici che rompono lo schema dato e – dove possibile – i tentativi di qualcuno di rielaborare la realtà sotto altre forme, altri equilibri. Con ogni probabilità ciò che sta avvenendo attorno a Gaza (il riconoscimento diffuso di un genocidio in atto, l’incapacità delle istituzione internazionali di ricomporre il conflitto, la presa di parola vigorosa e spontanea di ampie parti della società civile, il “piano di pace” neocoloniale firmato dalla coppia Trump/Blair  che in queste ore potrebbe almeno portare a un iniziale cessate il fuoco) descrive al meglio il caleidoscopio di rischi e opportunità connessi al venir meno dell’ordine scaturito dalla fine della seconda guerra mondiale. Dove si fermerà l’oscillazione del pendolo della Storia che si è rimesso in moto alla massima velocità?

In questi giorni ho trovato di grande interesse l’interpretazione che Luciana Castellina ha dato di questo tempo. In quella che potrebbe apparire come una provocazione ci dice che il vero sconfitto di questa fase è proprio il modello capitalista. Incapace di mantenere le promesse di benessere diffuso su scala planetaria, alle prese con crisi ambientali da esso stesso generate, messo in scacco per un verso dall’”efficienza” di forme di governo illiberali e dall’altro dalla dimensione sfuggente delle rivoluzioni tecnologiche in corso non ha altri strumenti da mettere in campo per preservare il proprio potere che non siano la violenza e il cinismo, che certo trovano la più nitida raffigurazione nella presidenza Trump ma pericolosamente permeano le società occidentali rendendole più aggressive e frammentate, ossessionate dal bisogno di essere rassicurate attraverso l’uso della forza e la repressione di tutto ciò e tutti coloro che vengano riconosciuti come un pericolo imminente, un nemico alle porte. 

 

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Aree interne: Lettera aperta al Governo e al Parlamento
Aree abbandonate del Mezzogiorno

Pubblichiamo la “Lettera aperta al Governo e al Parlamento”, sottoscritta a conclusione dell’annuale convegno dei Vescovi delle Aree interne. Il documento, firmato al momento da 140 tra Cardinali, Arcivescovi, Vescovi e Abati, resta aperto per ulteriori adesioni. Il testo sarà consegnato all’Intergruppo Parlamentare “Sviluppo Sud, Isole e Aree Fragili”.

Nella difficile fase in cui siamo immersi è indubbio che nel Paese si stia allargando la forbice delle disuguaglianze e dei divari, mentre le differenze non riescono a diventare risorse, tanto da lasciare le società locali – e in particolare i piccoli centri periferici – alle prese con nuove solitudini e dolorosi abbandoni. Sullo sfondo, assistiamo alla più grave eclissi partecipativa mai vissuta. S’impone, dunque, una diversa narrazione della realtà, capace nel contempo di manifestare una chiara volontà di collaborazione e di sostegno autentico ed equilibrato, al fine di favorire le resistenze virtuose in atto nelle cosiddette Aree Interne, dove purtroppo anche il senso di comunità è messo a rischio dalle continue emergenze, dalla scarsa consapevolezza e dalla rassegnazione.

La recente pubblicazione del Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne, che aggiorna la Strategia Nazionale per questi territori, delinea per l’ennesima volta il quadro di una situazione allarmante, soprattutto per il calo demografico e lo spopolamento, ritenuti nella sostanza una condanna definitiva, tale da far scrivere agli esperti che «la popolazione può crescere solo in alcune grandi città e in specifiche località particolarmente attrattive» (p. 45). Nel testo, vengono a un certo punto indicati alcuni obiettivi che, però, per la stragrande maggioranza delle aree interne, risultano irraggiungibili per mancanza di «combinazione tra attrattività verso le nuove generazioni e condizioni favorevoli alle scelte di genitorialità» (ivi). Sono molti gli indicatori che fanno prevedere all’ISTAT un destino delle aree interne che, sotto tanti aspetti, sarebbe definitivamente segnato, al punto che l’Obiettivo 4 della Strategia nazionale s’intitola: «Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile». In definitiva, un invito a mettersi al servizio di un “suicidio assistito” di questi territori. Si parla, infatti, di struttura demografica ormai compromessa, «con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività. Queste aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a sé stesse». In sintesi, il sostegno per una morte felice.

 

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giovedì, 25 settembre 2025 ore 18:00

Fuori rotta. A Pietraroja il nuovo incontro del Collettivo di scrittura
Ciro, il fossile di dinosauro rinvenuto a Pietraroja nel 1980

Dal 25 al 28 settembre il Collettivo di scrittura s'incontra nel Parco Regionale del Matese

Si tratta del terzo incontro in presenza del Collettivo di scrittura nato attorno al libro “Inverno liquido”. Dopo Marettimo (Isole Egadi) e Borgata Ciampanesio (Valle Varaita), il nuovo incontro di svolgerà a Pietraroja (e a Castelpagano).

Come potete comprendere i luoghi di incontro del Collettivo vogliamo che siano fuori rotta, interessanti e improbabili. Volendo tracciare così, anche in questo modo, una geografia ecosistemica rispetto ad un mondo di confini (nati per escludere e, comunque, sempre mutevoli), di centri e di periferie (in un globo ogni luogo è al centro e pertanto nessuno lo è), di aree povere e ricche (che di loro non esistono), dove qualcuno vuole essere prima (in sottrazione con l'altro). 

Pietraroja (BN)

Il programma dell'incontro a Pietraroja

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Qualcosa si muove sotto la superficie. Forse un altro modo di abitare la montagna.
Una veduta di Anversa degli Abruzzi © pizzodisevo - Flickr.

di Rita Salvatore *

Nel riflettere sulle dinamiche socio-relazionali attualmente presenti in molti luoghi delle nostre montagne risuonano con particolare enfasi le parole che James Clifford scrisse alcuni decenni fa in un testo divenuto ormai un classico delle scienze sociali contemporanee, con riferimento alla categoria di cultura identitaria.

Le culture non sono mai né pure né statiche: sono costantemente in relazione, attraversate da scambi, conflitti, prestiti, traduzioni […] ogni cultura è frutto di viaggi, migrazioni, transiti. I frutti puri impazziscono. Le identità più forti, quando isolate, marciscono. Le culture non si conservano, si vivono – in relazione, in tensione, in traduzione […] l’ibridazione è la condizione stessa della modernità.

Dunque, se è vero – come è vero – che ogni realtà sociale è in continuo movimento, senza confini netti tra centro e periferia, tra città e campagna, tra pianura e montagna, allora questa verità ci appare ancora più evidente oggi, soprattutto quando ci immergiamo nei paesi delle terre alte. Qui ci sono anche quei luoghi che il Rapporto Montagne Italia 2025 dell’UNCEM racconta come segnati da una “stagione del risveglio”: un’espressione che dice molto. Perché qui, dove per anni si è solo parlato di spopolamento e di declino, oggi si intravede qualcosa di nuovo. Per la prima volta dopo molto tempo, tra il 2019 e il 2023, più persone sono salite in montagna per andarci a vivere di quante se ne siano andate via: quasi 100.000 in più. Ma la vera sorpresa è che oltre 64.000 di queste sono italiane. Giovani, spesso ben formati, con idee, progetti, voglia di fare. Non una fuga verso luoghi lontani e isolati, ma una scelta consapevole. Si tratta certo solo di un segnale, ma carico di significato. Un segnale che invita a riflettere, perché – al di là delle previsioni più fosche e della condanna implicita contenuta nel nuovo Piano strategico per le aree interne emanato dal governo, che sembra decretare l’irreversibilità dello spopolamento in alcune zone – la vita continua comunque a pulsare. Sotto la superficie, qualcosa si muove. Forse un nuovo inizio. Forse un altro modo di abitare la montagna, trainato da nuovi abitanti e da nuove pratiche di vita, ma che evidentemente ha bisogno di essere consolidato e sostenuto attraverso un’altrettanto nuova stagione politica, per potersi imporre come un cambiamento strutturale e non solo congiunturale.

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Friuli - Venezia Giulia. Un nuovo patto interpretativo per rifondare la Regione
La prima seduta della Regione F-VG

di Giorgio Cavallo *

È’ iniziato il percorso di discesa per le modifiche costituzionali allo Statuto di autonomia del Friuli-Venezia Giulia. Mancano due passaggi parlamentari che non sembrano avere ostacoli se permane la stabilità politica attuale.

Per la verità il nodo della identificazione delle “aree vaste” elettive, nelle loro dimensioni (vecchie Province?), accanto a quello delle competenze e della legge elettorale non sarà un passaggio semplice nella sua evidente connessione con la fine incerta dell’era Fedriga. Quello che era stato pensato come una furbata decisiva per la stabilizzazione di un quadro politico indiscutibile può risolversi proprio nel suo inverso.

Pur con fatica, si cominciano ad intravvedere dei segnali che invitano a riflettere non solo sulla riorganizzazione degli enti locali ma proprio sull’adeguatezza della struttura regionale nell’affrontare le varie tempeste che l’attualità ci propone. Dalla geo politica alla stagnazione economica per arrivare alla crisi ambientale ed al crollo demografico. In termini di consenso, per un po’ continueranno a dominare le paure verso le immigrazioni ed i vari crimini, ma le carte possono rimescolarsi. Ed allora la domanda “a cosa serve la regione autonoma” potrà anche essere dilaniante.

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giovedì, 10 aprile 2025 ore 11:30

L’Italia e la Mediazione Internazionale: il Ruolo degli Enti Locali
Srebrenica, confronto con Irvin Mujcic

 

Tavola rotonda

L’Italia e la Mediazione Internazionale: il Ruolo degli Enti Locali

Le esperienze di dialogo promosse dalle regioni, province e comuni italiani in relazione a crisi internazionali

Firenze, Aula Magna del Rettorato, Piazza San Marco

Giovedì 10 Aprile 2025 ore 11.30-16.30

Evento in presenza

 

La tavola rotonda “L’Italia e la Mediazione Internazionale: il Ruolo degli Enti Locali” si propone di presentare e discutere le esperienze di dialogo e mediazione promosse dagli enti locali italiani su scala internazionale, evidenziandone punti di forza e le criticità, così da delineare prospettive future per la valorizzazione e sistematizzazione a livello nazionale dei medesimi sforzi.

Firenze, Aula Magna del Rettorato, Piazza San Marco

Il programma dell'incontro

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giovedì, 3 aprile 2025 ore 18:00

Nuove geografie. Fra ecosistemi e Costituzione della Terra.
Mappe, atlanti, bussole

A fronte di un mondo ancora immerso nel paradigma fondato sugli stati-nazione, che si rivela sempre più inadeguato ad affrontare crisi di natura sovranazionale e globale, serve uno sguardo diverso, improntato su nuove geografie ecosistemiche. Una nuova chiave per leggere e abitare la complessità.

 

Roma, Bar Coppi, Largo dei Quintili 16 (Metro A – Porta Furba Quadraro)

Giovedì 3 aprile 2025, ore 18.00

 

Nell'ambito del percorso annuale di formazione politica della Scuola Danilo Dolci di Roma, un tema di particolare attualità di fronte allo sconquasso globale che mette in discussione il precedente ordine internazionale.

"Nuove geografie. Fra ecosistemi e Costituzione della Terra"

Interviene Michele Nardelli, scrittore e saggista, da poco rientrato da Belgrado dove ha partecipato alla più grande manifestazione che i Balcani abbiano mai conosciuto.

Roma, Bar Coppi, Largo dei Quintili 16 (Metro A – Porta Furba Quadraro)

La locandina dell'incontro

La guerra non è ineluttabile. Una conversazione con Ugo Morelli
Foto di Mohamed Nohassi

Capire come la dimensione estetica e creativa funzionano nella mente chiarisce le ragioni dell’attitudine simbolica tipica degli esseri umani, ma non solo. Indagare questi temi significa anche ragionare sui presupposti fondamentali della relazionalità, della socialità, dell’educazione per la tenuta della democrazia e della pace.

A cura di Neve Mazzoleni *

Ugo Morelli è saggista, scrittore, professore di scienze cognitive applicate alla vivibilità, paesaggio e all’ambiente, di Psicologia del lavoro e dell’organizzazione e di Psicologia della creatività e dell’innovazione. Per nove anni è stato il Direttore del master in Management dell’arte e della cultura (MAC) della Trentino School of Management, fra i primi percorsi di formazione che mettevano in relazione discipline scientifiche, umanistiche e creative con elementi di gestione e sviluppo organizzativo, con lo scopo di diffondere la valorizzazione delle istituzioni e delle industrie creative italiane, settore che ha un impatto rilevante nel nostro Sistema Paese. (...)

Morelli da qualche mese ha pubblicato il fondamentale volume “Cosa significa essere umani?” (Cortina, 2024), scritto a quattro mani con il neuroscienziato Vittorio Gallese. Un testo altrettanto enciclopedico, multidisciplinare, modulare e nello stesso tempo onnicomprensivo, facile ed erudito, che risponde al quesito posto nel titolo sotto diversi punti di vista: dalle neuroscienze, alla biologia, all’evoluzionismo, fino alla psicologia, l’estetica, l’educazione, infine l’etica. Abbiamo avuto la possibilità di conversare con lui su un tema attuale e doloroso: la guerra.


Professor Morelli le vorrei porre una domanda scomoda: come è possibile che la mente umana, capace di empatia, creatività e bellezza, produca anche orrore, violenza e la guerra?

La guerra è l’altra faccia della bellezza, come racconta l’antico mito dell’attrazione passionale fra Ares e Afrodite. Non è possibile comprendere una senza l’altra. C’è bellezza anche nella distruzione assoluta. Non possiamo dare una spiegazione naturalistica completa della mente, senza tenere conto anche di questo aspetto. La guerra è una delle vie possibili ed effettive nella regolazione delle relazioni entro la specie umana. Se osserviamo scimpanzè e macachi, ovvero i primati superiori comparsi sul pianeta oltre venticinque milioni di anni fa, riscontriamo in loro forme di esperienze proto-estetiche, nonché forme di distruttività intraspecifiche. Essendo i nostri antecedenti evolutivi, possiamo dedurre che nell’uomo, comparso circa sei milioni di anni fa (e solo da circa trecento mila anni nell’attuale forma sapiens) ci siano forme simboliche più sofisticate, fra le quali ricadono anche la violenza, l’orrore, la guerra.

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Collettivo di scrittura, uno spazio raro, di cui avere cura.
Paul Klee

Il 20 dicembre scorso si è riunito da remoto il Collettivo di scrittura nato attorno al libro “Inverno liquido”. Pur trattandosi di un incontro piuttosto informale di fine anno è stato comunque denso e partecipato1. Quella che segue è una sintesi di quanto ci siamo detti.


Una comunità di pensiero

Questo cerchiamo di essere. E non è poca cosa. Perché in questo tempo disgraziato, aver dato vita ad uno spazio che si propone di alzare lo sguardo sull'impatto delle crisi sugli ecosistemi, non è in effetti cosa da nulla. L'approccio dei più è quello di rincorrere gli eventi, inevitabile esserne subalterni. Quando invece sappiamo che i cambiamenti profondi, culturali in primis, richiedono tempi distesi. Come scrive Paolo Conte “ci va il tempo che ci va”.

Eppure, dall'osservazione del reale emergono segnali inequivocabili, che l'accanimento terapeutico dei finanziamenti pubblici non riesce a nascondere, come ad esempio la continua moria di imprese nel settore impiantistico o l'inutilità degli impianti per l'innevamento artificiale quando le temperature sono troppo elevate. O, ancora, nel susseguirsi di eventi estremi che seccano le centrali di approvvigionamento idrico o che mettono sott'acqua intere regioni, senza che tutto ciò porti ad interrogarsi sull'insostenibilità del modello di sviluppo che si è imposto nel tempo.

Scheda

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Il possibile è nel limite
Paul Klee

di Ugo Morelli *

(4 gennaio 2025) Ma chi siamo? Questi quattro gatti che si ostinano a farsi venire l’ulcera, derisi o vittime dell’indifferenza dei contemporanei, Cassandre senza audience, impegnati a segnalare che la follia del nostro tempo riguardo alla crisi ambientale, climatica e di vivibilità sul pianeta Terra ci porta all’autodistruzione? Noi tapini che rischiamo persino di fornire assoluzione a chi leggendoci ritiene di aver risolto il problema per la sola adesione formale all’ideologia ambientalista? Qui ci mettiamo insieme in alcuni, noti a doppiozero, come fan e assidui contributori: da Matteo Meschiari a Maurizio Corrado; da Amitav Ghosh a Elizabeth Kolbert; da Paolo Vidali a Mauro Barberis; da molti altri che non cito in questo contributo, a me stesso che scrivo.

Siamo quelli che sono convinti di dover scegliere a fronte della questione: se si tratti di estrarre e catturare ancora qualche risorsa presunta risolutiva, o invece di scoprire finalmente che siamo parte del tutto da cui dipende la nostra stessa esistenza, affrontando quella che Ghosh definisce la grande cecità. Una scelta che fa, forse, la differenza nell’affrontare la nostra condizione umana attuale sulla Terra. Quella condizione di noi terrestri è la nostra territà come la chiama giustamente Matteo Meschiari anche nell’introduzione al libro di Maurizio Corrado, Pleistocity. Frammenti di un discorso ecologico, Terracqua, Reggio Calabria 2024. Con il suo originale e pungente stile narrativo, Meschiari scrive: «Il Tribunale della Storia, chiamiamolo così, è uno strano miscuglio di consapevolezza e di senno di poi, di ramanzine e di buoni propositi. In ogni caso la sua efficacia è uguale a zero, tranne per una cosa: fare la lista di chi ci aveva visto giusto nonostante la nebbia sociale, nonostante la cortina ideologica e il perbenismo del suo tempo.»

 

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venerdì, 20 dicembre 2024 ore 18:00

Incontro del Collettivo di scrittura nato attorno a «Inverno liquido»
Il luogo dell'incontro del Collettivo di scrittura a Puy de Champanesio

Care e cari,

abbiamo pensato di rivederci da remoto prima del concludersi del 2024, quale occasione per farci un piccolo augurio (visto come vanno le cose ne abbiamo un gran bisogno)  e scambiare fra noi qualche parola sul senso del nostro Collettivo e fare il punto sui percorsi di scrittura che abbiamo intrapreso.

L'idea è quella di incontrarci venerdì 20 dicembre, alle ore 18.00, su skype. Qui il link per accedere all'incontro: https://join.skype.com/AwiJPNbuEiQa

Incontro da remoto

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La via della fraternità universale
Paul Kee, Mediterraneo

L'amico Mauro Ceruti, ordinario di Filosofia della scienza all'Università IULM di Milano e fra i pionieri dell'elaborazione del pensiero della complessità, mi invia questa breve ma intensa riflessione che voglio condividere con i lettori di questo blog.

 

https://youtu.be/F7CdJ281QQU 

 

Nel panorama attuale di crisi globali, Mauro Ceruti ci invita a riflettere sulla fragilità condivisa dell'umanità e sulla necessità di costruire un nuovo paradigma di fraternità universale. Dal rischio dell'autodistruzione nucleare al cambiamento climatico, fino al ruolo controverso della tecnologia, il filosofo esplora le possibilità di un futuro fondato sulla cultura dell'incontro e sull'ecologia integrale. Come possiamo trasformare le sfide globali in opportunità per una nuova coscienza planetaria.

Valle Varaita, dal 5 all'8 settembre il nuovo incontro del Collettivo di scrittura nato attorno a «Inverno liquido»
Un particolare del Borgo Puy de Champanesio

Si svolgerà dal 5 all'8 settembre 2024 il secondo incontro in presenza del Collettivo di pensiero e di scrittra nato attorno a «Inverno liquido». Dopo quello di Marettimo (Isole Egadi) dell'ottobre scorso, quest'anno l'appuntamento è sulle Alpi Occidentali, in Valle Varaita, nel Borgo di Puy de Champanesio (CN). 

Le modalità di svolgimento, come si può vedere dalla proposta di programma allegato, sono quelle sperimentate lo scorso anno, una prima giornata per arrivare a destinazione e per la sistemazione nelle antico borgo occitano, il secondo e il terzo giorno per affrontare gli argomenti proposti, alternando la parola con la conoscenza del territorio (siamo a 1680 metri slm e le escursioni non possono mancare), e l'ultimo giorno per un po' di relax prima del ritorno.

Non mancheranno gli incontri con alcuni ospiti di eccezione, così da rendere piene le nostre giornate di confronto.

Il programma di massima

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