"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Tra incudine e martello

Paesaggi

di Federico Zappini

Non credo alle coincidenze, ma quando queste si verificano ne riconosco la potenza simbolica. L’arresto di ventiquattro secessionisti (veneti e lombardi) da un lato, l’approvazione alla Camera della “cosiddetta” abolizione delle Province dall’altro. Il tanko venetista – mix di folklore e follia ideologica – pronto a muoversi verso Piazza S.Marco e il “carrarmato” Renzi che elimina enti locali nel sacro nome della spending review. L’idea balzana di un ritorno alle città-stato teorizzata dai separatisti contro la fretta centralizzatrice che sembra guidare il Governo, sull’onda lunga delle mal sfruttate celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Il rancoroso indipendentismo che innalza barriere e rivendica identità esclusive opposto ad una rinnovata retorica nazionale, che sembra non prendere in considerazione le specificità territoriali. Le rinvigorite ambizioni di essere “paroni a casa nostra!” rintuzzate dallo Stato che – sculacciati i suoi enti periferici, spendaccioni e inutili per definizione (!!!) – cerca di riportare a sé l’intera sovranità. 

Nel mezzo, “tra incudine e martello” – come bene ha spiegato Massimo Cacciari nell’interessante intervista a Le invasioni barbariche – rimangono il dibattito sulla prospettiva federalista (non nuovo e neppure troppo vitale) e tutti coloro che ostinatamente attorno a questi temi continuano a riflettere, non accettando tanto la semplificazione localista/identitaria quanto l’indispensabile e innegabile  primato dello Stato-nazione. E’ tra l’incudine e il martello di questa stagione sospesa e contraddittoria che si possono trovare le chiavi di lettura giuste per immaginare un’architettura istituzionale che sappia coniugare il più stretto ambito di prossimità – la comunità, le sue esigenze e complessità – con le sfide delle interdipendenze sovranazionali, in Europa almeno, ma certamente molto più in là.

Ora, possiamo certo soffermarci sulla rilevanza penale dell’azione che i secessionisti intendevano realizzare, ironizzare sul referendum bufala per l’indipendenza del Veneto o festeggiare la rapidità con cui Matteo Renzi ha “svuotato di competenze” le Province, guardando più al salvadanaio (sempre che un risparmio ci sia davvero…) e al consenso da annuncio qui ed ora, piuttosto che alla descrizione di uno scenario che andasse nella direzione di una vera riforma – una  costituente? – federalista.
Oppure possiamo provare a credere ancora in un modo diverso di intendere il tema dell’autogoverno, di promuovere la responsabilità dei territori, di riavvicinare i cittadini ai luoghi delle scelte e di farli partecipi della riaffermazione del primato della politica nel compito di mettere a confronto e tenere insieme. La posizione tra incudine e martello è di certo la meno comoda e la più rischiosa – tra il debordare di sentimenti rabbiosi ed egoisti dei movimenti separatisti e la proposta uniformatrice di un centralismo sciocco e un poco moralista - ma è certo la più giusta da abitare.  Nel Trentino dell’Autonomia speciale, nel Veneto dell’esperienza di “Liberare e federare” e in qualunque altro angolo d’Italia e d’Europa.

da  Ponti di vista

 

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