"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Senza parole

Palestina, inizio Novecento

(24 luglio 2014) Ho scritto, abbiamo scritto. Ho parlato, talvolta gridato. Ho manifestato, in tanti l'abbiamo fatto. Dell'ingiustizia, dell'indignazione, della rabbia.

Ho cercato di capire, provando a mettermi in ciascuna delle parti. Sono passato per “traditore”, concetto che ho espunto dal mio vocabolario. Nella rappresentazione del conflitto fra il bene e il male viene meno infatti la necessità della compromissione.

Ho affermato che le armi non avrebbero portato da nessuna parte, utili solo al prevalere del più forte. Passando per anima bella.

Ho cercato di costruire relazioni, dando alla cooperazione il significato di non perdere le tracce di una storia così profondamente radicata nell'ulivo e nella vite. Ho visto l'esercito israeliano tagliare ulivi millenari per cancellarla.

Ho provato a dire in tempi ormai remoti che il concetto di “due popoli, due stati” rappresentava una sconfitta culturale e che una delle componenti della tragedia era proprio l'affermarsi di stati et(n)ici. E che occorreva cambiare l'approccio, provando ad immaginare soluzioni che andassero oltre i paradigmi di un tempo che fatichiamo a metterci alle spalle...

Ciò che vedo in queste ore è esattamente l'opposto di quel che ho auspicato nel corso di una vita. Per questo rimango attonito, senza parole.

 

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