Persone

Quelle carovane che fecero diversa questa terra. In ricordo di Vittorio Cristelli
Vittorio Cristelli

(26 aprile 2024) Vittorio Cristelli nei giorni scorsi ha lasciato questo mondo. Non ci vedevamo da tempo e, malgrado mi fossi riproposto di andarlo a trovare, alla fine le nostre vite di corsa hanno avuto il sopravvento, perché il limite anche se ne parliamo (ma non abbastanza) poi non lo sappiamo declinare. Ed ora un'assenza, definitiva. Che si traduce in disagio. Provo a scriverne, avvertendo un debito di riconoscenza.

Perché c'è stato un passaggio di tempo, in particolare nel decennio successivo alla caduta del muro di Berlino, in cui la frequentazione con Vittorio è divenuta parte di una comune ed intensa ricerca culturale e politica. In quegli anni di profonde trasformazioni, negli assetti globali come intorno a noi, l'impegno per la pace s'intrecciò con un profondo interrogarsi su come reimmaginare lo scenario politico, trentino ma non solo.

Certamente la pace fu il terreno del nostro incontro. Le grandi speranze di un mondo diverso da quello che aveva segnato il secondo dopoguerra, che accomunava persone anche tanto diverse come noi attorno alle parole di padre Ernesto Balducci, si erano ben presto rivelate nel loro opposto: era di nuovo la guerra il tratto che riempiva lo scenario globale, dal Vicino Oriente alla regione africana dei Grandi Laghi, dall'America centrale ai Balcani.

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Primavera
Alda Merini

 

Sono nata il ventuno a primavera

 


Sono nata il ventuno a primavera

ma non sapevo che nascere folle,

aprire le zolle

potesse scatenar tempesta.

Così Proserpina lieve

vede piovere sulle erbe,

sui grossi frumenti gentili

e piange sempre la sera.

Forse è la sua preghiera.


(Alda Merini da Vuoto d’amore, 1991)

 

   

https://youtu.be/qzO7FviRWgU 

nell'interpretazione di Milva (2004)

 

La politica come riconoscimento della complessità. In ricordo dell'amico Massimo
Massimo Gorla

Sono vent'anni da quando Massimo Gorla ci ha lasciati. 

di Emilio Molinari e Michele Nardelli

Chissà come Massimo avrebbe vissuto questi anni “maledettamente interessanti”. Intanto forse avrebbe avuto da ridire su questo aggettivo, interessanti. O comunque avrebbe messo l'accento sull'avverbio, quel “maledettamente” che già segnava il tempo del suo mettersi di lato, quella “nuttata” che già nell'ultimo decennio del secolo scorso lasciava intravedere quel che ci saremmo dovuti aspettare nei decenni a venire.

Per non sbagliarsi, Massimo Gorla pensò di lasciarci il 20 gennaio 2004, alla soglia del suo settantunesimo compleanno. Per chi non ha avuto il privilegio di conoscerlo, Massimo è stato un protagonista nella storia della nuova sinistra in Italia e in Europa, parlamentare italiano per due legislature, responsabile esteri di Democrazia Proletaria e tanto altro ancora, ma in primo luogo un caro amico con il quale abbiamo condiviso un tratto importante delle nostre vite, pubbliche e private, quando questa distinzione era piuttosto sottile, forse fin troppo per quanto l'agire politico avvolgeva le nostre esistenze. Eppure se la gioia del vivere non ci era affatto estranea, per Massimo di certo occupava un posto speciale che faceva il paio con la sua gentilezza.

 

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L'uomo e il suo tempo
Con Franco Giacomoni, nella sede degli alpinisti di Sarajevo

In ricordo di Franco Giacomoni.

Il luogo è la sede dell'associazione degli alpinisti di Sarajevo, nel cuore della città vecchia. Un folto gruppo di persone fatica a trovare posto, come a rispondere ad un richiamo che non conosce confini. E' il 27 novembre 2006 e qui, in questo luogo simbolico di una città che nel 1984 ospitò le Olimpiadi invernali, viene presentato l'opuscolo intitolato "Staze. Planiranje, znakovi i odrzavanje" (Sentieri. Pianificazione, segnaletica e manutenzione), il manuale della SAT, la sezione trentina del Club Alpino Italiano, tradotto in serbo-croato-bosniaco perché divenga uno strumento di riavvicinamento delle popolazioni e di smilitarizzazione delle montagne, in Bosnia Erzegovina come in tutti i Balcani. Tutt'intorno antiche attrezzature da montagna. Con me ci sono Pier Giorgio Oliveti, direttore del Circuito Città Slow e responsabile della comunicazione del CAI, Valentina Pellizzer, responsabile di Oneworld Sud Est Europe e il presidente della SAT Franco Giacomoni. Altri avrebbero dovuto raggiungerci in aereo, ma l'aeroporto di Sarajevo ha annullato tutti i voli in arrivo a causa di una forte nevicata.

 

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Il tuo sorriso e il tuo entusiasmo. Grazie Paolo.
Paolo Cunego

(25 luglio 2023) Oggi daremo l'ultimo saluto a Paolo Cunego. Per chi non ha avuto modo di conoscerlo, Paolo è stato per anni il punto di riferimento nella difesa dei consumatori in Trentino. Oggi diremmo dei consum-attori, soggetti potenziali del cambiamento.

Per me è stato in primo luogo una persona cara, con la quale ho condiviso un tratto del mio impegno sociale e, mi permetto di dire, politico. Può sembrare strano dire così, considerato che quando ho conosciuto Paolo di professione era un militare, un giovane maresciallo dell'esercito italiano, parte di quel mondo che guardavo (e continuo a guardare) non certo con benevolenza e comunque come un universo diverso e lontano dal mio, obiettore di coscienza al servizio militare e impegnato nel mondo della pace.

 

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Guido Pollice
In primo piano, Guido Pollice

Le parole con cui Emilio Molinari ricorda Guido Pollice, comune amico scomparso qualche giorno fa all'età di 84 anni.

Se ne è andato il compagno con il quale molti di noi hanno concepito e fondato Democrazia Proletaria. Il compagno che portava in DP la storia socialista con Vittorio Foa, del quale Guido scherzando diceva: “è l'unico politico che vince i Congressi e affida la direzione ai suoi avversari”. Guido era così. Sempre capace di sdrammatizzare e ridere anche delle nostre delusioni politiche, delle nostre sconfitte elettorali, di farci sentire bene.

Il compagno con il quale puoi ragionare e anche abbandonare per un attimo il “politicamente corretto”. Che dopo assemblee nazionali drammatiche, sempre sull'orlo di divisioni, ci chiedeva di fermare la macchina al ristorante che solo lui conosceva e tutto finiva in gioia di vivere. Il dirigente, il Consigliere Comunale, il Parlamentare e l'ambientalista con il quale alcuni di noi hanno condiviso i primi tentativi di unire il Rosso e il Verde... L'amico, la risata, il convivio, la passione, il ricominciare e il non arrendersi... tutte cose che hanno reso bello il nostro far politica.

Dario e Michela portino nel loro cuore anche questa immagine del loro papà.

Per Costituzione beni Comuni.

Emilio Molinari.

Se ne è andato Vittorio Bellavite, testimone curioso e inquieto del nostro tempo
Al centro della foto, con il maglione rosso, Vittorio Bellavite.

(aprile 2023) Vittorio Bellavite era una figura poliedrica che bene incarnava ciò che un tempo chiamavamo “identità demoproletaria”. Quel pensiero laterale che faceva convivere in un'unica soggettività culture politiche diverse, il Concilio Vaticano II e la teologia della liberazione, il pacifismo e la nonviolenza, l'egualitarismo e l'ambientalismo, nello sforzo tutt'altro che banale di condurre a sintesi pensieri e pratiche di liberazione.

La sua storia politica era quella di molti di noi, il cristianesimo dei poveri, il Movimento Politico dei Lavoratori di Livio Labor, il Partito di Unità Proletaria di Vittorio Foa e Silvano Miniati, l'impegno in Democrazia Proletaria e, conclusasi questa esperienza, la Convenzione per l'alternativa di Milano, la Costituzione Beni Comuni, l'associazione “Laudato si'”. E poi la sua dedizione nel movimento ecclesiale "Noi Siamo Chiesa", parte di quel movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica, di cui era coordinatore e portavoce in Italia, come a riprendere nel suo ultimo tragitto quell'antico filo conduttore peraltro mai interrotto.

 

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In Friuli è Massimo Moretuzzo il candidato della coalizione alternativa alla destra.
Massimo Moretuzzo

Riprendo questo articolo di un vecchio amico giornalista milanese con il quale collaborammo ai tempi di Solidarietà nella redazione dei libri bianchi su “Affari & Politica”. Ma Gianni Berbacetto in questo caso ci parla del Friuli Venezia Giulia e di una coalizione di centro-sinistra-autonomista che va alle elezioni regionali (2 e 3 aprile 2023) proponendo l'amico Massimo Morertuzzo, esponente del Patto per l'Autonomia, come presidente. In questi anni con Massimo abbiamo spesso collaborato, tanto sul piano culturale che politico, ed è un piacere vedere il suo impegno venga oggi riconosciuto in questa candidatura unitaria. Anche recentemente ci siamo incontrati a Udine in occasione della presentazione di “Inverno liquido”. Insomma, una buona notizia.

di Gianni Barbacetto *

Miracolo in Friuli Venezia Giulia. Tutta l’opposizione di centrosinistra – in un momento di difficoltà per i partiti e in particolare per il Pd, nazionale e locale – ha scelto, rapidamente e senza polemiche, il candidato unitario e civico che tenterà l’impresa di battere il leghista Massimiliano Fedriga alle prossime elezioni regionali del 2 e 3 aprile.

È Massimo Moretuzzo, 46 anni, fuori dai partiti ma da sempre dentro il volontariato e l’impegno civile. Lo sosterranno Patto per l’Autonomia (a cui appartiene), Pd, Movimento 5 stelle, Civica Fvg, Unione slovena, Articolo uno, Open Fvg, Alleanza Verdi Sinistra.

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«... per dire dei giorni tristi, per ricordare Francesco, per riflettere su questo tempo...»
La copertina del libro

Cari, care,

sarebbe bello trovarsi con la scusa di fare uscire alla luce un piccolissimo libro : «Cose così»

per dire dei giorni tristi

per ricordare Francesco

per riflettere su questo tempo.

Un tempo che è avaro di ideali e di passione politica, che avrebbe tanto bisogno di cambiamenti profondi nel modo di pensare e di agire.

Un tempo in cui è davvero importante dare valore alle relazioni fra le persone e all'amicizia.

Grazie a Michele e Gabriella, il giardino della casa alle Camalghe di Cadine ci offre l'opportunità di vederci insieme.

 

Vi attendiamo

Lunedì 31 ottobre 2022 alle ore 11.00 per una zuppa calda, un sorso di vino e di amicizia.

Micaela (insieme a Michele e Gabriella)

L'invito

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Caro Pietro, quel che mi preme dirti.
Immagine tratta dal sito dell'Universtà di Trento

Nei giorni scorsi ci ha lasciati il professor Pietro Nervi, per tanti anni docente di economia e politica montana e forestale all'Università di Trento, professore all'Istituto agrario di san Michele, direttore dell'Istituto superiore di servizio sociale, fondatore della Scuola di Preparazione Sociale nonché del Centro studi e documentazione sui Demani civici e le Proprietà collettive. Negli anni '90 era stato anche presidente dell'Associazione Progetto Prijedor, ambito nel quale avevamo sviluppato un'intensa collaborazione che è successivamente proseguita nel tempo come sguardo sul nostro tempo. Che ci mancherà.

 

Caro Pietro,

la prima cosa che mi viene riguarda il tuo sorriso, quello che traspare anche in questa tua foto in occasione di una circostanza tanto solenne come il riconoscimento che la città di Trento ha voluto nell'insignirti dell'Aquila di San Venceslao. E con il quale riuscivi ad attenuare anche le parole più severe, perché sapevi esserlo severo malgrado la tua mitezza. Ho sempre pensato che quel sorriso ti venisse dall'ironia con la quale sapevi prendere le cose della vita, che pure contrastava con il rigore che pretendevi da te stesso come dagli altri.

Quella stessa ironia con la quale ti rapportavi benevolmente alla mia persona e al mio impegno politico. Un giorno mi raccontasti di come verso la fine degli anni '70, mi pare nel corso di una delle tante assemblee sindacali di quel tempo, qualcuno ti mise in guardia verso quella testa calda che poi ero io. Perché se i nostri punti di partenza erano distanti, nel corso degli anni in cui abbiamo lavorato insieme, nell'ambito della cooperazione internazionale e non solo, abbiamo imparato a conoscerci e a rispettarci, ritrovandoci in quell'approccio territorialista che poi era l'ambito dei tuoi studi e della tua traiettoria umana e professionale. E, mi permetto di aggiungere, anche politica. Di questa tua benevolenza, parola desueta forse ma per me carica di significato, ti voglio ringraziare.

 

Il professor Pietro Nervi in un pranzo collettivo in Bosnia Erzegovina con i responsabili di UNOPS - UNDP

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Alberto Tridente, costruttore di amicizie.
Alberto Tridente e Lula (Ignacio Da Silva)

(24 luglio 2022) Proprio nei giorni scorsi con alcuni amici parlavo di Alberto Tridente e di quando nella primavera del 1994 andammo insieme per un mese in Messico per la campagna elettorale di Cuatemoc Cardenas, allora candidato presidente per il PRD, il Partito della Rivoluzione Democratica. Fu un'esperienza intensa e profonda, che mi porterò nel cuore finché vivo. Grazie ad Alberto conobbi persone e luoghi straordinari ed iniziai ad amare quel paese nel quale poi ho avuto la possibilità di ritornare in più occasioni.

Oggi sono dieci anni che Alberto ci ha lasciati. Ma il fatto che Alberto abiti frequentemente le mie conversazioni e i miei pensieri significa che la sua traiettoria esistenziale ha lasciato un segno profondo.

Come sindacalista, quando fare sindacato significava farsi carico della condizione umana a tutto tondo, lui che veniva da una famiglia operaia di immigrati a Venaria e che a sua volta, trascorsa l'infanzia, di quella condizione era suo malgrado interprete come operaio metalmeccanico e come dirigente sindacale.

 

 

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Il pensiero meridiano
La copertina del libro

(23 febbraio 2021) Si è spento stamane Franco Cassano, il grande maestro del pensiero meridiano.

 

«La chiave sta nel ri-guardare i luoghi,

nel duplice senso di di aver riguardo per loro

e di tornare a gardarli.

Lo smarrimento è grande

ma forse la strada per sfuggirgli è,

come la lettera rubata,

davanti agli occhi, in qualcosa che abbiamo sempre saputo

e non abbiamo mai osato dire»

 

Grazie Franco.

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Dialogo con Boris Pahor, oltre la morte
Boris Pahor ad una manifestazione di Osservatorio Balcani Caucaso

Caro Professore caro,

ti scrivo, ancora una volta.

Questa lettera veleggerà nell’aria fino a raggiungerti nel silenzio dell’universo dove sei approdato. Non posso ignorare il morso di dolore che stringe lo stomaco, al pensiero della morte nonostante la tua lunga complicata vita.

Di recente ho attraversato le dolenti spiagge dell’abbandono della persona amata ed ora il saluto che devo rivolgere a te acuisce il solco della perdita. Delle varie perdite, che si sommano a mano a mano che si devono salutare i volti di quanti hanno intercettato i nostri passi e con cui si sono condivisi pensieri e speranze.

Nel tuo romanzo “Il petalo giallo”1 hai messo in campo lo scambio di lettere tra i personaggi della storia narrata, ribadendo che le lettere collegano, spiegano, fanno affiorare il rimosso, illuminano, aiutano. Tra i protagonisti, Igor a Magda, un tempo le lettere erano state “un dono, di una creatura accorta ma sognatrice e infantile, che l’aveva aiutato a ritornare nel mondo degli esseri umani”, perché l’invio di missive in qualche caso permette di ricucire gli strappi della vita.

Forse anche fra noi, pur in piccola misura, i messaggi scambiati hanno lenito momenti di solitudine. Leggendo le tue narrazioni, ho intercettato tante domande ed è forse da qui che ha preso il via la nostra corrispondenza, fatta di cartoline e di lettere, scritte a mano o battute a macchina, come facevi solitamente, secondo antica usanza. Per questo oggi ti scrivo e, col tuo permesso, condivido pubblicamente alcuni argomenti di cui abbiamo discusso da lontano.

Spero che altri possano raccogliere il testimone e proseguire allargando il cerchio del dialogo intrapreso.

Un abbraccio denso di affetto.

Micaela

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Sulle tracce di Al Andalus e del Don Chisciotte
Alhambra, Granada

Viaggio nella solitudine della politica.

Tredicesimo itinerario.

 

Sulle tracce di Al Andalus e del Don Chisciotte

22 aprile 2022 – 2 maggio 2022



«Il palcoscenico costruito da Cervantes era affollato da versioni diverse della domanda

se le cose possano mai essere quelle che sembrano, che affermano di essere, 

che vogliamo che siano, che ad altri occorre che siano»

Maria Rosa Menocal, Principi, poeti e visir



Mi sono interrogato più volte se fosse il caso di proporre - malgrado tutto quel che accade intorno a noi - un ennesimo viaggio. Pandemia, crisi climatica, guerre ci potrebbero indurre ad attendere tempi migliori. Il fatto è che il tempo migliore viene considerato quello della normalità, ovvero il contesto nel quale l'intreccio delle crisi che stiamo attraversando ha trovato il proprio retroterra materiale, culturale e politico. Ovviamente valuteremo nelle prossime settimane quali saranno gli sviluppi degli avvenimenti, ma anche questo nostro immergerci nella storia europea e mediterranea lo vorrei considerare come una risposta a chi ci ripropone - in queste ore di guerra - lo scontro di civiltà. E poi non vorrei cedere ad un'emergenza che diviene infinita, perché non sappiamo leggere in altro modo il presente. 

Ecco perché - salvo ostacoli insormontabili - vorremmo di nuovo metterci in viaggio. Uso il plurale, perché questi viaggi sono stati un agire collettivo, una forma di "presenza al proprio tempo" e anche occasioni di formazione, che hanno a loro volta prodotto pensiero e relazioni, diari e libri ed altro ancora.

Abbiamo imparato che ogni terra è un caleidoscopio sul proprio tempo. Lo è andando a rileggere il passato che, quando non elaborato, incombe sul presente. Lo è per quanto ha saputo condensare nella modernità. Lo è infine nella capacità di far vivere il futuro nel presente.

Se ci pensiamo, tutti i precedenti itinerari di questo nostro “Viaggio” hanno cercato di interpretare altrettanti limes, come a far scorrere avanti e indietro la macchina del tempo alla ricerca dei nodi gordiani di un secolo con il quale non abbiamo saputo fare i conti, ancora ingombro dei pensieri e dei paradigmi di una storia finita.

Ancora ci mancavano alcuni passaggi cruciali. Lungo le rotte mediterranee fra l'Europa, l'Africa e il vicino Oriente, alla ricerca di ciò che rimane delle “primavere arabe”. Lungo il cuore di tenebra del progresso, fra la regione del carbone e del ferro contesa nella prima guerra mondiale, il mito della razza che portò ai campi della morte e il delirio dell'homo faber che ha nell'“Arbeit mach frei” e nel controllo dell'atomo i suoi tragici simboli. E infine il passaggio che ci racconta di quando Europa volse il proprio sguardo verso occidente, come a voler rompere il cordone ombelicale che la tratteneva alla Mezzaluna fertile del Mediterraneo.

E’ quest'ultimo un itinerario concettuale prima ancora che fisico, che ci porterà ad aprile in Andalusia, per toccare tre aspetti che meglio di altri crediamo possano trasmetterci qualcosa dalla storia e dal presente di questa terra.

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Il senso del collettivo non perduto. In ricordo di Franco Calamida
1998. Festa del ventennale DP-Solidarietà a Mezzocorona. In primo piano di profilo Franco Calamida.

(19 giugno 2021) Erano passati ormai una decina d'anni da quando i nostri percorsi politici avevano preso strade diverse. Eppure, nell'incontrarsi, bastava uno sguardo fra noi per dirci in buona sostanza che le cose in fondo non erano cambiate.

In questa sorta di intesa non centrava quel che accadeva nel mondo – grandi mutamenti investivano tempi piuttosto interessanti – quanto il trattamento che veniva riservato al pensiero laterale e a chi quella sensibilità sincretica cercava di interpretare.

Così il carattere aperto, la ricerca, la mitezza venivano scambiate per moderazione e arrendevolezza. Che nelle prerogative verticali, maschili e autoritarie delle strutture (di partito e non solo) diventavano motivo di emarginazione. La forza era data dai numeri, nelle piccole appartenenze forse ancor più che in quelle più robuste.

Avevamo imparato a sorriderne, ma questo non diminuiva certo il dolore e la fatica del sentirsi inascoltati o mal sopportati.

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