"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Diario

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lunedì, 31 maggio 2010palestina

Il Gr1 delle 7.00 lancia la notizia del blitz israeliano, in acque internazionali, contro le navi che portavano aiuti umanitari a Gaza City. Nei giorni scorsi c'era stata un po' di apprensione per l'esito di questo tentativo di rompere l'embargo israeliano, ma non si poteva certo immaginare che la risposta sarebbe stata una strage. Mancano le parole, anche perché quando c'è di mezzo lo Stato di Israele scatta in ognuno di noi il pudore che nasce dal rispetto verso la sofferenza del popolo ebraico e la falsa coscienza verso una vicenda come l'olocausto mai fino in fondo elaborata in questa nostra Europa.

Israele ci ha abituati a considerare il diritto internazionale carta straccia. Dalla pulizia etnica del 1948 alla sistematica violazione delle risoluzioni dell'Onu, dal celare quel che tutti sanno e cioè di essere dotata di armi nucleari all'uso di armi fuorilegge com'è stato dimostrato dalla Commissione Goldstein nell'assedio di Gaza di un anno fa, lo Stato di Israele vive uno status speciale di impunità. Ma in queste ore il pensiero va alle vittime del blitz, su quella nave c'erano persone come noi che portavano viveri, giocattoli e materiale edilizio per ricostruire una città prima bombardata e poi umiliata impedendone la ricostruzione. Le immagini televisive registrate nella concitazione dalle emittenti presenti sulla nave sono terribili, si vedono persone a terra, sangue. Tutto questo avrà come effetto la radicalizzazione del conflitto e, probabilmente, è quel che si vuole. Far saltare i ponti che in questi anni e mesi in tanti abbiamo cercato di costruire.

Mentre scrivo un primo commento su questa vicenda, arriva la notizia sull'esito dei ballottaggi nei Comuni trentini. Abbiamo vinto ovunque, tranne a Lavis. Rovereto ritorna ad un'amministrazione di centrosinistra autonomista ma soprattutto volta pagina, un cambiamento anche generazionale, un sindaco trentaseienne, un risultato ottenuto senza alcun apparentamento e nonostante i verdi avessero indicato apertamente di non votare per Andrea Miorandi, mettendo probabilmente la parola fine alle logiche rancorose delle "famiglie politiche" roveretane. Vinciamo tutti i confronti dove di fronte c'erano i candidati del PD del Trentino e quelli dell'UpT: ad Ala e Mori dove nelle passate elezioni era prevalso lo schema centrista delle liste civiche; a Villa Lagarina dove il giovane sindaco uscente Alessio Manica aveva mancato la rielezione al primo turno per una manciata di voti; ad Arco e a Baselga di Piné, dove si giocava una partita molto interna agli equilibri dell'UpT provinciale. Insomma, un segnale netto della volontà di rinnovamento ed insieme di ridimensionamento del disegno grisentiano di costruire una nuova ipotesi politica provinciale.

Mi convinco oltremodo dell'importanza di un atto politico di distensione come quello che ho proposto nei giorni scorsi parlando di "sedie vuote", ovvero dell'opportunità, laddove il ballottaggio è avvenuto fra PD del Trentino e UpT, di lasciare nella composizione della giunta uno spazio di ricomposizione della maggioranza provinciale che a breve sarà chiamata ad affrontare insieme le elezioni per le Comunità di Valle. Ne parlerò a sera con il segretario del PD del Trentino Michele Nicoletti, il quale mi dice che a Mori hanno già deciso di muoversi in questa direzione e che comunque sì, nel rispetto delle scelte locali, potrebbe essere un messaggio da dare.

La giornata scorre fra incontri e telefonate. Sento Ali Rashid, mi dice che va meglio, lo invito a stare tranquillo ma con quel che accade nella sua terra non è certo facile. Incontro come presidente del Forum Alessandro Franceschini, nuovo capo gabinetto della presidenza del Consiglio Provinciale e ne ricavo un'ottima impressione. Vedo Marco Depaoli e ho con lui una franca discussione sullo stato della politica trentina alla luce del risultato dei ballottaggi. Mi sento con Erica Mondini e Renato Penner per concordare le cose da fare come Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani su quel che accade in medio oriente e le iniziative di protesta da intraprendere nei prossimi giorni. Mi scrivono Stefano Fait e Mauro Fattor, hanno molto apprezzato la prefazione che ho scritto al loro libro sul Sud Tirolo. Da ultimo faccio un salto alla riunione del coordinamento politico del PD del Trentino dove il tema in discussione è quello delle nomine. E' bene che se ne parli, non voglio fare l'anima bella, ma ho la netta impressione di avvertire una distanza che cresce.

In tarda serata si festeggia la vittoria, ma preferisco il silenzio di casa.
sabato, 29 maggio 2010la bandiera romani al Colle di Miravalle

Non amo le bandiere. Devo però riconoscere che mentre il vessillo internazionale del popolo rom veniva issato per la prima volta in un luogo pubblico di questo paese la commozione è stata fortissima. Un momento storico, dice emozionato il reggente della Fondazione Opera Campana dei Caduti Alberto Robol, ed è proprio così. Peccato che in pochi se ne siano resi conto, del resto lo sappiamo, occuparci di questa gente che viaggia "in direzione ostinata e contraria" non porta certo consenso.

Al Colle di Miravalle in questo sabato mattina c'è una piccola folla, sinti e rom provenienti dalla Spagna, dalla Serbia e dall'Italia. Ci sono i rappresentanti di Aizo, l'associazione che ha organizzato con la Fondazione l'evento di questi giorni. Ci sono i ragazzi del coro di Rovereto e un gruppo di giovanissimi gitani che s'improvvisano al canto con il maestro Santino Spinelli. E poi gli amici trentini, orgogliosi - malgrado una comunità distratta - di ospitare questo evento che amaramente bisogna definire coraggioso.

Il Sindaco di Rovereto declina l'invito, lasciando volentieri la fascia tricolore alla sua assessore Bertolini. In compenso vedo con piacere che Andrea Miorandi c'è, così come Giulia Robol. In tempi dove la politica è in primo luogo apparire, prendo atto con rammarico di essere l'unico consigliere provinciale presente, qui in rappresentanza del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani che ha contribuito a rendere possibile questo atto di civiltà. Ci sono anche l'assessore del Comune di Trento Violeta Plotegher, Micaela Bertoldi, Luciana Chini, Maria Natalizia D'Amico... Nella giornata di ieri c'era stato il saluto dell'assessore Lia Beltrami e l'intervento dell'on. Letizia Detorre.

Juan De Dios Ramirez Heredia, già eurodeputato gitano e Presidente Romani Union di Spagna, nel suo caloroso intervento descrive la bandiera (O styago le romeno), creata nel 1933 dall'Unione generale dei Rom di Romania e approvata nel congresso mondiale dei Rom del 1971. Due colori orizzontali, il verde della terra e l'azzurro del cielo, con al centro una ruota raggiata rossa che si trova anche sulla bandiera dell'India, luogo d'origine del popolo rom e sinto. Ringrazia il Trentino per questo evento straordinario. Ma qui mancano i trentini e, a ragion del vero, mancano anche i rom e i sinti, troppo perduti nella loro esclusione dal riuscire a sollevarsi anche solo per un momento dall'emarginazione quotidiana.

Per Carla Osella, Presidente Nazionale A.I.Z.O. rom e sinti e una vita dedicata al popolo dei campi, e Giunluca Magagni, artefice dell'avvenimento, un momento di gioia e commozione davvero grandi.

Il professor Santino Spinelli intona "Gelem, gelem", musica e parole che nella versione di Saban Bairamović mi hanno accompagnato per anni nei miei viaggi balcanici. Racconta di strade, di tende, di dolore, di olocausto. E del bisogno di rialzarsi. Un giorno speciale, che meritava maggiore attenzione. I giornali locali del giorno dopo, nelle loro prime pagine, preferiscono parlare di sport.
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venerdì, 28 maggio 2010terra futura

La giornata di giovedì se ne va interamente in Consiglio Provinciale. L'ordine del giorno è ancora nutrito. Annoto fra i punti importanti la mozione sulla riconversione industriale di Borgo Valsugana, il tema del biogas desinato a ritornare a breve in Consiglio e, infine, quella che porta come prima firma la mia sugli impianti della telefonia mobile. Personalmente non amo dire la mia su ogni cosa, un po' per ritrosia, un po' perché non si può essere competenti su tutto. Ma mi sembra fuori dal mondo dedicare un'ora e mezza e non meno di una dozzina di interventi su una mozione che auspica la realizzazione di una rotatoria in quel di Dermulo, cosa utile ma davvero sproporzionata nell'economia di un autogoverno che intenda essere responsabile. Il fatto è che in Consiglio si sta non per governare al meglio l'autonomia bensì per garantirsi visibilità: la preoccupazione prima di molti miei "colleghi" dal primo giorno del loro insediamento in quest'aula è quella di come fare per essere rieletti, questo è il problema. I processi collettivi sono cose del passato. Questa è la dura realtà.

Butto giù qualche appunto e poi cerco di fare mente locale sulle due relazioni che dovrò tenere l'indomani a Terra Futura, la manifestazione che da anni si svolge alla Fortezza da basso a Firenze. Sulla cooperazione delle relazioni e su "guerra e criminalità internazionale". Sulla prima devo solo decidere che taglio dare perché il tempo sarà contenuto dalla ricchezza dei relatori provenienti dall'Italia e dal mondo. Il convegno è promosso dal Cocis, una delle federazioni delle Ong italiane e ha come titolo qualcosa di molto affine alla nostra elaborazione: "Oltre gli aiuti. La cooperazione fra comunità responsabili". E' interessante vedere come le idee comincino a penetrare nella riflessione delle Ong ed è una piccola grande soddisfazione perché vuol dire che il tempo dedicato alla formazione e le cose scritte hanno lasciato il segno. Sulla seconda ha come oggetto le guerre dimenticate e quel che mi si richiede è di dire qualcosa sugli stati offshore. E' un invito a nozze. 

L'ordine dei lavori, le votazioni, il chiacchiericcio sulle nomine mi riportano ad un'altra realtà. Nonostante gli sforzi di alcuni di noi e di tante brave persone che vi dedicano gratuitamente il proprio tempo libero, devo dire che questa politica non mi appassiona. Se poi ci sono di mezzo nomine in posti chiave dell'amministrazione pubblica, alla faccia della legge che abbiamo appena votato, l'unica cosa che conta diventa la fedeltà. Un tempo al partito, oggi alla lobby personale. Una fibrillazione che dura da qualche giorno, nella quale mi si vuol tirare dentro, ma che mi risulta insopportabile. Non solo a me, per la verità. Non voglio fare l'anima bella, queste cose è necessario affrontarle senza avere la puzza sotto il naso, ma il problema è che in assenza dei partiti e degli altri corpi intermedi che selezionino competenze e capacità di visione politica, queste cose diventano mercé di gruppi di pressione più o meno forti.

Finiamo che è ormai sera inoltrata. E mi attende una giornata pesante. Venerdì c'è anche il funerale di Silvius Magnano, al quale avrei voluto esserci, ma gli impegni presi da tempo non me lo permettono.

Il mio venerdì inizia alle 6.00 del mattino. Partenza per Firenze in auto, l'unico mezzo di trasporto per andare e tornare in giornata. L'A1 è intasata di traffico più del solito ed uno si chiede che cavolo trasportino questi TIR, avanti e indietro per l'Italia e per l'Europa. Stare qualche ora in autostrada ti fa capire in quale incubo ci stiamo infilando. A Firenze la Fortezza da basso è in pieno centro. Lì si svolge "Terra Futura", mostra - convegno internazionale dedicata "alle buone pratiche di vita, di governo e d'impresa verso un futuro equo e sostenibile", giunta alla sua VII edizione. E' un pullulare di iniziative, alcune molto interessanti, altre un po' scontate. Ho un po' di tempo libero e quindi mi metto a girare fra gli stand. Ci sono proposte che spaziano in ogni campo delle buone pratiche e devo dire anche molto interessanti. Noto che nei frequentatori mancano alcune fasce d'età, quella dei trentenni e dei quarantenni in particolare, e come negli stand siano molto più presenti le donne che gli uomini. Incontro un po' di gente conosciuta, alcuni non li vedo da anni e così ci si rispecchia nei capelli bianchi degli altri. E' una piccola tribù e temo l'autoreferenzialità. Fuori di qui scorre un'altra vita. 

Arriva il tempo degli impegni. Alle 16.00 attacca la prima conferenza nella quale sono relatore. La "sala delle spade" è piena di gente, vuol dire che un po' di aspettativa c'è. Prima di me, oltre ai responsabili del Cocis, intervengono il ministro dell'agricoltura del Paraguay e Loretta Napoleoni. Trovo conferma di un'impostazione condivisa nell'intervento introduttivo di Giancarlo Malavolti e quindi ho la strada spianata per dire ciò che penso di una cooperazione che ha da tempo smarrito una propria identità politica, troppo occupata a rincorrere emergenze e finanziamenti per tenersi viva, incapace di uno sguardo autonomo su quel che accade nel mondo e di mettere alla prova le proprie categorie. Occorre un cambio di approccio e vedo molto consenso verso quel che dico.

Finito il mio intervento devo scappare via, perché mi attende l'altro incontro. Odio fare queste cose, ma è altrettanto vero che non è previsto uno spazio per l'interlocuzione con i relatori. In un'altra sala, più piccola, c'è l'incontro attorno all'Atlante sulle guerre nel mondo. L'associazione "46° parallelo" è nata per iniziative di giornalisti e il mio intervento è previsto insieme a quello di Amedeo Ricucci, Federica Ramacci, Raffaele Crocco ed altri. Parto dalla Transnistria, di questo paese forse oggi un po' più conosciuto perché ne ha parlato Nicolai Lilin in "Educazione Siberiana", seppure in forma un po' folcloristica e tutto sommato fuorviante. Perché la Transnistria non è semplicemente il paese della "criminalità siberiana" (si chiama così una parte della comunità che abita in quell'area), degli uomini dei tatuaggi e del codice d'onore criminale, bensì uno degli snodi del traffico internazionale d'armi e di essere umani. E dunque protagonista della nostra modernità, strettamente connessa con la finanziarizzazione dell'economia e della crisi in atto. Non credo che di questo si parlerà nel Festival dell'economia della prossima settimana a Trento, troppo "politicamente corretto" per affrontare quel che gli economisti di mezzo mondo non hanno saputo descrivere, ovvero un'economia trasformatasi in un immenso casinò. Parlo del legame fra tutto questo e le nuove guerre, dell'interdipendenza che le fa entrare nelle nostre vite. Anche qui molta attenzione.

Sono le 8 di sera. Un po' di saluti con Tonino Perna, Mario Agostinelli, Tonio Dall'Olio che incontro all'uscita e poi via, alla volta di casa, dove arrivo poco prima di mezzanotte.
mercoledì, 26 maggio 2010cascata di Martin Brod

Il Consiglio vara in tarda serata le due proposte di legge sulla questione delle nomine. E' un segnale di trasparenza e di sobrietà importante che le istituzioni danno in una fase di crisi e di crescente delegittimazione della politica. Ma la discussione in aula non ne dà testimonianza, perché nonostante l'accordo raggiunto i toni sono sempre più gridati, come ad essere in una permanente (e brutta) campagna elettorale. L'opposizione è palesemente divisa proprio in relazione dell'atteggiamento (più o meno responsabile) da tenere, ma l'impressione che il pallino sia sempre più nelle mani della Lega, soggetto trainante ed egemone nel centrodestra. Continue le richieste di sospensione dei lavori per trovare un accordo che alla fine viene siglato (nonostante qualche malumore nella Lega).

Ad ogni buon conto i testi approvati prevedono l'introduzione di criteri ispirati alle competenze e alla trasparenza, con passaggi consiliari che ne condivideranno la responsabilità, evitando altresì cumuli di cariche, introducendo meccanismi che vanno nella direzione della gratuità delle cariche per chi già percepisce vitalizi.

Siamo in aula dalle 10 alle 19.30. Quando finiamo, il tempo di accompagnare Gabriella a casa e poi di nuovo alla riunione della Commissione Ambiente del PD del Trentino. In ballo c'è l'atteggiamento sui referendum contro la privatizzazione dell'acqua e le iniziative da intraprendere in Trentino per evitare che, in ogni caso, il decreto Ronchi abbia effetto da queste parti. Devo dire che le posizioni sono convergenti e quasi tutti i presenti all'incontro hanno già firmato per i referendum proposti dai Comitati per l'acqua bene comune. Si affronta anche la questione degli strumenti attraverso i quali attivare le prerogative autonomistiche, la strada che viene indicata su mia proposta è quella di andare nella direzione di un'azienda provinciale al 100% in house al servizio dei Comuni (sono 198 quelli che gestiscono in prima persona o in forma consortile la distribuzione) e in grado di assorbire il settore acqua di Dolomiti Energia (che gestisce i restanti Comuni fra i quali Trento e Rovereto), società a larga maggioranza pubblica ma nata con altre finalità, ovvero la gestione del patrimonio energetico provinciale.

Sull'uno e sull'altro aspetto, ma anche sulla necessità di un uso sobrio ed oculato dell'acqua, si decide di portare un documento all'approvazione della prossima assemblea del Partito Democratico del Trentino. Sul piano istituzionale, invece, dopo l'approvazione dell'ordine del giorno in sede di dibattito sulla scorsa finanziaria contro le politiche nazionali di privatizzazione, si andrà a studiare una proposta (di legge od altro) per metterci al riparo (per quanto possibile) da ogni sorpresa, in ogni caso nella direzione sopra indicata. Scelte niente affatto scontate se pensiamo che il PD a livello nazionale non ha aderito ai referendum. Permangono in quella sede perplessità, ma speriamo che la nostra presa di posizione possa far breccia in quella del gruppo dirigente (chi ha partecipato alla recente assemblea nazionale racconta di una diffusa adesione alla proposta referendaria).

Domenica scorsa, a Volano, in un banchetto organizzato con alcune persone del circolo locale del PD del Trentino, abbiamo raccolto in poche ore più di un centinaio di firme, riscontrando una diffusa adesione ampiamente trasversale anche sul piano degli orientamenti politici. L'acqua tocca corde profonde e credo che questo potrà essere il primo referendum capace di arrivare al quorum dopo anni nei quali la soglia referendaria non è stata raggiunta.

 

 

martedì, 25 maggio 2010Silvis Magnago

Di primo mattino arriva la notizia della scomparsa di Silvius Magnago. Magnago, si è detto in queste ore, "era il Sud Tirolo". Lo era, certamente, ma in tutta la sua contraddittorietà. Nell'aver gestito l'autonomia in maniera dinamica, ma anche nella non volontà di superare la separazione etnica. Nell'essere esempio di autogoverno e di valorizzazione del territorio, ma anche espressione di un blocco di potere. Nell'essere un combattente e nell'aver operato per una soluzione politica della questione sudtirolese. In ogni caso se ne è andato un protagonista politico, nella pienezza di significato che assume questo termine, capace di conciliare la ruvidezza ed il rigore con l'inclinazione al compromesso. Nel momento della sua definitiva uscita di scena, rimangono aperti una serie di interrogativi. Il primo riguarda il silenzio di Magnago degli ultimi anni, quasi che il passaggio di testimone con Durnwalder abbia segnato qualcosa di più che un cambio di stile. Un secondo interrogativo investe il futuro di questa terra, un bivio fra la piccola patria e l'Europa, fra le crescenti spinte al chiudersi nell'incubo identitario ed una prospettiva europea. E infine, se l'attuale classe dirigente sarà capace di andare oltre il scenario attuale, nella direzione di quel terzo statuto che rappresenta la nuova frontiera dell'autonomia. Inizia proprio con un omaggio alla figura di Silvius Magnago la sessione di maggio del Consiglio Provinciale. Ma in aula non avverto commozione, quasi che il vecchio leader del Sud Tirolo fosse ormai relegato nei libri di storia.

La mattina se ne va con le interrogazioni a risposta immediata. Due di un certo rilievo, quella presentata dalla mia compagna di gruppo Sara Ferrari sullo stato della trattativa fra la Pat ed il Ministero della Difesa attorno alla questione della realizzazione della nuova caserma di Trento sud; e quella sui "giochi di guerra" che ha suscitato un polverone di reazioni da parte degli adepti di questa pratica "sportiva".

Sull'insediamento militare a Mattarello è interessante prendere atto nella risposta del presidente Dellai che il progetto è in fase di rivisitazione, come a dire che dopo anni di discussione tutto potrebbe essere rimesso in discussione. Il che non guasta affatto, perché un ulteriore ridimensionamento della presenza militare in Trentino, dopo il significativo smantellamento delle strutture militari esistenti,  non farebbe che bene. Oltre che a riportare alla realtà chi aveva parlato di "base militare" collegata alle strategie aggressive della Nato.

Sui giochi di guerra, sottolineo la mia preoccupazione per la dimensione di un fenomeno che non immaginavo così diffuso. Ho infatti ricevuto segnalazioni sulla pratica di questi "giochi" in Vallagarina, Val di Non, Primiero...  con racconti circostanziati che sottolineano come molto spesso l'esercizio di questa attività comporti la limitazione della libertà di movimento delle persone. La dimensione del fenomeno si evince, per altro verso, anche dal numero degli interventi nel blog de L'Adige (12 pagine di messaggi) e in questo stesso sito in larga misura critici verso il mio intervento e che danno la cifra del nostro tempo. La risposta di Dellai, pur indicando nei Comuni i soggetti chiamati a svolgere la funzione di controllo su tali pratiche, va nella direzione di impegnare la Giunta provinciale a vigilare affinché i comportamenti segnalati avvengano nel rispetto della legge. Devo dire che, più in generale, rilevo una generale sottovalutazione dell'impatto culturale dei "giochi di guerra".

Nell'intervallo ci vediamo con Dario Ianes per discutere attorno ad un progetto molto interessante, l'idea che abbiamo proposto come Forum di realizzare un DVD multimediale rivolto alle scuole superiori e medie sul pensiero di Aldo Capitini, anche in vista della marcia Perugia - Assisi del 25 settembre 2011 (che sarà quella del cinquantenario). Un pensiero senza cittadinanza al quale vorremmo riconoscere la piena attualità.

Nel pomeriggio entriamo nel vivo della discussione sui DDL relativi alla questione delle nomine, presentati dal nostro gruppo consiliare e dal consigliere Bombarda. Il testo viene unificato ma incontra l'aperto ostruzionismo delle opposizioni, non tanto per il merito quanto perché il testo da loro prodotto è stato bocciato in Commissione. Un quintale di carta che ci inchioderebbe in Consiglio per tutta la sessione e forse anche la prossima e che ha come effetto quello di avviare una trattativa che si protrarrà per tutto il pomeriggio, fin quando un accordo viene raggiunto. Prevede l'accoglimento della nostra proposta ma anche del disegno di legge delle opposizioni, seppure radicalmente modificato rispetto al testo respinto in Commissione.

Si conclude il Consiglio ma anche la giornata. Avverto una grande stanchezza e preferisco andare a casa, disertando gli impegni previsti in serata.

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lunedì, 24 maggio 2010monastero Bucovina

E' tarda serata. Accanto a casa un vecchio furgone targato Galati, inconfondibile perché con quel mezzo, nell'ottobre e nel novembre del 2008, ho girato il Trentino in lungo e in largo. Vedere Gheorghe mi emoziona perché è un sacco di tempo che non ci vediamo, amico dell'altra Europa, musicista professionista e poi di strada, cinquantenne che si è perduto nella Romania del business estremo. Qualche anno fa, insieme, abbiamo avviato una forma di turismo responsabile verso il suo paese, progetto forse ancora un po' avveniristico e non ancora sostenibile.

Ci racconta di un paese che è da tempo immerso in una grande crisi di nervi, già oltre la delocalizzazione che ha segnato questo paese in alcune aree diventati improvvisamente distretti produttivi e poi altrettanto improvvisamente superati dalle dinamiche della globalizzazione che è alla perenne ricerca di aree più deregolate. Ci dice che nel suo condominio di Galati mezzo palazzo è senz'acqua calda e senza elettricità semplicemente perché non hanno i denari per pagarla. Che la gente vive di espedienti e che aggira i sigilli posti al contatore con bypass artigianali. Dove gli stipendi pubblici medi non vanno oltre i 300 euro in un contesto dove il costo della vita non è poi tanto diverso dal nostro. Che, alla faccia di tutto questo, il leader del suo paese si è comprato un condominio a Dubai. Un racconto di esclusione nella nostra Europa, dove l'ingresso nell'Unione è vissuto come una grande beffa.

Vengo da una lunga riunione del Forum dove abbiamo discusso di un percorso sulla cittadinanza euro-mediterranea che da qualche mese stiamo elaborando. Per cercare di costruire una coscienza favorevole all'idea europea, in un quadro di diffusa ostilità verso l'Europa. Un approccio diverso dalla logica degli eventi, che invece va per la maggiore a prescindere dalla capacità di indicare scenari e approcci innovativi. Provare a costruire pensiero e pratiche in grado di abitare questo tempo fuori dai rituali del pacifismo. Nella volontà di investire nella conoscenza delle storie e delle culture dei popoli, nella loro complessità e contraddittorietà. L'Europa è in crisi profonda, lo è per la crisi finanziaria che diventa economica che attraversa paesi forti e deboli, lo è sul piano culturale considerato che soprattutto la povera gente guarda con sospetto ad un'Europa da dove vengono altri cittadini che a parità di lavoro ricevono salari quattro o cinque volte inferiori. Lo è perché cresce la paura e perché il Mediterraneo (ma anche le strade dei camion) è diventato il simbolo di un muro invisibile che si chiama scontro di civiltà.

Saranno quattro itinerari attorno alla storia, ai saperi, ai pensieri e alle geografie. A partire da quando la nostra Europa, quella occidentale, volse lo sguardo altrove. Non a caso inizieremo con un convegno sul pensiero di Fernand Braudel, un omaggio alla sua grande opera "Civiltà e imperi del Mediterraneo nell'età di Filippo II". Di tutto questo ne parleremo. Prima del Consiglio della Pace e dei Diritti Umani avevo la riunione della terza Commissione legislativa. Punti di una certa rilevanza, Metroland in primis. L'idea di fondo riguarda il tema della mobilità lungo gli assi principali del collegamento fra Trento e le valli principali e questo non è male. L'ing. De Col snocciola i dati relativi ai flussi di traffico pubblico e privato lungo le direttrici attraverso le quali si dovrebbe articolare il progetto. Ma c'è una questione preliminare che non ha cittadinanza. Riguarda la capacità di prevedere scenari diversi da quello attuale, immaginando diversi flussi in ordine alla riforma istituzionale, alla delocalizzazione delle funzioni oggi in capo a Trento, alla vera e propria rivoluzione che rappresenterà il "telelavoro".  Non possiamo permetterci, in un contesto di sobrietà pressoché obbligata, di mettere in campo investimenti straordinari senza avere chiaro il contesto nel quale andremo a proporre Metroland.

Presenterò nei prossimi giorni una mozione che va in questa direzione, non per esprimere una contrarietà preconcetta quanto invece per capire cosa accadrebbe se la Provincia decidesse di imboccare decisamente la strada della mobilità sul serio alternativa. Discutiamo anche della petizione popolare contro la realizzazione dell'antenna wind a Zambana, cosa che ho seguito nei mesi scorsi non tanto con l'idea di impedire quella specifica installazione (che è giò avvenuta) quanto per prevedere un piano provinciale relativo alle infrastrutture degli impianti per la comunicazione. Sul tema andrà in discussione uno specifico ordine del giorno in questa sessione del Consiglio Provinciale sui contenuti del quale la Commissione esprime un diffuso orientamento positivo.

sabato, 22 maggio 2010Castello Beseno

Lavoro arretrato, incontri, festival di primavera, vecchi amici. Qualche ora al computer, poi mi vedo con Stefano Fait sul terrazzo di casa dove lo invito per un bicchiere di vino e per capire se quel che ho scritto sul Sud Tirolo rientra o meno nelle sue aspettative. Le nostre generazioni sono diverse, potrei essere suo padre. Ma, come diceva Eduardo, "gli esami non finiscono mai".  E poi, entrare nel lavoro degli altri richiede delicatezza, specie quando le idee sono diverse. Sarà la fragranza del "Fiorduva" della Costiera amalfitana a rendere tutto più facile ma gli appunti che ho scritto per la prefazione gli sembrano accattivanti. Ci dovrò lavorare ancora un po', perché il concetto di "tradimento" che esorto per sparigliare gli stereotipi dell'appartenenza (come quelli dell'interculturalità) si presta a molti equivoci e non è di facile comprensione. Non so bene quando, a dire il vero, perché mi attende una settimana piena di impegni.

La giornata è splendida, il sole accompagna un Trentino che continua a manifestarsi diverso. La Festa dei popoli a Trento, il Trentino folk festival a Castel Beseno, le (P)rose dei venti a Borgo Valsugana... occasioni festose d'incontro rese ancora più interessanti dai colori che la primavera ci regala. Castel Beseno - dove devo intervenire come presidente del Forum - sembra uno straordinario acquarello. E' l'ideale per la musica e il ballo tradizionali. Il giorno precedente c'erano qui centinaia di ragazzi delle scuole elementari, oggi la presenza è più degli adulti seppure non numerosi. Ma l'idea di far incontrare la pace e la memoria artistica e conviviale delle comunità mi sembra davvero interessante e sulla prossima edizione ci investiremo a dovere.

Fra le persone del "progettone" (l'iniziativa nel campo dei lavori socialmente utili nata negli anni '80 come alternativa occupazionale per i lavoratori delle fabbriche in crisi) che lavorano al castello trovo Maria Cristina. Sono almeno una quindicina d'anni che non ci incontriamo ma basta un colpo d'occhi e ci riconosciamo al volo. E' davvero una gioia e ci raccontiamo un sacco di cose delle nostre vite e dei nostri animali. Mi accompagna a visitare l'antico maniero, davvero bellissimo dopo la ristrutturazione. Gli ultimi raggi entrano di sbieco e i colori cambiano ancora.

Sento Cristina, mi dice che per Ali il pericolo è scampato e che con un po' di prudenza tutto tornerà come prima. Avverto ironia nelle sue parole, il che mi conferma nel pensare il mio fratello arabo nei suoi panni di sempre.
venerdì, 21 maggio 2010sorpresa

Ho deciso di liberarmi da ogni impegno per poter andare a Terni dove è ricoverato Ali. Le notizie che arrivano sono abbastanza rassicuranti ma mi dicono che non è il caso di procurare emozioni e che la prognosi non è ancora sciolta. Quando squilla il cellulare e nel display vedo il suo nome l'emozione è forte. Se è riuscito a strappare alle regole dell'ospedale questa telefonata vuol dire che il peggio è passato. E' quel che mi dice nei pochi secondi che riusciamo a parlare... la voce è flebile, grande è stato lo spavento ma ora va meglio. Ha persino la prontezza d'animo di ironizzare sulla necessità di darsi il tempo e alla fine tiro un sospiro di sollievo.

In mattinata avevo chiamato Emilio Molinari, amico che a forza di operazioni è diventato un grande esperto nell'ambito della chirurgia coronarica, affinché potesse mettere a disposizione contatti e sapere. E così si è messa in moto la macchina dei contatti, ma è lo stesso Ali (che di professione prima di mettersi a fare il diplomatico sarebbe stato medico) a rassicurarmi, dicendomi che il reparto dell'ospedale dov'è ricoverato dimostra grande efficienza.

Così mi metto il cuore in pace e mi metto a lavorare. Scrivo un commento per http://www.politicaresponsabile.it/ sul tema delle identità, vado avanti nel lavoro di scrittura della prefazione del libro sull'Alto Adige...

Oggi però è un'altra cosa a tener banco. Nei giorni scorsi ho presentato un'interrogazione sui "Giochi di guerra", pratica che si sta diffondendo ma della cui dimensione prendo realmente coscienza nel leggere pagine e pagine di messaggi sul blog del quotidiano locale "L'Adige" che dopo aver ripreso la notizia ha aperto la stura ai commenti. Apriti cielo. Centinaia di commenti, prevalentemente avversi alla mia iniziativa, che rivendicano l'innocenza di uno "sport" che non fa male a nessuno. Nelle telefonate che ricevo di persone che mi segnalano il manifestarsi di queste attività anche nella loro zona, come nei video che trovo postati sul blog, mi rendo conto della diffusione di tali pratiche e della loro natura. Basta leggere o ascoltare le parole usate, fedeltà, lealtà, onore... e le immagini usate per capire la cultura che fa da cornice agli amanti dello "softair".

Qualcuno si spinge a commentare la notizia pure su questo blog, ma devo dire senza insultare, più a richiedere di non aver pregiudizi che altro. Rispondo alle loro osservazioni con pacatezza ma anche ribadendo che la diffusione della cultura della pace passa anche attraverso l'affermarsi di valori diversi e pure nel confrontarsi sul valore dei simboli. Mi stupisce che la replica di uno di loro si chiuda con i complimenti per il sito.

Ed in effetti sono proprio contento di aver attivato questo strumento di comunicazione e di dialogo. Il numero delle persone che ogni giorno entrano in questo spazio è in continua crescita e nei prossimi giorni ne daremo una dettagliata informazione.
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giovedì, 20 maggio 2010Con Ali nel divan nei pressi di Nazareth

Con Ali Rashid ci conosciamo da una vita. Centinaia di incontri, manifestazioni, iniziative a sostegno del diritto del popolo palestinese alla terra che ha sempre abitato ed Ali era sempre il punto di riferimento. Poi negli anni '80 ci siamo trovati, per gli strani intrecci delle nostre esistenze, ad abitare insieme a Roma, quando il comune impegno diventa amicizia e poi qualcosa di più, il mio fratello arabo. A quel punto le scelte di vita ti possono anche portare lontano, ma il legame profondo rimane ed il nostro dialogo è diventato paradossalmente ancora più stretto, la nostra fratellanza profonda. Così, quando Cristina mi chiama per dirmi che durante la notte Ali ha avuto un infarto e che è in rianimazione all'ospedale, rimango senza parole. La realtà della vita ti appare in una luce diversa, avverti la vacuità delle cose che fai e la fragilità dei tuoi programmi.

Difficile riprendere quel che stavi facendo, incontrare Mauro e Federica per organizzare l'incontro di giugno a Bagnacavallo sul tempo della cooperazione, andare alla conferenza stampa per presentare l'iniziativa "Vediamoci a Scampia", la fiera del libro che il prossimo fine settimane si svolgerà nel quartiere di Napoli simbolo della resistenza della società civile contro la camorra e magari provare a dire qualcosa di intelligente, concentrarsi sull'attività istituzionale, partecipare al nuovo appuntamento dell'itinerario "Passi e parole" dedicato alle rotte lungo la via della seta ed infine tenere un'affollata serata a Sardagna sul tema dell'acqua come bene comune.

Tutte cose che cerco di fare al meglio, ma con la testa altrove, ingombra di angoscia. E di un retro pensiero che ti tira per la giacca e che ti obbliga a fare i conti con il senso del limite. Alla faccia degli impegni che incombono o che dovresti mettere in agenda, oggettino che scandisce il delirio quotidiano. In serata mi arriva un messaggio che un po' mi rasserena, "il decorso sembra positivo" mi scrive Luciano, e così il veleno quotidiano del fare che ti tiene in vita può riprendere a scorrere.

Dai, signore di Lifta, vedrai che ce la faremo anche questa volta.
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mercoledì, 19 maggio 2010lupo

Capita di finire la giornata in riva al lago di Caldonazzo a bere un bicchier di vino con un gruppo di giovani. Capita che questi si dimostrino particolarmente attenti e curiosi di quel che gli racconti. Capita che siano stupiti che un consigliere provinciale possa avere una sua visione politica fuori dagli schemi con cui guardano alla politica. Capita che Tommaso, uno di loro, si sia presentato alle elezioni comunali ricevendo in un Comune come Levico 393 preferenze. Capita che osservino con interesse l'Europa e i Balcani e che qualcuno di loro pure un pochino ne sappia di quei luoghi per esserci andato più volte, tanto da proporsi di organizzare con il Piano giovanile di zona un viaggio della memoria in Bosnia Erzegovina.

Quando finiamo la prima di un ciclo di serate in preparazione proprio del viaggio della memoria che li porterà lungo le strade percorse alla fine dell'800 da una parte dell'emigrazione trentina, è già tardi ma mi propongono di andare a prendere qualcosa. Le loro domande spaziano e potremmo continuare per delle ore, ma alla fine quello ad essere più stupito sono proprio io. Che ci siano vivacità e intelligenze che pure si pongono in una relazione responsabile con la propria comunità e alle quali noi, in genere, non sappiamo parlare, è materia su cui riflettere.

C'è l'urgenza di ricercare le idee e le parole per farlo. Liberandosi delle vulgate del Novecento e insieme recuperando pensieri caduti nell'oblio. Parlo loro di Aldo Capitini, del manifesto di Ventotene, del federalismo europeo e mi rendo conto di quanto ci sarebbe da fare per una buona politica che intenda formare piuttosto che ridursi a comitato elettorale. Chiedo a Tommaso come è andata a Levico la campagna elettorale, lui candidato con la coalizione di centro che ha vinto le elezioni nei fatti in contrapposizione con quella del PD, e la prima cosa di cui mi parla è l'incombenza delle vecchie cariatidi che lì ancora lasciano il segno, nonostante il lavoro di rinnovamento avviato proprio in occasione di queste ultime elezioni. Non so se effettivamente sia così, ma temo che nella sua narrazione qualcosa di vero effettivamente ci sia. Ed in ogni caso quella è la sua e loro percezione.

Cambiare gli occhiali con cui guardiamo il mondo, scrollarsi di dosso  le categorie che non ci aiutano più a comprendere la realtà, darsi il tempo per mettere a fuoco... le stesse cose che ho posto poco prima quando, al Centro di formazione sulla solidarietà internazionale, venticinque persone, perlopiù giovani, provavano a sintonizzarsi sulla diversa idea di cooperazione che andavo proponendo loro. Un diverso sguardo, fuori dallo schema dei ricchi che devono aiutare i poveri, senza nemmeno interrogarsi su cosa cavolo sia la povertà. Che, dalle domande che seguono, mi rendo conto che non è per niente facile assumere. Anche per questo mi spiace dovermene andar via di fretta, perché ho come l'impressione che nonostante la tante parole spese in questi anni su un'altra cooperazione, nell'immaginario collettivo anche delle persone più sensibili la cooperazione continui ad essere sinonimo di aiuto verso i più deboli, verso i bambini che sniffano colla per le strade del sud del mondo o le tante emergenze che segnano il nostro tempo.

Il mondo in bianco e nero. E quasi il fastidio verso ogni forma di complessità, ai chiaroscuri che costringono ad interrogarsi, giustamente percependo che quel che vado proponendo è in realtà riconducibile ad un approccio politico. Abitarli i conflitti, non fare il tifo per qualcuno. Riconoscerli e farsi attraversare, piuttosto che l'estetica del gesto. Mi spiace, non c'è nulla da sognare. Veniamo da un secolo dove i sogni si sono trasformati in incubi. C'è molto da capire, invece, da studiare, da vivere, imparando che i fini e i mezzi sono esattamente la stessa cosa.  

martedì, 18 maggio 2010manifestazione Innsbruck

L'eco dei risultati elettorali nei 204 Comuni del Trentino tiene banco in un aula del Consiglio Regionale oggi più che mai luogo di una stanca e rituale retorica attorno ad una regione che va al più presto svuotata delle competenze residue e rifondata come parte di un nuovo  progetto euroregionale.

I titoli dei giornali descrivono ciascuno una diversa rappresentazione del reale. Cominciamo dal titolo più verosimile, quello del Corriere del Trentino: "Il centrosinistra tiene, bene Patt e Lega". Forse anche qui ci sarebbe da discutere perché definire positivo il risultato della Lega quando l'onda padana prevista non c'è stata affatto (tranne qualche Comune del basso Trentino a fronte però di un pessimo risultato del Pdl) rappresenta una forzatura. Il Trentino recita invece così: "Il futuro si giocherà al ballottaggio". Beh, anche in questo caso è vero che la maggior parte dei Comuni sopra i 3000 abitanti andranno al ballottaggio, ma è altrettanto vero (ed è questo il dato politico) che questo avviene quasi ovunque all'interno del centrosinistra autonomista, quasi si trattasse di primarie a posteriori. Infine l'Adige che titola: "Pd e Upt si fanno la guerra". Rivoli di sangue? Non ci sono stati nella campagna elettorale, non ci saranno nel ballottaggio. Perché dunque questi toni gridati? Perché rappresentare sull'orlo della "guerra" un'alleanza che tanto il Pd che l'Upt sul piano provinciale considerano strategica? E' forse il confermarsi dell'anomalia trentina a dare fastidio? I problemi ci sono, ovviamente, ma in un contesto politico che in Italia molti ci invidiano.

Nello scorrere i risultati dei vari Comuni emergono dati interessanti, a cominciare dal fatto che dove il centro sinistra si presenta con l'intera aggregazione che guida la Provincia non c'è storia, vince a mani basse. Il che dovrebbe far riflettere tutti. Altro elemento interessante è una diffusa propensione al cambiamento laddove gruppi di potere consolidati - a prescindere dalla loro collocazione politica - vengono messi da parte, specie in Val di Non. Un altro aspetto che emerge è il condizionamento di fattori locali che hanno inciso notevolmente sull'orientamento di voto: è il caso dell'inceneritore sulla Rotaliana, il biodigestore su Lasino...  Sento Mirko Montibeller, nuovo sindaco di Roncegno, raggiante per il risultato. Sento Walter Marcolla, quasi stupito (positivamente) che la lista di Sandra Webber , candidata outsider, abbia messo in minoranza un potere che sembrava inamovibile.

Rimane aperto un problema, che si poneva prima delle elezioni e che questi mesi e questo stesso risultato elettorale confermano. La necessità di ritrovare le coordinate di un progetto condiviso nella coalizione di maggioranza, fatto di idee per il futuro del Trentino e della sua autonomia. Dellai rilancia il polo territoriale, quasi a dire che l'UpT è stata una parentesi. Il Patt cerca di contendere il centro all'UpT... I Verdi provano a dire che ancora non sono finiti. Ma non è questo il problema. Occorre un disegno forte e condiviso, un'idea di sviluppo sostenibile in grado di mettere a frutto le vocazioni dei territori, a partire dall'uso delle prerogative dell'autonomia per stare senza smarrirsi nei processi globali.

Il Consiglio Regionale scorre nella sua inutilità. Si è votato anche in Sud Tirolo e l'esito anche in questo caso è stato positivo. Il candidato democratico Luigi Spagnolli eletto al primo turno sindaco di Bolzano, una buona tenuta della SVP dopo i risultati negativi delle ultime elezioni, il magro bottino dei partiti più nazionalisti, tanto tedeschi quanto italiani. Durni è più sornione del solito.

In questo contesto faccio gli ultimi ritocchi su un'interrogazione che un po' descrive il vuoto regionale... e che riguarda la scarsa frequentazione di giovani trentini dell'Università di Innsbruck. Tanta retorica hoferiana e ben poca attenzione ai processi veri di interazione fra i territori di un'Euroregione tutta da costruire. Mi convinco sempre di più che è necessario inventarsi una proposta per andare oltre quel che c'è e rifondare nei processi reali il senso di una comune cittadinanza europea.

lunedì, 17 maggio 2010Matite per la Palestina

Alle 7.00 è iniziato lo spoglio dei voti in oltre duecento Comuni trentini e in un centinaio della provincia di Bolzano. Le prime notizie, ancora molto frammentate, non sono per la verità molto incoraggianti, ma nel corso della mattinata il profilo del voto confermerà, ancora una volta, come il Trentino rappresenti una positiva anomalia nel quadro dell'arco alpino.

In attesa di un dato più rappresentativo faccio un salto a Rovereto per una riunione con il reggente della Fondazione Opera Campa dei Caduti Alberto Robol, istituzione che in questi anni ha visto crescere il proprio ruolo nelle attività di ricerca ed informazione sui temi della pace. Uno per tutti l'Osservatorio Balcani e Caucaso, il cui lavoro rappresenta un punto di riferimento nazionale ed europeo di eccellenza. Tanto che sul piano locale il sito web di Osservatorio (http://www.balcanicaucaso.org/) è di gran lunga quello che ha il maggior numero di visitatori.

La città della quercia è anche il Comune trentino più importante dove ieri si è votato. Verso mezzogiorno la situazione è ormai chiara: fra quindici giorni si andrà al ballottaggio fra il candidato del centro sinistra Andrea Miorandi e quello delle liste civiche di centro, il sindaco uscente Guglielmo Valduga, rispettivamente al 32,46% e al 31,14. Il centro destra, Lega compresa, non vanno oltre il 24,31%. Una sconfitta pesante che proveranno a ribaltare nel corso della giornata dicendo che in tutti i ballottaggi il loro voto sarà determinante, ma intanto i loro candidati sindaco sono fuori praticamente ovunque. Uniche eccezioni Avio, dove la vicinanza padana fa sì che la coalizione di centrodestra e Patt ce la faccia al primo turno, e Lavis, dove il sindaco uscente Pellegrini, espressione di un'analoga coalizione, va al ballottaggio con candidato del centrosinistra.

Incontro Andrea Miorandi per le vie del centro, lo vedo teso ma anche soddisfatto di essere il più votato alla prima tornata. Non sarà facile al ballottaggio ma la partita è tutta da giocare.

Il centrosinistra autonomista dove si presenta unito vince al primo turno senza problemi: è così a Riva del Garda, Dro, Brentonico e nei tantissimi comuni sotto i tremila abitanti dove si confrontavano liste civiche. Sarebbe così anche a Villa Lagarina dove Alessio Manica non viene eletto al primo turno per pochi voti. Negli altri Comuni sopra i tremila abitanti dove la coalizione provinciale si presenta divisa (tranne Levico e Pinzolo dove il candidato dell'Upt vince al primo turno) si va al ballottaggio: ma è interessante che al secondo turno il confronto sia il larga misura dentro il centrosinistra autonomista (Ala, Arco, Baselga di Piné, Mori...).

Fa eccezione Mezzocorona, dove la lista civica del sindaco uscente (di centrodestra) fa il pieno. Mi chiama Diego Pancher che in questi mesi ha dato l'anima per dar vita nel centro rotaliano ad una coalizione alternativa e mettere in piedi una lista del PD: lo sento deluso e amareggiato perché si aspettavano un più ampio consenso e che il Comune voltasse pagina.

Rientro nel pomeriggio a Trento è mi metto ad analizzare i risultati che arrivano da tutti i 204 comuni del Trentino e anche da quelli del Sud Tirolo a cominciare da Bolzano dove, il candidato sindaco del centrosinistra e SVP Luigi Spagnolli ha vinto al primo turno.

Il voto nei comuni minori (ma in Trentino sono la stragrande maggioranza) non è sempre identificabile e le dinamiche locali troppo particolari per trarne valutazioni generalizzabili. Però qualche valutazione di può cominciare a fare: si può dire che in molti Comuni c'è stato avvicendamento, che in assenza di una presenza capillare dei partiti il voto esprime una maggiore mobilità, che hanno pesato le preoccupazioni ambientali (penso all'inceneritore nella Piana Rotaliana).

E comunque un'indicazione generale viene fuori ed è forte: è necessario rafforzare la proposta politica della coalizione al governo della provincia. Il primo banco di prova saranno le elezioni dirette delle Comunità di Valle, nell'autunno che viene. Ma intanto, pur in un contesto eterogeneo e nonostante il centrosinistra autonomista non abbia dato prova di grande compattezza, il voto conferma il Trentino come terra che non si lascia omologare al clima delle regioni che lo circondano.

Corro a Gardolo, dove la Circoscrizione ha promosso la presentazione del libro di Nandino Capovilla "Un parroco all'inferno: Abuna Manuel tra le macerie di Gaza" cui segue un ottimo cus cus preparato da Mandacarù e dalle donne dell'associazione Mimosa e, in serata, la presentazione dell'attività dell'associazione israeliana Zochrot di Tel Aviv con un ospite d'eccezione: Eitan Bronstein responsabile dell'associazione. Mostra le immagini dei villaggi palestinesi distrutti nel 1948 e nel 1966: che emozione vedere fra questi quel che rimane delle case di pietra del villaggio di Lifta, nei pressi di Gerusalemme, dove abitava la famiglia del mio amico Ali. Lavorano per evitare l'oblio di una narrazione, per riconoscere nella comunità israeliana il dolore della Nakba (il disastro del 1948) e per il diritto al ritorno dei profughi nelle loro terre. Davvero bravi e coraggiosi, ma i loro cartelli con le iscrizioni dei nomi degli antichi villaggi scomparsi durano poche ore prima della rimozione da parte delle autorità israeliane. Il fatto che non si perdano d'animo dimostra che non tutto è perduto. Una bella serata, con tanta gente. Anche questo a testimoniare che questa terra sa essere diversa.
venerdì, 14 maggio 2010Arte Sella

Sono ripartito all'alba da Barberino per essere puntuale alle 9.30 alla riunione straordinaria del Consiglio Provinciale. Che in verità, non è affatto straordinaria perché ormai è diventata prassi quella di chiedere da parte di un'opposizione ad egemonia leghista la convocazione del Consiglio ogniqualvolta pensi di trarne un esito elettorale favorevole. Ed anche in questo caso, siamo a ridosso del rinnovo dei Consigli in molti Comuni del Trentino e la diretta televisiva rappresenta un ghiotto palcoscenico. E' questo il vero argomento del Consiglio straordinario. Non il futuro della Valsugana, bensì la strumentalizzazione dell'inquietudine verso i pericoli per la salute dei cittadini dovuti alla presenza dell'acciaieria. E che, per effetto dell'ingorgo fra il "non nel mio guardino" e l'antipolitica, diventa la mobilitazione di tutti i Comitati purchessia, dalla "base" militare di Mattarello, all'inceneritore, alla Tav, al biodigestore di Lasino..., in un'indistinta e confusa protesta che trova come paladini gli amici di Bossi e quelli di Berlusconi.

Faccio mille peripezie per arrivare puntuale ad una riunione del Consiglio che, forse ingenuamente, mi sarei aspettato affrontasse il tema, questo sì pertinente, della riconversione economica della Bassa Valsugana e sulla quale mi sono preparato degli appunti per intervenire, ma di questo non si parlerà affatto. Perché tutta la discussione si gioca sui dati dell'inquinamento, sull'inattendibilità dell'APPA e della PAT, tant'è che le mozioni presentate si propongono le dimissioni della Giunta e degli assessori competenti.

Mi pesa affermarlo, ma siamo allo scasso istituzionale. Sì, perché se si contestano i dati forniti dall'APPA si sfiducia non una Giunta bensì le istituzioni preposte alla salute dei cittadini. Per altro non si è mai negata la presenza di agenti inquinanti (che un insediamento industriale come un'acciaieria ovviamente porta con sé), bensì il rispetto delle norme a difesa della salute dei cittadini. Altro sarebbe dire che le norme sono inadeguate, ma non è questo quel che si contesta. Sono proprio le analisi fatte che, si dice, non corrispondono al vero. Insomma, è come se una comunità non potesse più fidarsi del responso sulle analisi del sangue di un ospedale o di un laboratorio pubblico. E quando si rompe un patto di cittadinanza non resta che sovvertire il quadro istituzionale (o andarsene in esilio).

In questo caso, invece, avviene un'altra cosa: il tentativo di delegittimazione permanente delle istituzioni. E' quel che ha fatto la Lega in Italia fino ad impossessarsene e, ciò nonostante, cavalcando l'anti istituzionalismo, in un doppio binario quanto mai redditizio sul piano elettorale, tanto da essere al governo e nell'immaginario della gente all'opposizione.

Che persone per bene, che hanno la sola preoccupazione per il futuro dei propri figli, cadano in questo gioco di delegittimazione istituzionale, ci racconta del livello di confusione mentale che l'antipolitica (e il degrado della politica) porta con sé. A cui dà una mano certa informazione gridata, che sbatte l'allarme in prima pagina senza per nulla interrogarsi di quel che rimane nella pancia dei lettori, contribuendo in questo modo ad assecondare il clima di sfiducia istituzionale.

Fatto sta che il futuro della Valsugana rimane fuori dal dibattito, quasi non se ne parla. E così il confronto diventa impossibile: tutto ruota attorno all'attendibilità delle istituzioni, a nulla valgono i dati forniti dall'amministrazione provinciale. Si vuole che siano falsi, punto e a capo. Fischi per gli assessori che snocciolano i dati relativi agli accertamenti sull'ambiente e sulla salute, applausi alla Lega e al PDL. Non serve a nulla nemmeno spiegare che le rilevazioni fatte in proprio non hanno alcun rigore scientifico, come non serve dire che si dovrebbe quanto meno tener conto dei dati storici dell'inquinamento nei suoli (vedi l'intervento di Francesco Prezzi su questo stesso sito).

Che poi il personaggio del Corpo Forestale dello Stato con il quale sono state fatte le rilevazioni "in proprio" sia un esponente di spicco della Lega e che tali rilevazioni siano state fatte "a titolo personale" (cosa che chi ha commissionato la ricerca si è ben guardato dal dire, affermando invece il contrario, ovvero che erano state fatte in collaborazione con il Corpo Forestale), oltre a lasciar presumere la malafede, sembra non importare granché.

Per come si svolge la discussione, scelgo di non intervenire, riservandomi di farlo nei prossimi giorni proprio attorno alla vera questione elusa nel dibattito consiliare, ovvero il futuro economico e sociale della Valsugana e il superamento di quell'impronta industriale avulsa dalle vocazioni del territorio.

L'intervento conclusivo del presidente Lorenzo Dellai è puntuale e sulla mia lunghezza d'onda. Il Consiglio boccia senza sbavature le mozioni, ma lo scasso rimane. E di questo dovremmo riflettere per mettere in campo una diffusa e capillare azione per ricostruire un tessuto di fiducia che mi auguro ancora ci sia. Ma di questo ne avremo prova già lunedì, quando arriveranno i risultati dei quasi duecento Comuni che domenica andranno al voto.

Le ultime manifestazioni della campagna elettorale sono in serata. C'è anche Pierluigi Bersani a Rovereto, ma le ore di sonno che mancano all'appello si fanno sentire.
giovedì, 13 maggio 2010mare

Se mi si chiede di che cosa c'è più bisogno in questo tempo, la mia risposta è la seguente: di formazione e di classe dirigente. Di avere a che fare, almeno sul piano politico, non con persone che la pensano come me, ma di persone che pensano. Che vuol dire, in primo luogo, avere capacità di sguardo, curiosità, voglia di meravigliarsi. Significa avere un proprio profilo e non rincorrere gli avvenimenti e la ricerca spasmodica del consenso. E, infine, cercare di interrogarsi,  responsabilmente, sulle strade da seguire affinché ogni individuo si senta meno solo, parte di un'umanità sempre più segnata da una comunità di destino. Per questo ritengo davvero importante che un gruppo di persone abbiano dato vita ad una scuola di formazione politica. Averlo fatto a Roma, dove la politica è sinonimo di potere e centralismo, è ancora più meritorio. Averla intitolata a Danilo Dolci, non solo un atto di risarcimento verso un pensiero a cui la politica non ha saputo dare cittadinanza, ma anche un tratto di sensibilità.

Quando, il 21 gennaio scorso, mi è stato chiesto di portarvi un contributo sul tema della "banalità del male" ho trovato un gruppo di persone attentissime ed esigenti, che chiedevano di ritrovare il filo conduttore di un impegno personale e collettivo fuori dagli schemi e dai rituali di una politica incapace di ripensarsi. La visione che in quell'occasione ho proposto è riuscita evidentemente a toccare le loro corde tanto che mi hanno chiesto di ritornare in quella libreria dell'Ostiense dove persone di diversa o nessuna collocazione politica hanno percorso insieme un itinerario di pensiero. Questa volta a parlare di "politica", non in senso lato, ma proprio di quel che la politica organizzata dovrebbe saper mettere in campo, nelle idee come nelle forme dell'agire.

Ed eccomi qui, dopo Macerata ed un passaggio da Orvieto dall'amico Ali Rashid, attraverso un Appennino segnato dall'incuria, strade che non vengono sistemate da anni, case e territori abbandonati a dispetto della dolcezza dei luoghi. Alle sei del pomeriggio, la saletta della libreria "Le Storie" è colma di gente, donne e uomini di diversa generazione ed esperienza politica, alla ricerca di spunti per ripensare o dare significato il proprio impegno.

Scelgo di mettere al centro della mia riflessione l'Europa.  L'Europa come paradigma sovranazionale, l'Europa come proposta di pace, come progetto federativo, come stimolo per superare la frattura storica fra oriente e occidente. Ma anche l'Europa che non conosciamo e che non abbiamo nelle corde, l'Europa della paura e dell'effetto "Bolkenstein". L'Europa come elemento d'identità, perché oggi l'Europa e il territorio sono le dimensioni possibili di una politica che provi a stare nei processi della modernità.

Parlare a Roma di una politica europea e territoriale sembra quasi inverosimile. Dico senza mezzi termini di ritenere insopportabile la prospettiva di aver davanti a me un anno di liturgia garibaldina e di unità nazionale. Non solo non mi tirano sassi, sembrano pure d'accordo. Se avviene, vuol dire che il bisogno di cambiare lo schema di gioco è percepito anche nella capitale. In una sinistra plurale che fatica a stare nei suoi contenitori, vecchi o nuovi che siano, c'è bisogno di scartare, di "sbagliare gli ingredienti", di tradire.  Attorno a me ci sono esponenti del PD romano che si ritrovano nelle mie parole, mi dicono di Zingaretti (presidente della Provincia di Roma) e di alcuni esponenti dei municipi locali su questa stessa lunghezza d'onda. Non ho ricette da proporre loro, se non di sperimentare, ognuno dove crede e "senza balaustra", libertà di pensiero. Perché, come diceva Hannah Arendt, "il senso della politica è la libertà".

Sono le 21.30 che riparto per Trento. Non mi posso fermare a Roma, visto che l'indomani mattina c'è un consiglio provinciale straordinario. A Barberino Mugello, verso l'una di notte, la stanchezza prende il sopravvento e sono costretto a fermarmi in un anonimo Motel senza qualità. Un po' come la politica che abbiamo.

mercoledì, 12 maggio 2010bosanska kafa

Sveglia alle 4.15, una doccia e via, in auto verso Macerata. Sono quasi cinquecento chilometri ma non mi pesano più di tanto, sono abituato ad itinerari ben più impegnativi e poi stare da solo in auto rappresenta uno spazio per pensieri in libertà oppure, più prosaicamente, per le decine di telefonate che non sono riuscito a fare. Arrivo puntuale nella bella città marchigiana che scopro, seppur sommariamente, per la prima volta. All'Università mi aspettano le altre due relatrici e un folto gruppo di studenti, per lo più ragazze, il che è normale quando si parla di cooperazione internazionale.

Le relatrici che intervengono prima di me affrontano due temi importanti: il quadro istituzionale che regola la cooperazione internazionale ovvero i meccanismi del diritto internazionale e gli attori per le diverse tipologie di cooperazione; la cornice filosofica che fa da sfondo alla cooperazione, in altre parole il concetto di giustizia globale. Il loro taglio è piuttosto in sintonia con quel che andrò a dire, soprattutto nel porre l'accento sull'impostazione economicistica che la logica dell'"aiuto allo sviluppo" ha imposto,  il che mi aiuta ad entrare nel merito della crisi della cooperazione. Anche le domande che seguono le prime relazioni s'interrogano su come gli stati possano sviluppare cooperazione in un contesto di crisi economica e finanziaria globale.

Per me è un invito a nozze. Perché non è la solidarietà che mi ha mosso in questi anni (o solo in parte), bensì la necessità di comprendere ed abitare i processi globali che, nell'interdipendenza, investono ogni territorio. La cooperazione internazionale non è in questa chiave sinonimo di aiuto, ma l'opportunità di un diverso sguardo sulla propria comunità, per interagire virtuosamente con gli effetti della globalizzazione. Non centra l'intervento umanitario, anche se spesso è questo l'approccio che smuove tante persone, c'è la responsabilità verso il proprio presente. Insomma, nessuno può pensare che non lo riguardi, perché gli effetti di un mondo dove le distanze stanno scomparendo entrano nella quotidianità di ciascuno.

E'quello sulla cooperazione, un racconto collaudato che cerco ogni volta di arricchire con immagini nuove. Allora provo a sondare quale effetto sta producendo nel senso comune il centocinquantenario dell'unità d'Italia, anticipando alcune delle cose che andrò a dire a Roma il giorno successivo. E devo dire che l'idea di Garibaldi come risposta al "federalismo dei confini e della paura" non sembra sia molto convincente, tant'è che il mio richiamo a Ventotene e al tempo del paradigma sovranazionale trova consenso.

Nel seminario come nell'incontro a tavola che lo segue emerge una cosa sopra tutte le altre. Il bisogno di una politica altra, capace di uscire dagli schemi in cui oggi è costretta.  

martedì, 11 maggio 2010klee

Abbiamo voluto attendere che il progetto superasse almeno la fase di rodaggio prima di farne una presentazione pubblica. Quasi il timore di bruciare un'idea che coltivavamo da prima delle elezioni del novembre del 2008, da quando cioè con un gruppo di amici abbiamo abbozzato l'idea di un luogo - virtuale e reale - di fluidificazione delle idee, di comunicazione e partecipazione fuori dagli schemi tradizionali, di formazione senza cadere nei rituali - fuori dal tempo - delle scuole di partito.  Idea che è diventata un impegno elettorale nel patto "Etica e responsabilità" e che in seguito, dopo qualche mese di gestazione, è diventata "Politica è responsabilità".

A ragion del vero, anche questo stesso sito è parte di quell'impegno, nel dare quotidianamente cronaca di un'attività istituzionale e politica che spero corrisponda alle aspettative di chi ha scelto, con il proprio voto, di affidarmi per cinque anni un mandato che cerco di assolvere al meglio. Ma una cosa è il mio lavoro, quand'anche in tutte le sue sfaccettature politiche e culturali (Consiglio provinciale, Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani, partito, associazioni di volontariato, ambiti di ricerca...), altro invece provare a mettere in campo qualcosa dove i protagonisti sono tutti coloro che prendono carta e penna per proporre una tesi come per contestarla oppure arricchirla, con lo scopo dichiarato di volerne far dono alla politica organizzata.

Ventisei persone di diversa sensibilità ed appartenenza che ogni anno daranno altrettante impronte, con loro un gruppo ben più numeroso di interlocutori in dialogo con ognuna delle tesi proposte, accompagnati da una biblioteca in progress e dalla raccolta ragionata di articoli e materiali di approfondimento. A cui si aggiunge l'intenzione di mettere in rete quel che di interessante il territorio propone, di collegare le persone in un progetto di riduzione delle distanze fra centri e periferie, di creare una mailing list funzionale a tutto ciò ed infine di provare a tradurre le parole in abbecedario per un passaggio di saperi che rappresenta uno dei nodi critici della politica.

E' di tutto questo che abbiamo parlato oggi nella gloriosa sede della Sosat di Trento, in un incontro stampa che ha visto la testimonianza non solo di chi questa cosa l'ha convintamente voluta ma soprattutto dei primi direttori responsabili (Marco Brunazzo, Mauro Milanaccio, Franco Ianeselli, Paola Giacomoni) che nelle scorse settimane hanno dato vita alle parole affondando temi come la qualità della democrazia, l'immunità, i lavori e il post disincanto... passandosi senza prima nemmeno conoscersi il testimone di un progetto che intende scommettere sulla buona politica.

E' iniziato un viaggio. Non sappiamo dove ci porterà, ma la cosa bella è che ne siamo già un po' orgogliosi.

lunedì, 10 maggio 2010il tempo

Ho davanti una settimana piuttosto impegnativa. Lunedì grosso modo è ordinaria amministrazione, un incontro per le elezioni comunali a Mezzocorona e riunioni varie. Martedì c'è la presentazione di "Politica è responsabilità" e una serie di incontri al Forum. Da mercoledì inizia un tour de force che mi porta già al mattino presto a Macerata, dove alla Facoltà di Scienze Politiche devo tenere un seminario sulla cooperazione internazionale. Da lì andrò a Roma, dove, nella giornata di giovedì, mi hanno chiesto di concludere il percorso formativo 2010 della scuola di formazione politica intitolata a Danilo Dolci. Prevedo di finire verso le nove di sera e di ripartire subito verso Trento perché al mattino seguente c'è la convocazione straordinaria del Consiglio provinciale sul tema delle Acciaierie di Borgo Valsugana. Sabato sera o domenica all'alba, infine, dovrei andare a Perugia per partecipare alla marcia Perugia - Assisi. Il tutto in automobile, guidando da solo. Bel programmino, no? Ah, dimenticavo. Sabato e domenica mi sarei anche preso l'impegno di scrivere una cosa piuttosto impegnativa come la postfazione di un libro...

Il fatto è che le conferenze, i seminari, la formazione politica non s'improvvisano, richiedono preparazione e forse un po' di pensiero. Non sono peraltro incontri fotocopia, dove si potrebbero anche ripetere cose già dette. L'incontro di Roma, lo scopro solo ora, ha un titolo un po' particolare. Quando una decina di giorni fa a Roma mi sono visto con Silvano Falocco che della scuola di formazione è l'animatore, nel nostro conversare sulle cose della politica italiana, mi è scappato da dire un po' provocatoriamente "Le nostre idee non moriranno mai..., purtroppo". Ed ecco che la provocazione diventa il titolo dell'incontro di giovedì. Quello vero sarebbe stato il tema caro a Hannah Arendt "Che cos'è la politica?", che pure compare nel programma come una sorta di spiegazione del titolo. Al di là della provocazione, rimane il problema di raccogliere le idee e metterle in una scaletta ragionata.

Ho usato la giornata di domenica per scrivere, ma un certo punto non veniva più nulla. E ho ripreso il lavoro lunedì mattina. Dovevo preparare il testo per la brochure del Forum, quella precedente non rispecchiava l'impronta che stiamo cercando di dare a questo organismo, cosa niente affatto semplice. Poi buttar già la lettera di invito per l'incontro della rete italiana degli amici che intendono riflettere con noi sulla cooperazione di comunità (che si svolgerà in provincia di Ravenna il prossimo 19 giugno). Di seguito gli appunti per il seminario di Macerata.

Nel pomeriggio c'è la riunione di gruppo (che poi salta per gli impegni di molti), la riunione del coordinamento del partito e, nel tardo pomeriggio, l'incontro a Mezzocorona. La sala delle scuole del borgo rotaliano è affollata, nonostante l'ora un po' insolita dell'iniziativa. Il tema è di rilievo, riguarda l'ambiente e la mobilità. Con l'assessore Pacher e il candidato sindaco del centrosinistra Buratti si sviluppa un confronto che parte dalle esigenze della Piana ma che investe tutta la tematica della mobilità alternativa, del collegamento metropolitano lungo l'asta dell'Adige e di Metroland. Una visione per il futuro. E' di questo che parlo, indicando la necessità di collegare il tema della mobilità a quello delle pari opportunità per tutti i cittadini del Trentino, di ridurre le distanze utilizzando per un verso la rivoluzione informatica ed il telelavoro e per l'altro la riforma delle istituzioni attraverso il passaggio di poteri dal centro verso le valli e una diversa dislocazione delle funzioni che non possono gravare solo sul capoluogo. E' un approccio alternativo a quello di rincorrere di volta in volta le emergenze, realizzando sempre nuove strade e gallerie: il collegamento rapido su rotaia e una diversa organizzazione della pubblica amministrazione.

Accanto agli interventi per la messa in sicurezza delle strade e la bretella di collegamento autostradale, sulla visione proposta c'è molto consenso fra i presenti. Ma soprattutto c'è voglia di riprendere a ragionare sulle cose, di ridare ruolo e progettualità alla politica. Anche oltre la campagna elettorale.

 

sabato, 8 maggio 2010vignetta vettori

Venerdì sera sono ad Arco. E' la parte conclusiva di una giornata dedicata alla "Lotta alla povertà e all'esclusione sociale" che ha coinvolto millecinquecento ragazzi dell'Istituto comprensivo di Arco, i loro genitori, gli insegnanti e il personale tutto della scuola nell'iniziativa "Passi di pace". Una grande fila indiana nelle vie della città, un concerto ed infine, a sera, una Tavola rotonda dove intervengono le assessore Marta Dalmaso e Lia Beltrami Giovanazzi, padre Fabrizio Forti che all'esclusione dedica la propria missione, Stefano Canestrini che lavora a Cinformi, e il sottoscritto come rappresentante del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani.

E' bello che una giornata così si concluda con un momento di pensiero, le persone che vi partecipano hanno responsabilità e competenze importanti, l'aula magna della scuola è affollata di gente. Il dirigente scolastico Lorenzo Pierazzi e la professoressa Laura Mattei che di tutto questo è stata l'animatrice, sono molto soddisfatti e si attendono molto da questo momento conclusivo. Le parole che vengono pronunciate riflettono bene le diverse sensibilità, i diversi vissuti come pure le diverse opinioni.

Lia Beltrami Giovanazzi, assessore alla solidarietà internazionale e alla convivenza, racconta delle risorse che la PAT investe nella cooperazione, delle relazioni costruite nel sud del mondo come in Abruzzo, dell'umanità che ne viene.

Marta Dalmaso, responsabile dell'istruzione trentina, descrive le nuove sfide con le quali la scuola è chiamata a confrontarsi, di come le difficoltà e le problematicità possono trasformarsi in opportunità, della necessità di un approccio interdisciplinare se vogliamo contribuire a formare persone capaci di abitare questo tempo complesso, di come la lotta all'esclusione debba essere il filo conduttore delle politiche scolastiche in provincia di Trento.

Con Padre Fabrizio Forti ci conosciamo da tanti anni, ma le nostre strade non si sono quasi mai incrociate. Ricordo il suo impegno durante la guerra in Bosnia, per entrare con i volontari a Sarajevo, nella veste di diplomatico della pace a trattare con i signori della guerra. E' stato il nostro ultimo contatto, lui ad occuparsi di emarginazione mentre io cercavo le strade di una nuova cooperazione. Fabrizio esprime la sua ritrosia nel parlare di povertà, come se questo gli togliesse energie vitali per abitarle la povertà e l'emarginazione. Ma il suo affresco dell'esclusione che non vogliamo vedere intorno a noi è di grande efficacia. Parla delle nostre comunità che hanno smarrito così in fretta la memoria di quel che eravamo, ma anche della straordinaria umanità che s'incontra nelle persone che si aprono agli altri.

E' appena diventato papà Stefano Canestrini, giovane operatore del Centro Astalli e collaboratore per Cinformi, l'agenzia di sostegno agli immigrati che rappresenta un'esperienza unica in Italia. Sono un punto di riferimento informativo per chi arriva in Trentino, per un alloggio, per un lavoro, per un permesso di soggiorno. Testimoni di un Trentino diverso.

Infine tocca a me tirare le conclusioni, liberamente, come mi dice Laura Mattei. Provo a dire che ne ho piene le tasche del "tempo del fare", che abbiamo il dovere di comprendere la complessità del nostro tempo se vogliamo interloquire con la solitudine, l'autismo di massa, le paure. Che vanno prese per mano, interrogandoci se le parole e le categorie che usiamo sono in grado di comunicare e prima ancora di interpretare i processi di cambiamento che attraversano le nostre esistenze. Provo a dire che il significato di quindici anni di strade impossibili percorse di là dell'Adriatico non era quello della solidarietà, o almeno non solo e non tanto. Ma quello di avere uno sguardo sulla modernità, sui processi che nella globalizzazione entrano, che lo vogliamo o no, nelle nostre esistenze. Che non possiamo volgere altrove lo sguardo perché, anche se lo facciamo, l'interdipendenza ci avvolge. Che dobbiamo smetterla con gli aiuti che creano dipendenza, che - a proposito di povertà - ogni territorio è ricco di suo, impoverito semmai delle ricchezze che gli vengono sottratte per garantire la sostenibilità di un modello di vita considerato "non negoziabile", e che il problema è di attrezzare le comunità a riappropriarsi delle loro risorse.

Il mio è l'ultimo intervento, ma nonostante la serata sia tarda, c'è silenzio e attenzione. Temo che il carattere un po' provocatorio delle mie parole possa non essere compreso, ma la reazione è invece molto positiva. Strette di mano, parole di sostegno e di incoraggiamento.

Beh, sono proprio cotto. L'auto mi porta veloce verso casa.
venerdì, 7 maggio 2010primavera

Al Maso Toldin di Pressano presentiamo il disegno di legge che mi vede primo firmatario sul tema dei fondi rustici. Abbiamo deciso di presentare questa nostra seconda proposta di legge sull'agricoltura (dopo quella diventata legge sulle filiere corte) in un luogo simbolico che rappresenti l'economia reale, l'impegno professionale e la passione di persone impegnate nell'agricoltura come a rappresentare una possibile risposta alla crisi finanziaria che sta mettendo a dura prova la moneta europea e la stessa Europa.

Ho continuato a dire in questi mesi che la natura di questa crisi non era affatto congiunturale bensì strutturale, come conseguenza di un perverso rapporto fra economia e finanza, laddove quest'ultima ha invaso il campo movimentando capitali almeno dieci volte superiori dell'economia reale. E che, in assenza di nuove norme di regolamentazione del mercato finanziario, non sarebbe cambiato nulla. Le vicende di questi giorni non fanno altro che darmi ragione.

Come rispondere? Come può un piccolo territorio abitare questi processi senza subirli passivamente? Con quali strumenti e scelte ci attrezziamo per evitare che il crollo finanziario metta in ginocchio l'economia locale?

La risposta che intendiamo percorrere è l'affermazione dell'economia reale contro quella virtuale e, contestualmente, la riqualificazione dell'economia affinché emerga l'unicità dei prodotti del territorio. Per vincere questa sfida l'agricoltura trentina deve cambiare. Sapendo puntare sulla qualità e sulla diversificazione colturale e produttiva. Di qui la proposta delle filiere corte e dell'educazione al consumo. Di qui l'orientamento secondo criteri di qualità nell'utilizzo del patrimonio pubblico, in questo caso dei fondi rustici ovvero le proprietà dei comuni e della provincia di terreni non soggetti ad uso civico.

La proposta presentata si prefigge essenzialmente tre obiettivi: realizzare un'anagrafe dei fondi rustici di proprietà pubblica in provincia di Trento; regolamentare le modalità di affitto dei fondi rustici comunali attraverso criteri improntati alla trasparenza, alla qualità e all'economia del territorio; destinare una parte di queste proprietà, quelle in prossimità con il tessuto urbano, agli orti didattici, agli anziani, alle fasce deboli di popolazione che ne facciano richiesta.

Oggi la modalità di affitto dei fondi rustici segue la legislazione nazionale che prevede unicamente il criterio del miglior offerente. Noi invece ci proponiamo di declinare il concetto di proposta "vantaggiosa" introducendo un punteggio per l'assegnazione dei fondi che faccia riferimento ad una serie di criteri che possano favorire i giovani agricoltori (per beneficiare dei contributo provinciali devi lavorare una superficie non sempre disponibile oppure segnata da costi d'affitto elevati), le produzioni di qualità e biologiche, le aziende del territorio, gli agriturismi.

Più ci addentriamo nell'argomento, più ci rendiamo conto del peso specifico della problematica sollevata, per la rilevanza delle aree comunali o provinciali in questione (solo i terreni del demanio idrico ammontano in trentino a più di 19 mila ettari) come per il loro pregio, specie nei fondo valle.

Con noi (oltre al sottoscritto, il capogruppo Luca Zeni e Michele Ghezzer che con me ha lavorato nell'elaborazione del DDL) al Maso Toldin ci sono i rappresentanti della Confederazione Agricoltori (il presidente Flavio Pezzi e il direttore Massimo Tomasi) che ci hanno sostenuti nell'elaborazione di questa proposta, diversi candidati del PD di Lavis (Massimiliano Pilati, Norma Micheli, Piergiorgio Forti, Francesco Ghenzi...) nonché il candidato sindaco del centrosinistra Giancarlo Rosa. E poi ci sono Ciro e Marina che sono i titolari dell'azienda agrituristica che ci ospita. Persone deliziose, orgogliose del loro lavoro, che partecipano alla conferenza stampa e che ci preparano un ottimo buffet per tutti i partecipanti. Anche Ciro Devigili è anche candidato nella lista del PD del Trentino a Lavis e dalle sue parole si percepisce come la sfida di un'agricoltura di qualità possa essere decisiva per un progetto di sviluppo sostenibile del territorio.

Come spesso accade, l'attenzione dei media laddove non c'è clamore o pettegolezzo è quello che è. Del resto, lo sappiamo, l'informazione è l'altra faccia della politica, la loro degenerazione si rincorre. Ma non per questo ci perdiamo d'animo. Fra i processi reali e quelli virtuali, analogamente per l'economia, scegliamo i primi.

La giornata è ancora molto lunga. Ma ne parleremo domani.

 

giovedì, 6 maggio 2010Sarajevo 1995

Al mattino sono a Borgo Valsugana, alle scuole medie superiori, dove m'incontro con un folto gruppo di ragazzi che con la loro insegnante hanno fatto un percorso sulla guerra di Bosnia. Ragazzi diciassettenni, nati proprio in quei mesi del 1993 quando le granate abbattevano il vecchio (così veniva chiamato il ponte dai mostarini) e il fuoco bruciava sette milioni di volumi della Biblioteca nazionale di Sarajevo. Rimasero sul campo centomila morti, nel cuore degli anni ‘90, nella quasi totale indifferenza del resto d'Europa che di quella guerra non ne voleva proprio sapere.

Come sono strane le cose. Tutti loro sanno che cos'è accaduto l'11 settembre 2001 quando nell'attentato terroristico alle torri gemelle morirono 2998 persone. Nessuno invece sa (e non solo fra quel gruppo di ragazzi che mi stanno ad ascoltare) che cosa è accaduto l'11 luglio 1995. L'eccidio di Srebrenica, riconosciuto come genocidio, dove morirono più di 8.000 persone, non è nel ricordo di alcuno. Non solo la data, ma nemmeno il nome di quella città di origine romana.

Perché? Proprio di questa rimozione provo a parlare con i ragazzi di Borgo Valsugana. Vedo molta attenzione, ma anche una grande difficoltà ad entrare in un conflitto così complesso, dove non ci sono i buoni e i cattivi, dove non c'è una parte da prendere. Anche le due ragazze i cui genitori vengono da Stivor, discendenti di quei trentini che dopo la grande alluvione del 1882 che sconvolse la Valsugana andarono a ricostruirsi una vita (o a colonizzare, a seconda della narrazione) nelle lontane terre dell'impero sottratte ai turchi, faticano a parlarne, come le loro nonne che preferiscono il silenzio piuttosto che parlare di quegli anni.

Il silenzio. Era già accaduto dopo la seconda guerra mondiale. Quella che un tempo era la Jugoslavia usciva da una tragedia di proporzioni gigantesche perché lì le armate di Hitler vennero fermate da una resistenza accanita, orgogliosa, senza risparmio di vite. Settecentomila morti. Ma non di tutti. Perché se una parte di quel paese diede vita alla resistenza, un'altra si era schierata con il nazionalsocialismo e aveva partecipato alla mattanza. Nel dopoguerra bisognava costruire "l'unità e la fratellanza" secondo lo slogan di Tito, scavare nella memoria poteva avere effetti destabilizzanti e allora si preferì mettere sopra la storia la cappa ideologica del socialismo. Rimase la retorica. Rimasero, per altro verso, i racconti famigliari, rimase il rancore. E fu un gioco da ragazzi, con il venir meno del collante ideologico, far leva sul rancore fino a quel momento sopito per agitare i fantasmi, i pregiudizi, o semplicemente la paura.

Parlo con i ragazzi della necessità di elaborare i conflitti, ma nel loro immaginario è più semplice comprendere un mondo in bianco e nero. Provo a descrivere una società colta ed emancipata, provo a spiegare che quel che è accaduto negli anni '90 avrebbe potuto essere evitato se la politica e l'Europa fossero state un po' più lungimiranti. Che nessuno degli abitanti di Sarajevo si sarebbe mai immaginato che potesse accadere quel che poi è accaduto. Che sarebbe bene imparare dalle vicende della storia per evitare che questa si ripeta all'infinito. E che noi, ragazzi e adulti, non abbiamo saputo né leggere, né imparare granché da quella tragedia sulle porte di casa.

I ragazzi mi salutano con un applauso che sento sincero. Ricambio proponendo loro di mettersi in relazione con i loro coetanei dall'altra parte del mare. O magari di andarci con un viaggio organizzato dalla scuola. Mi chiedono nel caso di accompagnarli... Piccole soddisfazioni.

Già che sono lì cerco Jovan, che di quell'istituto comprensivo è da qualche anno il custode. Viene da Bosanska Krupa, una cittadina sul fiume Una e non lontana da Prijedor, che conosco abbastanza bene se non altro per esserci passato decine di volte. Con Jovan ci siamo conosciuti qualche tempo fa, proprio in occasione di un'assemblea studentesca. Era rimasto colpito dal mio amore verso la sua terra d'origine e così poi ci siamo continuati a sentire. Vorrebbe ricostruirsi la casa andata distrutta nella guerra, non per tornare ma per avere lì almeno un po' delle sue radici. Pranziamo insieme ed è come se l'incontro con i ragazzi si prolungasse. La nostra è una conversazione da vecchi amici, eppure ci conosciamo appena. Ci proponiamo di fare un viaggio insieme, per andare a vedere quel che rimane della sua vita precedente.

Il giorno dopo mi chiama per dirmi che ha visto lo spettacolo di Roberta Biagiarelli su Chernobyl tenuto proprio lì, ieri sera, nel "suo" teatro della "sua" scuola. Che nel vederlo sì è emozionato e che andrebbe fatto per i ragazzi della scuola, visto che ora c'è qualche apprendista stregone che intende rilanciare il nucleare in Italia. Come s'intrecciano le storie... i ragazzi incontrati al mattino avevano visto "Souvenir Srebrenica", proprio di Roberta Biagiarelli.

 

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mercoledì, 5 maggio 2010Darsi il tempo

«... Sto leggendo con interesse il libro che ha scritto in collaborazione con Mauro Cereghini "Darsi il tempo" e ci ho trovato l'ideale di una nuova visione, non solo in ottica stretta di cooperazione internazionale, ma una visione olistica ben articolata e dei punti di azione specifici a più livelli». Così scriveva ieri Cristiano di Macerata, nella lettera con cui mi invitava ad un seminario che si svolgerà la settimana prossima nell'Università della città marchigiana.

Attorno a "Darsi il tempo", nelle cinquanta e passa presentazioni realizzate in Italia, si è creata una piccola comunità di pensiero sui temi della cooperazione internazionale, trasversale a mondi che operano su diversi piani, dalla progettazione europea alle relazioni territoriali. Ora, ad un anno e mezzo dall'uscita del libro, il ritmo delle presentazioni si è rallentato ma le idee circolano, è nata la "Carta di Trento" per una cooperazione sostenibile,  il tema delle relazioni fra comunità e territori è all'ordine del giorno di un'ampia riflessione che investe le Ong come le loro federazioni. Per questo, con Mauro Cereghini, Silvia Nejrotti e Fabio Pipinato abbiamo immaginato una giornata di incontro con le persone che hanno condiviso con noi la presentazione del libro e che sappiamo sensibili a questi temi, per uno scambio informale di idee ma anche con un obiettivo: dar vita ad uno spazio di pensiero permanente.

Nulla di organizzato, s'intende. Né associazioni, né scadenze, né finanziamenti da intercettare. Neanche la rincorsa della politica per la riforma di una vecchia legge del secolo scorso che in questa legislatura non è neppure all'ordine del giorno. Ma uno spazio di pensiero, dove le persone possano periodicamente incontrarsi e quotidianamente discorrere, questo sì credo sia nelle corde di molti.

Questa giornata l'abbiamo prevista il 19 giugno, un sabato, in un luogo ameno (che stiamo cercando) nelle vicinanze di Ravenna. Di questo parliamo con Mauro e Fabio, condividendone il senso e prendendoci ciascuno un compito operativo: scrivere la lettera di invito, trovare il luogo che abbia le caratteristiche giuste, fare l'elenco delle persone che potrebbero essere interessate, sentire a voce quelle che assolutamente non possono mancare e così via.

La giornata scorre fra riunioni ed incontri. Nel pomeriggio ho un appuntamento al Forum con Angela Prati, fotografa e giornalista, cittadina del mondo grazie anche al suo lavoro. Da un po' vive a Trento e così, di passo in passo, scopre quell'arcipelago di realtà che non a caso contribuiscono a fare diverso il Trentino. Oggi tocca al Forum per la Pace e i Diritti Umani. Mi racconta dei sui viaggi in Tibet e della sua passione per quella regione, delle immagini che ha fermato nel suo obiettivo dagli anni '80 ad oggi, del suo desiderio di contribuire attraverso questi sguardi a far conoscere la dignità e le aspirazioni di questa gente. Il desiderio è quello di mettere a disposizione la sua professionalità per le nostre iniziative e così decidiamo di scambiarci materiali e rimanere in contatto. Penso fra me di quali potenzialità è ricca una comunità e di come sia necessario uscire dall'autoreferenzialità dei nostri luoghi per immergerci in tale ricchezza.

Vorrei proprio riuscire a fare del Forum un luogo vissuto dalla comunità nella sua interezza. E di far uscire la pace dall'angustia in cui la si è cacciata.

martedì, 4 maggio 2010Castelfirmiano, 17 novembre 1957

Giornata piovosa, di quelle che non vorresti muoverti da casa e startene lì con un buon libro. Allora approfitto del mattino libero da impegni e riunioni per leggere, in questo caso non un "libro che non è ancora", il manoscritto di un volume sul Sud Tirolo che Stefano e Mauro mi hanno affidato per farne una postfazione e di cui vi ho parlato qualche giorno fa.  Non so come fare, perché l'interlocuzione con quello che scrivono non è affatto facile e le loro tesi piuttosto distanti da ciò che penso di quella terra. Per cui proverò a scrivere interloquendo in maniera fortemente dialettica e poi saranno loro a decidere se il mio pensiero potrà essere utile alla loro pubblicazione oppure no. Il mio punto di vista sul Sud Tirolo - Alto Adige parte da una forte preoccupazione, il timore di una crisi verticale della SVP e degli esiti non certo favorevoli ad un "altro Adige" che potrebbe avere (e già sta avendo), pur essendo essa stessa la causa principale del male "etnico" che la sta rodendo.

Il livello di autogoverno e di benessere economico raggiunto in Sud Tirolo è fra i più elevati sul piano europeo. Ma l'integrazione economica non corrisponde affatto ad una narrazione comune e neppure minimamente condivisa. Il che ci racconta di una società profondamente divisa, dove è mancata l'attenzione verso l'elaborazione di un conflitto che è rimasto lì, anestetizzato ma niente affatto risolto e che il passare del tempo e il denaro non hanno fatto evolvere positivamente.

Non basta la buona amministrazione e conta fino ad un certo punto la sicurezza sociale. Nell'immaginario collettivo, bene analizzato da uno dei testi che mi sono stati sottoposti, aleggiano i fantasmi del sopruso di ieri e dell'insicurezza del futuro. E nelle forme dei moderni conflitti, questi fantasmi si traducono in identità chiuse rivolte al passato, miti nazionalistici, esaltazione della razza.

Senza nulla togliere alla gravità degli avvenimenti storici, che in assenza di elaborazione e vera riconciliazione, pesano come macigni. Sabato e domenica prossimi ci lavorerò.

Nel pomeriggio sono a Rovereto. La città è in fermento perché fra dieci giorni andrà al voto per il rinnovo del Consiglio Comunale. Lo spazio "dieci per dieci" (dieci progetti per dieci anni) di piazza Nettuno (mi piace di più chiamarla con la vecchia toponomastica ovvero "piazza delle oche") che fa da motore operativo della campagna elettorale di Andrea Miorandi e della coalizione del centrosinistra autonomista, è affollato di persone che vanno e vengono. Al fermento corrisponde un sentire positivo, il clima che si respira è buono, la candidatura di Miorandi corrisponde alla richiesta di rinnovamento.  Ma la partita è dura e la proliferazione di liste e candidati sindaci a sinistra (Italia dei Valori, Verdi, Federazione della Sinistra, Cittadinanza attiva) non aiuta di certo a passare il turno al primo colpo. Anche perché al ballottaggio si andrà molto probabilmente con il sindaco uscente Valduga il quale, al secondo turno, potrebbe contare sul convergere del voto dell'elettorato di destra. E riaprire a suo favore una partita che - dopo questi cinque anni di governo senza qualità - sembrava sul punto di chiudersi. Per questo, oltre ovviamente per le idee ed il programma che propone e per le liste che lo sostengono, Miorandi deve essere votato al primo turno, senza indugi. Se vogliamo che Rovereto esca dall'attuale torpore, questa è l'unica strada percorribile.

Alle 18.00, nell'ambito della campagna elettorale del PD del Trentino, si tiene l'incontro "Cibo e Ambiente", come oggetto la legge sulle filiere corte recentemente approvata dal Consiglio Provinciale. Un tema di grande valore anche nella campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio Comunale, proprio per il suo carattere multidisciplinare. Investe l'economia, la salute, l'ambiente, la cultura e la democrazia. Sì anche la democrazia perché fare sistema territoriale, fare filiera fra soggetti diversi, dal contadino al ristoratore, dal negoziante al consumatore..., significa adoperarsi per costruire coesione sociale. Oltre che il piacere di avere nel piatto un cibo che sia buono, pulito e giusto. Come recita il programma di Terra Madre, la manifestazione di Slow Food: ne parla Sergio Valentini che di questa associazione nella nostra regione è l'anima. Si discute anche di grande distribuzione, di prevenzione dei rifiuti, di patologie dovute alla cattiva alimentazione e alla mancanza di informazione. Temi che Andrea Miorandi riprende nel suo intervento conclusivo e che gli stanno a cuore visto che, fra le altre cose, è lui il responsabile della condotta della Vallagarina di Slow Food. Le persone in sala seguono attentamente fino alla conclusione dell'incontro, visibilmente soddisfatte.

Ormai è scesa la sera e ancora piove.
lunedì, 3 maggio 2010zambana vecchia

Giornata tranquilla, lavoro oscuro di preparazione di iniziative e materiali, di telefonate e di appuntamenti, fra Forum e Gruppo consiliare.

Con Massimiliano Pilati, che lavora all'Agriturismo trentino, ci accordiamo per la presentazione del Disegno di Legge che abbiamo predisposto sul tema dei criteri per l'affitto dei Fondi rustici di proprietà dei Comuni e di cui sono il primo firmatario. La faremo all'agritur Maso Toldin di Pressano (Lavis), venerdì prossimo 7 maggio, alle ore 12.00.

Il Disegno di legge si propone sostanzialmente due obiettivi: definire criteri per la concessione in affitto dei fondi rustici che favoriscano i giovani agricoltori, le produzioni di qualità, il biologico; fare in modo che i fondi rustici minori e in prossimità con i centri abitati siano dati per attività didattiche o per favorire la realizzazione di piccoli orti per chi ne ha bisogno; realizzare un'anagrafe provinciale dei fondi rustici affinché questo patrimonio non si disperda né si privatizzi.

Tant'è vero che nei mesi scorsi questo tema è arrivato alle cronache in alcuni comuni del Trentino per effetto di mancanza di trasparenza nell'assegnazione in affitto a destinatari che ne beneficiavano da anni quasi ne fossero proprietari.

Il tema è di una certa importanza perché la dimensione dei fondi rustici (da non confondere con le proprietà collettive gravate da uso civico) sono tutt'altro che trascurabili, considerato che più approfondiamo la materia, più questa si rivela nella sua rilevanza. In un contesto di grande richiesta di aree rurali, specie fra i giovani agricoltori che per accedere ai contributi provinciali devono avere una soglia minima di terra da coltivare, di prezzi degli affitti esorbitanti e di ritrosia nell'affittare i terreni, questo patrimonio pubblico deve essere gestito al meglio.

Dopo la Legge sulle filiere corte e l'educazione al consumo consapevole, si tratta della seconda proposta che investe il mondo rurale di cui sono primo firmatario: un'attenzione che ritengo importante verso un settore, quello agricolo, che oggi vive un momento di difficoltà e che da anni non veniva presidiato dalla sinistra.

Con Michele Ghezzer impostiamo una nuova iniziativa legislativa, che riguarda la bonifica del territorio trentino dai materiali di costruzione contenenti amianto. Se è dal 1992 che ne è vietata la vendita è pur vero che le rilevazioni compiute dall'azienda sanitaria su una parte rilevante del Trentino indicano la presenza di una quantità niente affatto trascurabile di coperture in eternit diffuse in tutto il territorio. Gli edifici pubblici sono stati bonificati ma non così le strutture private, capannoni, magazzini, edifici rurali. L'impegno per il monitoraggio della presenza di amianto è già stato assunto negli anni e, da ultimo, con una mozione approvata nel febbraio scorso. Ora si tratta di attivare le iniziative per la bonifica, prevedendo tempi, ambiti di priorità, contributi pubblici. Ne riparleremo quando avremo predisposto la proposta.

Su questo argomento è uscita da poco una ricerca a livello nazionale di Legambiente, un bel malloppo da studiare, ricco di dati e di riferimenti legislativi nelle diverse regioni e province italiane. Nel tardo pomeriggio, finiti incontri vari, arrivo a casa e mi immergo nella lettura.
sabato, 1 maggio 2010raccolta porcini

Voglia di stare in pace. Alle manifestazioni pubbliche sul 1 maggio preferisco una passeggiata nella primavera, la conversazione con gli amici, la buona cucina, il buon vino. Effetto di un continuo affollarsi di impegni e di un senso del limite che fatichiamo a darci. Scorro la mia agenda nel mese di maggio, un groviglio di conferenze e incontri in Trentino (Rovereto, Borgo Valsugana, Lavis, Arco, Mezzocorona, Levico, Sardagna, Molina di Ledro) e in Italia (Macerata, Roma, Perugia, Firenze, Milano e Torino). A cui si deve aggiungere il lavoro consiliare e tutto il resto. Forse così si capisce perché ogni tanto si possa aver voglia di dire "fatemi scendere".

Così il primo maggio di quest'anno ho deciso di invitare Riccardo ed Elena. Ci conosciamo da qualche anno ma senza esserci mai dedicati un po' di tempo, eppure avverto nei loro confronti un sentimento di grande affetto. Persone pulite, belle. Era un po' che avevo in animo di invitarli alla nostra tavola e qualche giorno fa ho alzato il telefono proponendo loro un primo maggio alternativo. Il piacere della polenta fatta sul fogolar, gli ultimi porcini di un'annata piuttosto avara, un arrosto al forno con l'acqua del "crazidel", i carciofi in umido, le verdure di stagione...

Avremmo tante cose da dirci, come quando s'incontrano dei vecchi amici. Forse perché lo siamo, quand'anche "a distanza", forse perché c'è un sentire che non richiede frequentazioni particolari e che aiuta a farci sentire meno soli.