"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Diario

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lunedì, 31 gennaio 2011il nuovo carcere di Trento

Oggi è a Trento il ministro Alfano per l'inaugurazione del nuovo carcere a Spini di Gardolo. Come consigliere provinciale sono invitato all'evento ma alla fine decido di non andarci, per diverse ragioni.

Un po' perché un nuovo carcere in fondo non è cosa da festeggiare. E' vero che la chiusura di quello vecchio è senza dubbio un fatto positivo, viverci era penoso tanto sul piano della fatiscenza dell'edificio quanto sotto il profilo del sovraffollamento. E dunque una struttura moderna, realizzata per altro con il concorso finanziario della Provincia Autonoma di Trento, piena di spazi, laboratori, aree ricreative non può che migliorare la qualità della detenzione. Ma intanto non è tutto oro quel che luccica e poi andarlo a visitare senza autorità fra i piedi è forse più utile per rendersi conto in prima persona di come ci si vive.

Chi conosce più da vicino questa nuova struttura mi dice che le prerogative di qualità non sono ancora utilizzate e non solo per mancanza di personale, problema quest'ultimo che pure ha ritardato di qualche mese il trasferimento ai Spini. E che la maggior efficienza non sempre si traduce in miglioramento della qualità della detenzione. Da tempo si pone inoltre in Trentino la necessità di dotarsi della figura del "Garante dei detenuti", affinché effettivamente il carcere possa diventare un luogo se non proprio di rieducazione almeno non lesivo della dignità di una persona, cosa che abbiamo posto sul piano politico e che dovrebbe trovare a breve una risposta risolutiva. Le 63 persone che si sono tolte la vita nelle carceri italiane nel corso del 2010 dovrebbero essere un monito per tutti.

Dopo un paio d'ore chi dei miei compagni di Gruppo aveva scelto d'andarci ritorna con la sensazione di aver buttato alle ortiche il proprio tempo. Penso di aver fatto bene a non partecipare, anche per un'altra ragione. E' tutta la mattina che mi ronza nella testa Fabrizio De Andrè nel suo descrivere il "dentro", l'umanità dell'imparare «un sacco di cose in mezzo agli altri vestiti uguali tranne qual'è il crimine giusto per non passare da criminali» e il "fuori" delle tante facce inaridite che provano piacere nel veder altre persone in galera. «Tante le grinte, le ghigne, i musi - scriveva De Andrè - vagli a spiegare che è primavera e poi lo sanno ma preferiscono vederla togliere a chi va in galera», così sciocchi e cattivi da non capire che il carcere è sempre una sconfitta.

Nel tardo pomeriggio incontro i rappresentanti della comunità sarda in Trentino presso la loro sede in vicolo San Marco. Con Salvatore Dui abbiamo nei mesi scorsi avviato un dialogo che ora inizia a dare qualche frutto. Propongo loro di inserire nel programma del Forum sulla "Cittadinanza Euromediterranea" un omaggio alla loro terra. Anzi, qualcosa di più. Parliamo di dare nuova vita alla festa autunnale della comunità sarda che a Trento era diventata un appuntamento apprezzato ma che da qualche anno non si svolge più. Propongo di accompagnarla con un percorso culturale che ne valorizzi la storia (nel centocinquantesimo dell'unità d'Italia una riflessione su come il Regno d'Italia mandò al massacro i ragazzi della Brigata Sassari nelle nostre montagne e altopiani), i pensieri (il federalismo nel pensiero di Antonio Gramsci e di Emilio Lussu), i saperi (nel pane e nel vino del Mediterraneo) e le geografie (nel gemellaggio fra il Trentino e l'Ogliastra, nello scambio di esperienze culturali e professionali che ne possono venire). L'incontro è un vulcano di spunti e di idee, la qual cosa mi fa davvero piacere un po' per il legame che avverto per questa terra straordinaria ma anche per dare significato e respiro al loro amore verso la propria terra d'origine.

E per concludere non può certo mancare un bicchiere di Canonau. Anche Fabrizio amava questa terra: «Amori mannu, di prima 'olta, l'aba si suggi tuttu lu meli di chista multa» (Amore grande
di prima volta, l'ape ci succhia tutto il miele di questo mirto).
sabato, 29 gennaio 2011un\'immagine del sit in di sabato pomeriggio

Dopo la Tunisia, insorge anche l'Egitto. Anche in questo caso una rivolta popolare, laica, nonviolenta contro un regime al potere dall'inizio degli anni '80 e che ben poco ha a che vedere con la stagione di rinascita nazionale, all'insegna dell'anticolonialismo e del non allineamento, che aveva visto come protagonista il presidente Nasser. La gente nelle strade chiede democrazia, libertà di stampa, fine della corruzione. Rientra il grande oppositore di Mubarak, Muhammad Mustafa al-Baradei, già direttore generale dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA) e Premio Nobel per la Pace nel 2005. Decine di morti, coprifuoco, dimissioni del Governo... ma il potere è ancora nella mani di Mubarak e quel che accadrà in Egitto nelle prossime ore riguarda gli equilibri di tutta la sponda meridionale del Mediterraneo. Ce ne occuperemo a breve come Forum, promovendo un momento di approfondimento.

E al Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani ci troviamo con  Sohelia e Razi Mohebi, giovani registi afghani che vivono a Trento. Di Afghanistan ce ne occupiamo solo quando muoiono i soldati italiani, ultimamente nemmeno più per questo. Con loro discutiamo su come provare ad avere un diverso sguardo su quel paese, magari spostando l'attenzione verso la vita quotidiana delle persone, la cultura, pensando sin d'ora al dopoguerra. Che cosa rimarrà dell'Afghanistan nel 2014 dopo quarant'anni di occupazione militare, prima sovietica e poi occidentale? Ne viene fuori una proposta per la tarda primavera, immaginando di dedicare alle immagini e alle testimonianze di questo paese un incontro presso il Cafe de la Paix, in collaborazione con l'associazione "i313" di Torino. E di un lavoro di relazioni più stabili da mettere in campo fra il Trentino e il loro paese, coinvolgendo l'Università, il Filmfestival internazionale della montagna, le associazioni ambientaliste.

Condivido alcune considerazioni sul tema della memoria con il direttore del Museo Storico del Trentino Giuseppe Ferrandi che diventano uno scritto per l'Adige (che trovate nella home page). Vorremmo che questo tema potesse dare cittadinanza a quello (decisivo) dell'elaborazione del conflitto che nell'epoca del fare e dell'emergenza fatica a trovare posto.

E poi vado al sit-in silenzioso promosso dalle donne e dalla società civile davanti al Commissariato del Governo di Trento. C'è tanta gente, ma pochi giovani. Con le molte persone con le quali scambio qualche parola emerge la difficoltà del momento, tanta indignazione e la rabbia verso il degrado morale e l'arroganza. Ma anche uno smarrimento diffuso e in pochi sembrano interrogarsi davvero sul nodo di fondo e cioè su come è cambiato in profondità questo paese negli anni del berlusconismo.

Lo smarrimento appare più forte quanto lo sono i luoghi comuni, tanto dell'antiberlusconismo come del mugugno verso una sinistra la cui inadeguatezza è pure sotto gli occhi di tutti. Amici che non vedo da tempo mi guardano con aria interrogativa, come se dalla politica non si aspettassero più nulla, qualcuno mi chiede una buona ragione per continuare ad iscriversi al PD. Ho come l'impressione che, di fronte alla sconfitta, non la si sia mai accettata nella sua profondità culturale. O forse pensiamo che se i giovani non sono qui a manifestare con noi, sia solo colpa del "Grande Fratello" e del potere mediatico?

Quando finita la manifestazione me ne torno a casa, butto giù qualche appunto. E' di un'altra narrazione che abbiamo bisogno, che rifletta su quel che è avvento nel corso degli ultimi anni ed insieme capace di proporre un altro scenario.

Leggo l'ultimo libro di Edgar Morin, "La mia sinistra" (Erickson). Morin è stato in questi anni un continuo punto di riferimento. La lettura del suo "Autocritica" stimolo ad un'elaborazione che ha cercato di essere sempre originale. Ora non trovo la fertilità di un tempo. Finita la lettura, ne parleremo magari coinvolgendo l'amico Riccardo Mazzeo che ne ha curato l'edizione.
giovedì, 27 gennaio 2011Tien an men

La giornata della memoria occupa tutti i giornali, le reti televisive, i network. Meglio così, ovviamente. Anche se l'accostamento fra Auschwitz e Villa San Martino ad Arcore nella scaletta dei notiziari fa rabbrividire. Ne voglio scrivere, perché avverto una sorta di paradosso fra l'attenzione dei media e l'imbarbarimento che pervade questo paese.

Arrivo in Consiglio e, positiva coincidenza, viene trattata la mia interrogazione sulla pista di sci intitolata alla "strafexpedition" in quel di Folgaria. La giunta provinciale condividendo la motivazione della mia interrogazione s'impegna a muoversi affinché sia posto rimedio a questa scelta (della Carosello Ski). Bene dunque, ma anche qui mi viene spontaneo di interrogarmi (e lo dico apertamente nella mia replica) quale sia il contesto culturale in cui una decisione di questo tipo possa essere stata assunta. Cosa sulla quale occorrerebbe riflettere, se non altro per cercare di capire come questo paese sia cambiato.

Alle 10.40 m'incontro con una quinta classe delle ITI di Trento in visita al Consiglio Provinciale. Hanno assistito a qualche battuta iniziale della riunione odierna del Consiglio ed ora gli racconto qual è il lavoro di un consigliere, quali gli strumenti a disposizione, quali gli argomenti che vengono affrontati in base alle nostre competenze autonomistiche. Parlo con loro in maniera semplice, vedo che mi seguono, ma è difficile farli parlare, non so se per timidezza o perché non sanno nemmeno loro che cosa ci sono venuti a fare in Consiglio.

Un ragazzo mi chiede quali sono gli strumenti di comunicazione fra un cittadino e un consigliere. Parlo dei media e parlo delle forme anche nuove di contatto, come ad esempio il blog. Racconto di questo mio diario e che ne avrei parlato di questa stessa visita. Provo ad incuriosirli parlando di come viene retribuito il nostro lavoro di consiglieri, ma anche qui l'unica cosa che uno studente mi chiede dopo avergli raccontato che rinuncio a meta della mia indennità, scherzosamente ma anche con un po' di vena polemica, è il mio numero di bancomat. Penso a quando ero in quinta superiore e a quanto sarebbe stata ghiotta un'occasione così per cercare di mettere in difficoltà un rappresentante politico. Non nascondo che mi rimane un po' di sconcerto.

Tutt'altro clima (e colore) fra i cinquecento giovani in partenza per Cracovia e Auschwitz che di lì a poco trovo riuniti in assemblea grazie all'iniziativa di Terre del Fuoco e della Provincia Autonoma di Trento. Un viaggio importante, che può cambiare lo sguardo sul mondo di questi giovani cittadini. Riuniti ad ascoltare le canzoni di Fabrizio de André e le riflessioni sul giorno della memoria che proviamo a buttare lì. C'è molta attenzione e gli spunti non mancano negli interventi per quanto brevi dei relatori. Provo a parlare di un viaggio non sia solo nella memoria degli avvenimenti ma anche nella responsabilità, in quella colpa politica di chi votò per il nazismo e il fascismo,  e in quella morale di chi, pur sapendo, non ebbe il coraggio di alzare un dito per evitare che accadesse. Un viaggio anche nella banalità del male che ci portiamo dentro e che si manifesta ogni qual volta giriamo il nostro sguardo altrove. Messaggio complesso che francamente non credo di essere riuscito a trasmettere. Non fa niente, l'importante è che questa esperienza entri in profondità, dia loro il senso della storia e del nostro esserne parte.

A vederli tutti insieme, con i loro zaini in spalla dirigersi verso la stazione, mi inducono a guardare le cose con un po' più di ottimismo. E importante questo disporsi al partire e al mettersi in gioco, all'indignarsi e al meravigliarsi.

Un panino e poi alla riunione della maggioranza in Consiglio provinciale. Ci sarebbe bisogno come il pane di vedersi e scambiarsi idee o semplicemente sensazioni, oltre che a condividere le scelte di governo come ci propone il presidente Dellai, ma la riunione è lo specchio di una maggioranza che fa da cassa di amplificazione alle polemiche giornalistiche piuttosto che porre ed affrontare i nodi che abbiamo davanti. Anche in questo, comunque, emerge una domanda chiave: assecondare gli umori o farsi carico?

Veniamo da un confronto sulla finanziaria ma sembra quasi che quel passaggio nemmeno ci sia stato, tanto ognuno stava appresso alle proprie cosette. Come al solito l'argomentare è più sul metodo che nel merito. Mi spiace ma non sono d'accordo con questa vuota lamentazione. Temo che questo sia lo stato della politica.

La giornata prevede dell'altro, ma per oggi ne ho abbastanza.

 

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mercoledì, 26 gennaio 2011con la torre scenica questa immagine sarà compromessa

In Consiglio provinciale c'è melina attorno alla questione della nomina del nuovo presidente del Consiglio. Dopo innumerevoli incontri si raggiunge un accordo, ma solo relativo alla procedura dei lavori: subito le dimissioni del presidente Kessler e poi nuova convocazione del Consiglio per il 14 febbraio con un solo punto all'ordine del giorno, la nomina del nuovo presidente. Non ci sono garanzie che l'opposizione rimarrà in aula, ma è anche vero che ben difficilmente potrebbero motivare un atteggiamento di ostilità e di paralisi dei lavori del Consiglio.

Nell'intervallo dei lavori del Consiglio piccola parentesi balcanica attorno alla figura di Aleksandar Hemon, scrittore bosniaco nato a Sarajevo 46 anni fa. Arrivato nel 1992 negli Stati Uniti come giovane giornalista, la guerra gli cambia la vita ed ora è uno scrittore affermato in tutto il mondo. In Italia sono stati pubblicati la raccolta di racconti Spie di Dio (2000) e i romanzi Nowhere man (2004) e Il progetto Lazarus (2010). Hemon ha vissuto la sua giovinezza nei pressi di Prnjavor, figlio di quella "piccola Europa", come veniva chiamata quella parte di Bosnia colonizzata dopo la cacciata dei turchi delle tante minoranze povere dell'impero austroungarico (suo padre è di origine ucraina), compresa quella trentina. Con l'Osservatorio Balcani Caucaso e con la Trentini nel Mondo ci potrebbe nascere una triangolazione storico letteraria. Interessante.

Riprendono i lavori del Consiglio, un ricorso sulle competenze in campo energetico a tutela della nostra autonomia diventa oggetto di una polemica con l'opposizione che porta via l'intero pomeriggio. Parallelamente ho un'incontro con l'assessore Marta Dalmaso e l'assessore Lia Beltrami su Millevoci. Come Forum abbiamo posto già un anno fa di andare alla rivisitazione del protocollo che più di dieci anni fa diede il là a questa esperienza sull'integrazione scolastica. In questo tempo è cambiato tutto e dunque rimetterci mano è doveroso, per un bilancio dell'esperienza come per interrogarsi sul ruolo attuale. Ma niente affatto semplice, specie se ci sono di mezzo temi interdisciplinari che corrispondono a competenze assessorili. Proviamo a capirci e riprendiamo il lavoro.

A fine lavori del Consiglio mi viene a parlare Martina Pignatti di "Un ponte per...". L'ho conosciuta a Pisa qualche tempo fa dov'ero stato invitato a parlare di cooperazione internazionale. In questi giorni è a Rovereto per l'attività formativa sul servizio civile. E di questo parliamo, anche perché con il consigliere Civico stiamo lavorando ad un Disegno di legge in materia. Parliamo anche di Medio Oriente e dei progetti che abbiamo in cantiere.

La giornata si conclude a Pergine Valsugana, dove con il capogruppo Luca Zeni c'incontriamo con il Comitato che ha avviato l'iniziativa contro la realizzazione del nuovo teatro all'aperto, contestandone la sostenibilità economica e la scelta urbanistica. Nei mesi scorsi hanno raccolto migliaia di firme per mettere in discussione l'opera e un po' ci sono riusciti, perché ne ha parlato la Terza Commissione legislativa provinciale esprimendo la necessità di una verifica attorno ai dubbi sollevati ed è in atto un ripensamento della Giunta su un'opera che si profila impattante e costosa (oltre i 10 milioni di euro). Ribadiamo loro che investire in cultura è una scelta strategica, ma che questo non può avvenire in spregio all'ambiente e a prescindere da un'attenta valutazione sui costi. Specie per un'opera che si vorrebbe a carattere provinciale (sarebbe la più grande struttura di questo tipo in Trentino) ma di natura privata. Condividiamo i timori, anche se la situazione è complicata dal fatto che la giunta locale di centrosinistra si è schierata a favore dell'opera. Ma anche qui qualche crepa si apre. Proprio nei giorni scorsi il nuovo segretario di Pergine del PD, nel suo documento programmatico, ha sollevato dubbi e criticità, condivisi dall'assemblea e anche dalla delegazione di giunta. Insomma, dopo la vicenda di Calceranica (un'opera speculativa bloccata grazie all'opposizione del PD) si apre un nuovo terreno di confronto duro con l'amministrazione locale. Non sarà facile spuntarla, ma vediamo quel che si può fare.

E' tardi quando arrivo a casa. Riesco ancora a vedere qualche scampolo di tempi supplementari di Napoli Inter. Il Napoli meriterebbe di vincere ma non sarà così. Peccato, amo quella città e sin da ragazzino il Napoli è la mia squadra del cuore.
martedì, 25 gennaio 2011foto di Carlo Nardelli

La settimana è iniziata in maniera travolgente. Lunedì una riunione appresso all'altra. Martedì l'avvio di una complicata sessione del Consiglio Provinciale. Cercherò di fare una sintesi essenziale anche perché mentre sto scrivendo incombono gli impegni di una nuova giornata.

L'efficacia delle iniziative del Forum dà i suoi frutti non solo sul piano della partecipazione agli eventi. C'è un fare sistema fra le associazioni che mi sembra davvero importante, soprattutto laddove queste rappresentano sensibilità culturali com'è nell'agire del "Gioco degli Specchi". Con Maria Rosa Mura ci incontriamo per sintonizzare le attività della loro associazione e per provare a dare voce ad una diaspora afgana da cui dipenderà almeno in parte il futuro di quel paese da trent'anni dilaniato dalle invasioni barbariche, prima sovietiche e poi occidentali.

E c'è un fare sistema con gli eventi di qualità del Trentino. Il Filmfestival internazionale della Montagna chiama il Forum per parlare delle iniziative che possono interfacciare i nostri mondi. Hanno sentito parlare del "Cafe de la paix" e questo luogo nelle loro intenzioni potrebbe diventare in prospettiva un agorà nel cuore della città per i loro eventi. Anzi, ci chiedono che già lo sia nella prossima tarda primavera. La cosa ci entusiasma ma non sarà facile perché non abbiamo ancora stabilito chi sarà il soggetto gestore, a cui seguiranno i lavori di messa a norma dei locali di Passaggio Teatro Osele e di allestimento vero e proprio.

Di questo parliamo nell'incontro che segue con i rappresentanti dell'associazione che ha avanzato la proposta di gestione del "Cafe" e che presenteremo nel Consiglio del Forum il prossimo 7 febbraio chiamato a dare il là all'iniziativa. Sono proprio felice nel vedere che un'idea che coltivo già da qualche anno si sta concretizzando.

Vado alla riunione del Gruppo consiliare del PD del Trentino. Qui lo scenario è la sessione del Consiglio  provinciale chiamata l'indomani fra le altre cose ad eleggere il nuovo presidente dell'assemblea dopo le dimissioni di Giovanni Kessler. Snodo non semplice anche perché richiede la presenza in aula al momento del voto della maggioranza qualificata degli eletti, ovvero 24 consiglieri. Significa in buona sostanza che da solo il centrosinistra autonomista non ha i numeri e dunque è necessario trattare con le opposizioni. Ovviamente non è solo una questione di numeri, ma anche di un corretto rapporto fra maggioranza e minoranze.

Conclusa la riunione di gruppo ho una serie di appuntamenti. Fra questi quello con una giovane ricercatrice, si chiama Deborah ed intende realizzare uno studio sulle dinamiche interne al Gruppo consiliare del PD del Trentino e delle sue relazioni con gli amministratori e il partito. Si tratta di una serie di interviste-colloqui con ciascun consigliere, con il personale del Gruppo, ma anche con singoli iscritti, poter assistere a qualche riunione del Gruppo consiliare, avere un momento di confronto collettivo. Sono incuriosito della cosa, perché uno sguardo esterno può essere tutt'altro che banale per darci consigli o anche solo una visione eccentrica del nostro lavoro.

Certo è che se un giovane venisse in Consiglio ad assistere ai lavori del giorno successivo, la distanza dalla politica non potrebbe che crescere. Perché lo spettacolo è avvilente. Nello svolgersi delle cose, nelle parole che vengono usate, nei rituali del mostrare i muscoli che la diretta televisiva induce in chi non smette mai di sentirsi in campagna elettorale. Parole e rituali della guerra, della cui cultura le forme della politica sono pregne. Così la prima giornata di Consiglio scorre fra schermaglie inutili, riunioni di capigruppo o di minoranze, fin quando i lavori vengono sospesi. Ci riproveremo domani, ma tutto ci dice che prima della metà di febbraio non avremo il nuovo presidente. E così l'antipolitica avrà buoni argomenti per dilagare ancora di più.

Per fortuna c'è una politica che si svolge anche fuori di qui, nella ricerca e nell'elaborazione, nel dotarsi di strumenti di relazione con il prossimo, nell'incrociare gli sguardi fra mondi diversi, nell'impegno sul terreno della pace e dei diritti umani ed altro ancora. Lo sguardo di Deborah era stupito quando le ho mostrato questo sito, il diario politico quotidiano, le attività del Forum per la Pace e l'itinerario della Cittadinanza Euromediterranea, il mio impegno verso l'area balcanica, l'iniziativa ed il sito di "Politica è Responsabilità".

Dove da lunedì il direttore a rotazione è Lorenzo Dellai con una tesi sulla terza via, fra dittatura del Pil e decrescita. Il dibattito sta prendendo corpo così come il numero dei visitatori. Piccole soddisfazioni.
domenica, 23 gennaio 2011foto Ansa

Domenica pomeriggio, ore 14.00. I tunisini del Trentino s'incontrano per discutere attorno alla rivoluzione democratica che sta avvenendo nel loro paese d'origine. Anch'io sono lì, come segno d'attenzione nei loro confronti, per ascoltare e cercare di capire, ma l'amico Saadi mi chiede di portare un saluto. Cerco di comunicare l'attenzione con la quale seguo gli avvenimenti, il valore che quel che sta accadendo assume non solo per la Tunisia ma per l'insieme dei paesi della sponda meridionale del Mediterraneo. E anche per noi, per un paese come l'Italia che sta smarrendo il proprio senso civico. E l'importanza di una sollevazione popolare partecipata, plurale, pacifica e laica, per avviare una transizione che porti alla costruzione in Tunisia di uno stato di diritto.

Quella dei gelsomini è una rivoluzione spontanea, persino inaspettata, che nasce dal profondo della società. Senza nemmeno un giornale di opposizione o un gruppo dirigente in grado di prendere nelle sue mani il destino di questo paese messo sotto tutela dal potere famigliare e dispotico della cricca di Ben Ali al potere ininterrottamente dalla fine del 1987.

Oppositori in prigione, intellettuali esuli, partiti corrotti, complicità internazionale ... di questo parlano le persone presenti alla sala della Cgil del Trentino. Qualcuno è indignato per le parole della sottosegretaria agli esteri del governo italiano Stefania Craxi favorevole all'accoglimento in Italia del dittatore fuggiasco. Francia e Italia in questi anni hanno fatto a gara su chi esercitava maggiore influenza politica ed economica su questo paese ed il risultato è sotto gli occhi di tutti: un paese ricco di risorse, di agricoltura, di pesca e di turismo, messo in ginocchio dagli affari della nomenclatura e dal malgoverno.

Sì, un paese ricco di risorse materiali ed umane, una popolazione con un alto livello di scolarità, con una storia importante di crocevia del Mediterraneo. Che non avrebbe bisogno di aiuti internazionali, ma di valorizzare tutto quel che può mettere in campo con l'orgoglio di una nazione ferita ma capace di rimettersi in piedi con le proprie forze.

Parlo loro della mia unica visita a Tunisi, nell'ormai lontano 31 dicembre 1987, quando andai a incontrare l'allora numero due dell'OLP Abu Jihad, responsabile della prima intifada e personaggio molto stimato dalla sua gente. In quella casa alla periferia di Tunisi dove incontrai il dirigente palestinese, solo qualche mese più tardi, con un'operazione di totale black out i servizi israeliani massacrarono lui e la sua famiglia. So di toccare un tasto profondo perché la causa palestinese è neiloro cuori.

Emerge il bisogno di un'alternativa laica tanto ai vecchi regimi quanto al diffondersi del fondamentalismo. Ma anche che un vero governo di transizione (non quello attuale, considerato la lunga mano del vecchio regime) sia capace di dialogo e di riconciliazione, nella consapevolezza che quel regime - come spesso accade - ha goduto di un consenso diffuso. Avverto nei loro interventi maturità ed il voler farsi carico della delicatezza della situazione. Intendono costruire in Trentino un comitato di sostegno alla rivoluzione democratica. Che non potrà nascere senza quella parte del cielo (le donne tunisine) che è in prima fila nelle manifestazioni ma che oggi qui, in questa sala, non c'è, quasi che il cambiamento di questo paese potesse prescinderne. 

 

venerdì, 21 gennaio 2011fine secolo

Una delle cose interessanti di quel che stiamo facendo con il programma "Cittadinanza Euromediterranea" del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani è quella di cercare di dare un altro volto alla pace. Non quello di rincorrere gli avvenimenti, bensì quello di essere noi ad indicare un'agenda di riflessione, di conoscenza, di suggestioni che ci permettano in primo luogo di comprendere il presente attraverso le chiavi di lettura della storia, dei saperi che si sono intrecciati, dei pensieri che sono caduti nell'oblio, delle geografie che andrebbero riscoperte nel loro fascino.

E' un volto che cerca dunque di non essere subalterno, di avere un suo profilo originale. Non so quanto questo venga percepito, ma spero di sì. Ne ho una piccola prova nel girovagare per il centro cittadino con Paolo Rumiz e nell'incontrare persone che la sera precedente erano al Castello del Buonconsiglio per la Cotogna di Istanbul e che ci ringraziano per le suggestioni proposte. O nel visitare l'antica sede della SAT, dove le storie di montagna s'incontrano con le narrazioni dei luoghi della guerra.

Il fatto poi che questo contenitore si arricchisca di giorno in giorno di nuove proposte mi fa ben sperare. Mi telefonano dal Filmfestival internazionale della Montagna per intrecciare il loro evento annuale con la nascita del "Cafe de la Paix". Ma in questa direzione va ad esempio l'incontro con Tommaso Iori e Mattia Pelli, giovani ricercatori che stanno lavorando sulle tracce della cultura romanì in Trentino e in Europa. Con un taglio che condivido molto, ovvero di non parlare per una volta dell'emarginazione subita ma piuttosto di storie positive di integrazione nel rispetto delle culture. Oppure nell'incontro con il direttore del Museo Storico del Trentino Giuseppe Ferrandi nella collaborazione sulle rotte dell'emigrazione trentina, immaginando di mettere in campo un viaggio/evento dedicato al racconto dell'esodo trentino verso Stivor, in Bosnia Erzegovina. O con il responsabile del costruendo Tavolo Balcani Mauro Cereghini che mi propone il tema della difesa degli ebrei d'Albania sottratti al campo di concentramento nella seconda guerra mondiale. Mi riprometto in questi giorni di rivedere i responsabili della comunità sarda in Trentino per riannodare un legame scritto nella storia amara di migliaia di giovani mandati al massacro sull'altipiano durante la grande guerra, perché dobbiamo sapere che una parte significativa delle vittime della "Strafexpedition" - tanto per tornare alle polemiche di questi giorni dopo l'intitolazione di una pista da sci sulle montagne di Folgaria - erano proprio i figli dell'amata Sardegna.

A Folgaria, dove sono per presentare l'"Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo" nell'ambito della Festa Neve, mi avvicinano diverse persone a dirmi che ho fatto bene a prendere posizione contro quella vergogna. E devo dire che un po' mi stupisce che fra questi vi siano anche persone influenti, che di quegli impianti sono stati i promotori. Forse dovrebbero chiedersi di quale cultura sia figlia quella decisione...

E' di narrazioni profonde che si nutre la ricostruzione di un tessuto culturale, sociale e politico di questo paese. Un lavoro lungo, ben diverso dall'illusione che le vicende di queste settimane sull'immoralità di chi ci governa possano rovesciare una sconfitta che invece ha cambiato in profondità il modo di essere e di sentire degli italiani. Lo dico senza infingimenti, mentre ascolto l'accorato intervento di Rosy Bindi nell'affollata sala di Folgaria. Quando il PD e il centrosinistra capiranno che non si è perso per sbaglio? Che la gente ha votato per Berlusconi e Bossi perché era d'accordo con loro, con i loro modelli, con i loro egoismi, con la loro narrazione. Volgare e cattiva fin che volete, ma che prova a rassicurarli verso paure che noi sappiamo solo esorcizzare o, ancora peggio, assecondare.

Serve un'altra narrazione, che sappia fare i conti con le profonde trasformazioni in corso, che non riproponga gli schemi di sempre, che faccia leva sul senso di responsabilità che ognuno deve avere verso il carattere limitato delle risorse, verso la necessità di fare posto a tutti su questo pianeta, verso la pace come progetto di sobrietà, verso la cultura come unico vero antidoto contro la barbarie.

Occorre "darsi il tempo", non il colpo di teatro che ci riporti al governo. Perché fra un governo Berlusconi e l'altro al governo ci siamo stati e non abbiamo combinato granché.
mercoledì, 19 gennaio 2011Castello del Buonconsiglio, la sala gremita

La serata al Castello del Buonconsiglio con Paolo Rumiz è davvero interessante. Una sala gremitissima di persone, che hanno scelto di uscire di casa nel freddo invernale e preferito la presentazione di un libro al gossip berlusconiano offerto in tutte le salse. Un pubblico attento e preso dal racconto dell'autore. E, con il racconto, cercare di capire. Ciò che si fatica a fare nella melassa che rende opaco questo tempo.

Una serata dove, a partire dal racconto di una storia d'amore, si è parlato di vicende storiche, di geografie, di letteratura, di culture materiali, di attualità politica. Il racconto come narrazione politica. Perché anche questa è una possibile chiave di lettura della "ballata" intitolata "La cotogna di Istanbul". Un modo diverso per entrare in un pezzo di storia non elaborata, qual è la guerra balcanica degli anni '90 e attraverso di essa nella vicenda europea.

"Da nessuna parte puoi capire meglio il destino d'Europa" dice Maša parlando di Sarajevo. Ed il rammarico che porto con me è proprio questo, quello di non essere riuscito a trasmettere e far recepire i tanti messaggi che in questi anni i Balcani ci hanno  inviato: la natura postmoderna di quegli avvenimenti, il carattere di nuove guerre che si accaniscono contro i luoghi della cultura e della storia più che contro l'esercito avverso, il conflitto fra città e campagna che poi abbiamo ritrovato nei tratti dello spaesamento che hanno devastato il nord di questo nostro disgraziato paese, la "krčma" ovvero la locanda, tanto simile all'osteria sotto casa, i luoghi dove gli umori diventano rancore e il rancore diviene progetto politico. C'era la possibilità di capire in anticipo quel che sarebbe accaduto, i rituali e i miti che hanno accompagnato l'ascesa della Lega, i processi di finanziarizzazione dell'economia così fortemente intrecciati con la criminalità economica... la possibilità di uno sguardo diverso sul nostro presente.

In pochi ci abbiamo provato. Paolo Rumiz fra questi. Di tutto questo ci racconta il libro di Rumiz... e anche di altro: immagini che toccano corde profonde, la bellezza e il fascino di luoghi conosciuti, il profumo di primaverile di Mostar, i segreti della bosanska kafa... che poi è il tempo per guardarsi negli occhi, di scrutare l'orizzonte, di evitare gli stereotipi, di non rincorrere le prime pagine dei giornali.

La storia di Maša affascina i presenti  e lì fa entrare nello spirito di una cittadinanza euro mediterranea che si nutre di storie non raccontate, di dettagli ai più sconosciuti, di passaggi di tempo, di luoghi di mezzo. Era quel che volevamo e forse un po' ci stiamo riuscendo. Rimane un briciolo di amarezza nel vedere come, fra tanta gente, la politica sia altrove, testimonianza di un'aridità che deve farci riflettere. Perché è principalmente di questo che avrebbe bisogno, sguardi e visioni per abitare il proprio tempo.

 

lunedì, 17 gennaio 2011Pergine

Il capo del regime tunisino Ben Ali è fuggito in Arabia Saudita. Nelle scorse settimane sembra avesse dirottato negli Emirati Arabi un'immensa fortuna, alla faccia della gente del suo paese che vive in uno stato di crescente miseria. Ne parliamo con Saadi Brahmi e con Giorgio Tonini, per capire che cosa può mettere in campo il Parlamento italiano affinché la fase di transizione che la fuga di un presidente sostenuto per anni da Italia e Francia diventi una reale occasione di partecipazione democratica. Perché la preoccupazione più vera della piccola comunità tunisina presente in Trentino (circa 1.800 persone) è che effettivamente di transizione si tratti e non invece di un'operazione di camaleontismo. "E' caduto il dittatore, ma non la dittatura" gridano in queste ore nelle strade di Tunisi. Si troveranno il giorno seguente a parlarne e non sarà una discussione facile, considerato che anche i regimi più duri si sono mantenuti al potere grazie ad un consenso diffuso. Ed anche il governo provvisorio, proprio per la presenza di personaggi di spicco del vecchio regime, sembra destinato ad aver vita breve.

M'interrogo su come la nostra comunità possa sostenere questo processo, come favorire una primavera democratica dopo anni di oblio della democrazia. Ne parleremo al Consiglio del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani e provo a mettere giù qualche idea.

Nel fine settimana trovo finalmente il tempo per scrivere l'appello che il Forum, insieme alla Fondazione Opera Campana dei Caduti e al Consorzio dei Comuni del Trentino, lancerà a breve per dare vita ad una camminata per la pace che coinvolga in primo luogo gli amministratori locali trentini che a piedi dai loro comuni raggiungeranno il Colle di Miravalle a Rovereto. L'intento è quello di un momento di riflessione insieme individuale e collettiva affinché s'abbassino i conflitti ed insieme le voci gridate, perché la pace richiede capacità di dialogo e di comprensione. Avendo sullo sfondo la marcia Perugia - Assisi che nel 2011 compie cinquant'anni e i vent'anni della legge istitutiva del Forum. Ne esce un testo che mi sembra efficace e che sottopongo ai miei interlocutori con i quali andremo ad organizzare a maggio questo inedito evento, dopo che lo scorso anno un piccolo gruppo di consiglieri del Comune di Trento hanno aperto la strada.

Lunedì si riprende l'attività consiliare. La Terza Commissione legislativa si riunisce per l'intera mattinata con all'ordine del giorno l'esame del DDL della Giunta che modifica la normativa provinciale sui lavori pubblici e gli appalti impugnata in alcuni suoi articoli dalla Corte Costituzionale; il parere sul ricorso della PAT sull'impugnativa, sempre da parte della Corte Costituzionale, sulle competenze provinciali in materia di energia; la proposta di piano di riorganizzazione societaria nel settore dell'intermodalità. Il dibattito si accende sul tema della realizzazione del nuovo teatro all'aperto di Pergine Valsugana, iniziativa che ha determinato una forte reazione pubblica in relazione all'impatto urbanistico della struttura (la cui torre scenica tocca i 29 metri d'altezza, a ridosso del castello di Pergine) e della sua sostenibilità economica.

Ribadisco nel mio intervento come la scelta di investire in cultura sia giusta e condivisibile, ma che questa non può avvenire in dispregio del territorio e senza un impegno serio da parte della comunità locale e provinciale affinché l'impegno finanziario (si parla di 10 milioni di euro) non diventi un gorgo senza fine di denaro pubblico. Mi fa piacere che una scelta che solo qualche settimana appariva irreversibile oggi sia vagliata attentamente da parte della Giunta provinciale motivando così una fase di verifica, peraltro condivisa dalla quasi totalità dei commissari. In serata ne discuterà anche il Consiglio Comunale di Pergine, ma la pressoché unanime richiesta di verifica emersa dalla Commissione provinciale non troverà riscontro in Comune dove l'unica voce critica è quella della Lega. Davvero non capisco come i consiglieri e il circolo del PD locali non avvertano le molteplici criticità che questa operazione sta evidenziando. E così il disagio verso la politica va a nozze.

Discutiamo infine di orsi. Secondo i responsabili del ripopolamento delle nostre montagne, oggi gli esemplari presenti sul nostro territorio vanno da un minimo di 27 a un massimo di 31 soggetti. Insomma non si trovano poi tanto male. Chi invece vive come ingombrante questa presenza sono le comunità locali, che si vedono minacciate dalle incursioni negli ovili e pollai o nella distruzione delle arnie. In realtà non c'è mai stato in questi anni alcun episodio di aggressività da parte di questi animali e non si capisce bene quanta sia la paura e quanto invece la strumentalità di chi sulle paure ci gioca. Il paradosso è che i soggetti considerati "pericolosi" sono quelli che mostrano maggior socialità. L'orso è scomparso dalla nostra provincia in primo luogo per effetto della caccia e successivamente per una progressiva antropizzazione che ne ha ridotto lo spazio vitale. E quando lo spazio non c'è, semplicemente se ne va. Ho come l'impressione di trovarmi di fronte ad una metafora del nostro tempo.

 

venerdì, 14 gennaio 2011Mirò

Il focus della giornata è il tema dell'apprendimento permanente. L'incontro che si tiene nel primo pomeriggio alla sede del PD del Trentino è il quarto appuntamento di un gruppo di lavoro che si è messo all'opera su mia proposta nell'autunno dello scorso anno. Coinvolti sino a questo momento nei vari incontri Edoardo Benuzzi, Antonio Colangelo, Marta Dalmaso, Giuseppe Ferrandi, Chiara Ghetta, Michele Ghezzer, Dario Ianes, Franco Ianeselli, Paolo Malvinni, Ugo Morelli, Edoardo Nicolussi, Ilaria Pedrini, Michele Toccoli, Adriano Tomasi, Alberto Tomasi.

Bisogna dire che il tema della conoscenza, e dunque degli strumenti attraverso i quali una comunità si attrezza ad abitare un tempo in continua e rapida trasformazione, è all'ordine del giorno. Non c'è stata relazione programmatica della PAT negli ultimi due o tre anni che non abbia fatto riferimento al campo della conoscenza come strumento primo per affrontare la crisi. Nelle forme dell'innovazione, della creatività, della cultura, dei saperi del territorio, delle trasformazioni tecnologiche, della rimotivazione delle persone nei loro percorsi professionali... Ciò nonostante siamo in presenza di una tendenza all'omologazione, allo spaesamento, all'analfabetismo di ritorno.

Sono venuti meno anche i luoghi dove l'apprendimento nel corso della vita avveniva in maniera diffusa, partiti, sindacati, associazioni, movimenti... le stesse istituzioni hanno da tempo smesso i panni di strumenti per una diffusa pedagogia civica.

Occuparsene per una comunità come la nostra diventa essenziale. Ed ecco dunque il senso di questo impegno. Due sono le coordinate sulle quali stiamo lavorando. La prima è dare piena attuazione alla LP 5/2006 (la legge Salvaterra sulla scuola) laddove in maniera puntuale agli articoli 68 e 69 si prevedono azioni attive sul tema dell'educazione permanente. Siamo qui nell'ambito del sistema educativo provinciale: la scuola serale finalizzata al conseguimento di un titolo di studio, l'educazione degli adulti, il rapporto fra la scuola e il territorio, la formazione e la riqualificazione professionale. Per non parlare dell'accesso degli adulti ad una formazione di tipo universitario, ai master post universitari, ai luoghi di formazione delle eccellenze. Temi sui quali la Legge 5 è rimasta un po' sulla carta pur essendo molte le forme attraverso le quali si articolano le proposte formative sul piano provinciale. Anzi, qui in primo luogo occorre una ricognizione dell'esistente e l'informazione sulle opportunità formative attivate. Su tutta questa parte della materia, durante il dibattito sull'ultima finanziaria, è stato approvato un mio emendamento che obbliga la PAT ha definire entro 180 giorni dalla sua approvazione gli indirizzi programmatici attuativi degli articoli 68 e 69 della LP 5/2006.

La seconda coordinata riguarda l'educazione permanente informale, potremmo definirlo l'apprendimento "per stare al mondo", "gli strumenti" come abbiamo detto negli incontri "per rimettersi in gioco". Qui parliamo delle occasioni individuali o collettive per accrescere la propria conoscenza, quand'anche slegate da uno specifico riconoscimento, ma non per questo non riconoscibili: non solo la cultura generale, l'educazione alla lettura, le occasioni letterarie, l'approccio alle forme artistiche, il teatro, il viaggio, ma anche la possibilità di darsi una seconda o terza chance anche sul piano professionale. E poi tutto il complesso mondo del volontariato e dell'associazionismo che rappresenta in sé una fonte di accrescimento esperienziale ma che viene supportato sempre più frequentemente anche da specifiche attività di formazione a vari livelli.

Rientrano in questo campo realtà come le biblioteche, l'università della terza età, la formazione alla solidarietà internazionale, le scuole e gli spazi legati alla ricreatività. Interessante l'esperienza dei Circoli di studio, presenti in diverse regioni italiane (sostenuti, come in Toscana, da una specifica legislazione regionale) e a livello europeo (penso alla Svezia dove in un anno vengono attivati 360.000 circoli. Così come l'esperienza delle "fabbriche della creatività" che si stanno sviluppando in Europa e che hanno trovato in Trentino una possibile declinazione con il progetto "Anima Mundi" che abbiamo presentato anche su questo blog.

Come si può comprendere si tratta di uno spazio straordinariamente vasto, che richiede un'apposita iniziativa legislativa che stiamo cercando di approntare (...le vostre idee sono davvero benvenute). Ma prima di passare alla fase legislativa decidiamo che vale la pena proporre un convegno dedicato al tema, dando la parola alle esperienze italiane ed europee che ci possono aiutare. Insomma, un cantiere aperto.

Mi piacerebbe che questo fosse un po' l'orizzonte della discussione sulla vicenda Fiat, ma così non è affatto. In serata arriverà l'esito dello scrutinio del referendum. Come avevo immaginato il divario fra i sì e i no all'accordo è risicato. Personalmente non ho fatto il tifo né il no, né per il sì, considerando questa consultazione di per sé una sconfitta, condizionata dal ricatto come dall'incapacità di uscire da uno schema di relazioni industriali di tipo novecentesco. Di buono c'è che l'esito del voto dei 5.000 lavoratori di Mirafiori non permette a nessuno di cantare vittoria: né ai cultori della deregolazione, né al conservatorismo corporativo quando un'intera società, dai giovani al precariato diffuso, è già ampiamente nel sistema Marchionne.

Lo vado ripetendo da mesi. Occorre un salto di pensiero, tanto nell'interpretazione di quel che accade come nelle strade per venirne  a capo. In assenza del quale le contraddizioni si presenteranno nelle forme spurie e corporative della guerra fra poveri.

 

giovedì, 13 gennaio 2011crepuscolo degli dei

Ad Andalo c'è la neve e finalmente anche il sole. Le vette del Brenta forniscono uno scenario molto bello ed è in questa cornice che si svolge Isodarco, la Scuola internazionale sul disarmo e la ricerca sui conflitti promossa dall'Unione scienziati per il disarmo, in collaborazione con l'Università di Tor Vergata e di Trento, Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani, Fondazione Opera Campana dei Caduti, quest'anno giunta alla sua ventiquattresima edizione dedicata al tema "Eliminating Nuclear Weapons and Safeguarding Nuclear Technologies". Ottanta studiosi provenienti da ogni parte del mondo a confronto sui temi del nucleare, della proliferazione degli armamenti, delle nuove frontiere della tecnologia nucleare.

Con il reggente  della Fondazione Campana Alberto Robol siamo qui a discutere con Carlo Schaerf (direttore del corso) e Mirco Elena (lo studioso trentino a cui si deve tutto questo) attorno agli obiettivi del corso e sulle linee di lavoro per l'edizione del prossimo anno. Una discussione interessante nella quale fra l'altro ci si confronta sul ruolo che Isodarco potrebbe avere nel quadro del riconoscimento della Fondazione in seno all'Assemblea delle Nazioni Unite e del programma annuale del Forum per l'anno a venire sul quale potrebbe sintonizzarsi l'attenzione (e la disponibilità alla ricerca) degli studiosi qui riuniti.

Sto lavorando affinché questa esperienza possa trovare un riconoscimento formale attraverso una convenzione fra i soggetti che sin qui l'hanno sostenuta, affinché rientri a pieno nel sistema trentino di impegno sui temi della pace e dei diritti umani, garantendone stabilità e continuità.

Scendiamo a Trento dove mi aspettano due incontri. Il primo è con Saadi Brahmi, piccolo imprenditore tunisino e trentino a tutti gli effetti. Ci conosciamo da molti anni e ci siamo dati appuntamento nel mio ufficio per parlare di quel che sta accadendo in questi giorni in Tunisia. E' molto preoccupato per la sua gente ed è un fiume in piena contro il padre-padrone Ben Ali che da ventiquattro anni controlla con la sua cricca quel paese, con il benevolo sostegno di Francia e Italia (fin dai tempi di Craxi). Racconta di una corruzione devastante, tanto che gli ultimi finanziamenti del FMI sono finiti, dice Saadi, direttamente nelle sue cassaforti nel Dubai. Teme che tutto possa finire in un bagno di sangue, ma al tempo stesso c'è la speranza che il suo paese possa finalmente voltar pagina. Il problema è che gli intellettuali sono in carcere o nella diaspora, il sindacato ufficiale è legato a doppio filo con il regime (ma non le categorie che invece mantengono un legame la realtà sociale del paese) e un'opposizione vera e propria non c'è, se non quella che in queste settimane è scesa in piazza spontaneamente. Definiamo insieme un quadro di cose da fare, sul piano dell'informazione e della pressione politica istituzionale.

Lascio Saadi con una giovane giornalista del Corriere del Trentino e le collaboratrici del Forum e vado in Provincia dove ho un appuntamento con il Presidente Dellai. Parliamo di "Politica è responsabilità" e del suo impegno ad esserne il direttore per quindici giorni (a partire dal 17 gennaio) con una tesi sulle sfide della seconda parte della legislatura in corso. E' l'occasione per un veloce scambio di opinioni sulle difficoltà della politica, italiana e trentina. Ci mettiamo d'accordo per le date della delegazione della comunità trentina in Palestina, quando si andrà a siglare un protocollo d'intesa con il Ministero dell'Agricoltura palestinese per la valorizzazione dei prodotti locali di cui abbiamo discusso in occasione della visita in Trentino del ministro all'agricoltura palestinese Ismail Daiq. Si dovrebbe concretizzare a metà marzo ma la cosa richiede preparazione, tanto sul piano dei contenuti che dell'organizzazione.

Tunisia e Palestina, altrettanti tasselli di un lavoro sul mediterraneo, sulla pace, sull'immigrazione, sulle radici culturali tutt'altro che estraneo rispetto al nostro presente e futuro. Arriva la notizia dell'espressione della Cassazione sul "legittimo impedimento", una soluzione a metà che comunque avrà effetti concreti nelle ore successive. Che sia il crepuscolo, come per Ben Ali, anche da quest'altra sponda del mare?

 

mercoledì, 12 gennaio 2011il monello

Inizio d'anno. Sono giorni di incontri che si susseguono per fare il punto sui vari ambiti di attività aperti. Li ricordo velocemente senza darne una cronaca dettagliata che rischia di essere un po' ripetitiva.

"Politica è responsabilità" è arrivata al suo 17° direttore responsabile, raccolti 246 interventi, quasi cento recensioni, altrettanti materiali e molti di più gli articoli segnalati, circa 600 visitatori unici ogni mese per una piccola ma interessante comunità di pensiero. Possiamo definirlo un buon rodaggio per entrare nel vivo di questo forum online che fra qualche giorno verrà arricchito attraverso l'aggiornamento quotidiano di editoriali selezionati dalla stampa nazionale e spunti che i direttori responsabili, vecchi e nuovi, ci regaleranno quotidianamente.

Forum pace e Cittadinanza Euromediterranea: anche in questo caso siamo al primo giro di boa e sono davvero molte le iniziative inanellate in soli tre mesi con testimoni d'eccezione, come quella che mercoledì prossimo vedrà a Trento Paolo Rumiz nel presentare il suo ultimo libro "La cotogna di Istanbul". Programmazione che proseguirà per tutto il 2011 con un ricco programma di attività.

Una conversazione con i protagonisti della "Fabbrica della Creatività", sulla quale nonostante l'entusiasmo con cui è stata accolta questa idea le istituzioni ancora temporeggiano. Eppure, sono due finanziarie che ci diciamo che per far fronte alla crisi occorre investire in conoscenza e creatività. La politica richiede talvolta (?) qualche scossone.

Incontro interessante quello che avviene con gli esponenti trentini del Comitato scientifico di Osservatorio Balcani e Caucaso: si discute delle sinergie da mettere in campo fra Università e OBC in campo europeo, un quadro fitto di opportunità nel quale valorizzare saperi e relazioni uniche in questo campo.

Anche la Palestina continua ad essere terreno d'attenzione. Che un nutrito gruppo di giovani universitari decidano di dar vita ad una loro associazione per costruire relazioni con i giovani di Jenin attraverso un interessante programma di iniziative culturali mi sembra davvero una bella cosa. Nell'incontro pubblico che si svolge alla sala della Fondazione Caritro ascolto con attenzione i loro interventi e la cosa che più mi colpisce è "l'invito alla vita" che esce dalle loro parole e dalle immagini delle fotografie che nulla concedono al facile sensazionalismo. Per altro verso loro sembrano molto attenti al mio diverso sguardo sulla cooperazione. Proprio stamane Ali Rashid mi aggiornava sul programma di valorizzazione territoriale che abbiamo avviato in questi mesi: è contento perché finalmente si vedono i primi risultati e così concordiamo i dettagli della visita che la comunità trentina realizzerà a fine febbraio-inizi di marzo nei territori dell'Autorità nazionale palestinese. Parliamo un po' anche della sua salute, di un'operazione che s'ha da fare ma che col cuore malandato diventa problematica, dell'incertezza che ne viene. Ne parlo con Mario che ha dato la sua disponibilità a fare da referente dell'associazione "Mezzaluna fertile del Mediterraneo" in Trentino: non appena Ali si sarà ristabilito abbiamo in animo di farne una presentazione insieme a Moni Ovadia a Trento, perché la mezzaluna è di tutte le persone che la abitano: palestinesi, israeliani, beduini, drusi, libanesi...

Infine al gruppo consiliare provo a programmare un quadro di proposte di legge e di mozioni da presentare nei prossimi mesi: apprendimento permanente, tutela dell'ambiente e bonifica degli edifici ancora segnati dalla presenza di amianto, bilancio energetico dei Comuni, agricoltura biologica... sono solo i titoli di un lavoro in corso d'opera e che occuperà almeno il prossimo semestre. Insieme a tutto il resto.

 

lunedì, 10 gennaio 2011operaio anni \'60

Una riunione fiume del Gruppo consiliare del PD del Trentino quella di lunedì 10 gennaio. Ci si rivedeva dopo la pausa natalizia ma la riunione non era affatto di routine. All'ordine del giorno la proposta per la carica di nuovo presidente del Consiglio provinciale, vacante dopo la nomina di Gianni Kessler a direttore dell'Olaf, l'organizzazione europea che si occupa di contraffazione.

Oltre ai componenti del Gruppo e agli assessori provinciali del PD del Trentino, partecipano anche - in rappresentanza del Coordinamento del partito - il segretario Michele Nicoletti, Giorgio Tonini, Roberto Pinter e Renato Veronesi.

Contrariamente a quello che si può immaginare, la riunione è l'occasione per una discussione politica vera che tocca non solo la dimensione provinciale ma anche quella regionale e nazionale. Nel senso che la nomina del presidente del Consiglio, al di là delle funzioni istituzionali, assume una chiara valenza politica. Insomma un segnale di attenzione verso il rinnovamento, verso le sensibilità che ciascun consigliere esprime, verso la coalizione di maggioranza, verso le sfide del futuro.

Una scelta non facile. Sul tavolo ci sono le propose di candidatura di quattro consiglieri provinciali (Mattia Civico, Margherita Cogo, Bruno Dorigatti e Luca Zeni), a cui si deve aggiungere la proposta avanzata da Giorgio Tonini di mettere in gioco anche un membro della delegazione di Giunta ma anche quella avanzata dal sottoscritto di usare questa opportunità guardando oltre il PD, nel considerare tutt'altro che conclusa la fase di scomposizione e di ricomposizione del quadro politico locale. In questa direzione la proposta di Roberto Bombarda (consigliere ambientalista che ha da tempo preso le distanze dal partito dei verdi) avrebbe potuto rappresentare insieme un segnale di attenzione verso un'area ed un investimento sul futuro.

Sapevo bene che questa proposta (che avevo già avanzato in sede di consultazione da parte del capogruppo) non avrebbe incontrato il favore degli altri consiglieri (non so se per conservatorismo o per logiche personali), ma ho ritenuto comunque importante mettere lì il tema, tutt'altro che avulso dal dibattito sul ruolo del PD nel contesto nazionale e locale. Che poi è il tema di una soggettività politica territoriale capace di coinvolgere sensibilità altre e plurali, fuori dagli schemi nazionali, e di connettersi con analoghe realtà locali costruendo reti tanto sul piano nazionale che europeo. Disegno troppo ambizioso?

Un altro segnale poteva essere quello rappresentato dalle sensibilità sociali di cui ciascun consigliere è espressione, in un contesto caratterizzato dall'attacco al lavoro dipendente. Per questo, contrariamente ai nomi che erano emersi dalle cronache giornalistiche delle scorse settimane, la proposta di un ex operaio alla presidenza del Consiglio mi è sembrata tutt'altro che banale, senza nulla togliere al valore di altre candidature. Per questa ragione ho avanzato questa proposta, prima a Bruno per verificarne la condivisione e poi all'incontro del Gruppo consiliare.

Forte di un dato oggettivo, le 3612 preferenze ottenute nel novembre del 2008, la proposta di Bruno Dorigatti alla fine ha avuto l'adesione unanime dei presenti e questo è un dato davvero molto positivo. Che ha lasciato probabilmente l'amaro in bocca a qualcuno, ma non fa niente. La proposta di Dorigatti è stata in seguito condivisa dai capigruppo della maggioranza e sembra non dispiacere nemmeno all'opposizione che comunque ha sempre riconosciuto il profilo di esperienza e l'onestà intellettuale di Bruno.

Sono soddisfatto dell'esito della riunione e credo che la scelta compiuta rappresenti un bel segnale. Non si tratta, come qualcuno ha detto, di spostare a sinistra o a destra l'immagine del PD del Trentino ma piuttosto di un segnale che la politica non sempre segue criteri di casta. Vedere Bruno a fine serata emozionato per la scelta compiuta dal Gruppo, alla quale davvero non credeva fino all'ultimo, mi conforta e mi dice che in fondo ancora vale la pena di spendere il proprio tempo per provare a condizionare la realtà. Non tutto è cashmire e barche a vela.

domenica, 9 gennaio 2011Michele e Nina

Al rientro, la sensazione che la realtà italiana sia incartata è forte più che mai. L'incapacità di produrre nuovi paradigmi fa sì che le risposte ai problemi reali (il tema del lavoro e la vicenda Fiat) appaiano vecchie e logore, il non aver fatto i conti con la storia recente di questo paese fa riemergere fantasmi diventati caricature (il caso Battisti) che portano intellettuali ormai autoreferenziali a prendere gigantesche cantonate, un centrosinistra che non sa riflettere sulla propria sconfitta che si affanna alla ricerca dell'espediente per tornare a governare, incapace di produrre nuove sintesi culturali e di uscire dallo schema della politica nazionale. Senza parlare dei fatti di cronaca nera che riempiono le pagine e i talk show televisivi, a testimoniare di una solitudine lacerante che porta gli individui a vivere gli altri in sottrazione, fin dentro le famiglie sempre meno in grado di essere luoghi di dialogo e di elaborazione dei conflitti.

Sul piano locale, nonostante il contesto più favorevole, tengono banco sui giornali locali temi triti e ritriti che si presentano sempre uguali a se stessi, le paure ingigantite dall'antipolitica, polemiche artefatte come quelle sugli aiuti internazionali, il pettegolezzo politico incentivato da una politica che riflette sempre più i destini personali piuttosto che pensiero e progettualità alti.

In questo contesto faccio un po' fatica a rimettermi al lavoro. I miei appunti di cose da fare occupano velocemente più pagine, quasi a rimproverarmi di qualche giorno di vacanza. In cui ho staccato la spina, ma non ho ancora la sensazione di sentirmi ricaricato.

Uso queste giornate per leggere e scrivere ma la penna fatica a scorrere via. Vado a trovare Sandro Regazzola, un vecchio e saggio amico. Lo trovo un po' provato fisicamente ma lucido nel dirmi che si rimesta nel mortaio senza aver chiaro il senso del proprio agire. Perché effettivamente di questo si tratta. Ed è difficile da soli, ritrovare nell'agire politico che rincorre la quotidianità una trama condivisa. Provo a dirgli di uno sguardo lungo che cerco di avere, della necessità di mettere in protezione le idee in ambiti plurali, del valore della formazione e di un agire pedagogico, di quel che facciamo come Forum per la Pace e i Diritti Umani... ma avverto io stesso la distanza fra il desiderio e la realtà.

Ecco, se ad una cosa sono serviti questi giorni di distanza, è forse la distanza stessa. Spero rappresenti un anticorpo, capace di aiutarmi a distinguere le cose vere da quelle di un mondo sempre più autistico e cattivo, autoreferenziale e poco incline al cambiamento.

Che sia un anno ricco di idee, di sguardi vivaci, di relazioni buone.

 

martedì, 4 gennaio 2011sguardi

Il Messico è un paese così grande ed interessante che meriterebbe un tempo disteso per attraversarlo di lungo e in largo. Nei pochi giorni che avevamo a disposizione siamo stati in due città, Oaxaca e Città del Messico. Una piccola città di un milione e passa di abitanti ed una grande città che invece ne conta quasi trenta. Come immergersi in una moltitudine umana rispetto alla quale le nostre piccole comunità appaiono quasi come delle rappresentazioni naif.

Eppure l'incrocio degli sguardi è quanto mai utile. Perché il confronto viene spontaneo e non è affatto facile indicare chi è avanti o chi è indietro, chi rappresenta il presente e chi il futuro. In questo il Messico non smette mai di stupire, nel suo rappresentare una frontiera della postmodernità come nelle sue isole di arretratezza, nelle sue dinamiche di sviluppo come nelle sue forme di esclusione sociale, nella ricchezza del suo dibattito culturale come nell'esposizione alle peggiori forme delle derive televisive.

Nella libreria Gandhi di Coyoacan, una delle città che compongono la sterminata metropoli del Distreto Federal, l'autrice che più compare è Hannah Arendt. La stessa cosa accade alla libreria dell'Unam, la più grande università del mondo. Ma nei locali pubblici l'immancabile televisione accesa trasmette in continuazione la spazzatura più ignobile.

Mentre ci trasferiamo verso l'aeroporto per la partenza mi chiedo come possa funzionare un agglomerato urbano tanto grande che invece sembra funzionare molto di più delle nostre città invase dall'immondizia. Così mi viene da pensare al nostro dibattito sull'inceneritore e, visto da qui, proprio non capisco come ci si possa aggrovigliare nel cortocircuito ideologico in cui è caduta una piccola comunità che rappresenta più o meno l'1,5% degli abitanti di Città del Messico, praticamente un piccolo quartiere dei distretti di quella città.

E' con questo stato d'animo, un groviglio di immagini contrastanti, che attendo in questo enorme scalo aeroportuale l'annuncio della partenza del volo che ci porterà prima a Barcellona e poi a Milano. Rimane dentro ciascuno di noi il piacere di aver riabbracciato vecchi amici e di averne trovati di nuovi. E la considerazione che queste relazioni sono il sale delle nostre esistenze.

E, sotto questo profilo, l'inizio del nuovo anno non poteva essere migliore.