"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Diario

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giovedì, 30 giugno 2011Le ciliegie di Gustavo

Sono le 23.48. Mentre scrivo queste note di fine giornata, siamo ancora nel palazzo della Provincia per ultimare gli ultimi dettagli sulla firma della "lettera di intenti" fra la PAT e l'Autorità Nazionale Palestinese sullo sviluppo rurale e credito. A queste cose con Ali siamo abituati, ma vedere persone dello staff provinciale assecondarci in questa nostra pazzia mi sorprende piacevolmente. Il che mi porta a dire che la motivazioni personali sono decisive, che i rapporti umani la stessa cosa.

Devo dire che questo vale per ogni passo di questi giorni. Anche i luoghi più ingessati, e vi assicuro che ce ne sono non pochi, alla fine si sciolgono nel prendere corpo delle relazioni. Per altri invece viene spontaneo essere così, come quando andiamo nell'azienda agricola di Gustavo a Telve di Sopra, ciliegie grosse come albicocche e tanta passione per il suo lavoro, ma anche il piacere di raccontarne e di parlare di quando in quella valle non c'era lavoro e la destinazione era la Libia, terra d'emigrazione dall'Italia. Accadeva alla fine degli anni '60, non nel quaternario.

Se mettiamo insieme tutti i soggetti incontrati in questi giorni ne esce un quadro di relazioni davvero importante, rilevante anche sul piano dell'economia trentina e palestinese. Ma non vi dico lo stress... La giornata è segnata da continui cambiamenti di programma, a partire dai ritardi di aerei, di coincidenze perse, di notti perse, di protocolli da rispettare e burocrati da accontentare...  Ma alla fine tutto va per il meglio, l'incontro con i responsabili di Mandacarù nel centro di Trento, la visita a Dolomiti Fruits di Nanno con il ministro Ismail Daiq che nel frattempo ci ha raggiunti, l'incontro con i responsabili della Cooperativa Sant'Orsola di Pergine Valsugana, azienda leader in Italia nella produzione e commercializzazione dei piccoli frutti.

Si prendono accordi, si stabiliscono delegazioni, ci si annusa... Ovviamente ci sono contraddizioni, le filiere corte e le logiche di mercato spesso fanno a pugni, ma di tutto questo si discute apertamente, senza fondamentalismi, consapevoli del fatto che la realtà va presa per mano.

Al Castello di Pergine dove la giornata si conclude (per gli altri) anche la cena diventa l'occasione per trarre già delle prime conclusioni. E la cosa che appare in tutta la sua rilevanza è che forse per la prima volta a rappresentare uno stato, per quanto sgangherato, sia un ministro insieme ai rappresentanti della società civile e della cooperazione. Spero davvero che queste persone si portino via, oltre al calore dell'accoglienza, anche tante idee. Fra queste, insisto sulla necessità che il loro sguardo non sia quello che promana dal loro ruolo di figure "nazionali" ma quello del territorio, l'unica dimensione oggi adeguata ad abitare i flussi globali o in ogni caso sovranazionali. Non è facile, come non lo è qui, acquisire una visione che supera i confini tradizionali, quelli mentali in primo luogo, che segnano le nostre categorie. Ma questa è la sfida.

Con il ministro Daiq si è instaurato un rapporto di amicizia che ci permette di entrare con facilità nel confronto su quel che accade nel Mediterraneo e in Palestina, il suo punto di vista niente affatto banale. Ed anche questo sono le relazioni, la capacità di guardare da vicino quel che accade intorno a noi. E' questo, del resto, il significato delle relazioni.

Quando scendiamo da Pergine Valsugana ci attendono ancora due ore di lavoro.

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mercoledì, 29 giugno 2011Nella distilleria della cantina Pojer & Sandri

Devo ringraziare Yousef, Majed, Mohammed, Ribhi, Saleem, Siham, i componenti della delegazione palestinese che in questi giorni stanno visitando il Trentino. Non solo perché sono persone care che rappresentano quella terra così bella ma in primo luogo perché il loro sguardo e le loro parole ci aiutano a guardare con occhi diversi a questa nostra terra, ad amarla, ad apprezzare quel che qui nel tempo si è costruito. Vengono da un paese che può vantare senza modestia di rappresentare la culla della civiltà, da città che più di altre hanno fatto la storia. Eppure guardano quasi stupiti quel che vedono negli incontri, appuntano e fotografano ogni cosa. Sarà forse la loro sensibilità di uomini della terra, sarà che la loro terra è così poca, contesa e malandata, violata dalla guerra e da un'insana idea di sviluppo, sarà il verde così rigoglioso nonostante l'estate, ma sono proprio felici di essere qui.

Arrivano alla Malga Brigolina (sulle pendici del Bondone) che è ormai l'imbrunire. Siamo ben lontani dai paesaggi dolomitici più belli delle nostre valli. Eppure più ancora di assaporare i cibi che Graziella ci preparerà hanno voglia di fermare queste immagini per loro inconsuete. Quelle stesse immagini che troviamo spesso appese alle pareti delle loro case, luoghi di montagna, prati verdi, ruscelli rigogliosi d'acqua. Nonostante siano in giro fin dal mattino, ognuno a conoscere realtà con le quali sviluppare relazioni e scambi, a tarda notte hanno ancora voglia di discutere, di parlare di quel che hanno visto e delle persone che hanno incontrato. Con noi stasera c'è anche Mauro Fezzi, dirigente del servizio agricoltura della PAT, persona di poche parole ma che entra subito in sintonia con queste persone, diverse fra loro ma accomunate da una grande attenzione e voglia di riportarsi indietro tutto il possibile.

C'è chi è stato a visitare i luoghi della ricerca presso l'Istituto agrario di San Michele, altri che hanno potuto conoscere i sistemi vivaistici in Trentino e nel veronese, altri il sistema del credito. Insomma una giornata carica di incontri, ma alle 11 di sera dobbiamo dirgli che per oggi finiamo qui. Ali Rashid, che con me ha organizzato tutto questo, è molto soddisfatto. E' anche contento che dalle ultime analisi fatte all'ospedale di Brescia nei giorni scorsi le cose si stanno mettendo per il meglio e questo ci rasserena.

E quel che stiamo realizzando - e che venerdì verrà siglato in protocollo d'intesa fra il Trentino e l'Autorità Nazionale Palestinese - ci porta a dire che stiamo mettendo le basi per qualcosa di importante.  Non solo per l'agricoltura ed il credito rurale in Palestina, ma anche per il Trentino, per quella combinazione di sguardi che ci permette di guardare da fuori e criticamente alla nostra agricoltura, alle sensibilità da riscoprire,  a quel che dobbiamo cambiare. Perché di cambiare c'è grande bisogno in questo Trentino dove - nonostante la nostra diversità - ci si è spesso seduti, talvolta corrotti dallo smarrire dei valori e dal prevalere delle furbizie e delle meschinità.

Ne parlerò l'indomani con Mario Pojer, contitolare della cantina Pojer & Sandri. Gli dico la mia opinione sull'agricoltura trentina, sulla cooperazione, sulla politica che ne dovrebbe fornire la cornice. Parliamo dell'urgenza di formare nuove classi dirigenti, in questi settori come sul piano generale e ci troviamo molto d'accordo. Quando la delegazione arriva a Faedo, il fluire delle sue parole nello spiegare i processi produttivi incanta gli amici palestinesi, che pure non consumano prodotti alcolici. Ma quello che ascoltano e vedono racconta loro della passione di persone come Mario che hanno costruito questo piccolo gioiello in questa nostra terra che pure oggi è in sofferenza nel settore vitivinicolo.
lunedì, 27 giugno 2011l\'incontro con Slow Food

Oggi arriva la delegazione palestinese composta da tecnici dell'agricoltura, della cooperazione e del microcredito. Prima di immergermi nel lavoro che ci impegnerà per tutta la settimana nello sviluppare relazioni e conoscenze nel campo rurale, partecipo alla riunione della maggioranza che nei giorni scorsi ho sollecitato affinché, all'indomani della vittoria referendaria sulla privatizzazione dell'acqua, ci si potesse muovere in maniera omogenea nei passi necessari ad adeguare la legislazione provinciale e nel recepire l'indicazione che è venuta dagli elettori.

Con i referendum, infatti, un'indicazione è emersa in maniera chiara: si è messo fine all'obbligatorietà dei Comuni di privatizzare il servizio di erogazione dell'acqua. In buona sostanza spetta alle comunità locali decidere come intendono gestire il servizio idrico ed era questa prerogativa che in Trentino abbiamo voluto salvaguardare con gli articoli 22 e 23 della Legge finanziaria 2011. Così come, con l'ordine del giorno 184/2011, si è voluto ribadire che l'opzione pubblica è la strada che la Provincia autonoma di Trento intende perseguire anche per i Comuni il cui servizio è stato assunto da Dolomiti Energia.

Di questo parliamo nell'incontro di maggioranza. Si stabilisce pertanto che la legislazione provinciale deve essere ritoccata per adeguarla alla abrogazione delle normative nazionali a cui gli articoli della finanziaria facevano riferimento. Non si tratta solo di aggiustamenti formali, si deve anche togliere di mezzo qualche riferimento ai contenuti della legge Ronchi che rappresentavano un riferimento giuridico - quand'anche aggirato dalla nostra potestà legislativa primaria - e che potevano lasciare intendere una sorta di adesione politico culturale alla filosofia della legge nazionale.

Nei prossimi mesi avremo a che fare tanto con le sparate demagogiche della destra, quanto con la battaglia ideologica contro la gestione del servizio idrico attraverso le società "in house", da qualcuno individuate come la testa di ponte dei processi di privatizzazione nonostante siano al 100% pubbliche. Nell'incontro comunque ci si trova d'accordo. Come nell'indicazione di attendere i lavori del gruppo di esperti incaricati dai Comuni di Trento e di Rovereto di studiare lo scorporo del ciclo integrale dell'acqua da Dolomiti Energia.

Esco dall'assessorato e vado ad accogliere la delegazione palestinese. Sono stanchi morti per aver saltato il sonno di una notte intera. Ma hanno solo il tempo per una rinfrescata, mangiare qualcosa che subito ci si deve spostare a San Michele all'Adige dove ci aspettano per il primo incontro, dedicato al sistema cooperativistico trentino e all'illustrazione delle attività della Fondazione Mach. Nonostante la stanchezza sono felici di essere qui, in questa terra che ai loro occhi appare come un piccolo paradiso. Dovremo tenerne conto del privilegio che abbiamo ad esserne parte integrante, perché ogni tanto ci dimentichiamo di quel che abbiamo.

E sono attentissimi alle parole di Egidio Formilan, responsabile ufficio studi e intercooperazione della Federazione trentina della Cooperazione, di Alessandro Carlo Dini, Michele Pontalti e Roberto Viola, rispettivamente direttore generale e responsabili dell'istruzione e della ricerca dell'Istituto agrario di San Michele all'Adige.

Essere qui in Trentino per queste persone è davvero una grande opportunità di conoscenza, di scambio e di cooperazione. Ne abbiamo la conferma in serata, quando ci spostiamo verso Isera dove alla Locanda delle tre chiavi ci aspettano i responsabili di Slow Food. Nel breve tragitto e nel corso della serata, fuori dall'ufficialità, si percepisce la voglia di portarsi via tutto quel che ne può venire.

Comprese le immagini, tanto che s'affaccia anche qualche interrogativo sul nostro modo di vivere: "Dov'è la gente? Dove sono i bambini? si chiede Siham, l'unica donna del gruppo, incredula che la gente possa aver paura in un contesto tanto pacifico rispetto a quel che loro sono abituati a vivere quotidianamente in Palestina.

La stanchezza ora prende il sopravvento ed il desiderio di prendersi qualche ora di sonno è più grande della loro curiosità e della loro meraviglia.
venerdì, 24 giugno 2011bambini contro la guerra

Che cosa accomuna la rivoluzione dei gelsomini e l'89 europeo? Di questo discutono a Rovereto, nella prestigiosa sala della Fondazione Cassa di Risparmio, il giornalista libico Farid Adly, lo scrittore e giornalista romeno Mihai Mircea Butcovan e il politologo serbo nonché direttore del Belgrade Centre for European Integration Jovan Teokarevic.

Davide Sighele, giornalista di Osservatorio Balcani Caucaso, rivolge questa domanda consapevole delle grandi differenze che segnano queste stagioni, ma anche del fatto che quando nei mesi della sollevazione egiziana si vedevano gli agenti dei servizi di sicurezza sparare dalla cima dei condomini sulla folla che manifestava, il pensiero andava direttamente a quella rivoluzione della cui natura ancora oggi si discute in Romania.

E' questa del resto la domanda dello straordinario film "Ad est di Bucarest": c'è stata la rivoluzione nella tua città? La gente è scesa in piazza prima o dopo la caduta di Ceausescu? Ma la gente in Tunisia, in Egitto, nello Yemen e in Siria è scesa in strada sul serio a rischio della propria vita: ragazzi quindicenni, come il nipote di Farid in Libia. Jovan lo incalza, ricordando che nel 1990 portò sua figlia di tre anni sulle spalle alle manifestazioni contro Milosevic: "quando senti che in gioco è la tua dignità e il futuro dei tuoi figli...".

L'89 diede il là a grandi speranze, subito interrotte dalla guerra ritornata lo strumento normale per regolare interessi internazionali ed egemonie. Il Golfo prima e la dissoluzione della vecchia Jugoslavia poi, trasformarono velocemente la speranza in incubo. Ma la storia non si fermò, il mondo cambiò davvero. Ed anche oggi è così: cambia il Mediterraneo, il mondo arabo esce dalla sua infelicità, dallo splendore perduto che per decenni ha fermato le lancette dell'orologio in quel pezzo di mondo. E rappresenta davvero qualcosa di nuovo: non solo perché protagonisti - come spesso in questi casi - sono i giovani ma anche perché ciò avviene all'insegna della nonviolenza e senza alcuno dei simboli del Novecento. Quel che da questa parte del Mediterraneo facciamo ancora fatica a fare.

La sala è piena ed attenta, accompagna con applausi i passaggi più significativi dei relatori. Fuori un gruppo di ragazzi distribuisce un volantino in cui si descrivono le attività di Finmeccanica a Rovereto e la ricerca sui sistemi di guerra in Manifattura Domani. Ed affermano: "Dalla collaborazione con la guerra alla sofferenza inflitta alle scimmie, non c'è che dire: Rovereto città della pace!"

Prendo nota e decido di approfondire. Perché sul serio la pace può diventare rotorica, a fronte di processi molto complessi dei quali talvolta non si è nemmeno consapevoli. Al di là delle associazioni un po' tirate che vengono proposte, che la ricerca sia oggi piegata agli interessi dell'apparato militar industriale non è un invenzione di questi ragazzi. Essere "città della pace" non è un impegno semplice: richiede attenzione, impegno, studio, coerenza nelle scelte. Mettere al lavoro intelligenze e sensibilità.

Come avviene per l'attività di Osservatorio Balcani Caucaso che Rovereto ospita senza essere fino in fondo consapevole della portata del suo lavoro per costruire informazione, conoscenza, elaborazione dei conflitti. Ovvero politiche per la pace.
mercoledì, 22 giugno 2011soldi

Le riunioni del Consiglio regionale in genere non sono occasioni di confronto vero. Potremmo dire che esiste, è previsto dalla Costituzione italiana, rappresenta uno dei tasselli ineludibili del nostro sistema autonomistico... ma rappresenta una realtà residuale, che nelle attuali forme andrebbe superato. Devo però dire che l'incontro congiunto delle due commissioni legislative provinciali che si riuniscono a Bolzano mercoledì pomeriggio cattura invece la mia attenzione.

In discussione c'è il rapporto annuale di PensPlan relativo al 2010. PensPlan è il progetto della Regione Trentino Alto Adige/Südtirol per la promozione e lo sviluppo della previdenza complementare a carattere locale. Con la Legge Regionale n.3 del 1997 la Regione Trentino Alto Adige Sud Tirol ha messo a disposizione un fondo di 258 milioni di euro per avviare un progetto che ora vanta più di 160 mila aderenti ed un utile nel 2010 di oltre 9 milioni di euro.

Tutto bene quindi? La relazione tratta tutti gli aspetti che descrivono il ritorno dell'investimento finanziario ma non come sono stati realizzati. E indica le varie linee di investimento di cui i clienti possono avvalersi: dinamica, bilanciata, prudente etica, garantita... Dietro ciascuna di queste parole ci stanno scelte finanziarie che spaziano attraverso una diversificazione di investimenti, quelli più tranquilli e quelli più hard.

Come è ovvio chi ti affida il proprio fondo pensione ti chiede che gli sia garantita una rendita, più questa ti promette tassi elevati più ha a che fare con processi speculativi che non si fermano davanti a nulla, più è a rischio. La scelta di PensPlan (e dunque della Regione) è stata quella di muoversi attraverso una forte diversificazione dei titoli investiti.

Il professor Gottfried Tappeiner, Presidente di PensPlan, è persona affabile e non si sottrae alle numerose domande. Le domande di larga parte dei consiglieri presenti si rivolge alla sicurezza degli investimenti e alla loro redditività, due cose ovviamente contraddittorie, considerato che sicurezza e redditività sono inversamente proporzionali. Se leggiamo il rapporto e non scaviamo dentro i numeri, la legge regionale sulla previdenza integrativa ha dato esiti positivi. Ma siamo sicuri che i numeri descrivano la qualità degli investimenti?

Proviamo quindi a mettere in campo qualche altro interrogativo. Possibile avere un quadro degli investimenti in tempo reale? Se PensPlan ha avuto un utile significativo nel corso dell'ultimo anno, questo sarà il prodotto di investimenti che si sono rivelati vantaggiosi e di altri nei quali si è andati in rosso. Quali? Chi decide sul carattere etico degli investimenti? Che senso ha affidarsi ad una società esterna per la scelta dei titoli sui quali investire? Come ci si regola in un mercato finanziario dominato dai titoli derivati? Ci sono derivati nel giardinetto di PensPlan? Perché non sviluppare la promozione di prodotti finanziari etici? Perché non investire sul territorio?

L'opzione territoriale, forse più ancora della "finanza etica", credo possa rappresentare una strada interessante di fronte alla finanziarizzazione dell'economia. Quella cioè di rafforzare l'economia reale rispetto all'economia di plastica. Quella di investire sulla conoscenza e sull'unicità dei territori.

Immaginare che i sistemi finanziari trentino e sudtirolese possano trovare sponda in una sperimentazione regionale che assuma questo indirizzo, non sarebbe cosa da nulla. Nei prossimi giorni presenterò una mozione affinché l'indirizzo della Regione su PensPlan vada in questa direzione.

martedì, 21 giugno 2011Artesella, la Cattedrale

Lunedì sera mi sintonizzo per caso su Rai 3, c'è Hotel Patria trasmissione condotta da Mario Calabresi. Uno dei servizi è dedicato alla tragedia dell'amianto a Casale Monferrato dove c'era la fabbrica Eternit. Si svolge attorno alla figura di un'anziana donna Romana Biasotti Pavese, presidente dell'Associazione famigliari vittime amianto, e al suo racconto che narra di una città dove ogni anno muoiono un numero crescente di persone (nel 2010 più di cinquanta) a causa del mesotelioma, una patologia legata all'aspirazione anche casuale di fibre di amianto. Sono contento che se ne parli sul piano nazionale, anche come presentatore nei mesi scorsi di un Disegno di legge per la bonifica del nostro territorio a fronte di una legge nazionale varata nel 1992 e rimasta in buona parte inapplicata. E che potrebbe diventare un punto di riferimento anche per altre Regioni.

(Potete trovare la registrazione su http://www.rai.tv/dl/replaytv/replaytv.html#ch=3&day=2011-06-20&v=69648&vd=2011-06-20&vc=3 dal minuto 55 e per i venti minuti successivi)

Nei prossimi tre mesi, prima dell'arrivo in aula del testo di legge, ho intenzione di dar vita ad una serie di incontri in ogni angolo del Trentino per illustrarne i contenuti, perché non c'è Valle che non sia interessata dalla presenza della fibra killer nelle vecchie tettoie in eternit come nelle case dove l'amianto veniva usato nelle canne fumarie, nei locali caldaia, nelle tubature, nei pavimenti... Abbiamo iniziato il tour a Mezzocorona, nei giorni scorsi, e sono in preparazione altre serate. E' questo anche un invito che rivolgo ai Circoli del Partito Democratico del Trentino come alle associazioni ambientaliste o ai gruppi informali di cui è ricca la nostra terra, affinché organizzino momenti di incontro, fermo restando che ci muoveremo anche direttamente come gruppo consiliare perché il tema è troppo rilevante per lasciarlo al caso.

Ho anche intenzione nei prossimi giorni di scrivere a Mario Calabresi, magari per invitarlo in Trentino a parlarne. E scriverò anche alla signora Biasotti, per dirle che accanto ai famigliari delle vittime ci siamo anche noi.

E' oggi uno di quei rari giorni in cui non ho segnato in agenda alcun impegno, spero quindi di poterlo dedicare ai due progetti di legge sui quali sto lavorando, la relazione di quello sul software libero che ormai è ultimato, l'articolato di quello sull'apprendimento permanente che invece richiede un supplemento di lavoro e di chiarezza su quel che vogliamo fare. Ma in ufficio si lavora a singhiozzo, difficile concentrarsi. Riesco almeno ad interloquire con Marcella Morandini che su "Politica è Responsabilità" (http://www.politicaresponsabile.it/) ha proposto una tesi sul tema delle Alpi come Regione d'Europa. Riflessione stimolante, che impone alla politica sguardi diversi da quelli tradizionali.

Parlo di questa riflessione in un intervista telefonica sul tema della viabilità della Valsugana. Ancora strade, come risposta ad un traffico che - alla faccia delle filiere corte - è in continuo aumento. Domenico Sartori mi chiede che cosa penso della proposta di una nuova autostrada, quattro corsie che dovrebbero affiancarsi ex novo all'attuale superstrada. La Pat ha messo la cosa allo studio dei tecnici, ma è come mettere il carro davanti ai buoi. I tecnici fotografano l'esistente, è la politica che deve proporre visioni.

Nei giorni scorsi il sindaco di Ospedaletto Ruggero Felicetti ha affermato che "lo sviluppo della Valsugana non può passare attraverso la valorizzazione delle strade a scorrimento veloce". Sono d'accordo con lui. Perché quando si parla del futuro della Valsugana si arriva sempre e solo a parlare di strade? La risposta sta in un vecchio approccio, tutto industrialista, per cui le strade sono la condizione dello sviluppo: facciamo le strade e poi qualcosa arriverà. Oggi le cose non stanno più così e questo approccio andrebbe rovesciato.

Esattamente un anno fa, insieme al consigliere Luca Zeni, ho proposto a L'Adige di spostare il confronto che occupava le cronache sull'acciaieria di Borgo per affrontare finalmente la discussione attorno agli scenari del futuro della Valsugana, a partire dalla valorizzazione delle sue vocazioni ambientali, storiche, culturali. Cambiare lo schema significa indicare identità e vocazioni del territorio, il suo rapporto con la comunità trentina, le relazioni con i territori circostanti e nella fattispecie quello che viene dall'essere parte della regione alpina e via di comunicazione con la pianura. Mettere le strade davanti a tutto questo significa arrendersi all'economia dei flussi, accettare - per usare la felice espressione di Marcella - che il territorio alpino sia governato dalla pianura.

Spiego a Domenico Sartori che l'identità della Valsugana è l'acqua (i laghi e il turismo lacustre, il termalismo, le acque minerali, il fiume e i torrenti, l'energia che ne viene, il sistema del Lagorai, ma anche la storia, le sue alluvioni, l'emigrazione), che il rapporto con il Trentino si chiama Comunità di valle e banda larga (la più importante riforma ambientale), che la Valsugana non può vedere una rinascita se viene pensata come strada di attraversamento. E che quindi occorre una scelta di fondo, dalla quale far discendere anche l'assetto infrastrutturale.

Un approccio ambientale che s'interroghi sulla propria impronta ecologica e sulla strada della sobrietà.
lunedì, 20 giugno 2011Camalghe, luogo di pace

Dodicesima giornata di Consiglio Provinciale dedicata alla riforma della Protezione Civile. Ed ultima, visto che nel pomeriggio la legge viene finalmente varata. Una legge importante perché mette a sistema uno dei tratti che fanno diversa questa terra non solo sul piano dell'efficacia degli interventi ma anche sotto il profilo della coesione sociale.

I consiglieri dell'opposizione insistono nei loro interventi che non v'era nel loro ostruzionismo alcuna contrapposizione con il sistema della protezione civile, che loro non hanno nulla contro il volontariato, che invece rappresenta un fatto importante per il Trentino. E allora qual era il motivo di tanta opposizione? La risposta sta nella narrazione che le opposizioni fanno del sistema trentino, in preda - secondo la loro visione più volte esplicitata in questi giorni di interventi in libertà - ad un potere tentacolare e mafioso del quale il sistema del volontariato è considerato parte integrante.

E' qui, nell'analisi del Trentino, la profonda diversità di visione che ha portato una parte dell'opposizione a considerare questa come la madre di tutte le battaglie. Sanno che fin quando terrà la coesione sociale (che è data da tanti fattori e fra questi dal sistema della protezione civile) non vi sarà (troppo) spazio per la paura.

Gli interventi conclusivi si alternano ripetendo stancamente cose già dette. L'unico spunto interessante viene dallo scontro interno all'opposizione nel rivendicare a sé, fra Lega e PDL, il merito di aver costretto la maggioranza a venire a patti. Ne esce un livore profondo, per nulla estraneo a quel che sta avvenendo nel Paese, e ben sintetizzato dal consigliere Morandini che citando don Luigi Sturzo ricorda ai colleghi di minoranza che «...il principale, ma non l'unico, torto dei partiti di minoranza è che non hanno pazienza nell'attesa, perché non hanno fede nei loro ideali o non vogliono perdere i vantaggi del momento...». Penso fra me che queste parole si potrebbero ben adattare anche all'opposizione di questi anni a Silvio Berlusconi, sempre alla ricerca del colpo di teatro per farlo cadere piuttosto che a costruire la trama di un diverso tessuto culturale e sociale.

Nei giorni scorsi Sergio Bernardi mi ha chiesto un pezzo sull'arresto di Ratko Mladic per la rivista trentina "Uomo Città Territorio". Provo a ritagliarmi uno spazio di pensiero per scrivere cose non scontate sull'uomo più ricercato del mondo (dopo l'uccisione di Osama bin Laden) poi scovato in una casa di campagna in Vojvodina, solo e malandato. Descrivo Srebrenica, i criminali, la banalità del male. Avrete modo di leggerle anche su questo sito.

Intanto si concludono i lavori del Consiglio, la legge sulla Protezione Civile viene approvata. Se escludiamo l'atteggiamento riottoso di qualche consigliere non appagato, la maggioranza ha dato sostanzialmente buona prova di sé.

Corro al Centro per la formazione alla solidarietà internazionale, dove si svolge l'assemblea dei soci. La direttrice Jenni Capuano illustra il bilancio delle attività, sotto il profilo delle iniziative realizzate come sotto quello economico. In poco più di due anni il Centro ha saputo conquistarsi uno spazio significativo se pensiamo che solo nel 2010 si sono tenuti 26 corsi ai quali hanno partecipato 630 persone per 1196 ore di formazione. A cui si aggiungono gli eventi sui temi di attualità. Da tutti i presenti viene sottolineata la cura del Report annuale e l'ordine dei conti, cosa ovviamente importante.

Mi aspetto anche qualche visione, l'autorevolezza dei presenti la imporrebbe (ricordo che i soci sono la PAT, la Federazione trentina della Cooperazione, l'Università di Trento, la Fondazione Opera Campana dei Caduti e, come partner associati, il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani e il Centro OCSE), ma forse non è questa la sede. Mi permetto comunque di buttare lì due cose. Riguardano lo strabismo che il Centro deve avere nel formare guardando agli scenari internazionali e contemporaneamente al proprio territorio (l'emendamento sulla formazione degli operatori della protezione civile chiamati ad intraprendere interventi su scala internazionale approvato in questi giorni apre al Centro una grossa opportunità) e lo stare sul tempo, ovvero la capacità di essere in sintonia con quanto accade. Proprio nei giorni scorsi ho proposto a Jenni la necessità di dare un contributo alla "primavera araba" attraverso un'attività di formazione che potrebbe svolgersi qui e nei paesi del Mediterraneo sui temi della cooperazione di comunità, dello sviluppo locale autocentrato sulla valorizzazione delle ricchezze e l'unicità dei territori, sulla cultura dell'autonomia e dell'autogoverno. Temi decisivi, sui quali il nostro territorio potrebbe avere qualcosa da dire ma anche da apprendere. Raccolte con interesse dai presenti, ma non è proprio la sede per aprire un confronto. E l'incontro finisce qui, a tarallucci e vino.

Abbiamo fatto sera, sono finiti gli impegni e mi avvio verso casa, che si conferma luogo di pace.
sabato, 18 giugno 2011Lavarone, 18 giugno 2011. La conferenza su Emilio Lussu

L'accordo che ha portato con sé la fine dell'ostruzionismo libera il sabato e la domenica dai lavori del Consiglio Provinciale. Ci si rivedrà lunedì, per tutta la giornata. Ciò non significa che le giornate siano libere da impegni, almeno non così per il sabato. Al mattino scrivo una risposta al consigliere del PDL Rodolfo Borga ad un suo velenoso commento su L'Adige di qualche giorno fa dove indicava in Gilmozzi e nel sottoscritto come gli artefici di un imbroglio sulla privatizzazione dell'acqua in Trentino. Nella risposta riprendo tutte le cose che abbiamo messo in campo come PD del Trentino (ed io come primo firmatario) e come maggioranza nell'utilizzare le prerogative dell'autonomia e la competenza primaria della PAT in materia di gestione dei servizi idrici per evitare l'applicazione della legge Ronchi in questa terra e per ritornare sulle scelte del passato.

Qualche incombenza di casa e poi nel pomeriggio via verso Lavarone dove si tiene la conferenza "Figli di un Dio minore" dedicata alla presentazione delle opere e del pensiero di Emilio Lussu. Ospite d'eccezione dell'incontro, il presidente dell'Istituto sardo per la lo studio dell'autonomia e della resistenza Giangiacomo Ortu. Quello di Emilio Lussu è davvero un pensiero privo di cittadinanza e temo una scarsa presenza. Temo anche il brutto tempo che si abbatte sul Trentino e temo il sabato pomeriggio. Ma la sala della Biblioteca di Lavarone è piena di gente.

E' bello che il pensiero di Lussu richiami sull'altipiano una cinquantina di persone e ci stimoli a gettare uno sguardo sul presente e sul futuro. E' bello che ciò accada, è bello che realtà diverse fra loro come il Museo Storico del Trentino, il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani, il Centro di Documentazione di Luserna, la Comunità sarda del Trentino, il  Comune e la Fondazione Belvedere Gschwent di Lavarone, lavorino in rete. E' interessante che fra il Trentino e la Sardegna intercorra una sintonia profonda. Trovo stimolanti le parole del prof. Ortu che ci racconta un Lussu meno scontato e fortemente politico. Nel cuore della sua terra ("senza la Brigata Sassari Lussu è incomprensibile") ma in dialogo con l'Italia e l'Europa (in quel crocevia di pensieri che fu "Giustizia e Libertà").

Ne esce il Lussu giovane interventista, l'ufficiale che si prende cura della sua gente a differenza dei comandi che la mandavano a morire, l'intellettuale federalista, il militante politico fondatore del Partito Sardo d'Azione, l'esule, il fondatore di Giustizia e Libertà, il Costituente, lo scrittore, l'uomo di pace. E il rammarico che l'Italia migliore, il popolo delle isole per nascita o per esilio, quella di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni, Silvio Trentin, Gaetano Salvemini, Antonio Gramsci, Piero Calamandrei, Emilio Lussu ed altri, non abbia trovato vera cittadinanza.

Finiamo a formaggio Vezzena e pane Carasau, Marzemino e Cannonau, non per niente oggi è la giornata di Slow Food.
venerdì, 17 giugno 2011Valsugana, prima guerra mondiale

Decimo giorno di Consiglio provinciale, paralizzati dall'ostruzionismo sulla riforma della Protezione Civile. Quando sembra che ad ogni mediazione corrisponda una nuova richiesta da parte delle opposizioni, ecco che la soluzione proposta dal presidente del Consiglio Provinciale Bruno Dorigatti riesce finalmente a sbloccare la situazione. Non è un cedimento sul piano dei contenuti, ma semplicemente un modo onorevole per venirne fuori. E dopo qualche residuale schermaglia, la Lega decide di togliere l'ostruzionismo. Mi complimento con Bruno, non è stato facile e la sua esperienza è venuta in aiuto ad un Consiglio ormai incartato dal gioco irresponsabile di una parte della minoranza che ancora deve imparare che cosa sia la dialettica fra maggioranza e minoranza.

L'antipolitica che imperversa anche nelle istituzioni ha fatto sì che ogni forma di accordo fra maggioranza e opposizione sia intesa come consociativismo o "inciucio". Costoro non sanno che non c'è stata grande riforma in questo paese, dallo Statuto dei lavoratori alla riforma del diritto di famiglia, che non sia stato il prodotto di un'intesa, di quel "governare dall'opposizione" che era l'opposto della cultura maggioritaria, dove invece prevale l'idea che chi vince prende tutto.

Non è affatto un caso che in Germania, nella scelta strategica di farla finita con il nucleare, Angela Merkel abbia coinvolto l'intero arco politico, maggioranza e opposizione. E' un'altra cultura, che conserva il senso delle istituzioni piuttosto che occuparle.

Tiriamo il fiato. La prospettiva di passare un altro fine settimana nel polveroso emiciclo di piazza Dante ad ascoltare parole in totale libertà (oltre che vuote) era una prospettiva davvero insopportabile. In questo modo possiamo allentare la presenza e subito ne approfitto per la conferenza stampa che si tiene alla sede del Museo Storico del Trentino nella quale presentiamo la conferenza di sabato a Lavarone (sala della Biblioteca, ore 17.00) sulle opere di Emilio Lussu, nell'ambito del percorso sulla "Cittadinanza Euromediterranea". Con me ci sono Giuseppe Ferrandi, direttore del Museo, Salvatore Dui (presidente della Comunità sarda del Trentino), Aldo Marzari (Presidente della Fondazione Belvedere Gschwent di Lavarone), Luigi Nicolussi Castellan (Presidente del Centro di Documentazione Luserna), a testimoniare un rinnovato interesse attorno ad un pensiero per tanti anni "privo di cittadinanza".

I messaggi che vogliamo dare sono due. In primo luogo, uscire dalla retorica con cui viene spesso celebrato il 150° dell'unità d'Italia, ricordando che questa unità non ha sempre significato concordia fra i popoli che la costituivano se pensiamo che nella prima guerra mondiale tanta povera gente (e fra loro i figli della Sardegna) venne mandata al massacro da comandi che i soldati identificarono via via come i loro veri nemici. Emilio Lussu, fuori dalla retorica fascista degli anni '30,  ebbe il coraggio di parlare dell'insensatezza e dell'assurdità di quella guerra. Ne nacque il suo capolavoro "Un anno sull'altipiano" che negli anni '70 divenne anche un film, "Uomini contro", del regista Francesco Rosi, per i suoi contenuti denunciato, boicottato e tolto dalle sale cinematografiche.

Il secondo messaggio  è che questo pensiero non ispirava solo la letteratura... Emilio Lussu fu uno dei fondatori del Partito sardo d'Azione, parte integrante del movimento federalista di "Giustizia e Libertà" in cui confluirono alcune delle figure più interessanti sotto il profilo dell'originalità del pensiero: l'europeismo di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni, il federalismo di Silvio Trentin, il meridionalismo di Gaetano Salvemini. Un pensiero di mezzo, per questo schiacciato dalle vulgate maggiori del ‘900. E di cui oggi possiamo cogliere in pieno - di fronte alla necessità di andare oltre il concetto di stato-nazione - tutta la sua straordinaria attualità.

Ritorno in Consiglio ed ora si prosegue nella massima speditezza. Viene approvato il mio emendamento sulla formazione internazionale dei volontari della protezione civile, chiamati come spesso sono ad affrontare interventi di emergenza in situazioni di cui conoscono poco o nulla. Un percorso annuale di formazione rivolto al vasto mondo del volontariato, dove approccio e interventi siano improntati al rispetto e alla conoscenza.

Il clima in Consiglio è più sereno. Nei nove giorni precedenti eravamo bloccati sull'articolo 1, in poche ore siamo quasi all'articolo 70. E non mi sembra vero di finire i lavori di oggi in un orario normale. Avrei la presentazione del libro di Ugo Morelli, ma sono svuotato e ho solo voglia di staccare la spina.
giovedì, 16 giugno 2011autonomia

Se consideriamo del tutto trascurabile la giornata trascorsa a Bolzano del Consiglio regionale, dove pure abbiamo posto in essere - non senza qualche difficoltà dovute ad assenze e ripicche personalistiche - la staffetta fra Durnwalder e Dellai alla guida della Giunta regionale, passiamo direttamente alla giornata odierna, trascorsa nell'aula questa volta del Consiglio Provinciale. Siamo giunti all'ottavo giorno, ma l'ostruzionismo della Lega sulla legge di riforma della Protezione Civile non demorde e ancora non s'intravede uno spiraglio. 

Ne abbiamo già parlato e non mi dilungo, ma vi assicuro che è davvero avvilente dover assistere al triste spettacolo di una parte della minoranza che blatera per ore sulle cose più assurde e ripetendo in ogni intervento le stesse cose pur di farci perdere tempo. Con l'unico obiettivo non di migliorare la legge, ma di farla ritirare. Non valgono le aperture da parte della Giunta e della maggioranza: ad ogni tentativo di mediazione la Lega alza l'asticella e salta tutto. Un gioco irresponsabile, che tiene l'assemblea legislativa sotto scacco ed impedisce il governo dell'autonomia.

Che tutto questo avvenga su un terreno come quello della Protezione Civile ha una forte valenza simbolica ma un impatto sociale piuttosto relativo. E, mi permetto di dire, anche pericoloso perché si gioca con un mondo che di tutto ha bisogno fuorché di strumentalizzazione politica. In realtà si ha l'impressione che si giochi anche una partita parallela, molto interna al centrodestra e alla sua leadership, non lontana da quel che accade a Roma o Milano, alla faccia del federalismo. E al protagonismo individuale di personaggi ormai politicamente insignificanti e privi di seguito ma che vivono l'occasione per prendersi qualche primo piano altrimenti improbabile.

D'altro canto, ritirare la legge da parte nostra diventerebbe una prova di ingovernabilità e questo nonostante l'ampio margine che gli elettori trentini ci hanno consegnato due anni e mezzo fa. E che a questo punto potrebbe ripresentarsi (stante l'attuale regolamento) su ogni altro atto legislativo: dunque tanto varrebbe tornare alle urne.

Quindi per il momento non ci resta che proseguire nella maratona, che s'intensificherà nei giorni prossimi inasprendo gli orari di convocazione. Sperando che tutto questo provochi la giusta indignazione degli elettori contro l'irresponsabilità di questi apprendisti stregoni della politica che non conoscono nemmeno le regole essenziali della democrazia. Nel mio intervento la scorsa settimana avevo parlato non a caso del "governare dall'opposizione", maldestramente inteso da qualcuno come consociativismo: nella dialettica fra maggioranza e opposizione ci sta il confronto anche duro e la ricerca di compromessi ma nel rispetto reciproco e nella ricerca del dialogo, senza far venire meno la distinzione dei ruoli riconducibile all'esito del voto. A meno che qualcuno non intenda violare i fondamentali (penso al non rispetto della Costituzione o degli assetti statutari), ma non mi pare certo questo il caso.

Perché l'esito di tutto ciò altro non è che paralizzare il nostro lavoro. Proviamo a fare in aula (visto che il numero legale lo dobbiamo garantire noi) quel che dovremo fare altrove ma non è facile in mezzo alla gazzarra o agli interventi tanto gridati quanto pretestuosi mantenere la concentrazione, scrivere o studiare.

Eppure ci sarebbe da stare sull'attualità del post referendum, ad esempio, perché anche oggi la polemica divampa in Trentino, specie sul tema della gestione delle risorse idriche. Fa un po' sorridere la convergenza fra il centrodestra che attacca a testa bassa la Provincia di aver privatizzato i servizi (lo fa il consigliere Borga su L'Adige di oggi prendendosela anche con le mie dichiarazioni) e qualche comitato che nella più classica delle tradizioni novecentesca, vinta la partita referendaria prova ad affilare i coltelli contro il nemico più vicino, ovvero i traditori della gestione in house che poi saremmo noi. Ho visto troppe volte questo rituale da risultarmi ormai insopportabile. Le bandiere rosse di sangue amico, scriveva Claudio Magris. Nonostante le bandiere non ci siano più, i vecchi vizi sembrano invece immutabili.

Probabilmente prevarrà chi ha più tenacia e cattiveria. A tutto questo vorrei potermi sottrarre.   
martedì, 14 giugno 2011acqua in Trentino

Sono indignato. In primo luogo perché la risposta che viene dai leader nazionali del PD (e non solo) all'esito del voto è la richiesta di dimissioni del governo. Ho girato il Trentino in lungo e in largo dicendo che i referendum erano lo strumento per riportare i contenuti al centro del dibattito politico, che per vincere avremmo dovuto portare al voto una quota significativa di elettori del centrodestra essendo tali contenuti trasversali agli schieramenti, che rappresentavano l'occasione per interrogarsi attorno ai nodi di fondo del nostro modello di sviluppo... ed ora anziché incalzare sui contenuti accade l'opposto. E così Massimo D'Alema a Ballarò dice che la privatizzazione della gestione del servizio idrico ci può stare (quasi che il referendum non avesse dato alcuna indicazione) e che la conseguenza del voto dovrebbero essere le dimissioni di Berlsuconi.  E' vero che la legge Ronchi prevedeva l'obbligatorietà dell'affidamento della gestione dei servizi ai privati, ma non cogliere che il mandato che viene dal voto va nella direzione della pubblicizzazione o della ripubblicizzazione testimonia che non si è imparato proprio nulla. Quanto alle dimissioni del governo Berlusconi, persino Di Pietro riesce a capire che è politicamente sbagliato farlo ora.

Sono doppiamente indignato anche per effetto che, a quanto pare leggendo i quotidiani locali, sembra che in Trentino il confronto referendario sia stato la fotocopia di quello nazionale. Ma così non è stato e non è, da almeno due anni. Da quando cioè abbiamo messo in campo tutte le prerogative della nostra autonomia per mettere in protezione l'acqua trentina dalle incursioni del capitale privato, sia nel mantenere il diritto di scelta in capo ai Comuni, quanto nel ri-pubblicizzare il servizio idrico laddove è finito in società miste pubblico-private come Dolomiti Energia. Mozioni, ordini del giorno, articoli di legge hanno portato a presidiare tanto il tema dell'acqua che quello del nucleare e dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili en prima dei referendum. E nella stessa campagna referendaria, il PD del Trentino ha messo in campo un centinaio di iniziative sul territorio, seppure con qualche esitazione iniziale e con un piccolo dissenso interno ma ingigantito dai giornali.

Avverto una grande distanza fra il vento che spira e la rappresentazione che ne viene. Riemerge un antico vizio della politica (ma anche dei movimenti e della cosiddetta società civile): quello di far rientrare a forza quel che accade con il proprio schema interpretativo. E così sentiamo sui referendum le cose più ideologiche, da parte della politica come da parte dei movimenti. E poco ascolto. Scarsa capacità di stare ad osservare, tanto meno di meravigliarsi. Come se la storia non cambiasse mai. Come se tutto fosse già stato scritto. Come se noi la sapessimo più lunga di tutti. Insopportabile.

Forse qualcuno si accorge anche di questo lavoro, così mi chiamano da TCA e da L'Adige per saperne di più: quando le iniziative istituzionali vennero realizzate a malapena si accorsero del loro valore. Che ti racconta altresì del fatto che ogni tanto la politica non si limita a rincorrere gli avvenimenti, cercando magari di anticiparne gli esiti.

In questi giorni di maratona consiliare e di lavoro sui referendum ho giocoforza trascurato diverse altri impegni: così oggi recupero un po' di cose lasciate lì. Ecco dunque che ci troviamo con i rappresentanti della comunità sarda e con il direttore del Museo storico del Trentino per preparare l'iniziativa sul pensiero di Emilio Lussu prevista per sabato prossimo a Lavarone. Nel primo pomeriggio l'incontro in assessorato dell'agricoltura per preparare la visita della delegazione palestinese che sarà in Trentino a fine mese. A seguire passo dal Forum e poi sono al Centro di Formazione alla Solidarietà Internazionale per un'intervista sul percorso del Progetto Prijedor. Mi fa piacere che quest'esperienza venga studiata, perché effettivamente il suo percorso originale ci permette di riflettere a fondo sull'idea che abbiamo di cooperazione. Vedo nelle due persone che mi intervistano e nelle loro domande una bella curiosità, che vorrei riuscissero a non perdere.

E' ormai sera. Dovrei fare un salto all'incontro sul Mediterraneo previsto in Regione, ma sono stanco e vorrei passare finalmente una sera con Gabriella. Ci fermiamo qualche minuto su Ballarò, il tempo per perdere la pazienza.

lunedì, 13 giugno 2011evviva

Dopo sette giorni consecutivi, siamo ancora inchiodati in Consiglio Provinciale, sabato e domenica compresi. E abbiamo approvato un solo articolo degli oltre ottanta che il Disegno di legge di riforma della Protezione Civile prevede. Qualcosa però il settimo giorno accade. Il centrodestra, che pure aveva palesato posizioni diverse, si spacca e il PdL si defila dall'ostruzionismo. La Lega si è infilata in un vicolo cieco dal quale non riesce ad uscire e la partita per la leadership del centrodestra rischia di rivoltarglisi contro.

Il settimo giorno, per la verità, accade qualcosa di ancora più importante: arrivano i risultati sulla partecipazione al voto referendario, il quorum c'è, l'invito di Berlusconi e Bossi di starsene a casa o andarsene al mare viene rigettato dagli italiani in ogni regione ed in particolare al nord, segno di una frana di consenso senza precedenti negli ultimi anni.

E' un risultato grande. Scrivo un primo commento per conto del gruppo consiliare, poche righe per dire che l'esito referendario è una straordinaria prova della società civile che ha voluto questi referendum (già in mattinata ho chiamato Emilio Molinari per congratularmi per il suo impegno di questi anni in ogni angolo di questo Paese per l'acqua bene comune), delle comunità locali che si sono espresse per la difesa delle proprie risorse e della buona politica che ha saputo ascoltare e fare propria un'iniziativa che non era nelle sue corde.

La soddisfazione è grande perché in Trentino siamo riusciti, nonostante qualcuno remasse contro, a collocare il PD in prima linea in questa battaglia, con un centinaio di iniziative sul territorio e con un lavoro che mi ha impegnato in prima persona tanto nelle serate informative quanto in sede istituzionale, utilizzando le prerogative autonomistiche per metterci al sicuro dalla privatizzazione e dal nucleare. Insomma, nella soddisfazione generale c'è anche quella personale, per aver svolto un ruolo spero prezioso.

La partecipazione al voto colloca il Trentino ai primi posti nazionali, dimostrando ancora una volta la diversità di questa terra. Quella che vorremmo confermare con la legge in discussione in Consiglio provinciale e che non a caso una parte dell'opposizione vive come il fumo negli occhi, nonostante continuino ad affannarsi nel dire che il volontariato è nei loro cuori. La descrizione che gli esponenti della Lega fanno del Trentino (ma anche qualcuno che a sinistra del Trentino non ha capito un bel niente), delle sue caratteristiche di partecipazione e di coesione sociale confuse con la guardia personale del presidente, fa sì che una legge importante ma non particolarmente decisiva diventi la madre di tutte le battaglie. Forse contavano di trovare qualche crepa nel gruppo consiliare del PD, considerato che da un esponente del nostro gruppo (Giovanni Kessler) era venuto un DDL che si poneva in linea di rottura con quello della Giunta, ma si sono proprio sbagliati e quel disegno di legge è rimasto negli archivi consiliari senza firma alcuna. Tant'è che la maggioranza dà una prova di tenuta forte, nonostante l'atteggiamento di rivalsa personalistica di qualche consigliere che in questi giorni di "trincea" se ne sta in congedo o fa i capricci.

Ma a quanto pare gli effetti del voto referendario smuovono qualcosa anche nell'opposizione più intransigente e fra i banchi della Lega quasi d'improvviso cambia il tono delle dichiarazioni.

Dopo la pausa di un giorno e il Consiglio regionale di domani, si tornerà in aula giovedì e vedremo se i consigli saranno più miti. Intanto la riunione si conclude, così da darci il tempo di passare in piazza dove già si festeggia per la vittoria. Spira un vento nuovo, ma di strada per cambiare questo paese ce n'è ancora molta da fare.
sabato, 11 giugno 2011Forte di Cadine, 11 giugno 2011

Mentre prosegue la sessione del Consiglio Provinciale dedicata alla riforma della Protezione Civile con gli orari imposti dall'ostruzionismo di una parte delle minoranze, una boccata d'ossigeno è rappresentata dalla celebrazione del ventennale della legge istitutiva del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. Al forte di Cadine da poco restaurato ma non ancora aperto al pubblico, si svolge una prova d'orchestra. E non è quella degli Abies Alba, che pure allietano con le loro parole e la loro musica antica l'incontro del Forum. Parlo invece dell'idea di trasformare questo luogo in un laboratorio permanente sull'elaborazione dei conflitti. Dove indagare le guerra, le nuove guerre che si accaniscono contro la cultura e la storia. Dove comprendere non solo la follia della guerra, ma anche la follia del suo amore.

Vent'anni nei quali è cambiato il mondo, sono cambiati i contesti e le geografie, le speranze che la caduta del muro di Berlino avevano suscitato hanno lasciato il posto alla guerra ritornata la forma normale di risoluzione dei conflitti e ai campi di concentramento nel cuore dell'Europa.

In realtà quella che si svolge oggi non è affatto una celebrazione, bensì un'occasione di riflessione, interrogandosi su quanto il percorso di vent'anni del Forum abbia lasciato nella comunità e nelle istituzioni trentine. Ne viene un confronto interessante, per niente rituale e scontato, dove si alternano al microfono gli attori attuali e quelli di un tempo, le associazioni e chi mi ha preceduto nella carica di presidente, dove la domanda riguarda l'efficacia dell'azione del Forum come quella del movimento per la pace. Insomma, il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto?

Una risposta, in buona sostanza non c'è. La realtà trentina ci viene da tutti invidiata, non c'è dubbio, ma al tempo stesso non possiamo non vedere come siamo ancora lontani da un minimo comune denominatore rispetto al valore delle istituzioni della nostra autonomia, che il Consiglio provinciale approvò a larghissima maggioranza nell'ormai lontano giugno del 1991. Le istituzioni sono la nostra piccola costituzione, dovremmo tutti prenderle sul serio. Tant'è vero che per l'ufficio di presidenza del Consiglio investire maggiore risorse nel Forum è tabù.

E' davvero importante che siano qui con noi oggi i presidenti che si sono alternati alla guida del Forum, sguardi diversi ma profondi sul senso stesso di questa istituzione il cui ruolo viene da tutti riconosciuto nella sua continuità di impegno come nella modalità di interpretazione del suo mandato. Insieme a loro non meno di sessanta rappresentanti di associazioni e istituzioni, nonché l'assessore alla cultura Panizza che fra l'altro in questa occasione fa da padrone di casa.

Con noi anche Paolo Ghezzi che ci accompagna lungo l'itinerario di vent'anni, le sue trasformazioni, i suoi passaggi: percorrerli sarà l'oggetto di una pubblicazione che, attraverso un'immagine e un racconto, racconterà la storia del Forum, anno dopo anno.

Fuori dalle spesse mura del vecchio forte austroungarico c'è un caldo sole primaverile che ci mette in simbolica comunicazione con altre primavere che accompagnano pensieri e nuove speranze lungo le sponde del mediterraneo.

Ritornare in Consiglio ad ascoltare interventi privi di capo e di coda è davvero la morte dell'anima. Mi auguro che chi assiste a questa pantomima si possa rendere conto del triste spettacolo cui stiamo assistendo e di come una minoranza priva di responsabilità possa paralizzare oltre all'iter legislativo in questione anche il più importante organo legislativo della nostra autonomia. Alle 21.00 siamo ancora nell'insalubre emiciclo ovattato di vecchia moquettes della Regione. Riprenderemo domenica, nella speranza che le aperture della maggioranza possano portare consiglio. Ma così non sarà. 

giovedì, 9 giugno 2011Reportage Chernobyl

Il Consiglio è bloccato sulla riforma della Protezione Civile. Due giorni di trattative che pure ancora non approdano al un accordo, nonostante la Giunta accolga una serie di emendamenti dell'opposizione. Al di là degli aspetti migliorativi, sempre possibili ed auspicabili, c'è la filosofia di fondo della norma sulla Protezione Civile a dividere maggioranza e opposizione. Negli interventi in aula dei consiglieri della Lega, nel loro descrivere il Trentino come territorio preda delle mafie e del ricatto, emerge una visione davvero distante ed è quindi difficile trovare, a partire da queste basi, una mediazione accettabile. E così si prosegue, fra una sospensione e l'altra per due giorni, fino ad ipotizzare di iniziare alle 5 del mattino e concludere all'una di notte.

Fuori del Palazzo piove. Il confronto sulle tematiche referendarie si accende nel merito di temi importanti ma l'approccio della cronaca giornalistica fatica ad entrare nel merito preferendo la speculazione politica, le divisioni nel PD, il folklore. Sembra proprio che non importi nulla di quel che si fa e che si è fatto. Le mozioni e gli ordini del giorno approvati in Consiglio su denuclearizzazione del Trentino e acqua bene comune, gli articoli di legge, l'attenzione politica attraverso decine di incontri: organizziamo come gruppo consiliare e partito una conferenza stampa che dà cronaca di oltre cento iniziative promosse dal PD del Trentino in queste settimane. Ma le domande degli operatori dell'informazione sembrano interessate solo alla contrapposizione con Giorgio Tonini: quasi che una posizione personale contasse di più di un intero soggetto politico, che forse più di ogni altro si è impegnato nella campagna referendaria.

La sera precedente affidiamo allo spettacolo teatrale "Reportage Chernobyl" di Roberta Biagiarelli il drammatico racconto di quei giorni di venticinque anni fa, del dolore delle famiglie dei pompieri chiamati a spegnere un fuoco che avrebbe potuto essere ancora più letale non solo per Chernobyl ma per tutta l'Europa. Li chiamarono liquidatori, erano seicentomila persone: molti di loro morirono, altri portano sul proprio corpo i segni della contaminazione.

Intervengo in aula nel dibattito sulla riforma della protezione civile, il testo lo trovate nella home page. In pochi ascoltano, ma dalla diffusione televisiva mi arrivano segnali di approvazione. Poi, di fronte all'estenuante rilancio, salta il tavolo. E con essa le regole minime di un'istituzione come l'assemblea provinciale dove il livello culturale riflette un preoccupante livello di degenerazione della politica e della società.

Interrompiamo alle 19.30 e corro a Mezzocorona dove è prevista una serata dedicata alla proposta di legge sulla bonifica dell'amianto in Trentino. All'illustrazione del DDL corrisponde un dibattito molto interessante, soprattutto nella testimonianza di chi lavora in situazioni a rischio, capannoni ricoperti da ondulati di eternit dalle cui fessure scende polvere nell'ambiente di lavoro, altre situazioni in cui le autorizzazioni burocratiche rendono oltremodo complessa l'opera di bonifica laddove nella ristrutturazione di vecchi edifici evidenzia situazioni a rischio di contaminazione. Ne vengono indicazioni interessanti, anche sul piano dell'introduzione di spunti di miglioramento del Disegno di legge. Discutere di amianto non è poi tanto diverso rispetto ai temi referendari: in causa è una cultura del progresso che ha piegato al profitto il diritto alla vita.

Penso di dover tornare in Consiglio, ma per fortuna arriva la comunicazione che la seduta è di nuovo sospesa e riprende il giorno successivo, segno che forse un accordo è in dirittura d'arrivo.

martedì, 7 giugno 2011arancia blu

Oggi dovrebbe riprendere la seduta del Consiglio Provinciale sospesa quindici giorni fa, entrando nel vivo del dibattito sul DDL relativo alla Protezione Civile. E in effetti il Consiglio riprende i suoi lavori, ma per una breve celebrazione del centocinquantenario dell'unità d'Italia. L'inno alla gioia, un bell'intervento del presidente del Consiglio provinciale, un breve saluto del Commissario del Governo seguito dall'inno al Trentino e da quello di Mameli. Poi riprende la bagarre, non c'è alcun accordo con le minoranze e dunque i lavori vengono di nuovo sospesi. Sarà così per l'intera giornata, nella speranza di raggiungere una soluzione accettabile. Le minoranze si sono infilate in un cul de sac, hanno imbastito un ostruzionismo difficile da motivare e hanno bisogno di uscire in maniera onorevole. Ma intanto ci tengono bloccati e il risultato è la paralisi dei lavori consiliari. In gioco, come dirò nel mio intervento, è una visione del Trentino, di una realtà che proprio grazie alla rete di diffusa partecipazione non è diventata preda dello spaesamento che nel nord ha fatto il successo della Lega.

Nel primo pomeriggio ci incontriamo per organizzare la visita della delegazione palestinese a fine giugno. Si tratta della naturale evoluzione degli incontri avuti in Palestina in direzione di costruire un accordo quadro su agricoltura e credito: così arriveranno in Trentino i rappresentanti dei mondi vitali del microcredito, della frutticoltura, della viticoltura, del vivaismo e della formazione professionale con i quali abbiamo lavorato a Ramallah.

Sospeso il Consiglio, la sera sono a Lasino per l'ennesima serata sui referendum. E' davvero doloroso leggere sul Trentino di oggi che il PD del Trentino sarebbe incerto sui referendum semplicemente perché Giorgio Tonini ha espresso una posizione che rispecchia l'orientamento che fu dei DS piuttosto che la posizione del PD sui referendum. In questi mesi ho presidiato in ogni sede il tema dell'acqua come bene comune, gli ordini del giorno e gli emendamenti sulla finanziaria inerenti il servizio idrico avevano la mia come prima firma, abbiamo cercato di attivare le prerogative dell'autonomia speciale per metterci al riparo dalle logiche di privatizzazione, mia è la mozione che fa del Trentino un territorio denuclearizzato, per arrivare alla campagna referendaria nella quale avrò partecipato personalmente a non meno di venti serate sul territorio.

La rappresentazione giornalistica della realtà è forse più importante della realtà? Eppure vedo i circoli territoriali decisamente impegnati in questa scadenza, la consapevolezza che ne può venire un nuovo capitolo della primavera che questo tempo ci sta regalando.

Anche la serata in Valle dei Laghi si rivela partecipata, nonostante la concomitanza con altri appuntamenti. E posso dire anche proficua, vista l'attenzione, le domande e le considerazioni che vengono dal pubblico. Anche qui viene apprezzato il taglio per nulla elettorale che propongo, laddove in discussione non c'è solo l'esito dei quattro referendum ma soprattutto la necessità di interrogarsi sul futuro, sulla nostra impronta ecologica, sulla sostenibilità delle nostre scelte.
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lunedì, 6 giugno 2011l\'uomo di ferro

Ci siamo lasciati alle spalle il festival dell'economia. L' ultima zampata di un'edizione che peraltro ho percepito come piuttosto opaca è quella di Zygmunt Bauman che dice «Non stiamo più ampliando le nostre possibilità di scelta, ci stiamo avvicinando al limite e stiamo ipotecando il futuro dei figli e anche dei Paesi diversi dal nostro». Niente di nuovo, se non l'autorevolezza della persona che pronuncia queste parole, in un contesto che continua a far finta di nulla. E stupisce che il presidente Dellai giudichi "apocalittico" l'intervento di Bauman, semmai fin troppo prudente. Che aggiunge «...il mondo non si è mai fermato: mi riesce difficile pensare di poter fare marcia indietro». Qui non si tratta di fermarsi ma di piegare la ricerca e l'innovazione alla qualità del vivere, ad un patto di responsabilità globale che imponga un cambio di rotta, uscendo dalla dittatura del PIL come dalla subalternità dell'uomo alla cosa.

Prima di Bauman aveva provato Manfred A. Max-Neef , economista cileno, a porre il tema di uscire dal paradigma della crescita: «Dobbiamo cambiare tutto questo quanto prima. Occorre dimostrare di poter vivere meglio con molto meno. Per far ciò ci vogliono nuovi criteri economici che considerano l'essere umano nella sua interezza e non solo come consumatore. L'economia di oggi, infatti, non riesce più  a rispondere ai problemi di questo secolo». Parole che mi suonano famigliari e, nell'incontrarlo seppur brevemente nella "Locanda delle tre chiavi" di Isera ospite di Slow Food, ho la percezione che tali parole rappresentino il sentire di una comunità di pensiero che inizia a far sentire la sua voce.

Ne avevamo parlato anche sabato mattina nel corso del convegno "Il microcredito e la microfinanza: un modello di successo per la riduzione della povertà?". Incontro interessante, quand'anche diluito nel mare degli eventi del Festival e forse anche per questo non molto partecipato, dove la finanza etica s'interrogava sulla sua capacità di contaminare i sistemi territoriali. E dove, in questa chiave, ho posto la questione dell'alleanza della terra e del mercato reale per fermare l'economia plastificata dei titoli derivati. Forse non abbiamo ancora sufficientemente imparato a conoscere l'impatto devastante dei capitali criminali sull'economia dei territori, tema rispetto al quale oggi registriamo ancora l'assenza di adeguati strumenti di difesa.

Domande alte che questo tempo pone, che stridono con la miseria della politica: è un po' questa la sensazione che mi viene nel partecipare ad una riunione del gruppo consiliare dove si riaffacciano quelle dinamiche perverse che ho conosciuto all'inizio di questa legislatura e che negli ultimi mesi speravo superate, laddove i destini personali fanno di nuovo capolino a testimoniare l'inadeguatezza nel sapersi sintonizzarsi con quel che il vento di cambiamento porta con sé. 

Che invece trovo nell'incontro con i giovani dell'associazione La Bussola di Ala nell'incontro promosso nella serata di lunedì insieme al locale circolo del PD del Trentino. Almeno un centinaio di persone affollano la sala Zendri, molta gente in piedi in una serata dove con me ci sono il fisico Mirco Elena e la prof. Paola Masotti dell'Università di Trento. Parliamo di nucleare e di acqua, ma come spesso è accaduto nel corso delle serate precedenti in realtà il tema centrale è quello dei limiti dello sviluppo. Anche in questo caso, la percezione che il referendum assuma un significato il cui rilievo politico investe il futuro collettivo, quel che lasceremo a chi verrà dopo di noi.

Non ho mai amato lo strumento referendario e considero l'espressione di un sì o di un no piuttosto manichea. Lo ritengo un istituto da attivare solo in casi eccezionali, quando la politica abdica al suo ruolo. Ciò nonostante credo sia giusto ringraziare tutte le persone che si sono impegnate nella raccolta delle firme per rendere possibili questi referendum, un'opportunità che si offre alla politica di affrontare temi di grande spessore.

E di uscire dal vecchio paradigma delle "magnifiche sorti e progressive".

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venerdì, 3 giugno 2011un\'immagine di piazza Duomo durante il festival 2011

Giovedì è iniziata la sesta edizione del Festival dell'economia, quest'anno dedicata al tema "I confini della libertà economica". Un tema certamente importante, ma che avremmo potuto trattare lo scorso anno come l'anno che viene. Perché se vedo un limite in questo evento, di cui peraltro il Trentino può andare orgoglioso, è quello di una certa astrattezza rispetto al proprio tempo. Capiamoci. Provare a leggere il presente è questione tutt'altro che banale, decisiva invece. Specie per la politica che altro non sa fare se non inseguire gli avvenimenti o, peggio ancora, la cronaca che se ne fa. Ma al Festival dell'economia vorrei chiedere qualcosa di più, ovvero buttare uno sguardo sul futuro, proporre visioni. Magari dialogarci con il futuro e magari modificarne gli esiti. O è chiedere troppo?

Decido di dedicare qualche ora al festival. Mi aggiro fra le vie del centro e vedo tanta gente, forse un po' meno degli anni scorsi. I visitatori vedono una bella città, in armonia con il suo festival, ma i negozi sono uguali a quelli di qualsiasi altra città e mi appunto che questa è un'occasione perduta per valorizzare i prodotti di qualità del nostro territorio. Non una bancarella, non una degustazione di vino o formaggio, prodotti che pure sono in sofferenza.

Anche i temi che le conferenze affrontano, sembrano svolgersi malgrado il Trentino, terra di sperimentazione su temi decisivi anche nel rapporto con i confini della libertà economica, dal ruolo dell'autonomia alla partecipazione diffusa, dal modello cooperativo al credito legato al territorio, dalla pace intesa come percorso di elaborazione dei conflitti alla cooperazione internazionale. Non è solo questione di "buone pratiche", parlo dei pensieri che fanno diversa questa terra che non a caso ospita un festival così importante ed oggi replicato in altre latitudini. O pensiamo che le cose avvengano per caso?

Mi fa un po' incazzare l'idea che il Trentino sia la bomboniera del Festival in virtù dei denari della nostra autonomia. Lo dico perché la California non ha nulla da insegnarci, malgrado tutti abbiamo sempre qualcosa da imparare. O ci siamo già dimenticati che dagli Stati Uniti in questi anni sono venute le peggiori nefandezze per questo pianeta, dalla guerra del petrolio alla deriva finanziaria?

Pazienza. Importante è che la gente faccia la coda per ascoltare pensieri e parole, piuttosto che per entrare in un centro commerciale. Che ne venga la percezione di una città ed un territorio ben governati e che dunque questa che fino a ieri rappresentava l'anomalia politica dell'arco alpino possa essere vista come un'alternativa possibile al berlusconismo e al leghismo, culture ancora consolidate in buona parte di questo paese.

Nel tardo pomeriggio vedo Vittorio Agnoletto, un pezzo di storia in comune anche se oggi ho l'impressione di stare su un pianeta diverso dal suo. Mi chiede di presentare a Trento il suo libro (scritto a quattro mani con Lorenzo Guadagnucci) dal titolo "L'eclisse della democrazia" (Feltrinelli), attorno alle verità nascoste sul G8 di Genova del 2001. Sono passati dieci anni da quella vicenda triste e vergognosa e ricostruire pagine di verità è sempre utile. Ma non riesco proprio a capire quale possa essere il significato di ritornare oggi su un passaggio - non vorrei scandalizzare nessuno - che non ha lasciato traccia se non la morte assurda di un ragazzo di nome Carlo Giuliani. I social forum sono passati come una meteora, vittime della loro autoreferenzialità. A Porto Alegre governa la destra, ma anche a Pieve Emanuele e ad Assisi. Un incubo, quello di Genova, dal quale occorre uscire. Forse mi sbaglio, e invece parlarne serve proprio a questo.

Fuori dal festival, ci sono comunque sale affollate. E' quel che accade venerdì sera a Sardagna, frazione della città con poco più di mille abitanti. All'incontro sui referendum del 12 e 13 giugno, dove sono relatore, una cinquantina i presenti e non ci sono più posti a sedere. Giovani e meno giovani, donne e uomini, tutti attentissimi ad un incontro che assomiglia più ad conferenza che ad una serata elettorale. Ed è quello che intendo fare, perché immagino che le persone intervenute abbiano già un loro orientamento e che dunque la cosa più interessante sia quella di cercare di portare una visione d'insieme che faccia da cornice ai quesiti referendari.

Temo di volare troppo alto, ma vedo che la gente ascolta con interesse quel che dico a proposito della necessità di cambiare rotta, nelle scelte strategiche come nei comportamenti individuali. Nel mettere in discussione il "paradigma dello sviluppo" e nel declinare ogni giorno il concetto di sobrietà. Ed anche nell'interrogarsi sui limiti della politica, compresa quella del centrosinistra. Ho l'impressione che la gente apprezzi questo parlare in libertà, anche su quel che non va nelle nostre parole e nei nostri comportamenti. Alla fine le strette di mano mi dicono molto di più dell'applauso.
giovedì, 2 giugno 2011Gianni Rigotti

Quando lo sentivo al telefono nei mesi scorsi la voce si faceva ogni volta più flebile, ma ciò nonostante non veniva meno la sua proverbiale tenacia che avevo conosciuto negli anni '70 quando era consigliere comunale in un piccolo paesino della Val di Non dove la lista di Democrazia Proletaria prendeva percentuali a due cifre e percorreva di lungo in largo la valle per promuovere incontri, organizzare giovani, attaccare manifesti. Mi dava consigli per il mio lavoro, lanciava idee sullo sviluppo locale e sulla valorizzazione degli antichi mestieri (lui che era un formidabile intrecciatore e che negli ultimi anni aveva svolto per il Museo degli usi e costumi della gente trentina di San Michele i corsi di tessitura sugli antichi telai), seguiva questo blog e mi diceva che avrei dovuto fermarmi un attimo per fare meglio le cose che stavo facendo. Era una persona saggia, Gianni Rigotti...

Gianni ha lasciato questo mondo la mattina del 2 giugno, nella sua casa di Novafeltria dove si era trasferito con la famiglia da ormai trent'anni. L'ultima volta che ci eravamo sentiti, un paio di settimane fa, era per promuovere un corso di formazione rivolto ai giovani di Legambiente della sua zona. Avevo preparato un'ipotesi di percorso formativo che gli piaceva ma voleva che chiarissi con qualche riga di pensiero il significato dei titoli proposti. E proprio questo approfondimento è stato l'ultimo messaggio che sono riuscito ad inviargli, nonostante ogni giorno Gianni fosse nei miei pensieri. Mi piacerebbe riuscire a svolgerlo quel percorso formativo, come un ultimo dono ad una persona speciale.

Un abbraccio a Laura e a Marco.

mercoledì, 1 giugno 2011la città tedesca

Siamo a metà della legislatura. Con oggi, simbolicamente, il Consiglio Regionale si svolge a Bolzano. Sessanta chilometri, un niente. Eppure siamo in un altro mondo. Terra contesa il Sud Tirolo, come tante. Qui non ci sono muri a separare i tedeschi dagli italiani, ma la divisione la puoi cogliere in ogni cosa. I quartieri sono divisi, le scuole sono divise, il modo d'essere delle persone, le loro storie personali come terreno identitario di una cittadinanza che la politica continua a non volere multietnica.

Anche in questa circostanza il Consiglio Regionale non perde occasione per dare prova della sua sostanziale inutilità. Nella disputa sulle cariche degli organismi di rappresentanza consiliare, dove ci si azzuffa per quattro denari. Nell'intervento del presidente uscente del consiglio che semplicemente ringrazia come nel saluto nella nuova presidente che gli subentra per la seconda metà della legislatura: nemmeno una parola di bilancio, ad onor del vero difficile da trarre tanto è stato incolore. Ma anche nella relazione del candidato presidente Dellai, di solito stimolante, oggi invece all'insegna dell'idea che non si debba toccare nulla.

Dice Dellai «... Le vicende storiche, con il loro portato di rotture e di ricuciture, si sono poi incaricate di restituirci l'assetto attuale della nostra autonomia che a noi è dato di custodire e, se possibile, di migliorare, puntando a far crescere la collaborazione tra i gruppi linguistici e le comunità e non a riproporre schemi e forzature che rischierebbero di compromettere queste importanti conquiste, che hanno trovato nel secondo Statuto di autonomia la loro efficace traduzione. Per queste ragioni è giusto dire che il secondo Statuto e tutta la lunga fase della sua attuazione non hanno tradito, come a volte si sostiene, ma ripristinato lo spirito dell'accordo di Parigi. In prospettiva, ci vorranno nuovi passaggi statutari, ma essi potranno essere formalizzati, lo abbiamo detto più volte, quando le idee saranno definitivamente chiarite, anche attraverso l'esperienza sul campo e quando il quadro parlamentare nazionale sarà più idoneo per affrontare tale argomento. Nel frattempo occorre lavorare con gli strumenti istituzionali esistenti, con pazienza, flessibilità e sensibilità reciproca...». Vorrei almeno che in questa legislatura si potesse avviare la strada del terzo statuto, incardinato sulla prospettiva euro regionale.

Nell'intervallo mi intriga l'idea di un piatto sudtirolese ma non sarà così, evidentemente il rompere le righe non fa parte della cultura della sinistra altoatesina. Il dibattito sulla relazione di Dellai e sulla formazione della nuova giunta viene rimandato di quindici gironi e quindi ce ne torniamo a Trento, un po' sconsolati, nella convinzione di non aver fatto nulla di che per uscire da un rituale che sin dal primo istante ho avvertito come residuale.

Passo in ufficio per sistemare un po' di cose e poi vado nella Basilica di San Lorenzo dove si celebra la cerimonia in ricordo di Giovanni Battista Lenzi, Rino Zandonai e Luigi Zortea, i trentini scomparsi due anni fa nelle acque dell'Oceano Atlantico che li riportava dal Brasile dov'erano stati con la Trentini nel mondo. Il tempio civico è uno dei più belli della nostra città, i presenti si stringono nella cerimonia religiosa alla quale seguirà un momento laico a Palazzo Trentini, sede del Consiglio Provinciale. La scatola nera dell'aereo dell'Air France (da poco ritrovata) non ha ancora dato un responso definitivo, ma è sempre più accreditata la tesi dell'errore umano. Il che rende forse ancora più grande l'amarezza per la perdita di tante vite.

Alla cerimonia "laica" non posso partecipare perché in serata sono a Volano, per un'iniziativa sui referendum. La saletta non è gremita ma l'incontro risulta molto stimolante. Avverto che le persone presenti hanno voglia di capire, di sapere e di discutere, anche al di là dei referendum. Partecipo volentieri a questi momenti perché in effetti sono occasioni importanti non tanto per convincere qualcuno ad andare a votare o a votare sì (i presenti già lo sanno) ma per entrare nel merito dei nodi di fondo che il nucleare, l'acqua e il legittimo impedimento pongono rispetto al nostro modello di sviluppo. Tanto che dai temi referendari passiamo a discutere anche di sostenibilità, di cultura del limite, ma anche di metroland, di territorio, di comunità di valle. Le persone del circolo del PD che organizza la serata mi incalzano con le loro domande, tanto che devo promettere di ritornare a breve per proseguire la nostra conversazione.

Questa cosa mi conforta. A pensarci bene, quello del contatto diretto con i circoli e le realtà locali del PD del Trentino è uno degli aspetti più interessanti di questa prima parte della legislatura. Ricostruire una trama di pensiero e di merito attorno alle scelte amministrative dà un significato diverso anche all'impegno istituzionale. E il fatto che ci sia ancora voglia di uscire di casa e parlarne è un piccolo segno di speranza. Anche se la scarsa presenza di giovani (se escludiamo il giovane segretario del Circolo Davide Nicolussi Moz) ci dice che questa modalità d'incontro andrebbe velocemente ripensata per favorire modalità partecipative diverse ed efficaci. Il vento che viene dal Mediterraneo ci dovrà aiutare anche in questo.