"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Diario

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giovedì, 28 luglio 2011Afghanistan, cinquant\'anni di occupazione

Nonostante il brutto tempo, si sente in giro aria di vacanza. Ho bisogno di tirare il fiato e di staccare, ma ancora non è finita l'attività consiliare, gli appuntamenti, le cose da scrivere. Scelgo tre spunti che possano rappresentare una qualche sintesi di questi strani giorni, sospesi fra l'incertezza del momento e le crociate dell'antipolitica.

Ma prima è proprio di questo clima che vorrei parlarvi. Vedo intorno a me un crescente smarrimento, un grande polverone fatto di campagne mediatiche costruite ad arte, l'incapacità di mettere a fuoco e di distinguere. Come ho fatto cenno in un editoriale di qualche giorno fa, ho la sensazione di ritornare al 1992, a quel passaggio fra prima e seconda repubblica che spalancò le porte al Cavaliere. E' come se da allora ad oggi fosse cambiato tutto e niente. Lo stesso esito referendario, che pure ha raccontato di un paese non del tutto piegato, sembra a poche settimane già svanito. Alla vittoria referendaria sul legittimo impedimento, corrisponde la discussione in Parlamento sul "processo lungo", con una disinvoltura davvero disarmante. Sul tema energetico, logica vorrebbe che alla rinuncia del nucleare venissero dirottate almeno una parte delle risorse che vi erano destinate alle energie rinnovabili ed invece vengono tagliati gli incentivi a sostegno del fotovoltaico. E staremo a vedere sull'acqua... Tutto questo ci descrive una distanza profonda, che riguarda l'insieme del sistema politico, maggioranza e opposizione. Davvero molto pericoloso.

Lo testimoniano un po' anche gli avvenimenti destinati al mio diario, un "tirar dritto" da parte della politica, come fosse in preda ad una forma di autismo, aliena ai ripensamenti.

In Seconda Commissione c'è all'ordine del giorno un solo punto, ma di spessore, ovvero le Linee guida per la politica turistica provinciale, quaranta cartelle fitte fitte attorno ad uno dei nodi strategici dell'economia del nostro territorio. La convocazione prevede un'ora di lavoro della Commissione, alla fine del quale è prevista l'espressione del parere. Si deve tener conto che le linee non passano dal Consiglio e dunque questo è l'unico luogo istituzionale dove parlarne. Oltre ad essere corposo, il documento è ben fatto, ricco di spunti e stimolante per un confronto che potrebbe portare ad un ulteriore arricchimento. Dopo l'illustrazione da parte dell'assessore Mellarini chiedo pertanto se non è il caso di posticipare la discussione, vista anche la disponibilità da parte di Mellarini di ritornare in Commissione nei primi giorni di settembre. Perché fra le cose che qui sono scritte e la realtà, diciamolo apertamente, c'è una bella distanza. Dopo una rapida ma accesa discussione con la presidente Dominici, ci si riconvoca a settembre.

Pur non essendo membro di questa Commissione, il tema mi appassiona. Il turismo è infatti uno di quei tratti dell'economia del territorio che impone un approccio multidisciplinare: investe la cultura dei luoghi, la storia, i saperi materiali, l'ambiente in tutte le sue dimensioni, le relazioni internazionali, le attività sportive... Non ultima, la coesione sociale. Perché se c'è un elemento di criticità nel turismo trentino è proprio quello di non fare rete, valorizzando poco i molteplici tratti dell'identità territoriale. Vorrei mettere a disposizione dei lettori le "Linee guida" (che trovate nella prima pagina) e riaccogliere un po' di idee anche su questo blog.

Altro avvenimento da segnalare, altra distanza. Questo nostro paese sta bombardando la Libia, o ce ne siamo dimenticati? Certo, si tratta di un'azione umanitaria, con tanto di benedizione del presidente Napolitano. Per salvare la gente dalle ritorsioni del dittatore sanguinario accolto fino al giorno prima come un grande amico, ci era stato detto.

Noi avevamo un'altra idea, il sostegno alla primavera araba doveva avvenire all'insegna di quel messaggio nonviolento che quella stessa rivoluzione ci proponeva. E così alla presentazione della trentunesima edizione di "Oriente Occidente", festival di danza e incontro di culture (1 - 11 settembre 2011) è di primavere che parliamo. Più di ottanta eventi fra danza, immagini e parole, in una cornice dedicata al Mediterraneo, proprio prendendo spunto dal percorso proposto dal Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. E infatti tutta l'edizione è parte integrante dell'itinerario "Cittadinanza Euromediterranea", una sinergia che apre spazi davvero inediti di azione nel costruire una cultura di pace. Nella sezione "linguaggi" una serie di eventi saranno proprio organizzati dal Forum (e dall'Osservatorio Balcani Caucaso) con la presenza di testimoni importanti come Elias Khury, Melita Richter, Fabio Salomoni ed altri. Nella conferenza stampa le parole dei direttori artistici del festival Lanfranco Cis e Paolo Manfrini sono sulla lunghezza d'onda di questo mare, per quel che ha dato lungo la storia e per gli straordinari messaggi che ancora oggi ci invia, nella speranza che qualcuno li sappia raccogliere, naturalmente. Saper ascoltare, essere curiosi: nel mio breve intervento propongo due sole parole: inquietudine e meraviglia.

Un terzo incontro, una terza distanza dalla realtà. Giovani soldati italiani ritornano dall'Afghanistan in una bara. Sono in guerra, anche se continuiamo ipocritamente a negarlo. Con Razi e Soheila, registi afgani, parliamo di un altro Afghanistan. Il progetto che stiamo coltivando da qualche mese sta prendendo forma e diventa ogni giorno più interessante: s'intitola "Afghanistan 2014". Avremo modo di parlarne nei dettagli, ma l'idea di dar vita ad una piattaforma di discussione internazionale rivolta alla diaspora afgana (e alla popolazione di quel paese, ovviamente) sulle prospettive di autogoverno che si apriranno nel 2014 quando, se vuole il cielo, dovrebbero finire cinquant'anni di occupazione (prima sovietica, poi occidentale), mi sembra di straordinario interessante. Come mi sembra fondamentale che da loro venga una proposta che esce dallo stereotipo tanto della guerra come dell'aiuto: per guardare e costruire il futuro.

Flash di mezza estate. Davvero credo ci sia da interrogarsi sulle distanze fra la rappresentazione e la capacità di guardare oltre. 
lunedì, 25 luglio 2011La fine della Valdastico

La riunione degli amministratori della Valsugana nell'aula consiliare di Levico Terme è molto affollata. La Commissione ambiente del PD del Trentino li ha convocati con il vicepresidente Alberto Pacher per discutere delle ipotesi della viabilità che incombono sul Trentino dal Veneto e più in generale sul tema della mobilità nel Trentino orientale.

Si avverte fra i presenti un qualche sconcerto per le posizioni assunte nei giorni scorsi dalla Giunta Provinciale che ha messo in guardia gli amministratori locali dall'offensiva che la Regione Veneto sta mettendo in atto a favore del completamento dell'autostrada della Valdastico.

L'assessore Pacher disegna il quadro della viabilità, prendendo atto delle iniziative in corso per appaltare un tratto di superstrada lungo il punto più critico della Valsugana alle porte del Trentino - progetto finanziato e realizzato da privati (e che dunque sarà a pagamento) - che avrà come effetto un forte incremento del traffico pesante verso questa direttrice con la conseguenza di investire pesantemente il Trentino. Che questi interventi siano già in corso d'opera non fa altro che dimostrare come la realizzazione della Valdastico non avrebbe alcun effetto di alleggerimento del traffico sulla Valsugana.

Due iniziative distinte, dunque, ma con il medesimo effetto: trasformare il territorio trentino in una area di scorrimento del traffico internazionale. Entrambe queste soluzioni andrebbero peraltro a cozzare contro la realizzazione dell'alta capacità, ovvero della nuova ferrovia per il traffico merci lungo l'asse del Brennero, visto che by-passerebbero lo snodo intermodale di Verona.

Come rispondere? Pacher snocciola una serie di proposte. In primo luogo, no alla doppia autostrada. Che significa, in primis, no alla Valdastico. In secondo luogo intervento per mettere in sicurezza la superstrada della Valsugana. Terzo, lo sviluppo della rete ferroviaria della Valsugana che verrebbe acquisita da una società mista fra le Ferrovie dello Stato e la Trentino Trasporti, con conseguente investimento per la sua elettrificazione come condizione per farne una metropolitana di superficie. Quarto, affrontare il tema della mobilità attraverso le autostrade informatiche ed è quel che si sta facendo con la banda larga. Non dimenticando che 2/3 del traffico attuale lungo la Valsugana (e metà del traffico ipotizzabile) è costituito da mobilità locale, che potrebbe essere ridimensionata da interventi che prevedano lo spostamento di funzioni verso le valli e grazie al tele-lavoro. Altre proposte di protezione della Valsugana andranno ricercate.

Molti degli amministratori locali presenti forse vorrebbero sentirsi dire altro, in particolare che nell'alternativa fra autostrada della Valsugana e Valdastico si sceglie la seconda. Le posizioni, in realtà, sono discordanti. Si fa sentire la pressione della Lega che come al solito gioca sulla paura e fa squadra con quella parte del Veneto (targato Lega) che ha scommesso sul completamento della Valdastico. Servirebbe - al contrario - una visione d'insieme, ma ciascuno parte dal proprio particolare.

Lo scontro fra Trentino e Veneto è molto forte. Proprio stamane a Vicenza i vertici della "Autostrada Serenissima" e la Provincia di Vicenza che fanno capo al presidente leghista Schneck hanno presentato il rendering del completamento della Valdastico, bloccata da anni dal "no" trentino a Piovene Rocchetta. Un no fortemente motivato da ragioni ambientali ed economiche, che più in generale investe il modello economico che il Veneto vorrebbe espandere verso nord. Per anni le comunità della Vallagarina che ne sarebbero investite hanno espresso la loro netta contrarietà al completamento della Valdastico e non mi pare il caso né di aprire un contenzioso fra due zone del Trentino, né di riaprire una questione che nei programmi della coalizione abbiamo nettamente escluso.

Solo in pochi interventi emerge il nodo di fondo: che modello di sviluppo pensiamo nel futuro della Valsugana? La logica dell'attraversamento corrisponde all'economia dei flussi piuttosto che a quella dei luoghi ed il Trentino ne è già sufficientemente segnato. A questo corrisponde la necessità anche su questo piano di un cambio di pensiero, che rifletta la consapevolezza dell'insostenibilità dell'attuale modello di sviluppo. Vorrei dirlo ma non c'è lo spazio per allargare la riflessione: ci lasciamo con l'impegno di rivedersi a breve.

venerdì, 22 luglio 2011Tenno, la zona della lottizzazione

Una bellissima giornata, in uno dei luoghi più belli del Trentino. Parlo di Tenno, nell'alto Garda trentino, dove giungo in mattinata per un sopraluogo nell'area interessata ad una nuova lottizzazione edilizia oggetto di una mia recente interrogazione in Consiglio provinciale.

Siamo in quel pezzo di Trentino dal sapore mediterraneo "dove all'ulivo si abbraccia la vite" per usare le parole di Fabrizio De Andrè. Quando scrisse "La buona novella", forse uno dei suoi lavori più intensi, si riferiva alla Palestina e anche qui ci sono pezzi di terra che i vecchi chiamavano così.

Richiedeva anche tanto lavoro, di terrazzamento in primo luogo, per far sì che la terra non scendesse a valle e potesse essere più facilmente coltivabile. Perché, come mi dice il titolare dell'osteria Cà Briosi, i nonni gli raccontavano che nella realizzazione dei muri a secco il terreno era così argilloso che tendeva a franare e richiedeva un continuo lavoro anche notturno di consolidamento. E di questo paziente e duro lavoro di conservazione del territorio c'è ancora il segno, nonostante la logica del profitto si sia fatta sentire.

Qui si discute di strade di accesso all'area edificabile, ma il problema è più di fondo: perché caricare oltremodo di cemento questi straordinari declivi? Mi dicono di case invendute o di nuclei storici abbandonati... vedo case degli anni sessanta costruite senza alcun criterio di sostenibilità che richiederebbero di venir ristrutturate da cima a fondo. L'area di Cologna di Tenno interessata alla lottizzazione venne dichiarata già negli anni '90 al alto rischio idrogeologico, ma poi come per incanto il vincolo sparì. Basta girare un po' nei pressi dell'agritur Acetaia (dove la strada di accesso alla lottizzazione dovrebbe essere realizzata) per rendersi conto della fragilità del terreno. E anche gli edifici circostanti mostrano qualche crepa inquietante. Troppi interessi e poco amore per la propria terra.

Chi invece vuole bene alla sua terra è Emiliano Faccio, il consigliere comunale di Tenno Viva che di questa situazione si sta facendo carico. Una bella persona con cui conversiamo amabilmente e con il quale si avverte un sentire comune. Sono contento di poter aiutare lui e questa comunità di persone nel difendere il territorio da nuovi e rischiosi insediamenti. Che ci sia un problema di assetto idrogeologico lo vediamo anche nel sottostante borgo di Gavazzo, dove sono apparse negli ultimi anni e dopo alcune edificazioni a monte alcune risorgive d'acqua intorno ai caseggiati. Anche qui, problemi di accesso ma non solo. Ed il carico di cemento che mi si mostra sul rendering di un'altra ancor più vistosa lottizzazione appare qui ancora più inquietante.

Si è davvero perduto il senso del limite. Gli abitanti della zona esprimono la loro preoccupazione e proprio la settimana prossima formeranno un comitato per la difesa del territorio. Credo sia giusto così, nella speranza che si diffonda non l'idea del "non nel mio giardino" ma la coscienza del limite.

Come non capire che abbiamo raggiunto o oltrepassato questo limite? Come non capire che non possiamo andare più avanti con l'idea che in nome della crescita del PIL bisogna compromettere il territorio? Commentiamo amaramente con Osvaldo Dongilli, che di Tenno è stato in passato assessore comunale e che mi accompagna in questo sopraluogo, che il concetto di progresso ha segnato la cultura politica in maniera trasversale. Guardando dall'alto il fondovalle, ci fa sorridere pensare che il delirio edificatorio che vediamo sotto di noi sia stato il risultato dell'operato di amministrazioni che storicamente facevano riferimento al centrosinistra. La politica deve cambiare anche per questo.
giovedì, 21 luglio 2011Lagorai, Trentino: il lago di Erdemolo

Mentre procede la discussione sul  Disegno di legge relativo agli incentivi alle imprese, un dibattito che - come spiegavo ieri - sembra un disco rotto che ripete all'infinito lo sciocchezzaio da osteria con cui la Lega cerca di raccontare il Trentino, cerco di non perdere troppo tempo. Vedo Zaama Fatimatou e Samira Tontay, rappresentanti dell'Associazione delle donne sahawi per lo sviluppo integrale. Sono in Italia nell'ambito di una mobilitazione internazionale evitare rappresaglie verso Mustafà Salma Mouloud, ex dirigente del Fronte Polisario che dopo una vita passata nel campo di Tinduf, in Algeria, ha deciso di abbandonare il gruppo separatista e appoggiare il piano di autonomia del Sahara proposto dal governo di Rabat. Con una nota diffusa all'interno delle diverse comunità presenti sul territorio nazionale, la Rete delle Associazioni della comunità marocchina in Italia ha chiesto l'avvio di una mobilitazione in difesa di Mouloud, esprimendo il timore che «la direzione del Fronte Polisario possa attuare rappresaglie nei suoi confronti al momento del ritorno dalla sua famiglia nei campi di Tindouf».

Il passaggio dalla rivendicazione di un nuovo stato a quella dell'autogoverno fondato sul principio di autonomia corrisponde ad un salto di paradigma che oggi s'impone a livello globale. Già nei mesi scorsi avevo incontrato alcuni esponenti della comunità marocchina interessati a far conoscere l'esperienza della nostra autonomia come via d'uscita di un conflitto come quello fra Marocco e Sahara Occidentale che si trascina da decenni. Che questa istanza venga dalle donne saharawi mi sembra davvero interessante.

Questo passaggio corrisponde ad una proposta che intendo elaborare affinché la Regione Trentino Alto Adige - Sud Tirolo diventi un laboratorio di elaborazione e di accompagnamento attorno alle situazioni di conflitto per l'autogoverno. Già oggi siamo un punto di riferimento per la questione tibetana, tanto che il Manifesto per una significativa autonomia del Dalai Lama ha avuto una parte della sua gestazione in questa terra. Ma istanze analoghe vengono da altre minoranze interne alla Cina (come il popolo uiguro), dalla popolazione indigena del Chiapas, dai numerosi conflitti che caratterizzano il Caucaso e i Balcani e così via. E la vicenda del popolo sarawi non è diversa, ingabbiata in un conflitto senza prospettive che da mezzo secolo tiene un popolo in una condizione di violenza e di indigenza.

Vedo Mauro Cereghini. Persona con la quale in questi anni abbiamo fatto pezzi di strada davvero interessanti e innovativi lungo le strade impervie della cooperazione internazionale e dell'Europa di mezzo. Da qualche anno abita a Lana ed il suo sguardo strabico fra la sua terra d'origine (il Friuli), quella che l'ha accolto e quella dove opera lo porta ad essere un osservatore acuto sulla nostra Regione. Dell'istituzione regionale e della sua residualità in effetti parliamo, per cercare di trovare un nuovo equilibrio ed un nuovo senso dello stare insieme fra piccole comunità che nella loro diversità possono avere qualcosa da costruire insieme. Mauro mi aggiorna anche sulle attività dei campi estivi nei Balcani: vi parteciperanno fra luglio ed agosto più di cento giovani trentini e vedo con piacere che tutto il lavoro svolto in questi anni ha sedimentato relazioni profonde.

Ci si riunisce con i consiglieri della maggioranza per avviare un confronto sugli scenari della finanza pubblica alla luce della manovra statale. Si preannunciano tagli considerevoli alle risorse della nostra autonomia e s'impone una strategia per attenuarne l'impatto. In un primo documento riservato si delineano una serie di idee per far fronte ad uno scenario piuttosto serio e preoccupante. Avremo modo di parlarne. A cominciare dalla necessità di mobilitare le risorse finanziarie e il risparmio del territorio come energie autoctone per far fronte alla crisi.

Vi devo dire qualcosa anche su quello che accade in aula. L'ostruzionismo della Lega ha l'effetto di far saltare il normale funzionamento delle istituzioni, in primis il ruolo delle Commissioni Legislative che diventano comparse formali laddove la trattativa vera è fra giunta e minoranze. L'hanno capito già nella maratona sulla protezione civile e così d'ora in poi non ci sarà proposta legislativa di un certo rilievo (tranne la finanziaria dove il tempo è contingentato) che non vedrà attivato questo perverso meccanismo.

E così, dopo due giorni di trattative, si arriva all'accordo. Il punto è cruciale e riguarda l'estensione del meccanismo dei contributi "anticrisi" (ovvero generalizzati) per altri due anni, seppure dopo il vaglio della Giunta e il passaggio nelle Commissioni. Niente di straordinario, ma l'elemento di novità della norma sugli incentivi era quella di introdurre dinamiche selettive in ordine alla qualità dell'innovazione e alle vocazioni del territorio. I cinquecento emendamenti della Lega vengono ritirati e si arriva all'articolato con un pacchetto di emendamenti concordati, molti dei quali proposti dalla maggioranza. Fra questi anche due emendamenti che mi vedono primo firmatario: il primo all'articolo 6 sulla necessità di fare sistema fra internazionalizzazione delle imprese e la cooperazione internazionale trentina, il secondo all'articolo 18 sull'incentivare l'innovazione che privilegia «l'utilizzo di software libero e open source, i formati di dati standard aperti e i protocolli di comunicazione e scambio dati standard aperti». Un primo pezzetto in vista del Disegno di legge organico in materia di software libero.

Prima del voto finale, su proposta del consigliere anziano Pino Morandini, l'aula saluta con un bell'applauso i due uscieri del Consiglio provinciale, Gino Iachemet e Guido Lenzi, che lasciano un servizio svolto con grande professionalità per la pensione. Nella loro attività professionale hanno seguito la vita del Consiglio per non meno di cinque se non addirittura sei legislature, diventando loro stessi parte della vita consiliare. Mi verrebbe da dire che ne sanno di più di tanti consiglieri. E immagino che forse quest'aula - nonostante il degrado della politica - un po' gli mancherà.
mercoledì, 20 luglio 2011La vecchia copertina di uno straordinario libro di Gustave Flaubert, Bouvard e Pecuchet

Riprende il Consiglio Provinciale. In esame il testo unificato dei disegni di legge sugli incentivi alle imprese, una proposta che intende segnare un passaggio importante dopo gli interventi anticrisi delle leggi finanziarie dell'ultimo triennio. Il dibattito consiliare è però a dir poco penoso.

Gran parte delle voci dell'opposizione sono un disco rotto, qualsiasi sia l'argomento in discussione sentiamo sempre gli stessi argomenti ed una descrizione del Trentino a dir poco terrificante: "il sistema degli incentivi agli amici degli amici", oppure "il Trentino è diventato il mezzogiorno del nord" (con il tono dell'offesa, s'intende), o ancora "in Trentino non cresce più niente, lo avete inaridito"... lasciando intendere una situazione allo sbando e nelle mani di una cupola. Insomma, il Trentino sarebbe un territorio preda di un sistema mafioso, dove la gente vive sul lastrico, dove le piccole imprese sarebbero tartassate dal fisco e dalla burocrazia, dove l'energia è stata regalata ai soliti noti, la scuola alla deriva, i servizi affidati ad un privato sociale (la cooperazione trentina) collaterale al potere e così via. Cito a memoria, ma un giorno di questi, visto che questa dotta analisi viene reiterata su ogni argomento, mi prenderò il tempo di annotarmi le perle di questo scioccchezzaio.

Metto giù qualche appunto per un intervento da svolgere in aula, ma è difficile trovare un terreno di confronto con persone che non hanno uno straccio di memoria storica sui processi di sostegno alle imprese, sul ruolo dell'agenzia del lavoro, sugli ammortizzatori... se è vero che fra i "colleghi" sono in molti a non sapere nemmeno che cosa sia la legge 300, il "progettone" o anche il più recente (si fa per dire) passaggio di competenze in materia di gestione delle risorse energetiche. E' come se mancassero i fondamentali...

La cosa più fastidiosa è che sia completamente saltata una normale dialettica fra maggioranza e opposizione. Di fronte ad un dissenso circoscritto, su una legge importante ma non fondamentale, dopo essersi astenuti in commissione, si annuncia (e si avvia) l'ostruzionismo? Complice un regolamento dove il tempo contingentato è obbligatorio solo sulla legge finanziaria, bastano sette consiglieri per paralizzare i lavori d'aula. In altre parole, la Lega ha trovato il modo di scardinare l'attività consiliare mettendo in scacco una peraltro ampia maggioranza semplicemente attuando l'ostruzionismo su ogni argomento, costringendo la Giunta ad una trattativa separata ed in buona sostanza rendendo pressoché inutile il lavoro delle commissioni consiliari.

Se così sarà anche in futuro, nei prossimi due anni di legislatura il lavoro dell'assemblea legislativa verrà pesantemente condizionato e non ci resterà che cambiare il regolamento (operazione non certo facile) o affidarci alle leggi finanziarie, facendole diventare una sorta di "omnibus". E' avvilente, ma così non è tollerabile continuare.

Dopo una due giorni di melina, sembra infine profilarsi una via d'uscita, ma - qualsiasi sia l'esito della mediazione - non lo ritengo affatto un buon risultato. Non è accettabile che ci sia qualcuno che in aula abbia il diritto di veto. Tutto questo non aiuta la democrazia. Non è un grande spettacolo nemmeno quello che si svolge in Parlamento, né nel tintinnio delle manette, né nel dover prendere atto di una politica fortemente intrecciata con gli affari.

Se poi questo stesso Parlamento vara una finanziaria lacrime e sangue per i cittadini e lascia sostanzialmente intoccati i privilegi della politica, si può ben comprendere l'indignazione che cresce insieme all'antipolitica. E sembra non contare nulla che l'unica realtà regionale dove si è avuto il coraggio di eliminare totalmente i vitalizi e di sterilizzare qualsiasi forma di aumento delle indennità, sia proprio la nostra. In questo polverone mediatico, un minimo di distinguo è chiedere troppo? Se poi nei panni dei moderni Savonarola sono esponenti di caste ben più privilegiate, siano essi imprenditori che giornalisti, fa amaramente sorridere.

Oggi i principali quotidiani locali pubblicano con grande rilievo le dichiarazioni dei redditit dei consiglieri provinciali. Sarà pur affar mio, ma per quanto mi riguarda il taglio dell'indennità al 50%, come i lettori di questo blog sanno, lo sto praticando sin dall'inizio della legislatura.

lunedì, 18 luglio 2011F35

Più si mette a fuoco la manovra finanziaria, più emerge la sua natura iniqua. Il "miracolo" di cui ha parlato il presidente Napolitano c'è stato effettivamente: l'aver approvato il più drastico provvedimento di prelievo dal lavoro dipendente e dai bassi redditi che si ricordi ottenendo un iter di approvazione mai così rapido. Ho qualche dubbio sulle tre "i" (indispensabile, ingiusta, insufficiente) che Giorgio Tonini indica nella sua analisi sul Trentino di domenica, perché le condizionalità per un approvazione tanto veloce avrebbero dovuto mettere in discussione scelte ben più incidenti ma che invece vengono confermate, forse perché sostanzialmente condivise o perché ci si guarda bene dal mettere in discussione Finmeccanica. Mi limito a dire che una drastica riduzione delle spese militari o il taglio dei 16 miliardi di euro sugli F35 sarebbe stato un segnale che da solo avrebbe avuto un impatto del 25% di tutta la manovra (analogo sul piano simbolico al taglio dei vitalizi ma appunto di portata ben maggiore).

Ne parlo con Fabio Pipinato, direttore di Unimondo, affinché si lanci un appello molto semplice che faccia del taglio agli F35 il simbolo di una battaglia che al risanamento dei conti dello stato corrisponda uno scarto di pensiero. O pensiamo invece che anche gli F35 siano Pil e dunque intoccabili?

Non è una domanda retorica. Al pari dei privilegi della casta, intoccabili perché condivisi, non possiamo pensare di risanare l'economia di questo paese se rimaniamo chiusi nella dittatura del Prodotto interno lordo. Se non si avvia una riflessione sui costi di una anacronistica difesa, se non mettiamo mano all'impronta energetica di questo "paese do sole", se non asciughiamo la pubblica amministrazione nell'ambito di una seria riforma federalistica dello Stato, se non facciamo meglio con meno in una cornice di ripensamento sui nostri consumi, se non mettiamo le briglia ad un sistema finanziario che è diventato un immenso casinò... Se non pensiamo alla previdenza integrativa attraverso perversi giochi azionari che investono sulla miseria degli altri, "mors tua vita mea".

Proprio oggi, a nome del gruppo consigliare del PD, ho presentato in Regione una mozione che parla di questo, del carattere etico degli investimenti che avvengono nel sistema di PensPlan e sulla necessità di riconvertire una parte degli investimenti in fondi territoriali a sostegno dei progetti strategici delle due province autonome (travate il testo nella home page).

Agire con un profilo territoriale nel campo della finanza globale non è certo facile. Ma nel nostro territorio ci sono anche su questo piano condizioni di favore che dovremmo valorizzare al meglio come un sistema di casse rurali che raccoglie in Trentino il 65% del risparmio, una consolidata autonomia alla quale corrisponde uno braccio finanziario - la Cassa del Trentino - cui è stato riconosciuto un rating "tripla A" che potrebbe essere funzionale alla capitalizzazione delle risorse territoriali, un programma come PensPlan che rappresenta uno dei rari esempi di sinergia fra i soggetti sociali a sostegno della previdenza integrativa. Tutto questo andrebbe messo a sistema, piuttosto che affidarsi a società di gestione di capitali o fondi pensione che operano in maniera speculativa sul mercato globale.

Che dell'economia reale non gl'importa granché se è vero che la stessa manovra finanziaria per mettere a pareggio i conti dello stato ha effetti praticamente nulli in sede di riapertura dei mercati finanziari.

venerdì, 15 luglio 2011Alberto Sordi

Accade che il Parlamento italiano vari una manovra da 79 miliardi di euro. Che rappresenti una delle più pesanti batoste mai conosciute per chi già fa fatica ad arrivare a fine mese. Che Camera e Senato varino il provvedimento in tempo record. Che il taglio per le regioni e gli enti locali sia devastante, mettendo a rischio la qualità dei servizi ai cittadini. Che i costi della politica non siano stati messi fra le priorità per un iter tanto rapido e concordato con le opposizioni. Che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano parli di miracolo per il bene del paese. Ma in che cavolo di paese viviamo?

Si è detto che la manovra doveva servire a scongiurare effetti speculativi sui mercati finanziari. Forse non abbiamo ancora capito che il sistema finanziario globale segue logiche perverse, per cui la quantità di denaro che muove non ha più nulla a che fare con l'economia reale? Che in questo momento i titoli che vanno per la maggiore sono i derivati greci che scommettono sulla caduta dei titoli di stato di quel paese? Che la quantità di denaro che muovono i derivati ha superato di gran lunga ogni altro investimento, per cui ad ogni investimento ci si cautela con l'acquisto di titoli che assicurano sul cattivo andamento dei titoli acquistati?

Non sono un economista, ma sarei pronto a scommettere che la manovra finanziaria che toglie dalle tasche dei contribuenti non meno di 1.000 euro in un anno avrà effetti ininfluenti perché il mercato finanziario globale è in una situazione strutturalmente a rischio. E nessuna delle riforme di controllo e di trasparenza dei mercati finanziari che avrebbero dovuto seguire la crisi di tre ani fa sono state attuate.

Non amo la demagogia sulla casta. Credo inoltre che la politica sia lo specchio della nostra società. Che le caste siano molte e corrispondano ai tanti livelli di privilegio che manifesta una società fatta di potenti corporazioni come quella italiana. Ma che vi sia una trasversalità di omertà (e di voto) a difesa dei vitalizi è un dato di fatto. Il tratto dei costi della politica più insopportabile è proprio questo: perché ingiusto, immotivato, costoso, accumulabile e reversibile. Le uniche due regioni che hanno cancellato i vitalizi sono il Trentino Alto Adige-Sud Tirolo e da poco (con effetto sulla prossima legislatura) l'Emilia Romagna. In tutte le altre regioni e in Parlamento i vitalizi sono un costo enorme. Basta uno sguardo sul bilancio delle due Camere: se le indennità dei parlamentari in carica costano ogni anno 144 milioni di euro, i 2.238 assegni e il migliaio di reversibilità fanno sì che i vitalizi di chi ha smesso di frequentare i banchi del Parlamento richiedono ben 218 milioni. A questo aggiungiamo tutte le Regioni italiane, a cominciare dal Lazio dove il vitalizio scatta a partire dal cinquantacinquesimo anno di età.

Questa cosa fa a pugni con gli ultimi dati forniti dall'Istat parli di 8 milioni di italiani a rischio di impoverimento e di oltre 3 milioni in condizioni di povertà. Perché il PD non se ne fa carico con una proposta di abolizione in Parlamento? Perché non pensare ad un referendum che tolga di mezzo questo odioso privilegio?

Invece di occuparsi di questo la "politica", anche quella trentina, è alle prese con le piccole grandi ambizioni di chi ha da tempo smarrito, se mai l'ha avuta, un'idea della politica come servizio alla propria comunità. E' il destino personale il meccanismo che anima correnti, appartenenze, lobby. Siamo in presenza di una degenerazione che davvero non è più sopportabile. Chi per interesse personale, chi per poter giustificare altre lottizzazioni, chi per vedere implodere le contraddizioni altrui o altro ancora... Non tutta, sia chiaro.

E se per caso ti azzardi a dire che questa logica di accumulo di cariche non va bene, stai tranquillo che ce n'è anche per te. Come mi accade oggi sul Corriere del Trentino, dove appare una dichiarazione del senatore Giorgio Tonini che parla di un mio doppio incarico riferendosi alla presidenza del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. Istituzione questa alla cui presidenza (che non prevede alcun compenso, ma solo costi) si accede non per nomina, bensì per elezione da parte dell'assemblea dei soggetti (più di ottanta) che vi fanno parte. Incredibile.

Sono cose che amareggiano. Descrivono una dimensione della politica per me insopportabile.  
giovedì, 14 luglio 2011gattopardismo...

Cambia il clima. Nella notte fra mercoledì e giovedì il Trentino è oggetto di una fortissima grandinata che compromette il raccolto di circa 3 mila ettari coltivati a mele ed uva. I danni - che variano a seconda delle zone dal 20 al 90 per cento dei raccolti - si registrano lungo l'intera asta dell'Adige, partendo da Ala per arrivare a Mori, Isera, Rovereto fino ad Aldeno, la Valsugana (Caldonazzo, Pergine e Levico) e la valle dei Laghi». L'assessore provinciale all'agricoltura, Tiziano Mellarini, afferma di non ricordare un evento di tale gravità ed estensione. La Provincia autonoma di Trento farà la sua parte, verificherà il danno e chiederà alla Comunità europea lo stato di calamità. Non dimentichiamo che il Trentino è l'unica area d'Italia dove l'ente pubblico interviene, finanziando fino all'80% della polizza di assicurazione contro le calamità naturali, ma ovviamente questo non consola più di tanto, perché ne va dell'economia del territorio. Certo è che i cambiamenti climatici espongono sempre più le produzioni del territorio ad eventi di carattere distruttivo ed anche questo dovrebbe farci riflettere sulla responsabilità verso la nostra impronta ecologica.

La Lega nord salta su ogni cosa e quindi chiede subito che i danni, non solo quelli all'agricoltura ma anche alle auto danneggiate dalla grandinata, vengano coperti con un intervento della Provincia. E' diventato uno sport, che gioca sul piano della ricerca del consenso in ogni "giardino".

Un atteggiamento analogo lo ritroviamo infatti nel DDL presentato dalla consigliera Franca Penasa, giunto oggi in aula, che chiede la cancellazione di una norma che impedisce di accedere alle sovvenzioni per l'acquisto della prima casa nel caso la cessione avvenga da parte di società commerciali in cui i parenti ne sono parte. In sostanza succede che se il figlio di un artigiano o di un piccolo imprenditore decide di acquistare un abitazione dalla società commerciale di cui il padre è socio, non può ottenere il contributo per la prima casa. Ciò non succede invece se il padre è socio di una società per azioni. Mi sembra il minimo e semmai dovremmo abolire il fatto che questo non accada per le SpA, ma invece la Lega vorrebbe estendere quel che altro non si configura se non come un privilegio. Il Consiglio provinciale boccia il DDL, ma questo ci racconta di come ragionano questi signori.

E' la difesa del particolare che davvero preoccupa, perché molte persone sono chiuse proprio in questa dimensione. Il motto di riferimento della Lega è "Prima i trentini", declinato nell'idea della difesa particolare di ogni sordo interesse individuale e di quelle categorie che già tendono a non farsi carico di nulla, che odiano le tasse e che fanno i furbi. Preoccupa altresì la narrazione che viene fatta di questa terra, descritta come in preda alla catastrofe e all'ingiustizia. Mi chiedo se c'è un minimo di onestà intellettuale e dove andremmo a finire se costoro governassero il Trentino...

A queste logiche corporative corrisponde una chiusura culturale impressionante. Ne è una prova la discussione che avviene in aula su una mozione presentata dal nostro gruppo consiliare (prima firmataria la consigliera Ferrari) sulla questione del testamento biologico: proprio oggi uno dei rami del Parlamento ha varato il testo di una legge nella quale si è fortemente depotenziato il diritto alle "direttive anticipate del trattamento sanitario" che di fatto non sono più vincolanti per il medico. Il dispositivo della mozione che prevede una specifica iniziativa da parte dell'azienda provinciale per i servizi sanitari per produrre, sulla base delle indicazioni del comitato etico, il materiale divulgativo ed informativo rivolto ai cittadini e agli operatori sanitari, viene approvato, ma la discussione che precede la votazione ci racconta davvero molto di un fanatismo ideologico del quale non credo si rendano conto quando vorrebbero togliere alla persona il diritto di decidere della propria esistenza.

Intanto i giornali locali sono pieni della polemica sull'auto candidatura di Margherita Cogo alla presidenza del Muse. Al di là del fatto che la politica viene piegata a destini personali, venisse fuori un'idea, un contenuto, un progetto... Niente. Io esisto e chiedo. Ma che modo è questo di pensare la politica? Abbiamo costruito il PD perché quel che c'era prima non andava bene, nelle culture politiche come nelle pratiche. Ho invece l'impressione che ancora una volta il Gattopardo, il cambiare tutto perché nulla cambi, stia avendo il sopravvento. Cosa che non riguarda solo il PD, per la verità. Vedo in giro troppa ipocrisia, troppo calcolo. E poche idee.

Insomma, dobbiamo davvero augurarci che il vento di cambiamento che viene dalla primavera araba non tardi a giungere fino a noi.

martedì, 12 luglio 2011giugno 1975, occupazione del vecchio ospedale Santa Chiara

Mi fa piacere concludere la giornata rivedendo Igor dopo qualche anno. L'ho conosciuto in Bosnia Erzegovina, grosso modo una dozzina di anni fa: un giovane artista di particolare sensibilità che ha trovato una propria strada nelle relazioni internazionali  fra l'espressione artistica e il turismo responsabile. Con Eugenio Berra sono appena tornati da un viaggio ricognitivo lungo il Danubio per verificare le tappe di una possibile proposta di viaggio attraverso l'ecosistema danubiano che verrà messo in programmazione nel 2012 anche attraverso una collaborazione con la rete di Slow food nei Balcani. Un progetto che mi sta molto a cuore e del quale discutiamo nel dopocena nella nostra casa delle Camalghe.

Pensare al turismo come un terreno che ci possa aiutare in una sfida europea, oltre i nazionalismi e oltre le appartenenze, ponendo la conoscenza come terreno per la costruzione della pace e di una nuova cittadinanza, è il senso stesso di un progetto che abbiamo avviato una decina d'anni da e che abbiamo chiamato "Viaggiare i Balcani".

Perché il turismo può essere un veicolo di cultura e di apertura, purché si sia capaci di uscire dalla logica omologante dei centri commerciali, dei villaggi turistici, dei non luoghi. O dell'uso banalizzante della storia. E' questo il significato, oltre all'offesa al buon gusto, della mia nuova interrogazione sull'intitolazione di una pista da sci alla "strafexpedition". Dopo sei mesi dalle assicurazioni venute dall'assessore Mellarini  a fronte della richiesta proveniente da più parti di rivedere la decisione della Carosello Ski, era necessario dare un nuovo scossone per evitare la melma, quel muro di gomma che sull'altipiano abbiamo già conosciuto in ordine all'impatto delle piste da sci ed il collegamento con il Veneto sempre smentito ma concretamente realizzato. Questa volta il messaggio della Giunta è chiaro: dopo aver consultato il Comune e la Società la decisione di rimuovere la discussa denominazione è cosa fatta ed ora si tratta semplicemente di definire una nuova intitolazione alla pista, che propongo sia inerente ad un messaggio di pace.

C'è  un po' di fermento nell'aula consiliare per via delle indiscrezioni sulla candidatura di Margherita Cogo alla presidenza del Muse, il costruendo museo delle scienze nell'area ex Michelin di Trento. Nella riunione del gruppo le dico quel che penso e so di rappresentare un'opinione piuttosto diffusa nel partito ed anche nello stesso gruppo. Anche se non sarebbe la prima volta che esprimo una voce solitaria. Non amo il pettegolezzo giornalistico e quando vengo interpellato dal giornalista del Corriere del Trentino sull'argomento, mi rendo conto che questo è già materia di dominio pubblico: e alla domanda se non ritenga esserci una incompatibilità politica evidentemente non posso sottrarmi dall'esprimere il mio pensiero. La politica deve smetterla di essere rappresentazione dei destini personali di qualcuno, cosa per me davvero insopportabile.

Con quel che accade, con la necessità di mettere in campo idee e progettualità alte per evitare che l'antipolitica (e il disgusto per certa politica) diventino generalizzati, noi dovremmo dedicare il nostro tempo a queste dinamiche? Forse hanno ragione le donne riunitesi a Siena quando evocano uno tsunami verso l'attuale rappresentazione della politica.

A questo penso mentre, conclusi i lavori del Consiglio Provinciale, vado al centro Santa Chiara dove è da poco iniziata la kermesse "Io esisto day". Non è un problema di spazi musicali, è un problema di spazio a tutto tondo verso la piena cittadinanza dei giovani, esclusi dalla nostra generazione che non molla l'osso. Lo dico pensando proprio al luogo dove siamo, quel vecchio ospedale Santa Chiara e quel parco che nel 1975, avevamo vent'anni o poco più, occupammo per due mesi fin quando il Comune non fece un passo indietro sulla destinazione direzionale (la coppia del Centro Europa di via Romagnosi) che vi era prevista.

Mentre passeggio per il parco, gremito nel pomeriggio di famiglie con i loro bambini e poi di giovani che prendono il sole o si baciano, penso con un pizzico di orgoglio che tutto questo è potuto avvenire perché una generazione decise che doveva riprendere nelle sue mani il proprio futuro.

Allora ci prendemmo uno spazio politico, non solo per la musica. E così è bene che avvenga anche oggi, tanto per quanto riguarda i luoghi aggregativi quanto per il bisogno che c'è di rianimare una politica che spesso fatica ad interpretare il presente.

Ne parlo con dei giovani giornalisti qui presenti, che di quel che rappresenti questo spazio nel centro di Trento non hanno assolutamente memoria. E, purtroppo, anche di questo la mia generazione porta una grossa responsabilità: quella di non aver elaborato le vicende degli anni settanta e successivi. L'effetto è che gli anni della più straordinaria partecipazione sono diventati nella coscienza collettiva gli anni di piombo.

E se non c'è sangue in giro (come nelle parole), delle opinioni non sanno che farsene. Che tristezza. E' la stessa sensazione che provo nel leggere i quotidiani del giorno dopo, dove un evento che coinvolge centinaia e forse migliaia di giovani viene descritto non per quello che rappresenta ma per il pregiudizio che se ne ha, per il pettegolezzo, per aridità dello sguardo. Che tristezza.
lunedì, 11 luglio 2011Il lago di Caldonazzo

Inizia oggi una tornata piuttosto intensa di lavoro istituzionale. Stamane si riunisce la Terza Commissione legislativa, domani inizierà una nuova sessione del Consiglio che proseguirà i suoi lavori nei giorni successivi ed anche la prossima settimana.

In Commissione esaminiamo in particolare la petizione popolare contro la realizzazione dell'annunciata realizzazione di un complesso turistico a San Cristoforo, sul lago di Caldonazzo. Tema di cui abbiamo già parlato in questo blog e che ha visto nascere un comitato di cittadini che ha raccolto 2300 firme aprendo così forti contraddizioni nella maggioranza e facendo traballare la giunta di centrosinistra del Comune di Pergine Valsugana. Sono proprio i rappresentanti del comitato che incontriamo come Commissione ed è incredibile come debba essere il Consiglio provinciale ad interloquire con i cittadini piuttosto che il Sindaco di Pergine, il quale invece si è sempre rifiutato di incontrarli. A ragion del vero, stamane dovremmo incontrare pure lui, ma non si fa vivo adducendo impegni urgenti.

La cosa che più addolora (e fa incazzare) è che siamo davvero alle solite: un modello di sviluppo turistico funzionale non alla valorizzazione dei luoghi ma al meccanismo della rendita che si mette in moto nella speculazione. Che insiste su un'area delicatissima che andrebbe oltremodo tutelata. Che trasforma i luoghi in "non luoghi", tant'è che nel piano si parla di nuovi centri commerciali. E, come se non bastasse, fallimentare anche sul piano dell'appeal turistico, in un contesto dove anche le attuali strutture alberghiere sono sotto utilizzate.

Intervengo a sostegno delle istanze del Comitato, allargando la prospettiva all'identità della Valsugana. Anche perché le scelte sul lago non riguardano solo il Comune di Pergine, ma anche gli altri comuni rivieraschi (Calceranica, Caldonazzo, Tenna) e l'intera promozione turistica della valle.

Un altro punto importante di cui parliamo in Commissione è lo stato dell'arte nel lavoro della "cabina di regia" sulla tutela del territorio, istituita con legge provinciale nei primi mesi del 2009 a seguito della vicenda della cava di Monte Zaccon. I primi passi sono stati il monitoraggio delle risorse in campo, chi fa che cosa, tanto per capirci. Ed è interessante prendere atto che la "cabina" coordina un complesso di oltre mille persone nella prevenzione e nella tutela dei suoli e dell'ambiente, rappresentando in sé uno straordinario patrimonio umano e di conoscenza. A breve uscirà un Report sul sistema messo in campo affinché vicende come appunto quella di Monte Zaccon (un ripristino trasformato in discarica) non debbano più accadere, per ripristinare situazioni che ereditiamo dal passato, per far sì che i cittadini sappiano con precisione a chi rivolgersi in caso di problemi o abusi.

Immancabile, anche l'orso fa capolino nei lavori della Commissione, ma per fortuna oggi i toni sono più moderati del solito. Mi fa un po' sorridere quando si dice che il problema sono gli animali "problematici" semplicemente perché hanno osato un po' più di confidenza con gli spazi degli umani. E, paradossalmente, è per questo che sono a rischio.

Un brevissimo intervallo e mi metto a lavorare su un paio di cose. Sto scrivendo un pezzo sulla forma partito, tema oggetto del seminario di Sanzeno sabato scorso. E poi una lettera aperta che decido di inviare all'assessore provinciale allo sport e al sindaco di Trento in omaggio allo scudetto vinto dalla Trentino Cricket nel campionato italiano. C'è un piccolo particolare: i componenti della Trentino Cricket sono cittadini trentini di origine pakistana.

La giornata si conclude con un incontro sul tema delle cure palliative. Tema delicato, doloroso, che richiede molta delicatezza. Nei giorni scorsi mi ha chiamato un amico medico per sottopormi le problematicità contenute nella bozza di delibera che sta andando in giunta provinciale su questo tema e che potrebbe avere conseguenze negative rispetto ad un'esperienza, quella realizzata nelle realtà di Trento e Rovereto, fra le più avanzate in Italia. Così oggi mi incontro con lui e anche con il consigliere Civico che più di me (anche come presidente della quarta Commissione) sta seguendo il tema in questione. L'accompagnamento delle persone affette da gravi patologie negli ultimi passi della propria esistenza non può certo essere affrontato senza il coinvolgimento di chi opera in un ambito tanto complesso e che investe un tema che possiamo considerare emblematico per mettere a fuoco il senso civico di una comunità. Decidiamo di avviare un confronto con l'assessore competente per ottenere una breve pausa di riflessione.

I telegiornali della sera danno cronaca di una drammatica giornata sul fronte finanziario. Tutti si affannano a ribadire che lo stato di salute dell'economia italiana non è poi così malandato, ma intanto riemerge la fragilità di un gigante di argilla qual è il sistema finanziario ma che nella sua caduta rischia di travolgere l'economia reale. Come volevasi dimostrare... verrebbe da dire. Alla faccia di chi ha continuato a parlare in questi mesi di crisi congiunturale.