"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Diario

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martedì, 12 gennaio 2016Merano, città vecchia

E' gennaio. Lungo la strada che sale verso Merano piove a dirotto. Qui s'incrociano la Val Passiria, la Val Venosta e la Val d'Ultimo che in questa stagione dovrebbero essere colme di neve. Ma al posto del manto bianco c'è solo il grigio di un tessuto industriale che centra ben poco con lo spirito del luogo e con un inurbamento che nella seconda metà del Novecento ha cercato di banalizzare l'unicità di un centro come Merano che l'anno prossimo festeggia il settecentesimo anniversario della sua prima carta di autogoverno.

Chi a questo prestigioso anniversario ci sta lavorando è il nuovo vicesindaco Andrea Rossi, che con Mauro Cereghini incontriamo a pranzo. E' alla sua prima esperienza amministrativa, con le deleghe a scuola e cultura italiane, giovani, integrazione e decentramento. Ma quella di Merano non è una giunta delle tante che l'hanno governata nel corso degli anni. Al ballottaggio del maggio scorso è stato eletto sindaco Paul Rösch, candidato dei Grünen, ed è la prima volta che Merano elegge un sindaco tedesco non espressione della SVP, esperienza unica tra le realtà medio-grandi del Sud Tirolo. Dopo una lunga trattativa a luglio si è formata una giunta formata da Verdi/lista civica del Sindaco Rösch (3), SVP (2), PD (1) e una civica di centro-destra (1), un esperimento inedito piuttosto che una grosse-koalition.

Lui mi racconta dell'entusiasmo e delle aspettative verso questo cambiamento politico ma anche della fatica a cambiare quando è debole l'assunzione di responsabilità da parte dei cittadini e ancora la politica non comprende appieno il significato del voto dei meranesi, cercando responsabilità specifiche (lo scarso appeal del candidato della SVP, ad esempio) invece che coglierne il segnale generale. Vale per il partito di raccolta che deve ripensarsi senza il paternalismo rassicurante dei padri fondatori, vale per gli altri partiti della coalizione più attenti a conservare la propria rendita di posizione (nazionale o locale che sia) che a valorizzarne gli elementi di sperimentazione. Non nasconde nemmeno la difficoltà di chi per la prima volta si cimenta su un terreno inesplorato, ma il fatto stesso di parlarne denota un'onestà intellettuale che di questi tempi è merce rara.

Da parte mia – sono qui anche per questo – racconto del percorso che abbiamo avviato in Trentino con “territoriali#europei”, dei tempi distesi che abbiamo deciso di darci nella consapevolezza che dalla crisi della politica non si esca con un colpo di teatro ma attraverso un paziente lavoro di ricostruzione delle coordinate di fondo, culturali prima ancora che politiche, che la fine di un tempo richiede. Sempre che l'ambizione non sia quella di cavalcare il tempo presente ma di comprenderlo e di interagire con esso, fuori da logiche emergenziali o di mero consenso.

Parliamo anche dello stato dell'arte nell'azione di governo delle nostre due comunità provinciali e della partita sul Terzo Statuto che ci accomuna anche se le strade per arrivarci sembrano percorrere itinerari diversi. E pensare che durante la scorsa legislatura era partita proprio dal Trentino la proposta di legge regionale (vedi home page) per definire le modalità di un processo partecipato (la Convenzione). Ora qui in Sud Tirolo/Alto Adige quella stessa proposta è già in fase di avvio, quando invece in Trentino è ancora tutto in alto mare. O nel cassetto di qualche segreta stanza, considerato che la stessa fine del DDL regionale sembra aver fatto l'elaborato del gruppo di lavoro incaricato dall'allora Giunta Dellai di stendere un progetto per una nuova stagione della nostra autonomia. Sempre che non si pensi che il terzo statuto possa ridursi alla peraltro improbabile difesa dell'esistente di fronte al vento neocentralista che attraversa il paese (ne parla oggi il prof. Roberto Toniatti nel suo editoriale sul Corriere del Trentino).

Consideriamo quanto siano lontane, malgrado la vicinanza, le nostre comunità autonome trentina e sudtirolese. Un po' per la diffidenza che ancora permane verso una Regione vissuta in Sud Tirolo come imbroglio trentino, un po' per la fatica ad uscire dalla rassicurante rappresentazione etnica, un po' ancora per il processo di omologazione che – dopo anni di anomalia – segna la politica trentina.

E dunque la necessità di ridurre le distanze, magari trovando nei prossimi mesi occasioni di dialogo e di ricerca comune. A cominciare proprio dal Terzo Statuto e da quello sguardo europeo e sovranazionale che potrebbe aiutarci anche nell'immaginare una nuova fase della nostra autonomia.