Editoriali

Il tramonto dell’Autonomia trentina?
L\'immagine scelta dal presidente della PAT per celebrare la giornata dell\'autonomia

 

Questo intervento del presidente dell'associazione "territoriali#europei" è apparso oggi sul "Trentino"

di Alessandro Dalla Torre

(4 settembre 2015) La giornata dell’Autonomia è uno di quegli eventi inevitabilmente destinati ad essere issati sul pennone più alto della retorica politico-istituzionale. Da quell’altezza, assecondando il verso in cui dirige la brezza della storia, sventolerà dunque indifferente le sue buone ragioni. Ci saranno, poi, quanti si limiteranno a guardare a quella bandiera e quanti invece guarderanno anche al verso in cui dirige quella brezza. Si sa: spesso le bandiere, in genere tutte le bandiere, tendono ad illudere, mentre la storia – se la si vuole veramente intendere – difficilmente si presta a questo gioco.

 

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Indignazione e spaesamento. Impotenza e azione. 1% vs 99%. Paradigmi da cambiare radicalmente. Confini inutili.
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di Federico Zappini

(6 settembre 2015) Non mi va di passare per cinico perché non condivido convintamente la foto del piccolo Aylan Kurdi, morto a tre anni naufragando sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia. Non riesco ad appassionarmi alla discussione sulla correttezza (deontologica, politica, ecc.) della scelta di pubblicare quell’immagine sulle prime pagine dei quotidiani e non mi sogno nemmeno di giudicare chi ha deciso di contribuire a rendere virale online postandola sulle proprie bacheche Facebook e Twitter. Indignarsi è legittimo, addirittura vitale laddove significa non accettare il fluire, spesso tragico, degli eventi che ci circondano.

Mi chiedo però se vale questo metro di valutazione. Se solo una persona in più dopo la tragica fine di Aylan – e la sua trasmissione a media unificati – si dirà sensibilizzata allora aver affondato quel pugno comunicativo sarà giustificato? Non sono del tutto convinto di questa interpretazione, o meglio la trovo gravemente insufficiente. Se solo gli scatti che hanno fermato su pellicola le immani tragedie del Novecento avessero davvero agito in questa maniera (da catalizzatori di attenzione e riflessione, da pungoli accuminati per coscienze dormienti, da monito di fronte al ripetersi ciclico della storia) oggi probabilmente non ci troveremo nella condizione di aver iniziato un nuovo “secolo degli assassini” subito dopo esserci detti che quello precedente sarebbe stato l’ultimo, irripetibile. Altro che “restiamo umani”… Quest’incapacità conclamata di imparare dal passato ci dice che si è ampliata a dismisura la platea dei (dis)umani o forse — è questa l’ipotesi che io sostengo — abbiamo sottovalutato la violenza potenziale che pulsa dentro ognuno di noi, che ci definiamo orgogliosamente umani, o più semplicemente buoni.

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Derive
Migranti al confine fra Grecia e Macedonia. Foto di Luigi Ottani

Si rincorrono le emergenze senza capire che queste sono l'esito drammatico del vuoto della politica. Forse varrebbe la pena occuparsene, della politica intendo, imparando dalla storia (e dunque conoscendola) ed interrogandosi sulla nostra capacità di leggere il presente.

(Ringrazio Luigi Ottani per aver ripreso con Roberta Biagiarelli queste mie parole su fb e per la fotografia)

Sul sito di Osservatorio Balcani Caucaso potete trovare un ampio dossier sulla "Rotta balcanica" http://www.balcanicaucaso.org/Dossier/Migrazioni-la-rotta-balcanica

Il Trentino come terra solidale. Fino a prova contraria.
Foto di Francesco Romoli

di Federico Zappini

(24 settembre 2015) Come formula giustificativa – quando avviene qualcosa di spiacevole in Trentino, soprattutto se di stampo razzista e discriminatorio – le istituzioni ripetono in automatico: “Questa è terra storicamente sensibile, accogliente e solidale”. Peccato che il curriculum vitae di una comunità – anche qualora fosse effettivamente immacolato – non ci garantisce per il presente, figurarsi per il futuro. Verrebbe da dire – per comprendere l’impossibilità di descrivere con precisione le traiettorie dell’agire umano – “sono certo di non aver ucciso nessuno, fino a questo momento…”. Questa frase dovremmo ricordarcela tutti quando ci scandalizziamo di fronte all’accusa che anche il territorio trentino sia vittima di un generale imbarbarimento nei rapporti interpersonali e di una crescente insofferenza nei confronti del diverso.

 

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Ipocrisia
Ipocrisia

«Tempi interessanti» (24)

A settant'anni dalla tragedia di Hiroshima e Nagasaki, il mondo conta almeno 17.300 testate nucleari e l'accordo sul nucleare iraniano vacilla. Alla presidenza della Rai arriva Monica Maggioni. Raccontò la seconda guerra del Golfo dalla parte degli invasori, costò almeno 120 mila morti. Il Veneto alle prese con il dissesto idrogeologico. Zaia annuncia un disegno di legge sul "consumo zero di suolo" ma nel contempo prova l'assalto al Trentino con il completamento della Valdastico. Il clima cambia e la risposta qual è? L'aumento del consumo energetico. Il problema sarebbe quello di "cambiare rotta" nella direzione della riduzione del proprio impatto ecologico, non di accendere il condizionatore. Nutrire il pianeta o promuovere se stessi? Potrebbe anche non essere un'alternativa, ma intanto a Expo 2015 Mc Donald's batte Slow Food. E il sistema Melinda diventa esempio di biodiversità. Insomma, piove all'insù...

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Cosa stiamo diventando? Dai muri della vergogna alla guerra.
Lo sbarco della nave Vlora, 8 agosto 1992

«Tempi interessanti» (23)

(5 agosto 2015) Quanto piccolo è diventato il pianeta, da mettere in discussione uno dei tratti salienti della natura umana? Eppure è così. In un mondo che si è costruito attraverso grandi processi migratori si ergono muri di ogni tipo, materiali ed immateriali...

... Per questo siamo (e cominciamo a sentirci) in guerra. L’acqua, la terra (ovvero il cibo), le fonti energetiche fossili hanno carattere limitato. In prossimità dei 9 miliardi di esseri umani sul pianeta (2030) e di fronte all’insostenibilità dell’attuale livello di consumi (l’overshoot day nel 2014 è stato il 19 agosto), possiamo imboccare due strade: la prima è quella della sobrietà, riducendo la nostra impronta ecologica e facendo nostra la cultura del limite; la seconda è quella di rivendicare che qualcuno ha più diritti di altri, la divisione del mondo fra inclusi ed esclusi, in altre parole la guerra...

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Stava. Trent'anni e un giorno.
Stava, prima della tragedia

Tempi interessanti (21)

(20 luglio 2015) Non amo gli anniversari, vi vedo troppa retorica e ipocrisia. Non mi piace l'idea che il ricordo sia richiamato di tanto in tanto anziché diventare insegnamento permanente. Sono stufo di sentire espressioni come “mai più” o “per non dimenticare” che suonano vuote e che io stesso ho usato in passato, perché ogni volta che le ho pronunciate poi ho dovuto prendere atto di quanto fossero rituali e lontane dalla realtà. Perché dalla storia non si impara quasi nulla. Perché la ritualità ha il sopravvento sull'elaborazione. Perché non solo si dimentica ma si rimuove tutto ciò che chiama in causa le nostre stesse responsabilità (falsa coscienza). Perché nella ricerca delle responsabilità si tende ad affrontare solo il tema della colpa criminale, lasciando inesplorata la colpa politica e quella morale.

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L'Europa politica che non c'è. Considerazioni dopo un compromesso.
Nubi sul Partenone

Tempi interessanti (20)

(13 luglio 2015) Alla fine un accordo per impedire l'uscita della Grecia dalla zona euro è stato siglato. Non si conoscono ancora i dettagli ma è abbastanza chiaro che si tratta di una serie di condizioni e di una road map molto dure per la Grecia, solo in parte mitigate nel serrato confronto notturno fra chi voleva umiliare Tsipras e chi invece si è battuto contro la grexit. Ora la partita non è affatto conclusa perché l'accordo dovrà essere ratificato dai parlamenti nazionali e da quello greco in primis. Il che non è affatto scontato, per l'aprirsi dentro Syriza di un confronto tutt'altro che scontato visto che l'accordo raggiunto sembra essere più oneroso di quello respinto con il referendum dalla maggioranza dei greci (e che una parte del partito ha definito “umiliante”)...

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Punto e a capo?
Nebbie

Dal blog di Federico Zappini (https://pontidivista.wordpress.com/) riprendo questa bella e condivisibile riflessione

di Federico Zappini

(27 luglio 2015) Aggiungere qualcosa sull’affair Borgonovo Re è difficile e forse inutile. Si è detto molto sulla volontà di chiudere alcuni punti nascita periferici, ipotesi sulla quale dopo la venuta al mondo della mia seconda figlia (con parto in casa) non ho un’opinione completamente definita. Non sono mancate le prese di posizione sul metodo di lavoro (mi sembra di capire poco collegiale e viziato da qualche limite di dialogo/ascolto) dell’Assessora in questione.

Visti gli schizofrenici ultimi due giorni vissuti dalla maggioranza di centro-sinistra, la lista di chi può offrire lezioni di stile sembra scarsamente presidiata. Chi la accusa. Chi la difende. Chi la usa. Chi già la rimpiange. Chi la giudica. Chi ne ha chiesto la sostituzione e chi non ha aspettato un secondo per prenderne il posto. Ognuno interpreta il proprio ruolo, sempre e comunque fortemente autoreferenziale e quasi mai intellettualmente onesto. Si sbaglia chi riduce tutto ad una trappola tesa ad un’Assessora scomoda e non troppo avvezza alla comunicazione 2.0. Siamo di fronte a una crisi di sistema, e come tale faremmo bene ad affrontarla. L’unica certezza, da qualunque lato si guardi la faccenda, è che in Trentino regna la confusione più totale e la politica scivola inesorabilmente su di un piano inclinato apparentemente senza fine. Un coacervo di personalismi sfrenati e assenza di senso del bene comune. Una costante navigazione a vista in un mare dalle acque perennemente agitate. 

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A piedi scalzi, ma con sguardo lucido
Il muro ungherese

di Mauro Cereghini *

(19 settembre 2015) Finalmente. Ci sono voluti ventiquattro anni dai primi sbarchi in massa sulle coste italiane, quando in un solo giorno del 1991 arrivarono a Bari oltre ventimila albanesi in fuga dalla dittatura. E ci sono voluti almeno 21.439 cadaveri - tanti ne ha contati il giornalista Gabriele Del Grande fino al 2014, affogati nel Mediterraneo oppure morti alle frontiere terrestri dell'Unione Europea. Ma oggi finalmente si comincia a guardare l'arrivo di profughi e migranti con altri occhi.

Quelli della compassione, anzitutto, che permette di vedere e accogliere persone, uomini e donne in cerca di aiuto, anziché "clandestini" o "richiedenti asilo". Le carovane di cittadini austriaci andati volontariamente a prenderli in Ungheria sono l'esempio più eclatante, ma anche nel nostro Trentino l'umanità si è mostrata più della paura. Finalmente la maggioranza dell'opinione pubblica europea condanna il filo spinato steso ai suoi confini, dopo che per anni lo ha accettato in silenzio attorno alle enclavi spagnole in Marocco o sul confine tra Grecia e Turchia.

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Accoglienza. Il ritiro del dovere pubblico
L\'arrivo a Bari della nave Vlora (agosto 1991)

Riprendo l'editoriale di Simone Casalini apparso sul Corriere del Trentino di oggi

di Simone Casalini

(3 settembre 2015) L’odissea dei profughi è una pellicola senza tempo dove Itaca è spesso un chimera, un sogno impraticabile. Da Erodoto in poi la Storia è colma di racconti di guerra e di gente in marcia. Se non è un conflitto è la miseria, se non è la miseria è la persecuzione, se non è la persecuzione è il desiderio di rovesciare il destino. Qualunque generazione ha osservato questi sfortunati Ulisse partire, perdersi, sperare, naufragare, salvarsi o morire.

Nel 1991, con l’implosione dei sistemi socialisti, dall’Albania esondò un fiume umano. Le navi mercantili erano sature di uomini e donne, molti di più attendevano sulle banchine. Altri galleggiavano in mare sperando nelle onde. In un giorno solo, il 7 marzo, arrivarono a Brindisi 27.000 persone che si erano cibate del mito illusorio divulgato dalla televisione italiana. Solo l’Adriatico li separava dai lustrini dell’Occidente. L’8 agosto a Bari giunse la nave “Vlora” con oltre 20.000 disperati. Gianni Amelio riassunse gli sbarchi nel film “Lamerica”, con quelle prue puntellate di teste che apparivano quasi metafisiche. La rotta proseguì per settimane.

 

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Chi sarebbe 'schiavo di antichi tabù'?
Antichi taù

di Michele Nardelli

(5 luglio 2015) In una duplice intervista pubblicata oggi sul Corriere del Trentino, Alessandro Olivi e Franco Panizza parlano delle ipotesi di sviluppo per il Trentino dove la questione del completamento della Valdastico rappresenta una delle questioni – non solo sotto il profilo simbolico – più rilevanti. Stando al vicepresidente Olivi "in Giunta non se ne sarebbe parlato" e secondo il segretario del Patt io sarei "schiavo di antichi tabù", visto che la proposta sarebbe quella di togliere traffico dalla Valsugana. Allora, chi dei due dice la verità? Se non se ne è parlato, da dove salta fuori l'ipotesi di un nuovo tracciato dell'autostrada che uscirebbe a Trento sud?

Tanto le dichiarazioni di qualche giorno fa del presidente Rossi, come le parole di Panizza nell'intervista di ieri, riconoscono che invece l'ipotesi è sul tappeto e che da parte della Provincia Autonoma c'è un cambio di approccio rispetto alle posizioni sin qui assunte dalle precedenti amministrazioni. L'idea dello scambio con la Valsugana non è peraltro un'ipotesi nuova ma fin qui scartata per il semplice fatto che non c'è alcun legame fra le due opere, perché il Trentino negli ultimi anni ha fatto la scelta strategica della rotaia, perché le nostre competenze autonomistiche ci danno gli strumenti per disincentivare l'uso di quell'arteria qualora la superstrada (privata) della Valsugana andasse in porto e infine per il semplice fatto che il traffico sul tratto Trentino della Valsugana è oggi in larga misura generato in loco.

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Le ragioni della crisi della coalizione trentina
Stelle alpine sfiorite

 

Tempi interessanti (22)

 

... il tema oggetto della ventilata crisi della maggioranza non è la questione della sanità trentina (e nemmeno quello del metodo giacobino dell'assessora Borgonovo Re), bensì la mancanza di un progetto di fondo condiviso fra i partiti del centrosinistra autonomista. Nodo, questo, trasversale alla maggioranza, aggravato da una leadership espressione di un soggetto politico che rappresenta storicamente una parte minoritaria (ed incerta, nella sua tentazione blok frei) della coalizione e che oggi sembra guardare più al Veneto che non all'Europa ...

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Libia. Scenari della postmodernità
Angelus Novus, Paul Klee

di Michele Nardelli

(11 marzo 2016) Postmodernità. Ho usato spesso negli ultimi anni questa espressione per descrivere nuovi scenari e nuove guerre. A cominciare dalla consapevolezza, maturata nel tempo della mia assidua frequentazione, su quanto era accaduto nell'area balcanica e poi, via via, nelle vicende che dalla Somalia alla Libia hanno attraversato il mondo intero.

Quando pongo la necessità di oltrepassare il Novecento, ne parlavo anche nei giorni scorsi con gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto Tambosi-Battisti di Trento, mi riferisco proprio allo scarto necessario fra un tempo nuovo e per molti versi inedito e le categorie analitiche che non sono più in grado di leggerlo. “Non più e non ancora...” per richiamare un'altra espressione a me cara.

Quanto sta avvenendo in Libia rappresenta uno scenario tipico della postmodernità. Non è solo la dissoluzione di uno stato. La deregolazione è totale, il diritto naturale (la legge del più forte) ha preso il posto dello stato di diritto, il monopolio della forza non c'è più da tempo, scompare il pensiero e non ci sono più motivazioni nobili che muovono l'agire umano collettivo, la politica è ridotta a rappresentazione clanistica e interesse privato.

 

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Scontro di civiltà
Ventimiglia

Ventimiglia, 16 giugno 2015

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