Editoriali

Lettera a noi (in divenire) nel tempo del virus.
Clement Falize

di Federico Zappini

Dire che la pandemia da Covid19 ha sconvolto le nostre abitudini è allo stesso tempo una banalità e una (mezza) bugia. Può sembrare una contraddizione, ma è proprio così.

Da un lato sono venute meno alcune nostre certezze. Le mani non si toccano, gli abbracci si negano. I tempi di vita (al lavoro, in casa e a scuola, nella socialità e negli affetti) si trasformano. Lo spazio – che avevamo immaginato ospitale e senza limiti – si restringe. Il respiro si fa affannoso, anche senza contrarre la malattia. D’altro canto – un po’ per la conformazione del nostro cervello e un po’ per comodità – la tentazione è quella di riannodare, così com’erano, i fili strappati all’inizio della primavera di quest’anno.

Lo ammetto. Capita anche a me. Di mattina quando apro due punti e la attraverso da porta a porta immagino di rivederla invasa di corpi che la animano nell’interazione promiscua e vitale di sguardi e carezze, di discorsi e domande, di sudore e sospiri, di curiosità e condivisione. Per il momento non può essere così.

 

 

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Venezia, «miracolo» fuori tempo massimo
da il manifesto

di Gianfranco Bettin *

 

Mentre il nord subiva i flagelli di un clima mutante e fuori controllo, tra morti e dispersi, esondazioni, frane, crolli, smottamenti, bombe d’acqua e venti furiosi, Venezia, città fra le più esposte all’inclemenza del tempo «fuori di sesto», ha vissuto ieri una giornata di sollievo.

Non come nei giorni della tempesta Vaia e di altri disastri, in cui era stata investita in pieno (la drammatica e non occasionale sincronia è ben documentata in un libro recente, Il monito della ninfea. Vaia, la montagna, il limite, di Diego Cason e Michele Nardelli, Bertelli Editori), il maltempo l’ha solo sfiorata e la stessa marea, attesa in forma eccezionale, sopra il metro e 30 sul medio mare, si è tenuta un po’ al di sotto.

 

 

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Le tendenze plebiscitarie e l'urgenza di un nuovo racconto
Wassilj Kandinsky

«Tempi interessanti» (108)

... Domenica voterò no. Perché prevale in me il giudizio di merito (la democrazia non è un costo), perché siamo ben lontani da una riforma in senso federalista ed europeo di uno Stato che dovrebbe devolvere i propri poteri verso il basso (le autonomie locali) e verso l'alto (l'Europa politica). E, non da ultimo, perché la logica che sottostà alla proposta di ridurre il numero dei parlamentari è quella che predilige il potere esecutivo...

... Esprimersi per il no, almeno nel mio modo di vedere, non significa affatto considerare intoccabile la Costituzione italiana. Che invece andrebbe ripensata alla luce dei profondi cambiamenti che segnano questo passaggio di tempo nel quale gli assetti di potere reali, l'interdipendenza, il prendere corpo di nuove geografie, la cultura della complessità, una nuova coscienza ecologica, la consapevolezza del limite, la rivoluzione digitale... renderebbero urgenti nuove regole di convivenza ed una vera e propria nuova fase costituente...

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A proposito di noi | vol.1
San Martino, Trento

Impressioni (di settembre)

di Federico Zappini

Siamo molto fortunati. Ci è consentito di gestire contemporaneamente diverse emozioni, tra loro magari anche molto diverse. Addirittura contrastanti.

La gioia per la vittoria – necessaria, indispensabile – di Franco Ianeselli e con lui di un pezzo ampio e diffuso della comunità cittadina, rappresentato dalle varie sfumature della coalizione #SìAmoTrento.

La (piacevole) sorpresa per alcuni risultati importanti nella prospettiva amministrativa e politica della città.

Penso a Paolo Zanella – cui auguro un assessorato ampio e innovativo, che superi la classica formula delle pari opportunità – e ad Andreas Fernandez, il cui compito non è “solo” quello di rappresentare i Verdi ma di immaginare – insieme a tanti e tante – le caratteristiche di una politica ambientalista ambiziosa e coinvolgente, tanto nei valori quanto nella pratica.

Penso a Luca Filosi (non solo per il futuro del Pd), Alberto Pedrotti (perché non di sola tradizione vive il Patt), Francesca Fiori (quale spazio c’è per la società civile in questo complicato periodo storico?).

Penso a tanti amici e amiche non eletti, o da oggi impegnati nell'altrettanto importante ruolo di rappresentanza circoscrizionale. Compito di ognuno sarà far venire a galla e rendere riconoscibile quel NOI di cui da mesi parliamo.

 

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Oltre la paura. Il desiderio, l’immaginazione e il futuro a cui andare incontro.
da https://pontidivista.wordpress.com/

di Federizo Zappini

Quando martedì scorso il voto a favore di Franco Ianeselli si andava consolidando in tanti e tante abbiamo sorriso, convintamente. 54% la percentuale finale. Più di 31.000 i voti. Due risultati sensibilmente migliori rispetto a cinque anni prima. Frutto di una tripla scommessa vinta.

Tenere insieme. Da sinistra fino agli autonomisti, allargando al centro con l’aggiunta della lista civica trainata dal candidato sindaco. Mettere ogni componente della coalizione nella condizione di fare il miglior risultato possibile, partendo dal rinsaldamento delle specifiche identità. Far sì che a valle di queste due pre-condizioni tornasse al voto una parte dei delusi delle ultime tornate elettorali. Di qui la vittoria.

Ha tenuto, ed è un primo dato che deve fare riflettere, la città dei “mondi”. La somma di parzialità (elettorali e sociali) ha garantito il raggiungimento della maggioranza al primo turno, scongiurando un pericoloso secondo atto. Scacciando la paura.

 

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Nessi, misura, mondi migliori
Federico Zappini con Alberto Winterle al quartiere delle Albere a Trento

di Federico Zappini *

Spiazzato, perchè privato di un luogo di socialità. Spezzato, vista la presenza divisiva di via Brennero. Sfruttato, data la ridondanza di grandi spazi commerciali lungo lo stesso asse viario.

Il comitato 3.0 – Solteri – Magnete e Centochiavi in un documento, rivolto ai candidati e alle candidate, descrive il proprio quartiere attraverso questi tre aggettivi. Ne aggiunge poi un quarto, particolarmente importante.

Il quartiere è vivo. Capace di tenere accese relazioni e di valorizzarne le specificità.

Proprio della migliore vivibilità dello spazio urbano si dovrà occupare la prossima amministrazione comunale. Predisponendo luoghi adeguati alla con-vivenza e alla con-divisione. Ricucendo brani interrotti di città, decretando la prevalenza di una funzione (servizi per la coesione sociale? il verde urbano? la mobilità pedonale e ciclabile?) rispetto ad altre (le auto? i loro parcheggi? nuova edilizia abitativa? ulteriore Grande Distribuzione Organizzata?). Ponendo al centro della quotidianità democratica metodi dialogici e processi di co-progettazione, da attivare con cittadini e cittadine.

Immaginando insieme una città che ancora non c’è.

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Non sono errori...
I tartassati

«Tempi interessanti» (107)

... L'INPS, le Regioni e le Province Autonome non hanno ancora reso pubblici gli elenchi di chi ha usufruito di sovvenzioni pubbliche in seguito al lockdown. Ma sono convinto che la vicenda dei parlamentari e dei consiglieri regionali che hanno ricevuto aiuti destinati a chi ne avrebbe avuto effettivamente bisogno è ben più vasta dei casi sin qui segnalati. E se il primo diffondersi di nomi eccellenti ha giustamente suscitato indignazione, dovrebbe anche farci riflettere su come è cambiata la politica e sul profilo etico di quanti in questi anni hanno visto nella politica un veicolo per la propria carriera e per i propri interessi individuali...

... No, non c'è nessun errore. E non si rimedia con la beneficenza, forse mai così pelosa. E' proprio l'idea che si ha della cosa pubblica e della politica. Ben lontana dai valori di giustizia sociale, di fraternità, di bene comune (e dunque del cambiamento, posto che quello in cui viviamo non è certo il migliore dei mondi possibile), politica ed istituzioni sono diventate oggetto di una sorta di mutazione antropologica per niente estranea ai processi che sono avvenuti nella nostra società...

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Nei territori e nelle comunità le fondamenta della democrazia
Trentino

di Federico Zappini *

E' simbolico – e importante – tornare a parlare della dimensione territoriale dell'azione politica proprio nel momento in cui siamo vittime di regole che impongono il distanziamento, che ci impediscono di riunirci. "La politica è assembramento" ci ricorda Luigi Manconi. Senza la possibilità del confronto partiamo svantaggiati. Perso il valore dell'incontro ci troviamo disarmati, inermi, soli.

Non è un caso che della crisi della democrazia nella sua forma più prossima ai cittadini si discuta oggi nel momento in cui istituzioni e politica – a livello planetario – faticano a far fronte alla pandemia. Nei suoi impatti sanitari (spesso per i gravi errori commessi proprio nella gestione della medicina territoriale), socio-economici (dove la fragilità del modello neoliberista scarica le proprie esternalità negative sul tessuto sociale più fragile) e comunitari, dove al non riconoscimento reciproco si accompagna una crescente solitudine.

 

 

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Trento. Di domeniche e turismo di cittadinanza
da https://pontidivista.wordpress.com

di Federico Zappini

(5 luglio 2020) Da due anni gestisco una libreria. Due soci lavoratori, zero dipendenti. Non ci sono i margini per assumere qualcuno. Può essere che io sia una schiappa come imprenditore.

Siamo aperti il lunedì dalle 15 alle 20, da martedì a sabato dalle 10 alle 20. Aggiunto il lavoro preparatorio (leggere, progettare, curiosare), l’impegno nel quartiere e burocrazia varia le giornate si allungano. Credo valga per molti. Ho alzato le serrande di domenica una decina volte, in concomitanza del Natale. Non un aspetto determinante per la mia piccola attività.

Immagino che per supermercati, grande distribuzione (un discorso a parte, che andrà affrontato), ristoranti e bar la situazione sia diversa. E non la sottovaluto.

Trovo però la discussione sulle aperture domenicali e – di riflesso – sul concetto di città turistica fuorviante e non totalmente centrata.

 

 

 

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Magari abbattere le statue è necessario...
La rimozione della stautua di Cristoforo Colombo

«Tempi interessanti» (104)

La statua di Kappler. Una bella statua di Herbert Kappler potrebbe troneggiare davanti a Caracalla come a suggerire il percorso che conduce alle Fosse Ardeatine. Potrebbe ma fortunatamente non c'è. Avremmo il diritto a buttarla giù oppure dovremmo contestualizzare, magari in modo critico?

La questione si capisce meglio parlando di criminali che ben conosciamo e di crimini che noi consideriamo contro l'umanità. Non avremmo alcun dubbio: Kappler andrebbe tolto.

Il problema è che, per noi, la tratta atlantica, lo schiavismo, la conquista coloniale, lo stupro (rapporti sessuali con persone non consenzienti) o, che dir si voglia, il matrimonio forzato con una dodicenne sono ancora oggi reati minori. E il problema non é se allora fosse "consentito" o meno - pure Kappler ha sempre sostenuto di obbedire alla Legge - ma se oggi quelle statue ancora ci feriscono o se feriscono una parte consistente delle nostre società...

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Allentamento o immunità di gregge?
Pecore a Milano

«Tempi interessanti» (102)

Che cosa significa allentare il confinamento (lockdown) mentre ancora la pandemia miete ogni giorno solo in Italia centinaia di vittime? Ho dei cattivi presagi, peraltro confermati dallo studio pubblicato nei giorni scorsi sulla rivista «Nature Medicine» dall’Università di Trento in collaborazione con l’Università e il Policlinico San Matteo di Pavia, l’Università di Udine, il Politecnico di Milano e l’Istituto di elettronica e di ingegneria dell’informazione e delle telecomunicazioni (Ieiit) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). «Pensare di allentarlo ora sarebbe impossibile senza mettere in conto delle conseguenze disastrose» afferma all'Ansa Giulia Giordano, prima autrice dello studio e ricercatrice del dipartimento di ingegneria industriale all’Università di Trento...

... Spero di sbagliarmi ma ho la sensazione che l'opzione immunità di gregge cominci a riprendere quota di fatto, senza dichiararlo (e forse senza nemmeno volerlo): “dovremo ritornare alla normalità convivendo con il virus” è l'argomento usato in questi giorni. Il cinismo di un modello di sviluppo che non può fermarsi. Il virus corona e il virus normalità (che ne è all'origine) si riconoscono...

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Non andrà tutto bene. A meno che ...
Turner William, Il giorno dopo la tempesta

... E «alla richiesta data dal buon senso: “Riavviamo la produzione il più rapidamente possibile”, dobbiamo rispondere con un grido: “Assolutamente no!” L'ultima cosa da fare sarebbe rifare esattamente ciò che abbiamo fatto prima». Mi rincuora l'assonanza con quanto abbiamo cercato di porre nell'ultimo capitolo del nostro recente lavoro, quando scriviamo: «...tornare sui propri passi non significa rinunciare alle conquiste del sapere, semmai metterle a disposizione per vivere con maggiore consapevolezza il carattere limitato delle nostre esistenze. Significa riqualificare i nostri bisogni sottraendoli dalle logiche di mercato, liberare tempo da dedicare alla cura delle relazioni, dare valore alle cose vere come l’amicizia, la convivialità, il piacere della conoscenza, il dono e la gratuità, riconsiderare la qualità a dispetto della quantità, ovvero fare meglio con meno».

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Più resilienti dei ratti
dal blog https://adoraincertablog.wordpress.com/

di Francesco Picciotto

(1 aprile 2020) Figlio della mia formazione ambientale ed ecologica ho pensato per lungo tempo che il concetto di resilienza fosse un concetto esclusivamente positivo. L'idea che le comunità naturali, gli habitat, le specie, potessero reagire alle avversità recuperando, in tempi ragionevoli, salute ed equilibrio mi è sempre sembrata la via che Gaia ci indicava per dirci “ecco come si fa...imparate da me e nulla potrà farvi del male in maniera irreparabile”.

Poi ho capito che anche la resilienza stava diventando uno strumento pericoloso in mani di altri. Non ho capito bene cosa ne ha fatto la psicologia, ambito che non conosco e del quale quindi non mi sento di discutere, anche se la sensazione è che il termine in quel campo sia stato utilizzato in maniera esagerata almeno “quantitativamente” parlando.

So però, soprattutto grazie alla lettura di un libro, la sorte che è toccata alla resilienza quando si parla per esempio di cooperazione internazionale. Li il sistema è stato capace di imporre il proprio punto di vista passando da una situazione nella quale, magari maldestramente, si riusciva ad immaginare un mondo più giusto per raggiungere il quale bisognava dare a tutti le stesse risorse e le stesse possibilità ad un'altra situazione (nel tempo appunto della resilienza) nella quale il sistema si rende conto che su questo pianeta non ce ne è per tutti e invece di immaginare una rivoluzione dei consumi, un cambiamento dei sistemi produttivi e degli stili di vita, una (udite udite....che orrore!) decrescita felice, si immagina piuttosto che non è detto che “tutti possano e debbano farcela”. Così si tira fuori dalla manica la resilienza: “tu uomo o donna (meglio donna che dirlo fa figo!) di quello che non chiamo più terzo mondo (perché dirlo non fa più figo!) vuoi salire sul mio carro (ahimè sempre più stretto)? Allora devi dimostrare a me, secondo i miei parametri, che sei resiliente”. In sostanza devi dimostrarmi di essere capace di reagire positivamente ai disastri e alle vessazioni che i miei stili di vita reiterati ed imperituri hanno prodotto alla tua vita e al tuo ambiente e solo allora io ti garantirò uno strapuntino sul mio treno lanciato verso un futuro radioso.

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Utopia quotidiana e necessaria
da https://pontidivista.wordpress.com

di Federico Zappini *

[Questa sera ho passato tre ore e mezza su Zoom, sia lodato!, per una riunione con altre trenta persone circa. Avevamo tempo – come tutti in queste settimane – e un lungo ordine del giorno da affrontare. E’ stato bello!]

In questi giorni sento un’urgenza totale – allo stesso tempo passionale e ansiogena – di Politica e di fare Politica. Un bisogno primario, un desiderio profondo, di confronto e azione condivisa che prende spinta (non inizia…) dentro quella che è una fase caotica e priva di certezze, se non quella che dovremo far fronte a trasformazioni di tipo epocale e mai viste nel nostro recente passato.

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Andrà tutto bene, se…
Un salto di fede © Adtamo

di Federico Zappini *

Nell’ultimo pacco di libri che è arrivato e ho aperto in libreria – ormai due giorni fa, il prossimo sarà immagino tra diverso tempo – c’era Un’altra fine del mondo è possibile, scritto a sei mani (e una miriade di cervelli) da Pablo Servigne, Raphaël Stevens, Gauthier Chapelle. Non è un testo pessimista, anzi. Si trova nella collana Visioni, scelta editoriale lungimirante dell’Istituto Treccani. Una serie di volumi importanti, alcuni fondamentali.

Alcune cose si vedono bene solo con occhi che hanno pianto”. La citazione di Henri Lacordaire – illuminante – che introduce un ragionamento articolato che tenta di partire da dove siamo (sull’orlo di un precipizio, da prima della comparsa del Covid19) per metterci nelle condizioni di arrivare a un’altra fine, intesa non come tragedia ineluttabile ma come opportunità di attivarsi per un Mondo diverso e migliore. “Per ripensare il modo in cui vediamo il mondo, cioè l’essere nel mondo.” La chiamano collassosofia.

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