Ambiente e biodiversità

martedì, 1 giugno 2021 ore 11:30

Conferenza Internazionale sulla giustizia climatica
Claude Monet, Ninfee

Inaugurazione del nuovo centro di Eccellenza Jean Monnet sulla Giustizia Climatica all'Università di Padova. Martedì 1 giugno 2021, ore 11.30. I lavori si svolgeranno in remoto sulla piattaforma Zoom.

La conferenza oltre ad inaugurare il nuovo Centro Jean Monnet dell'Università di Padova (uno dei pochi centri al mondo su queste tematiche e l’unico in Italia) sarà soprattutto un momento per riflettere sulla giustizia climatica.

Nella sessione del mattino (ore 11.30 - 13.30) José-Lorenzo Valles, Head of Unit dell’EACEA presenterà le prospettive delle inziative Jean Monnet nel periodo 2021-2027.

Avremo la presenza di Vandana Shiva che affronterà la tematica delle relazioni tra giustizia climatica e territori e delle pratiche agricole svincolate dai combustibili fossili (terra non petrolio).

La sessione del pomeriggio (15.30 - 18.30) sarà dedicata alla costruzione del dialogo tra ricerca e società civile affrontando i luoghi e le sfide della giustizia climatica con la presenza di ricercatori e di organizzazioni della società civile italiane, europee dell’Africa dell’America Latina.

La conferenza sarà in inglese con interpretariato in lingua italiana e spagnola.

 

per partecipare compilare il form:

https://www.climate-justice.earth/2021/05/18/international-conference-on-climate-justice/

On line da Padova

Il programma

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Nutrire le acque. Il pesce che mangiamo e il suo impatto sull’ambiente
Pesce d'acqua dolce

Quasi la metà delle specie ittiche d’acqua dolce in Italia è a elevato rischio di estinzione (48%) e molte devono competere con specie esogene importate. Prevenire la distruzione di delicati ecosistemi e ripristinare quelli originari è possibile, ma occorrono progetti che assecondano la natura. Il ruolo dei consumatori è centrale. Riprendiamo questo interessante articolo dal sito https://altreconomia.it che ringraziamo per la disponibilità.


di Lorenzo Berlendis e Davide Boni*


I pesci non parlano. Non è una buona scusa per non metterci in loro ascolto. Ne va del nostro futuro, non solo alimentare. A livello globale, metà del pesce che mangiamo proviene da allevamenti e a breve supereremo la parità, in favore della piscicoltura. Attività spesso improntata su pratiche atroci, con ricadute pesanti sulla nostra salute, su quella delle acque, dei mari e non solo. Basta dare un occhio ai video che denunciano il “lato oscuro” della moda sushi come, ad esempio l'inchiesta di Animal Equalitydedicata all’allevamento dei salmoni in Scozia: pesci estremamente richiesti dal mercato occidentale.

Il report “Dead loss” - curato dall’Ong britannica Just Economics - analizza i costi e le ricadute negative delle cattive pratiche di allevamento dei salmoni in Gran Bretagna. Nel corso degli ultimi anni la mortalità dei pesci è più che quadruplicata: dal 3% nel 2002 a circa il 13,5% nel 2019, solo negli allevamenti di salmone scozzesi. Circa un quinto di questi decessi è imputabile a infestazioni da pidocchi di mare, che si nutrono di pelle e muco di salmone, di fatto mangiando i pesci vivi.

Ma una delle maggiori contraddizioni di questo sistema di produzione è che per nutrire i salmoni, pesci dalle innate abitudini migratorie, si utilizza un’enorme quantità di pesce selvatico, spesso pesce azzurro. Il sistema di allevamento del salmone sottrae così a virtuali acquirenti circa un quinto del pescato selvatico annuale mondiale, pari a circa 18 milioni di tonnellate l’anno.

 

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Il ponte della retrocessione ecologica
Acquarello di Gianfranco Neri in Visioni dello Stretto. Rubbettino, 2017

di Tonino Perna*

Ancora una volta, per l’ennesima volta, si ritorna a parlare del Ponte sullo Stretto di Messina, dopo l’approvazione di un progetto, uscito dal cilindro della commissione istituita ad hoc dal governo Conte-bis. Si tratta di un’ossessione, di un accanimento terapeutico, nei confronti di un territorio fragile che nel corso del tempo, dalla Magna Grecia ad oggi, ha dovuto subire più di venti terremoti devastanti, fenomeni di bradisismo (così si è inabissato a metà del XVI secolo il porto naturale di Reggio), smottamenti e frane delle colline di sabbia che si affacciano su uno degli spettacoli naturali più affascinanti del pianeta. Dalla Lega a Forza Italia, da Fratelli d’Italia al Pd (soprattutto i deputati calabresi e siciliani) tutti uniti a chiedere che si proceda con il progetto esecutivo e poi si appalti questa “grande” opera.

Sulla stampa locale si leggono dichiarazioni fantasmagoriche: «la più grande attrazione del mondo»…«milioni di turisti …», «180mila nuovi posti di lavoro…». Persino il presidente della Svimez, stimato e rispettabile economista mainstream, si è innamorato di questa idea, senza tenere conto di studi indipendenti sulla fattibilità. Basti solo pensare al distacco di un centimetro ogni cinque anni delle due sponde(rilevato dai satelliti), oltre alla grande faglia tettonica che attraversa lo Stretto e potrebbe risvegliarsi (gli scongiuri non bastano! ). Ma, quello che più preoccupa, è l’aver messo da parte, ignorato, cancellato, qualunque discorso sull’impatto ambientale, mentre tutti straparlano di “transizione ecologica”.

 

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Transizione ecologica, le parole sono importanti
Paul Klee

di Carlo Petrini

(12 aprile 2021) Uno spettro si aggira per l'Europa: lo spettro della transizione ecologica. Da qualche mese queste due parole hanno iniziato a frequentare in tandem la nostra quotidianità. Il green deal europeo le ha introdotte tra le priorità del piano di sviluppo Ue per i prossimi anni, e in Italia abbiamo dedicato loro addirittura un ministero nuovo di zecca. Come a dire che la strada per uscire dal pantano di un modello di sviluppo soffocante e distruttivo è stata finalmente trovata in un fortunato binomio.

Tuttavia, come direbbe Nanni Moretti in una delle scene più riuscite del cinema italiano, «le parole sono importanti» e per questo andrebbero usate con cura. Transizione indica qualcosa che cambia radicalmente, che passa da una condizione a un'altra in una trasformazione decisiva. E una transizione il passaggio dall'adolescenza all'età adulta, il passaggio dal Medioevo al Rinascimento, il percorso di chi decide di cambiare sesso. Roba forte. Ecologica indica invece il riferimento alla sfera della relazione tra un essere vivente e il proprio ambiente naturale, la maniera in cui una specie si adatta e prospera nel proprio habitat. La necessità stessa di una transizione ecologica esprime dunque in maniera inequivocabile l'urgenza di un ribaltamento del modo in cui noi esseri umani abitiamo il pianeta.

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Incagliati
Il traffico navale nel mondo

«Tempi interessanti» (112)

C'è un'immagine satellitare che descrive meglio di ogni considerazione la follia di un modello di sviluppo e di consumi nel quale ci siamo incagliati. Quell'immagine ci descrive l'ingorgo che la signoria del mercato e del profitto ha prodotto nella circolazione globale delle merci e più in generale nel nostro modo di vivere. E di cui spesso nemmeno ci accorgiamo, tanto consideriamo naturale l'artificialità del mondo che abbiamo costruito in questa infinitesima frazione della storia del nostro pianeta.

Poi accade che una nave portacontainer lunga 399,94 metri e alta come un condominio, che a pieno carico ha una stazza di 220.940 tonnellate, sia investita da una tempesta di sabbia peraltro piuttosto normale nella regione e s'incagli nel Canale di Suez con il suo carico di 18.500 container. L'ingorgo blocca quattrocento navi nel Mar Rosso, nel Canale di Suez e nel Mediterraneo per almeno una settimana (un'altra settimana servirà a ripristinare il corso “normale”). Nel frattempo un numero ancor più considerevole di navi mercantili vengono dirottate verso la circumnavigazione dell'Africa...

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Ammodernare l'insostenibilità?
Lentezza

Questo Pnrr è un piano di ammodernamento di un modello di sviluppo insostenibile, non promuove la transizione ecologica e non affronta alla radice le cause delle crisi che stiamo vivendo

Comunicato di Slow Food Italia

(27 aprile 2021) Si addensano molte nubi nel cielo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. C’era da aspettarselo, tale è la posta in palio (complessivamente il Presidente Draghi parla di 248 miliardi di euro investimenti) e tali sono gli interessi solleticati da questa enorme quantità di denaro.

Pnrr, Slow Food: «Non è una strategia per la transizione ecologica»

«Quella che emerge dalla lettura del Pnrr non è una strategia per la transizione ecologica ma piuttosto un programma per l’ammodernamento del Paese. Come se all’origine delle crisi che stiamo vivendo ci fosse principalmente una condizione di arretratezza dell’Italia rispetto al contesto globale e non, invece, un problema di modello di sviluppo. La transizione dovrebbe essere un passaggio da un modello all’altro e non un aggiustamento, pur se profondo, di un modello che si vuole perpetuare. Per fare un esempio: nei capitoli dedicati all’agricoltura si propone il rinnovo del parco macchine, che può anche non voler dire nulla in termini di transizione ecologica o, addirittura, può avere effetti negativi, se dovesse tradursi nel passaggio a mezzi sempre più pesanti che compattano sempre più i suoli», afferma Francesco Sottile, a nome del Comitato esecutivo di Slow Food Italia.

 

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L'urgenza del cambiamento
Ringraziamento

Idee e proposte attorno al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

 

a cura di Slow Food Italia Aps


(25 febbraio 2021) La pandemia è stata insieme un evidenziatore e un acceleratore delle crisi sistemiche che attraversano questo tempo: crisi ambientale, climatica, alimentare, demografica, migratoria, economica e sociale, finanziaria e, infine, culturale e politica. Per questo sarebbe giusto parlare di sindemia, di fronte alla quale viene in luce tutta l'inadeguatezza degli strumenti interpretativi, di visione e di governance da parte delle istituzioni nazionali ed internazionali, tanto nell'affrontare l'emergenza sanitaria, quanto nell'andare alle cause che ne sono all'origine.

Appare improcrastinabile l'assunzione di un nuovo approccio, quello della complessità. Del nostro essere parte, come genere umano, della natura di cui siamo un frammento e del nostro rapporto di co-evoluzione con essa. Del carattere limitato della nostra conoscenza e delle risorse di cui dovremmo disporre, avendo consapevolezza della nostra impronta ecologica. Di un presente dove tutto si tiene, dove l'interdipendenza annulla le distanze e nel quale ogni nostra scelta, individuale o collettiva, ricade ed influenza il destino di tutti e della nostra madre Terra.

Occorre, in altre parole, cambiare rotta. E di questo cambiamento Slow Food intende essere parte attiva e interlocutore autorevole e affidabile. A partire dalla sua natura peculiare di movimento insieme globale e territoriale per il diritto a un cibo buono, pulito, giusto per tutti, capace in oltre trent’anni di battaglie di dimostrare che nutrirsi e fare la spesa sono anche atti politici.

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Nostalgia del futuro. La montagna oltre la crisi pandemica e la sua crisi di senso.
Montagna

di Giulia Cutello e Federico Zappini *

(12 gennaio 2021) Simon Reynolds la chiama Retromaniaed è quella tendenza – ancora molto in voga – di rifarsi nostalgicamente alla cultura pop degli anni ’80, con le sue esagerazioni nei suoni e nelle pose. In queste settimane in cui imperversa il dibattito sull’apertura dei consorzi sciistici è in assoluto una delle prime parole a venire alla mente.

Eppure della Retromania oggi non abbiamo nessun bisogno.

«Via della Spiga, Hotel Cristallo Cortina: due ore, cinquantaquattro minuti e ventisette secondi. Alboreto is nothing!». Parole del Dogui – Guido Nicheli tratta da Vacanze di Natale 1983. Abbiamo scoperto solo iniziando a scrivere questo pezzo che si trattava del remake di un altro lungometraggio del 1959, interpretato dalla coppia Alberto Sordi – Vittorio De Sica, dal titolo Vacanze d’inverno. Il tema portante è lo stesso: l’onda lunga del “miracolo economico”. C’era il boom dei consumi e l’ostentazione di un lusso che si immaginava potesse diventare popolare e diffuso, persino democratico (?) seppur limitato temporalmente alla settimana bianca trascorsa in una località esclusiva delle Alpi.

 

 

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L'importante appello di un gruppo di scienziati sul PNRR
Il gatto e la luna

Al Presidente del Consiglio dei Ministri del Governo Italiano

Prof. Mario Draghi



Egr. Prof. Draghi,

Desideriamo condividere con Lei e i Ministri impegnati qualche elemento di valutazione generale e avanzare raccomandazioni e suggerimenti sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Siamo un gruppo di docenti, ricercatori ed esperti afferenti a diverse discipline accomunate dalle finalità di protezione sia degli ecosistemi e dell’ambiente in cui viviamo sia della salute umana e degli organismi viventi. Stiamo seguendo e studiando la pandemia dal suo arrivo e siamo preoccupati per il presente e per il futuro. Per questo, oltre a contribuire allo studio dei fenomeni collegati alla pandemia, siamo interessati alle elaborazioni ed alle scelte per la ripresa economica e sociale1.

Siamo consapevoli della necessità di affrontare la sfida di una ripartenza che non sia basata sugli stessi modelli che hanno determinato la grave situazione in cui ci troviamo. Per imboccare una traiettoria diversa c’è bisogno di un cambio di paradigma del modello di sviluppo e di consumo oggi prevalente, ed è necessario che molte scelte siano fatte con immediatezza. Trattandosi di una profonda crisi sanitaria, sociale, economica, perfino esistenziale, un piano di ripresa post-pandemica deve necessariamente confrontarsi con una miriade di problemi, come illustrato dal Green Deal europeo. Osserviamo con grande interesse l’evoluzione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ed apprezziamo gli sforzi fatti in molte direzioni, seguendo le indicazioni di quello europeo.

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Una chiave di lettura della nostra insostenibilità
Val Visdende (particolare)

di Michele Nardelli

(giugno 2020) Avevamo appena iniziato le prime presentazioni del libro “Il monito della ninfea” quando a febbraio lo scoppio della pandemia Covid-19 ci ha costretti a cancellare una dopo l'altra le numerose presentazioni che avevamo in calendario.

Un libro non è niente di fronte alla morte di migliaia di persone, oltre tutto in un contesto dal quale non sappiamo quando e come si uscirà. Malgrado ciò la legge del mercato impone la fine del lockdown, nella speranza di una regressione della pandemia ma imboccando di fatto la strada dell'immunità di gregge.

Eppure proprio quel libro, quel monito della ninfea1 cui è ispirato il suo titolo, rappresenta una chiave di lettura del nostro tempo. Non solo una buona occasione per parlare della tragedia che nell'ottobre del 2018 ha spazzato via 42.535 ettari di foreste dolomitiche, ma di quel che accade intorno a noi, dell'insorgere di una peste moderna che, come per il surriscaldamento del pianeta, il cambiamento climatico, lo sciogliersi dei ghiacci, la frequenza degli eventi estremi, l'invasione delle locuste ed altro ancora, affrontiamo come emergenza senza comprendere che è l'esito della nostra insostenibilità. E dunque per riflettere, scorgere i nessi, imparare dagli avvenimenti.

«Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe» scrive profeticamente Walter Benjamin nel suo frammento filosofico dedicato all'Angelus Novus di Paul Klee. Era il 1921, la prima guerra mondiale aveva seminato di morte il pianeta ma il peggio doveva ancora arrivare. Vedeva la tempesta, «quel che chiamiamo il progresso».

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State scrivendo il Recovery Fund pensando agli anni '20. Ma del Novecento!
Ritorno al futuro

 

Le sette proposte di Friday For Future Italia al Governo Italiano relativo alla Next Generation EU

La crisi climatica è stata descritta come “una pandemia al rallentatore”. Entrambe infatti sono “invisibili” all’inizio. Entrambe riguardano l’intero pianeta e affliggono tutti, ma colpiscono le categorie più fragili con maggiore violenza. Per entrambe, le soluzioni coincidono con grandi cambiamenti su scala globale.

Ma la crisi climatica, oltre una certa soglia, è irreversibile. Se superiamo il punto di non ritorno non esisterà un “vaccino” in grado di salvarci. Ogni anno avremo perdite annuali del PIL italiano crescenti, che raggiungeranno l’8% nel 2100 (come spiega il rapporto del Centro euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici). Significa che rischieremo di avere ogni anno i danni economici che stiamo vivendo quest’anno a causa della pandemia!

Ci troviamo quindi di fronte ad un punto cruciale: non possiamo credere di risolverla continuando con il business as usual. Nonostante questo, i pacchetti di stimolo finora approvati dal nostro paese sono stati i peggiori in Europa dal punto di vista della transizione ecologica, e tra i quattro peggiori di tutto il G20 (insieme a USA, Giappone e Australia).

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Il ritmo del contagio, così paurosamente simile a quello della ninfea
Effetti di Vaia (foto di Stefano Semenzato)

Considerazioni attorno al libro di Diego Cason e Michele Nardelli “Il monito della ninfea”

di Stefano Semenzato

Agli inizi di novembre era prevista a Porretta Terme (Bologna) la presentazione del libro di Cason e Nardelli. Il precipitare della situazione pandemica ha costretto al rinvio. Avevo preparato degli appunti per aprire il dibattito e interloquire con Michele. Li presento qui in forma leggermente rivista.

(19 novembre 2020) Non conosco Diego Cason, ma conosco a sufficienza Miche Nardelli. So che mi trovo di fronte ad un viaggiatore, spesso viaggiatore scontento, ma che non rinuncia a percorrere i territori della esperienza materiale e quelli immateriali della mente.

La sua vita di scorribande per i territori della politica romana prima, poi per quelli dei della ex-Jugoslavia, e poi ancora i viaggi di quella che è stata chiamata “solitudine della politica” lo stanno a testimoniare.

Anche questo libro è un viaggio. I giorni passati ad incontrare le comunità colpite da Vaia, gli incontri per dar conto dei tanti microprogetti messi in campo per ripartire, ma anche un viaggio nel mondo delle fiabe e in quello delle religioni. Il tutto intrecciato con analisi e approfondimenti sullo stato del pianeta. Da non perdere il bellissimo capitolo in cui – a proposito dei miti della montagna - si ripercorre lo scontro tra le teorie e pratiche animiste e la forzatura delle religioni monoteiste.

 

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venerdì, 30 ottobre 2020 ore 21:00

A due anni dalla tempesta Vaia
Effetto Vaia in Carnia

 

 

 

E' possibile vedere la registrazione della presentazione a questo indirizzo: 

https://www.facebook.com/legambientefvg/videos/2979715198798422/

 

Legambiente Friuli Venezia Giulia promuove la presentazione online del libro "Il monito della ninfea. Vaia, la montagna, il limite" di Diego Cason e Michele Nardelli (Bertelli Editori, 2020)

 

Partecipano:

Sandro Cargnelutti, presidente Legambiente FVG

Vanda Bonardo, presidente di CIPRA Italia e Responsabile nazionale Alpi Legambiente

in dialogo con gli autori del libro Diego Cason e Michele Nardelli.

Modera la conversazione:

Emilio Gottardo.

 

Online da Udine

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venerdì, 6 novembre 2020 ore 21:00

La tempesta e la montagna

L'evento è stato cancellato causa pandemia e rinviato a primavera

 

A due anni dal disastro nei boschi delle Dolomiti

Neuter e CAI - Porretta presentano il libro di Diego Cason e Michele Nardelli

"Il monito della ninfea" (Bertelli Editori, 2020)

Un'analisi delle cause e degli effetti di un disastyro ambientale che ha cambiato il volto di una grossa parte dell'arco alpino.

Renzo Torri, Renzo Zagnoni, Stefano Semenzato dialogano con uno degli autori, Michele Nardelli.

 

Causa Covid posti ad esaurimento. Consigliata prenotazione alla mail s.semenzato@alice.it o telefonando al 340 2220534 (Renzo Zagnoni)

 

Porretta Terme, Teatro Testoni

Il manifesto dell'evento

Terra Madre 2020, un nuovo racconto planetario
Terra Madre 2020

di Michele Nardelli

(ottobre 2020) Ha preso il via nei giorni scorsi la tredicesima edizione di Terra Madre, l'appuntamento biennale di Slow Food nel quale s'incontrano le comunità dei produttori di tutto il mondo accomunati dall'idea del buono, pulito, giusto e per tutti.

Fra le grandi kermesse globali, quella di Terra Madre si distingue nettamente nel rappresentare un punto di vista diverso e critico verso le leggi non scritte del mercato e della finanza che governano il pianeta.

Terra Madre in quasi trent'anni ha rappresentato un racconto altro, fatto di agricoltori, di filiere produttive, di consumatori e di comunità che si impegnano quotidianamente nella difesa delle biodiversità naturali e culturali, per far crescere un rapporto con il cibo fatto di qualità e di piacevolezza, di tutela della salubrità e dell'ambiente, di rispetto delle condizioni di lavoro e dei diritti dei lavoratori e la cui accessibilità sia alla portata di ogni essere umano.

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