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Una nuova generazione di idee per il Mondo nuovo
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Un interessante confronto si è svolto giovedì scorso 14 maggio, nel tardo pomeriggio, su facebook grazie alla pagina di "POP - Idee in movimento" animata da Marta Bonafoni, consigliera regionale del Lazio ma anche amica. Il titolo dell'incontro "Una nuova generazione di idee per il Mondo nuovo" ci descrive bene il taglio di un confropnto che ha coinvolto Peppe Provenzano, Ministro per il Sud e la Coesione territoriale; Elly Schlein, vicepresidente Regione Emilia-Romagna; Pierfrancesco Majorino, deputato al Parlamento europeo e la stessa Marta Bonafoni. A coordinare la conversazione Silvano Falocco, animatore della Scuola politica Danilo Dolci di Roma, con il quale abbiamo condiviso anni di ricerca politica e culturale.
 
Vi consiglio di dedicarvi un po' di attenzione, perché credo rappresenti un esempio di come si potrebbero intracciare idee e scelte anche diverse di appartenenza. Qui la registrazione: https://www.facebook.com/watch/live/?v=2628538600768582&ref=watch_permalink 

 

Pensieri per un cambio di paradigma
il logo dell'incontro

Care amiche e cari amici,

questa nota viene inviata a tutte le persone che in vario modo hanno partecipato agli itinerari / incontri del “Viaggio nella solitudine della politica” (www.zerosifr.eu).

Un viaggio iniziato nella primavera del 2017 con l'intento di indagare pensieri e politiche attraverso i tanti limes europei e mediterranei che hanno segnato e segnano la storia e il nostro tempo.

C'eravamo ripromessi di concludere questa navigazione nel corso del 2020 ma l'insorgere della pandemia ci ha costretti ad interrompere la programmazione che prevedeva gli ultimi quattro itinerari (Apulia, il ponte verso il vicino Oriente; Andalusia, lungo le tracce del califfato e del Don Quijote; il tratto di mare fra la Sicilia e la Tunisia; I luoghi simbolici del delirio del Novecento, da Verdun e la Ruhr, ad Auschwitz per giungere a Chernobyl). Non sappiamo se nei prossimi mesi ci saranno le condizioni per realizzarli, ma in ogni caso – realmente o in maniera virtuale – quelle strade e quei luoghi rientreranno nelle riflessioni di questa nostra piccola comunità di pensiero.

Perché è forse questo – una piccola comunità di pensiero – l'esito di questo viaggio senza meta. Non necessariamente un pensiero comune, ma un comune interrogarsi sulle categorie con cui leggiamo il nostro tempo e la curiosità verso i percorsi individuali e collettivi che lo abitano. E poi il viaggio, come una forma politica collettiva che, a pensarci bene, ha segnato la storia dell'umanità ma che si è andata smarrendo nei rituali come nella metamorfosi della politica.

 

Dieci pensieri per dieci nodi

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Sindaci/artigiani e la città da vivere all’aperto
da https://pontidivista.wordpress.com

di Federico Zappini

Sindaci - Artigiani

L'Italia è Paese per nulla omogeneo, rugoso. Dappertutto e rasoterra, direbbe Giuseppe De Rita, stanno i Sindaci. Di grandi, medie e piccole città. In questi mesi hanno contato i morti, monitorato le condizioni di salute dei loro concittadini, praticato solidarietà, raccolto ansie e rabbie delle comunità che rappresentano. Primo ammortizzatore e massima prossimità della rappresentanza politica.

Le Monde in un recente articolo li paragonava ad artigiani.

Le città della Fase 1 erano silenziose, a loro modo ordinate. Gli attori della vita urbana e un certo modo di vivere (l’abitudine, giusta o sbagliata che fosse) sono usciti dal palcoscenico: le strade, le piazze, i palazzi. Uomini e donne, vecchi e bambini, lavoratori e senzatetto, camminatori silenziosi e frequentatori seriali dei bar, cittadini autoctoni e cittadini in transito si sono chiusi in casa.

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Oltre il Novecento
il vecchio libro di Revelli

Marco Revelli

Oltre il Novecento

La politica, le ideologie e le insidie del lavoro

Einaudi, 2001
 

Secolo della democrazia e dei totalitarismi, della violenza dispiegata in misura mai prima conosciuta e della decolonizzazione su scala globale, della società opulenta e della fame del mondo: il Novecento appare, da qualunque prospettiva lo si guardi, come “il secolo dell’ambivalenza”. Un grande libro.

Non andrà tutto bene. A meno che ...
Turner William, Il giorno dopo la tempesta

... E «alla richiesta data dal buon senso: “Riavviamo la produzione il più rapidamente possibile”, dobbiamo rispondere con un grido: “Assolutamente no!” L'ultima cosa da fare sarebbe rifare esattamente ciò che abbiamo fatto prima». Mi rincuora l'assonanza con quanto abbiamo cercato di porre nell'ultimo capitolo del nostro recente lavoro, quando scriviamo: «...tornare sui propri passi non significa rinunciare alle conquiste del sapere, semmai metterle a disposizione per vivere con maggiore consapevolezza il carattere limitato delle nostre esistenze. Significa riqualificare i nostri bisogni sottraendoli dalle logiche di mercato, liberare tempo da dedicare alla cura delle relazioni, dare valore alle cose vere come l’amicizia, la convivialità, il piacere della conoscenza, il dono e la gratuità, riconsiderare la qualità a dispetto della quantità, ovvero fare meglio con meno».

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«Ora riconvertiamo l'economia». Intervista a Enrico Giovannini
Rovesciamenti?

Parla il portavoce dell'Alleanza per lo sviluppo sostenibile: "L'emergenza coronavirus ci impone un cambio di paradigma su ambiente ed equità sociale. Eurobond per investimenti green"

di Angela Mauro *

Si rischia di compiere “lo stesso errore” compiuto dopo la crisi 2008-2009: e cioè non cogliere “l’occasione per cambiare paradigma” e “riorientare il sistema economico nella direzione di una maggiore sostenibilità ambientale e una maggiore equità sociale” e non creare “posti di lavoro purché siano”. Enrico Giovannini, economista, ex Chief Statistician dell’Ocse, nonché ex ministro del Lavoro, cofondatore e portavoce dell’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), è preoccupato perché l’emergenza da coronavirus sta spazzando via dal dibattito pubblico l’attenzione maturata in questi anni sugli Obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu. Non un vezzo, ci spiega in questa intervista, ma una strada obbligata per reagire a shock come questi e costruire un futuro migliore e più solido. Si creino “eurobond per investire nell’economia verde: non sarebbero misure assistenziali”.

Gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu, pur fatti proprio dalla Commissione europea con il Green deal, sembrano scomparsi dal dibattito pubblico sull’onda dell’emergenza Covid-19. Come se lo spiega?

Prima della crisi del 2008-2009, in Ocse avevamo provato a convincere molti governi ad adottare la logica di andare “oltre il Pil” nella misurazione dello stato di una società. La crisi fu il killer di questa discussione. Quando alcuni anni dopo chiesi ad Alan Krueger, advisor di Obama che pure faceva parte della commissione Stiglitz, perché non fosse stata colta l’occasione per cambiare paradigma, mi rispose che la priorità assoluta era creare posti di lavoro, non importa quali. Ecco, il rischio è che oggi si commetta lo stesso errore. È chiaro che la preoccupazione per lo shock economico, accanto a quello sanitario, è molto elevata ed è giustissima. Ma il rischio vero è di usare le risorse per far ripartire attività economiche a qualunque costo, perdendo di vista la necessità di pensare al futuro e riorientare il sistema economico nella direzione che tutti auspicavano solo poche settimane fa, tra cui quello di una maggiore sostenibilità ambientale e una maggiore equità sociale. I governi, ma anche l’Ue potrebbero istituire, accanto all’unità di crisi, quella che io chiamo “unità di resilienza trasformativa”, cioè un gruppo di soggetti, persone, istituti, esperti che ci facciano capire come “rimbalzare avanti” e non indietro.

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Immaginare gesti-barriera contro il ritorno alla produzione pre-crisi
Com'è che non riesci più a volare

di Bruno Latour *

Potrebbe esserci qualcosa di inappropriato nel guardare all’era post-crisi quando gli operatori sanitari sono ancora “in prima linea”, milioni di persone stanno perdendo il lavoro, e molte famiglie in lutto non possono nemmeno seppellire i loro morti. Eppure, è proprio questo il momento di lottare affinché la ripresa economica, una volta terminata la crisi, non ci riporti allo stesso vecchio regime climatico contro il quale finora abbiamo tentato, senza successo, di combattere.

In effetti, la crisi sanitaria è inserita in quella che non è una crisi – sempre passeggera per definizione – ma piuttosto una mutazione ecologica duratura e irreversibile. Se abbiamo delle buone possibilità di “uscire” dalla prima, ne abbiamo ben poche di “uscire” dalla seconda. Le due situazioni non sono alla stessa scala di grandezza, ma resta illuminante articolarle l’una con l’altra. In ogni caso, sarebbe un peccato non riflettere sulla crisi sanitaria per scoprire altri modi di entrare nella mutazione ecologica, piuttosto che farlo alla cieca.

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La realtà e l'illusione ottica
Vuoto

Riprendo dal sito di Huffingtonpost questa intervista di Nicola Mirenzi a Massimo Cacciari, uno sguardo lucido nel tempo del Coronavirus.

«... Questa crisi irrompe nel mezzo di un processo già in atto da tempo e ne accelera straordinariamente i tempi. Aumenta la velocità con cui il sistema tecnico-scientifico si muove verso il centro della scena del mondo, liquidando la funzione preminente della politica e riducendo la spazio dell’autonomia del politico. La tecnica e la politica diventano un tutt’uno...».

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(5 aprile 2020) La condizione è instabile: “Leggo malissimo, scrivo con difficoltà, non mi concentro. È una situazione angosciante. Lasci stare le puttanate che raccontano i nani e i ballerini della televisione. Chi può stare bene a casa? Che fantasie idiote sono mai queste? Solo un irresponsabile può avere l’animo sereno in un momento così. In queste condizioni, la casa è un inferno”. Il filosofo Massimo Cacciari non è uno di quelli che l’hanno presa con filosofia. Anzi, detesta l’idea del pensiero addolcito in caramelle di saggezza da regalare a grandi e piccini per tranquillizzare le loro notti insonni. In più, appena timidamente accenni alle meditazioni sulla pandemia che stanno facendo alcuni suoi colleghi, per i quali il mercato non sarà più come prima, nemmeno lo stato sarà più come prima, sapessi poi l’uomo, e la donna, e le relazioni, e la natura, mette subito le cose in chiaro: “Senta, non ho nessuna voglia di far filosofia. Intesi? Questo è proprio un vizio da intellettuali alla moda: prendere qualsiasi cosa accada nel mondo e interpretarlo come una svolta della storia; immaginare cumuli di macerie ovunque e salirci sopra per annunciare che ‘è finito questo’, ‘è finito quello’, compiacendosi di essere i primi esegeti di una svolta epocale. Per carità”.

Per orientarsi nell’avvenire, Cacciari srotola nella conversazione la mappa del presente: “La storia non ha fini. Non ci attende la terra promessa, né il suo rovescio, che è la catastrofe. Questa crisi irrompe nel mezzo di un processo già in atto da tempo e ne accelera straordinariamente i tempi. Aumenta la velocità con cui il sistema tecnico-scientifico si muove verso il centro della scena del mondo, liquidando la funzione preminente della politica e riducendo la spazio dell’autonomia del politico. La tecnica e la politica diventano un tutt’uno. Non si può dare l’una senza l’altra. Basta guardare come stanno gestendo la crisi tutti i Paesi del mondo. I capi di stato e gli scienziati: gli uni accanto agli altri”.

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La nuda vita, capace di svelare di quale comunità abbiamo bisogno
Honoré Daumier, Fuggitivi

Salti d'epoca. Covid 19 ha riportato il rappresentare all’essenziale: il sindacato a difendere corpo e salute, artigiani e commercianti nel deserto del capitalismo molecolare hanno riscoperto il senso del rappresentare. Per non parlare dei senza rappresentanza, dalle partite Iva per scendere al lavoro sommerso, agli immigrati, ai poveri, ai carcerati

di Aldo Bonomi *

Quante volte, scavallando il secolo, ci siamo detti “nulla sarà più come prima”. Nel fine secolo con la fine del fordismo, la caduta del muro ed il riapparire nella ex Yugoslavia della comunità maledetta del sangue, del suolo nell’Europa senza più senso del tragico. Con l’avanzare delle “guerre giuste”, poi “guerre per la democrazia” dopo l’11.09, sino all’oggi delle “guerre a pezzi” continuate. Nel 2008 il crollo di Lehman Brothers data una crisi infinita nelle lunghe derive del turbo capitalismo finanziario.

Balzi d’epoca ove ha sobbalzato la nostra capacità di continuare a cercare per continuare a capire nell’apocalisse culturale del non riconoscersi più in ciò che ci era abituale. Oggi il salto d’epoca di covid 19, per riprendere De Martino, evoca la “Fine del Mondo” da leggere, non solo per speranza, come fine di UN mondo. Mi dico, gramscianamente, che ad ogni perturbamento d’epoca, per capire cosa “non era più” e cosa avanzava nel “non ancora”, ho cercato di rispondere facendo conricerca, come mi hanno insegnato i maestri Alquati e De Rita.

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Il virus, da un punto di vista filosofico
Frankenstein jr

di Neri Pollastri *

La filosofia nasce dal thauma, dall’inquieto stupore prodotto da qualcosa che mette in mora quanto normalmente dato per ovvio, obbligando a riflettere e a trovare un significato diverso alla realtà. Questo atteggiamento che si assume di fronte al turbamento è anzi proprio ciò che caratterizza la filosofia: c’è chi si spaventa, chi si deprime, chi cerca aiuto, chi prova a rimuovere, chi cerca spiegazioni ad hoc e chi, invece, s’interroga riflessivamente e, in tal modo filosofando, fa tesoro di una spiacevole esperienza inattesa.

Da oltre un mese siamo tutti di fronte a un thauma: il SARS-CoV-2, alias coronavirus, è un’inattesa e inedita minaccia per chiunque (anche se i più a rischio sono gli anziani e i debilitati), della quale non sappiamo quasi nulla tranne ciò che impariamo convivendoci – non ne conosciamo caratteristiche biologiche, effetti di lungo periodo, farmaci antagonisti e forme di contenimento – e per fronteggiare la quale non abbiamo potuto far altro che cambiare largamente i nostri modi di vivere per cercare di non infettarci. Va sottolineato che questa lacuna conoscitiva riguarda tutti, semplici cittadini ed esperti; questi ultimi, in effetti, ne sanno qualcosa in più, possono aggiornarsi con maggiore rapidità e sono in grado di utilizzare meglio le analogie con altri fenomeni simili, ma ciò non fa di loro dei “portatori di verità”, visto che questa, sul SARS-CoV-2, oggi ancora non c’è.

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Utopia quotidiana e necessaria
da https://pontidivista.wordpress.com

di Federico Zappini *

[Questa sera ho passato tre ore e mezza su Zoom, sia lodato!, per una riunione con altre trenta persone circa. Avevamo tempo – come tutti in queste settimane – e un lungo ordine del giorno da affrontare. E’ stato bello!]

In questi giorni sento un’urgenza totale – allo stesso tempo passionale e ansiogena – di Politica e di fare Politica. Un bisogno primario, un desiderio profondo, di confronto e azione condivisa che prende spinta (non inizia…) dentro quella che è una fase caotica e priva di certezze, se non quella che dovremo far fronte a trasformazioni di tipo epocale e mai viste nel nostro recente passato.

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Andrà tutto bene, se…
Un salto di fede © Adtamo

di Federico Zappini *

Nell’ultimo pacco di libri che è arrivato e ho aperto in libreria – ormai due giorni fa, il prossimo sarà immagino tra diverso tempo – c’era Un’altra fine del mondo è possibile, scritto a sei mani (e una miriade di cervelli) da Pablo Servigne, Raphaël Stevens, Gauthier Chapelle. Non è un testo pessimista, anzi. Si trova nella collana Visioni, scelta editoriale lungimirante dell’Istituto Treccani. Una serie di volumi importanti, alcuni fondamentali.

Alcune cose si vedono bene solo con occhi che hanno pianto”. La citazione di Henri Lacordaire – illuminante – che introduce un ragionamento articolato che tenta di partire da dove siamo (sull’orlo di un precipizio, da prima della comparsa del Covid19) per metterci nelle condizioni di arrivare a un’altra fine, intesa non come tragedia ineluttabile ma come opportunità di attivarsi per un Mondo diverso e migliore. “Per ripensare il modo in cui vediamo il mondo, cioè l’essere nel mondo.” La chiamano collassosofia.

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La grande cecità
Stanley Kubrick. 2001: Odissea nello spazio

«Tempi interessanti» (100)

Che i tempi siano interessanti non c'è dubbio. Inquietanti pure. Evidenziano la fragilità del castello di carte sul quale si regge l'attuale ordine mondiale. Non solo per l'intrecciarsi delle crisi – ecologica, finanziaria, demografica, sociale, politica, morale – ma anche per lo svelarsi della fede nel veleno, di quell'insano meccanismo che, malgrado gli ammonimenti che nel tempo ci hanno messo in guardia rispetto ai limiti dello sviluppo, ci ha fatto credere nel mito moderno del progresso e che la scienza e la tecnica avrebbero comunque trovato le soluzioni alla sua insostenibilità. Rivelano altresì, per usare le parole di Luigino Bruni, un'immensa impotenza. «Abbiamo messo in piedi un sistema economico estremamente vulnerabile. Niente come un virus mostra che il re capitalista è nudo. Come sapeva già Keynes i piedi di argilla del capitalismo sono i sentiments e le emozioni della gente. I grandi strumenti, i potentissimi mezzi dell'economia e della finanza oggi non possono nulla. La mano invisibile si è totalmente inaridita e le voci dei suoi paladini zittite...»

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Come vivremo insieme?
da https://pontidivista.wordpress.com

Questo articolo è stato pubblicato oggi, martedì 10 marzo 2020, sul Corriere del Trentino

 

di ***

 

1. La Biennale Arte di Venezia nel 2019 si intitolava “May You Live In Interesting Times”, “Che tu possa vivere tempi interessanti”. Il confine tra augurio e maledizione contenuto in questa frase non è mai stato così sottile e scivoloso. Quelli che attraversiamo sono tempi complessi. Confusi e frenetici. Sono tempi non banali, che non possono lasciare indifferenti. Tempi nervosi, non pacificati. Tempi contraddittori che non generano solo paura – emozione primaria, legittima e spesso necessaria – ma tracimano nel panico. Tempi interessanti quindi, e per questo di faticosissima interpretazione.

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In medio stat virus
Biopolitica

di Marco Revelli *

Alla velocità della luce siamo arrivati a una sorta di ground zero. La decisione del Governo di trasformare l’intero Paese in un’unica “zona rossa” – di arrestare la vita sociale ed economica per salvare la vita biologica – ne è l’emblema. Nell’arco di meno di una settimana il mondo consueto in cui vivevamo si è rovesciato, e siamo regrediti, d’un balzo, a un grado zero non solo dell’attività – dei movimenti, del lavoro, della produttività – ma della relazionalità. E anche, vogliamo dirlo? della civiltà. E’ quanto accade quando repentinamente la politica si rivela come bio-politica. E più che le regole umanizzate della Polis valgono quelle elementari della sopravvivenza, del Bios. Il fatto che il provvedimento preso appaia al tempo stesso terribile e ragionevole – un ossimoro – ci dice quanto a fondo in effetti il male sia arrivato a toccarci “nell’osso e nella carne” (per usare le parole che nel libro di Giobbe il satana rivolge a dio), polverizzando d’un colpo ogni nostra consolidata abitudine. Ogni precedente “pensato” orientato alla convivenza civile in un “sistema sociale”, travolto dalle nuove – pre-umane, dis-umane – regole dei “sistemi viventi”.

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