Mondo

Il Donbass, tolto il velo dell’ipocrisia
Donbass, foto da www.balcanicaucaso.org

L'aggressione del regime di Putin all'Ucraina ha tolto il velo anche sull'ipocrisia regnata nel Donbass dal 2014 ad oggi. Quello che, secondo le autorità di Mosca, sarebbe il teatro di un genocidio condotto ai danni della popolazione russofona, altro non è che un buco nero mafioso

di Matteo Zola *

(25 febbraio 2022) Lo scorso 21 febbraio la Russia ha riconosciuto l’indipendenza delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk. Il giorno seguente l’esercito russo entrava nelle due repubbliche per una missione di peacekeeping che, da un lato, affermava la sovranità russa sui due territori e, dall’altro, preparava l’invasione del resto dell’Ucraina.

Dopo anni di ipocrisie e falsità, è finalmente caduto il velo dal Donbass. Ripercorrere la storia recente di questa regione significa addentrarsi nei meandri di un conflitto definito “a bassa intensità” ma che, dal 2014, non ha smesso di seminare morte associando alla destabilizzazione politica e al controllo militare, pratiche criminali comuni, traffici, regolamenti di conti e violenza. Quello che, secondo le autorità di Mosca, sarebbe il teatro di un genocidio condotto ai danni della popolazione russofona, altro non è che un buco nero mafioso.

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Pandemia e crisi climatica. Le matrici di un'unica pedagogia.
Passaggi

Nel terzo anno della pandemia, nello scomposto agitarsi della comunità internazionale, ci mancava solo il ruggito della guerra per uccidere ogni speranza di uscirne migliori.

di Nicoletta Dentico*

(25 febbraio 2022) Esattamente in questi giorni, due anni fa, il nostro paese scopriva che il nuovo coronavirus aveva trovato la sua agile via di approdo in Italia, da Wuhan. Come, ancora non è dato sapere, visto che il paziente zero non è mai stato identificato. Abbiamo scoperto che SARS-CoV-2 già abitava fra noi il 21 febbraio a Codogno. Per caso, anzi no, piuttosto per ostinazione di una giovane anestesista di Cremona, Annalisa Malara, che in scienza e coscienza ha deciso di violare i protocolli ordinari per la gestione del paziente, ha firmato assumendosi tutte le responsabilità del caso di fronte alla amministrazione sanitaria, e ha ostinatamente eseguito il tampone a Mattia Maestri. Con questo gesto personale non scontato ha ufficialmente decretato il primo focolaio di Covid-19 in Lombardia. Un passaggio denso di significanze: alcuni giornali hanno parlato della “pazzia clinica” di Annalisa Malara.

 

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venerdì, 4 febbraio 2022 ore 17:30

Donne dell'Islam, società italiana, impegno pubblico
La locandina dell'evento

L'Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne invita ad una riflessione sul tema: "Donne dell'Islam, società italiana, impegno pubblico".

L'incontro si svolge a Trento, presso la sala conferenze della Fondazione Caritro in via Calepina 1, venerdì 4 febbraio 2022 alle ore 17.30.

 

Intervengono:

Sumaya Abdel Qader, sociologa e scrittrice

Fedoua El-Attari, studentessa universitaria, poetessa e promotrice culturale

Marisa Iannucci, esperta in studi islamici e questione di genere

Quejdane Mejri, informatica e presidente associazione "Pontes"

Modera:

Adel Jabbar

 

Ingresso libero - Obbligo di Green Pass rafforzato

Trento, Sala conferenze Fondazione Caritro, via Calepina 1

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Il digitale innesca la crisi kazaka
carta geografica Kazakistan

Quello che non poté la condizione sociale poté la sete di criptovalute

di Sergio Bellucci *

Che la situazione sociale del Kazakistan fosse precaria era una informazione nota da tempo. Che precipitasse per gli equilibri digitali del nuovo mondo globale digitale legato alla Blockchain non era prevedibile (almeno negli schemi del passato).

Nei mesi scorsi, infatti, la Cina aveva assunto la decisione di eliminare i sistemi di criptovalute ad eccezione di quella statale. Nel provvedimento era incluso il divieto di effettuare il cosiddetto “mining” delle blockchain sottostanti (la tecnologia su cui si basano le criptovalute e che per le transazioni necessita di una forte capacità di calcolo informatico – chiamato mining – reso disponibile da veri e propri centri di calcolo che vivono attraverso queste funzioni). La Cina, fino a quel momento, era il primo territorio per capacità di mining nel mondo. Il Kazakistan il secondo.

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domenica, 21 novembre 2021 ore 20:30

Afghanistan, tragedia annunciata
Università Kabul, studentesse in legge

 

Domenica prossima 21 novembre 2021, alle ore 20.30, una serata dedicata a quanto sta accadendo in Afghanistan, promossa dal Café de la Paix Circolo Arci. Il confronto avverrà a partire dalla proiezione del documentario "Afghanistan 2014" di Razi e Soheila Mohebi.

 

Dopo il recente ritiro delle forze armate internazionali, l'Afghanistan è nuovamente sprofondato in una violenta crisi, con i talebani che ne hanno rapidamente approfittato per riconquistare il potere.

Un paese sull'orlo del collasso, economico e non solo, che a causa di fame, conflitto e soprusi fa temere il peggio sotto il profilo umanitario.

La situazione attuale ha origini più o meno precise? Quali sono le prospettive future?

Il ritiro dei soldati della coalizione occidentale sarebbe già dovuta avvenire nel 2014, e in questa prospettiva il Forum Trentino della Pace e i Diritti Umani iniziò già tre anni prima a promuovere un programma pluriennale volto a rappresentare un Afghanistan diverso, resiliente, estraneo alle armi e culturalmente florido; ne nacque anche una trilogia (della quale non è ancora stato girato l'ultimo episodio a causa dell'inagibilità politica), intitolato "Afghanistan 2014": un film che mette in luce aspettative, pensieri, sogni e prospettive di un intero popolo, diventando quasi profetico se confrontato con il contesto odierno.

 

Trento, Café de la Paix - Circolo ARCI, Passaggio Teatro Osele

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sabato, 25 settembre 2021 ore 09:30

«The Last 20», il summit per guardare il mondo dal basso
Il logo dell'iniziativa

Come ha scritto recentemente Alessandro Di Bussolo di Vatican News, “nell’anno che vede l’Italia nel ruolo di presidente del G20, il forum internazionale dei Paesi più ricchi e potenti del mondo, nasce dal sud della Penisola “The Last 20”, il primo summit “dal basso” per guardare il mondo con lo sguardo degli ultimi”.

Mentre in Italia andavano avanti gli incontri dei G20, dei venti Grandi della terra, dal mese di febbraio si è costituito un comitato denominato “The Last 20”, che ha riunito gli “L20”, i venti Paesi più “impoveriti” del nostro pianeta, in base alle statistiche internazionali sui principali indicatori socio-economici e ambientali. Sono i Paesi che più soffrono della iniqua distribuzione delle risorse, dell’impatto del mutamento climatico, delle guerre intestine, spesso alimentate dai G20.

L’evento “The Last 20” è partito da Reggio Calabria il 22 luglio scorso, con l’intitolazione di un ponte, che unisce la città al suo porto, all’Ambasciatore Luca Attanasio e alla sua scorta, morti in un agguato in Repubblica Democratica del Congo il 22 febbraio 2021. Un ponte che ha un valore simbolico perché unisce l’ultimo lembo della penisola italiana con il mare che ci porta nel Continente africano. Un legame che vogliamo riprendere e rilanciare. Alla cerimonia erano presenti i familiari dell’Ambasciatore e del carabiniere Iacovacci, nonché le massime autorità locali.

 

Milano, Fondazione Casa della Carità

Il programma dell'iniziativa

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Afghanistan, una tragedia moderna. Il cui bandolo non può che stare nella parte migliore della società afghana.
Afghanistan, il paese delle albicocche

«Tempi interessanti» (117)

Nell'assistere ai drammatici avvenimenti e nell'ascoltare le informazioni e i commenti sull'evolversi della guerra infinita che devasta ed annichilisce l'Afghanistan, provo una forte ma anche soffocata indignazione. Forte perché nel tempo ho imparato a conoscere e ad amare questo paese; soffocata perché nel mettere al primo posto la necessità di salvare donne e uomini che si sono spesi contro i signori della guerra, m'interrogo se il dire dell'arroganza dei potenti e dell'ipocrisia di chi più o meno consapevolmente ha assecondato quel disegno, non possa mettere in pericolo la vita di qualcuno. Credo altresì che l'azione umanitaria non vada disgiunta dalla verità, a partire dal fatto che questa tragedia infinita qualcuno l'avrà pur causata, qualcun altro l'ha assecondata per convinzione o fedeltà, altri ancora hanno accettato di agire sotto l'ombrello militare degli occupanti senza esprimere una qualche forma di autonomia politica...

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Tre possibili scenari nella Tunisia dopo lo stato di eccezione. Dialogo con Hamadi Redissi
Tunisia, al voto

di Simone Casalini *

(1 settembre 2021) Nella segmentata rivoluzione tunisina il 25 luglio 2021 s’iscrive come l’ennesimo sbalzo di un cammino non lineare. La rivoluzione, intesa come trasformazione radicale e destrutturazione dello status quo, si ciba di contraddizioni, di profonde lacerazioni, di umori incerti. Kaïs Saïed ha creduto di interpretarli, forse, sospendendo il parlamento e congedando il governo (contestato) guidato da Hichem Mechichi.

Il presidente della repubblica, il costituzionalista conservatore il cui sottile sibilo meccanico gli è valso l’etichetta ilare di “Robocop”, ora ha in mano il destino di un popolo e di una transizione – inedita e osservata speciale nel mondo arabo – avviata dalle fiamme che hanno avvolto il corpo di Mohamed Bouazizi il 17 dicembre 2010 e incenerito il regime di Ben Ali, almeno nelle sue geometrie apicali.

Hamadi Redissi, professore di Scienze politiche all’università di Tunisi, co-fondatore dell’Osservatorio tunisino sulla transizione democratica che decifra ogni passaggio della primavera sbocciata per le strade della periferica Sidi Bouzid, è uno degli intellettuali più conosciuti e impegnati nel processo che ha superato i dieci anni di vita. Nelle sue parole non c’è una verità, ma la rappresentazione di una transizione complessa e aperta ad ogni esito che ricalibra anche riconnettendo la Tunisia con la sua storia, anello di congiunzione spesso derubricato nell’emotività dell’analisi occidentale.

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Nuovi sguardi e relazioni. Per stare al mondo
Angelus Novus di Paul Klee

Quello che segue è l'intervento che ho svolto oggi nel corso del convegno “Attualità e prospettive delle politiche della cooperazione allo sviluppo” organizzato dal Cedos a Bolzano il 27 novembre 2021 nell'ambito della 5 rassegna Esodo e Confini.


di Michele Nardelli

Tredici anni fa usciva “Darsi il tempo”1. L'intento era quello di andare alla radice della crisi della cooperazione internazionale e, al tempo stesso, di cercare le strade per un ripensamento di fondo e una nuova dimensione della cooperazione. Un libro che fece discutere nelle organizzazioni non governative e nei luoghi di ricerca.

Purtroppo in questi anni la deriva della cooperazione non si è affatto arrestata, appiattita sull'emergenza (ma emergenza e cooperazione sono cose diverse), con una cooperazione governativa funzionale agli interessi delle imprese e della geopolitica, con larga parte del mondo non governativo trasformatosi in progettificio.

Le cause sono molteplici e profonde. E non solo riconducibili al taglio dei fondi destinati alla cooperazione internazionale.

 

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L'impronta ecologica. Oggi 29 luglio 2021 è l'earth overshoot day
Earth Overshoot day 2021

di Michele Nardelli

Secondo i calcoli del Global Footprint Network, nel 2021 questo nostro pianeta ha raggiunto l'overshoot day (il giorno del superamento) il 29 luglio. Questo significa che in questa data l'umanità ha consumato quel che gli ecosistemi terrestri sono in grado di produrre nel corso di un anno. Significa altresì che tutto quel che abbiamo e stiamo consumando da oggi fino al 31 dicembre viene sottratto alle generazioni a venire, posto che intendiamo consegnare il pianeta così come lo abbiamo trovato.

Global Footprint, un network di esperti provenienti dai vari continenti, si è dato uno strumento di rilevazione dell'insostenibilità che ha chiamato “Earth Overshoot Day”, il momento dell’anno in cui iniziamo a vivere oltre le nostre possibilità. L’Earth Overshoot Day è dunque una sorta di unità di misura dell'impronta ecologica che serve per comprendere il grado di (in)sostenibilità del pianeta, dei paesi e dei territori.

Sono ormai cinquanta gli anni in cui l'impronta ecologica è insostenibile. I dati che emergono da questa fotografia del pianeta scattata di anno in anno sono impressionanti. Se fino al 1970 consumavamo grosso modo le risorse eticamente disponibili, è a partire dall'anno successivo che andiamo in rosso.

Di quanti pianeti e territori abbiamo bisogno....

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Il discredito sul IPCC. Un film già visto mezzo secolo fa.
Mare d'Aral

 

Queste note sono state scritte in due momenti diversi. La prima è nata in risposta ad una serie di articoli che “Il Foglio” ha pubblicato in questi giorni. Complice la calura estiva, la lettura ha subito innalzato la temperatura corporea oltre il livello di sopportazione. E cosi ho preso carta e penna e ho scritto al Direttore. Sono gesti di reazione che si fanno, pur sapendo che il direttore del Foglio mai pubblicherà una riga di quanto ho scritto.

Alla prima è seguita, il giorno dopo, la seconda nota dove faccio alcune considerazioni per analizzare le "ragioni dell'avversario", considerazioni che non mi sentivo di condividere con Cerasa. Ma con questo blog, sì. (a.m.)

 

di Alessandro Mengoli


Egregio Direttore,

scrivo in risposta all’articolo pubblicato in prima pagina a firma di Maurizio Crippa, pubblicato sull’edizione del Foglio del 12 agosto 2021, con il titolo: Il Cuomo dell’IPCC scriveva balle ma vinceva il Nobel.

Riporto dal testo: “…Ma il clima è cambiato, sì. Fosse stato lo stesso nel 2007 – quando un vecchio marrazzone di nome Rajendra Pachuari, che guidava l’Ipcc come un satrapo, fu costretto a dimettersi per molestie sessuali – assieme a lui avrebbero coperto di merda anche il suo istituto. Invece, siccome era a capo di un comitato alla moda, gli studi sul clima, in quel 2007 gli diedero pure il Nobel per la Pace. Incuranti che Pachuari quello stesso anno avesse diffuso un report che annunciava, sbagliando, lo scioglimento dell’Himalaya nel 2035.Ora siamo nel 2021 e tutti, tranne Franco Prodi e pochi altri prodi, pensano che i report Ipcc siano vangelo. Che clima ”.

 

 

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giovedì, 1 luglio 2021 ore 18:30

Tavola rotonda. La Sfida di un destino comune
Chiocciola

Oggi 1 luglio 2021, alle ore 18.30 sulla home page di Slow Food Italia, il prologo del X congresso di Slow Food con la Tavola Rotonda: La sfida di un destino comune. Un economista, una scienziata ambientale e un geografo a confronto attorno al documento di visione.

Vi partecipano:

Luigino Bruni, editorialista di Avvenire e ordinario di economia politica alla LUMSA

Annalisa Corrado, ingegnera e co-portavoce di Green Italia

Franco Farinelli, geografo e ordinario all’Università di Bologna

Michele Nardelli, Slow Food Italia

 

"...Capovolgendo il tradizionale disallineamento fra tempi storici e tempi biologici, ci troviamo di fronte alla contraddizione fra un urgente ripensamento nel nostro modo di vivere e la lentezza che caratterizza ogni processo di cambiamento culturale profondo. Come uscirne non è cosa da poco.

 

Home page di Slow Food Italia

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martedì, 1 giugno 2021 ore 11:30

Conferenza Internazionale sulla giustizia climatica
Claude Monet, Ninfee

Inaugurazione del nuovo centro di Eccellenza Jean Monnet sulla Giustizia Climatica all'Università di Padova. Martedì 1 giugno 2021, ore 11.30. I lavori si svolgeranno in remoto sulla piattaforma Zoom.

La conferenza oltre ad inaugurare il nuovo Centro Jean Monnet dell'Università di Padova (uno dei pochi centri al mondo su queste tematiche e l’unico in Italia) sarà soprattutto un momento per riflettere sulla giustizia climatica.

Nella sessione del mattino (ore 11.30 - 13.30) José-Lorenzo Valles, Head of Unit dell’EACEA presenterà le prospettive delle inziative Jean Monnet nel periodo 2021-2027.

Avremo la presenza di Vandana Shiva che affronterà la tematica delle relazioni tra giustizia climatica e territori e delle pratiche agricole svincolate dai combustibili fossili (terra non petrolio).

La sessione del pomeriggio (15.30 - 18.30) sarà dedicata alla costruzione del dialogo tra ricerca e società civile affrontando i luoghi e le sfide della giustizia climatica con la presenza di ricercatori e di organizzazioni della società civile italiane, europee dell’Africa dell’America Latina.

La conferenza sarà in inglese con interpretariato in lingua italiana e spagnola.

 

per partecipare compilare il form:

https://www.climate-justice.earth/2021/05/18/international-conference-on-climate-justice/

On line da Padova

Il programma

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Rovesciamenti
Lifta, Gerusalemme

«Tempi interessanti» (114)

In queste ore mi chiedo come sia stato e sia possibile il capovolgimento della verità, tanto da far diventare aggressori gli aggrediti. Potremmo darci le solite risposte più o meno corrispondenti ai nostri schemi interpretativi, scomodando il ruolo delle grandi potenze piuttosto che l'azione degli apparati del consenso o dell'influenza delle lobbies economico-finanziarie. Che pure ci sono e non sono di certo estranee in quella che Nelson Mandela definiva la più grande questione morale del nostro tempo. Al tempo stesso credo che sulla tragedia che si consuma dal 1948 nella Mezzaluna fertile del Mediterraneo si possa misurare oltre ogni immaginazione la falsa coscienza dell'Occidente. O forse pensiamo che quel che sta avvenendo in queste ore nel Vicino Oriente sia dovuto all'odio primordiale fra arabi ed ebrei? No, non c'è nulla di più falso di questa contrapposizione di comodo.

Perché arabi ed ebrei, di comune origine semita, sono state nella storia popolazioni culturalmente affini. Protagonisti, insieme, delle antiche civiltà orientali, alle quali dobbiamo le prime forme di urbanità e di architettura civile, la nascita delle religioni monoteiste, le magnificenze e i saperi dell'età dell'oro che creò i presupposti – grazie all'espansione araba nel Mediterraneo e al grande movimento delle traduzioni1 – dello stesso rinascimento europeo. Semmai lungo questa storia comune arabi ed ebrei sono state vittime degli stessi oppressori che hanno esercitato nei loro confronti logiche di dominio, crociate e guerre di religione, colonialismo e suprematismo razziale. ...

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Il Concerto di Baghdad. Un omaggio al maestro Franco Battiato
Concerto di Baghdad

Quello che qui potete vedere è il filmato del “Concerto di Baghdad” di Franco Battiato. Realizzato il 4 dicembre 1992 al Teatro nazionale di Baghdad, il concerto si svolse in prossimità della prima guerra del Golfo che fece precipitare quel paese in una condizione di profonda sofferenza. 

Il concerto era parte dell'iniziativa umanitaria per l'infanzia irachena promossa da Un ponte per Baghdad. La sua realizzazione fu possibile grazie alla mediazione di Ali Rashid, allora vice ambasciatore palestinese in Italia. Ad accompagnare Franco Battiato, l'Orchestra dei Virtuosi Italiani e dall'Orchestra Sinfonica Nazionale irachena, con la direzione di Mohammad Othman, Antonio Ballista e Giusto Pio.

https://youtu.be/otuDAwqOE20 

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