"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Diario

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domenica, 25 giugno 2023La presentazione al Masetto di Terragnolo

Ieri al Rifugio Masetto di Terragnolo si è svolta la sessantottesima presentazione di "Inverno liquido". E' stato un pomeriggio un po' particolare. L'intensità della partecipazione, la ricchezza del confronto, vorrei dire anche l'empatia che si crea nelle conversazioni ci hanno fin qui accompagnati in pressoché ogni presentazione.

Per la verità anche la consapevolezza di ciò che un piccolo libro può rappresentare nella liquidità della politica e nel prendere corpo di una comunità di pensiero.

Ma al Masetto, a cominciare dalla conversazione prima ancora della presentazione con Gianni Mittempergher che di quel luogo è l'animatore culturale e tante altre cose (l'ottimo cuoco, tanto per dire), ho avuto forse più che altrove la sensazione che questo libro possa rappresentare un punto di riferimento per chi ha scelto di vivere in connessione con il proprio territorio, nell'immaginare sentieri di rinascita, nell'affrontare la fatica della resistenza per effetto di un "non più" che non se ne vuole andare e di un "non ancora" che che ancora stenta ad aprire una nuova stagione.

Soprattutto quando il teatro del "non ancora" sono le valli del Pasubio, una realtà dove i punti di incontro e di vita sociale chiudono, dove le persone anziché tornare tendono ad andarsene, dove le istituzioni ancora credono nel "non più", dove chi non è allineato subisce l'angheria dell'isolamento.

Non nascondo l'emozione provata nel trovare sia in Gianni come nei molti valligiani presenti un'attenzione e una carica positiva nella possibilità che Terragnolo e questa valle così lontana dai circuiti turistici tradizionali possa diventare un esempio di quel cambio di paradigma che s'impone non solo per un turismo diverso da quello della monocultura dello sci di massa ma anche di un nuovo modo di pensare la montagna nell'impatto con la crisi climatica.

Grazie Gianni e a tutte le persone che hanno partecipato.

sabato, 24 giugno 2023Bressanone, 23.6.23

Un confronto partecipato, esigente ed appassionato, quello di ieri sera alla Biblioteca Civica nel centro storico di Brixen - Bressanone nella presentazione di "Inverno liquido. La crisi climatica, le terre alte e la fine della stagione dello sci di massa". Grazie alla Biblioteca civica, grazie a tutte le persone che vi hanno partecipato, grazie a chi è intervenuto nel dibattito e infine grazie a Madeleine Rohrer per l'attenzione e la sensibilità con cui ha condotto la serata.

Abbiamo iniziato puntuali alle 19.00 e abbiamo proseguito fino alle 21.00 quando la Biblioteca doveva chiudere, ma avremmo avuto ancora molte domande e osservazioni per cui la conclusione è stata un arrivederci a presto.

I temi affrontati sono così cruciali che un dibattito quand'anche serrato di due ore avrebbe richiesto un supplemento di confronto. Per cui è venuta da più parti la richiesta di proseguire la discussione ed una bella opportunità per ritornare in questa splendida città.

E' esattamente questo quel che ci siamo proposti con "Inverno liquido", un libro per riprendere la parola nella solitudine di questo passaggio di tempo. 

Ed oggi pomeriggio alle 17.00 al Rifugio Masetto di Terragnolo (Trento) https://www.michelenardelli.it/commenti.php?id=4959 

venerdì, 2 giugno 2023Palermo, 27 maggio 2023

La sala dello “Spazio Mediterraneo” gestito da Legambiente alla Zisa di Palermo piano piano si riempie, in un improbabile sabato pomeriggio che ormai profuma d'estate, a sciogliere quel po' di trepidazione che avvertivo nell'amico Francesco per la presentazione di “Inverno liquido” nella sua città.

Ne viene una conversazione fluida dove le persone non faticano ad inserirsi, naturalmente e con competenza perché si parla della loro vita, del loro lavoro e della passione con cui lo svolgono, delle domande di fondo che ogni giorno si pongono.

E' l'empatia il segno di questo incontro. Non che nelle sessantaquattro presentazioni sin qui realizzate dalla Valle d'Aosta alla Sicilia questo stesso sentire non fosse presente, ma forse qui la dimensione ecosistemica, questo sguardo diverso sul mondo che ci aiuta a comprendere la complessità e le connessioni, si manifesta con naturale evidenza. Che poi ciò avvenga in una grande città di mare grazie ad un libro che parla di terre alte e del declino di un modello di sviluppo fondato sull'industria dello sci, non è affatto stravagante, prezioso invece.

Perché la Sicilia, contrariamente allo stereotipo che talvolta se ne ha altrove, è terra alta. Grazie infatti allo scorrimento della placca africana sotto quella euroasiatica prese corpo nel Miocene (23 milioni di anni fa) la più grande isola del Mediterraneo, il cui territorio è collinare per il 61,4 per cento e montuoso per un ulteriore 24,5 per cento, dai 1979 metri sul livello del mare di Pizzo Carbonara nelle Madonie ai 3343 metri dell'Etna, il più grande vulcano dello spazio euroasiatico e mediterraneo.

Il che ci fa comprendere la facilità con la quale qui i pensieri s'intrecciano, fra parchi e aree di riserva, straordinarie biodiversità che non hanno certo bisogno di farsi colonizzare da modelli d'importazione, portato di quel conflitto che da sempre segna l'Europa – per usare le parole di Albert Camus – fra il meriggio e Mezzanotte1.

Non è affatto casuale che in “Inverno liquido” il capitolo intitolato “Fra Scilla e Cariddi” abbia come prologo le parole di Franco Cassano: «Il riscatto del Sud italiano può nascere solo da una forte innovazione dello sguardo e non da un atteggiamento mimetico e subalterno rispetto all'esperienza dei paesi sviluppati»2. Perché anche in questa terra, negli anni del boom dell'industria dello sci, ci si è fatti convincere – malgrado l'evidente insostenibilità – che la strada da seguire per le terre alte fosse il modello Sestriere.

Nello spazio di archeologia industriale della Zisa riportato in vita e messo a disposizione della società civile della città, le parole materializzano sinapsi che si riconoscono come se avessero dialogato da sempre. Un dialogo non dopo le mie parole di presentazione ma nel corso, come ad articolare e arricchire le considerazioni che propongo con l'esperienza di chi gli ecosistemi li presidia giorno per giorno, da Giulia Casamento, responsabile delle riserve naturali siciliane gestite da Legambiente a Giovanni Provinzano, direttore dell'Area protetta di Monte Pellegrino, da Laura Genco, direttrice della Riserva Naturale Capo Rama gestita dal WWF a Nino Vitelli, animatore dell'Ecomuseo di San Martino delle Scale, da Mario Vaccarella, delegato per le Attività ambientali del CAI a Giuseppe Barbera, già ordinario di Colture Arboree all'Università di Palermo e uno dei massimi scrittori dei paesaggi rurali del Mediterraneo, da Francesco Picciotto, animatore di Tulime Ambiente a Gaspare Armato, psicoterapeuta che ritrova nelle nostre parole molti tratti comuni che investono la condizione umana e la fatica di futuro che segna questo tempo.

Un convergere di idee che anche qui lascia presagire una possibile alleanza fra chi fa dell'amore per la terra il vero discrimine culturale e politico. Complementare con l'attenzione della comunità scientifica con la quale abbiamo discusso il giorno precedente al Muzoo (il Museo di Zoologia di Catania). A Palermo come a Catania, pur nella diversità dei due momenti, emerge in tutta evidenza come l'intrecciarsi delle crisi, nel loro impatto con gli ecosistemi, richieda di uscire dalla gabbia – ideologica e materiale – delle magnifiche sorti progressive dello sviluppo, quell'urgenza di “lasciare l'epoca” di cui ci parlava profeticamente lo scrittore franco-algerino3. E che solo l'aridità e l'autoreferenzialità di corpi intermedi sconnessi dai significati del loro stesso esistere faticano ad intercettare.

In particolare la crisi climatica e gli eventi estremi che segnano il nostro presente (da ultima l'alluvione che ha colpito la Romagna) ci chiedono uno sguardo lungo. Non solo di andare oltre l'approccio emergenziale e nemmeno di quanto sia più importante prevenire che intervenire quando le tragedie si sono consumate (cosa che avremmo dovuto imparare da tempo). No, non basta essere resilienti, ogni essere vivente lo è di suo e sa adattarsi istintivamente a contesti mutati.

Occorre andare alla radice di quel che accade alla nostra casa. Interrogarci sulle cause profonde che stanno portando il pianeta sull'orlo del baratro e che segna Antropocene, l'era nella quale per la prima volta nella storia del Pianeta è l'azione dell'uomo a rappresentare la ragione principale di un precipitare che nell'immediato appare irreversibile e che solo un radicale cambiamento di rotta nel nostro rapporto con la natura potrà col tempo invertire.

Di questo parliamo grazie a “Inverno liquido” ed è ogni volta un po' di aria buona per chi vi partecipa. La stessa che con l'amico Francesco respireremo non solo metaforicamente il giorno successivo sulle Madonie, il cui Parco è considerato patrimonio mondiale dell'Unesco. Con le piogge di maggio le gradazioni del verde compongono un mosaico davvero sorprendente. E questo malgrado l'ossessione che per anni ha segnato un'idea di sviluppo che ben presto si sarebbe rivelata come una forma di progresso impoverente. Sulla quale qualcuno ancora insiste, aiutato in questo da un PNRR che ha tolto da cassetti impolverati vecchi progetti fuori dal tempo.

Eppure, quando parliamo con Pietro Polito e Giuseppe Dino, rispettivamente sindaco e presidente del Consiglio Comunale di Petralia Sottana, nella proposizione di presentare “Inverno liquido” nei loro territorio, abbiamo l'impressione che l'urgenza di un cambio di prospettiva si stia imponendo.

E' questo, del resto, quel che mi porto via dopo questo viaggio in Sicilia, negli appuntamenti all'Università di Catania e alla Zisa di Palermo, come negli incontri avuti con Baldassarre Cuda alla Riserva Naturale di Cavagrande del Cassibile (non lontano da Avola), con Giulia Casamento nel Museo naturalistico al Castello di Rampinzeri, con Antonia Migliore, presidente del Consiglio Comunale di Montevago fra le macerie della vecchia cittadina rasa al suolo nel 1968 nel terremoto del Belice, con Serena Marcenò, docente dell'Università di Palermo con cui prosegue da qualche anno un dialogo a distanza attorno all'importanza di intessere reti e relazioni mediterranee.

Così me ne torno verso nord con la bella sensazione di una comunità di pensiero che, grazie ad un libro e al lavoro collettivo che l'ha reso possibile, ritrova il piacere della parola e dell'incontro.

 

1Albert Camus, L'uomo in rivolta. Bompiani, 1957

2Franco Cassano, Il pensiero meridiano. Laterza, 2005

3 Albert Camus, opera citata.