"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

La Tobin tax, finalmente

James Tobin
di Fabio Pipinato 

(17 agosto 2011) Non c'è nulla di più antipatico dei saputelli che indicano la via per uscire da ogni crisi. Ma questa cosa della Tobin Tax che sta riempiendo le prime pagine di tutti i giornali europei, ad onor del vero, non ci è nuova. Nell'anno 2000 la proponemmo insieme ad altre associazioni all'interno del primo World Social Forum (marchio da noi registrato un anno prima di Porto Alegre alla Camera di commercio) all'interno di Civitas in Padova.

Certo. Avremmo preferito che la tassa fosse introdotta undici anni fa come da noi proposto ma così non fu. E l'evidenza è sotto gli occhi di tutti. Non solo. Non sarà neppure facile introdurla tutt'oggi anche se a proporlo non è più la società civile organizzata ma quella politica di serie A: Sarkozy & Merkel. E' infatti fredda la reazione dei mercati dopo il Summit dell'Eliseo; deboli le piazze europee. Prevalgono i timori sulla proposta d' introdurre la tassa europea sulle transazioni finanziarie. Ma se i mercati dicono nisba, Bruxelles accelera e presenterà una legge dopo l'estate. La premier tedesca ha capito che non v'è altra strada da percorrere.

Nel 2000 invitammo Marina Ponti, allora rappresentante di Mani Tese, che oggi è funzionaria presso il Palazzo di vetro per gli Obiettivi del Millennio. Ella intervenne sulle "crisi finanziarie internazionali". Riportiamo un estratto del suo intervento: "La crescita dell'economia finanziaria negli ultimi 30 anni è incredibile. Ogni giorno sul mercato delle valute sono scambiati 1.800 miliardi di dollari. Sono dollari che diventano euro, che poi si trasformano in franchi svizzeri, e che, pochi minuti dopo, sono già yen giapponesi.

Per comprendere l'entità di questa cifra, basti dire che il commercio globale mondiale (la totalità di tutti gli scambi di beni e servizi), in un anno è un totale di 4,3 trilioni di dollari: è quanto si scambia nel mercato dei cambi in tre giorni e mezzo. Il dato più sconcertante è che il 95% di queste transazioni sono di natura speculativa: non compro dollari perché devo acquistare merci negli Stati Uniti, ma perché penso o credo o meglio scommetto che il valore del dollaro aumenti. Così posso perdere o guadagnare basandomi su semplici aspettative di svalutazioni di alcune valute e di apprezzamenti di altre.

Nei mercati finanziari inoltre si possono ottenere i più alti rendimenti monetari e questo porta a un'altra perversa situazione, quella per cui sempre più capitali sono sottratti a investimenti nell'economia reale, cioè nell'economia produttiva, per essere investiti in quella finanziaria. In poche settimane posso ottenere sui mercati finanziari un rendimento del capitale investito del 30% o addirittura del 50%. Mentre i tempi nell'economia reale sono lunghi e i rendimenti bassi.

Una delle conseguenze più devastanti della nuova economia è l'opportunità per i capitali di fuggire in maniera rapida e incontrollata da un Paese, provocando in maniera quasi istantanea crisi molto profonde.

Pensiamo alla crisi del sud est asiatico, la più drammatica degli ultimi 10 anni. Nel 1997 le borse di quei paesi sono scese del 20 per cento, le loro valute sono scese del 30-50% del loro valore. Negli ultimi anni c'è stato un deficit di sviluppo, che oscilla dall'8% al 41%. La recessione porta al conflitto sociale, e alla rivolta politica. Il crescere dei conflitti etnici lo testimonia. I due fattori di instabilità sociale e politica rafforzano il panico sugli investitori, così il ciclo ricomincia.

La crescita del Pil mondiale è scesa dal 4% previsto al 2%. Sono in recessione l'Asia orientale, il Giappone, la Russia. Molte delle crisi attuali sono accentuate se non provocate da fattori psicologici: dall'alternarsi dell'euforia e del panico. Molte crisi sono scatenate da shock. L'euforia si trasforma in panico. C'è urgente necessità che i Paesi intervengano per prevenire le crisi. Una prima proposta è la Tobin Tax: un'imposta bassa sulle transazioni valutarie. Quali sono le implicazioni di quella che noi chiamiamo "una tassa giusta"?

C'è una valenza simbolica: il segno dell'intervento dei governi nell'economia di carta. Secondo: frenerebbe le speculazioni. Terzo: per creare questo accordo internazionale sulla tassa serve il monitoraggio di tutti i passaggi dei capitali. È semplice ripulire oggi il denaro sporco nei mercati finanziari. Quarto: senza pesare sul lavoro, sui cittadini, permetterebbe di reperire nuove risorse utilizzabili per finanziare la cooperazione allo sviluppo e la lotta alla povertà.

Chiudo citando Alex Michalos, che ha pubblicato un libro sulla Tobin Tax: "Già da qualche anno c'è qualcuno che ogni giorno ci ricorda che siamo entrati nell'era della globalizzazione. Sebbene ancora non sia chiaro cosa ciò significhi, nessuno dubita che nel XXI secolo le popolazioni che vivono nelle diverse parti del mondo saranno più interdipendenti di quanto non lo fossero mai state nei secoli precedenti. Prima o poi gli uomini capiranno che, alla fine, la bruta competizione darwinista dovrà cedere il passo a una cooperazione straordinaria per conseguire l'obiettivo comune di una qualità della vita sostenibile per tutti gli abitanti del pianeta. Quando quel giorno arriverà, sarà consolante sapere che alcuni tipi di imposte sulle transazioni finanziarie possono aiutare a fornire i mezzi per finanziare molte delle iniziative e istituzioni, che saranno necessarie in quel mondo più perfetto".

 

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