"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Il vicino oriente e la follia che si sta preparando

Gaza

di Ali Rashid

(18 novembre 2012) Gli sviluppi militari dell'offensiva israeliana su Gaza sono imprevedibili e potrebbero sfuggire di mano. Il ministro della Difesa israeliano Barak ha espresso la sua determinazione a raggiungere tutti gli obiettivi prefissati e continua ad ammassare truppe di terra nella zona richiamando altri riservisti. A Barak bisogna ricordare che, a partire dalla guerra contro il Libano del 2006, nessuna operazione militare israeliana ha raggiunto i suoi obiettivi. Gli unici risultati raggiunti finora da questo attacco sono la morte definitiva dell'accordo di Camp David con l'Egitto, il rafforzamento di Hamas sul piano regionale a scapito dell'indebolimento di Abu Mazen e dell'Anp e, di conseguenza, della possibilità di rinascita del processo di pace.

Sul piano politico, il viceministro degli Esteri israeliano afferma che il suo governo ha ricevuto un sostegno preventivo da parte dell'Occidente all'operazione militare, un sostegno espresso prontamente e senza distinzioni. Dunque, nessuna sorpresa rispetto a ciò che sta avvenendo da decenni, in particolare da quando la politica per il Medio Oriente dell'Europa e degli Usa è dettata da Israele. È radicalmente diversa la reazione in Medio Oriente. Come primo frutto apparente della primavera araba, oltre all'estesa mobilitazione di massa, è cambiato anche l'atteggiamento dei governi, in primo luogo di quello egiziano. La copertura che avevano fornito il regime di Mubarak e i vari regimi arabi alle aggressioni israeliane ed all'ambiguità occidentale del passato non ci sono più. Le prese di posizione del nuovo Presidente Mursi sono una testimonianza che il quadro di riferimento è cambiato e presto l'Occidente sarà costretto a prenderne atto.

Oggi in visita a Gaza si trova una importante delegazione tunisina, ieri era toccato al primo ministro egiziano. Centinaia di altre delegazioni dai vari paesi arabi stanno partendo per la striscia. Persino il ministro degli Esteri dell'Iraq non ancora completamente liberato dagli americani chiede all'intero mondo arabo di usare l'arma del petrolio per persuadere l'America a cambiare atteggiamento. Oggi anche il primo ministro turco, che aveva condannato l'aggressione israeliana, sarà in Egitto per un vertice congiunto con l'Emiro del Qatar, col Presidente egiziano e col segretario di Hamas, per esaminare la situazione e coordinare una risposta unitaria insieme ai paesi della Lega Araba e della Conferenza Islamica, non solo per fermare l'offensiva israeliana, ma per una risposta complessiva alle politiche distruttive e destabilizzanti di Israele in tutta le regione, e per tracciare una road map che porti ad una soluzione della questione palestinese che non sia condizionata dall'arroganza della destra israeliana e dall'ambiguità occidentale.

Nonostante il salto di qualità nella risposta di Hamas, che per la prima volta bombarda Tel Aviv e alcuni quartieri di Gerusalemme, sul piano militare, ad eccezione di una resistenza eroica che costerà un caro prezzo al popolo palestinese già martoriato, nessuno pensa che ci saranno grandi sorprese. Ma sul piano politico ci sono tutti i sintomi di una sconfitta senza precedenti per la destra israeliana, anche sul piano elettorale, ragion per cui Natanyahu ha scatenato la sua guerra, come avvenne per Olmert nel 2006 dopo l'invasione del Libano e con Begin dopo Sabra e Shatila. Questa offensiva rafforza l'iniziativa palestinese per il riconoscimento di un proprio stato a pochi giorni dal voto dell'Assemblea Generale dell'Onu e aumenta l'elenco dei crimini contro l'umanità che Israele, nella sua breve storia, ha compiuto.

Le mobilitazioni in corso in tutti i paesi del Medio Oriente dimostrano che, in condizione di libertà, la questione palestinese unisce tutti i popoli della regione e tutte le forze politiche, sia quelle laiche, sia quelle religiose. Dimostrano anche che nessuna pace con Israele sarà possibile senza che siano rispettati i diritti dei palestinesi, secondo quanto previsto dal diritto internazionale, e non secondo il delirio di Israele.

 

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