"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
di Alessandro Olivi
Il PD deve decidere se vuole essere spazio o progetto politico. La differenza è sostanziale e dirimente. E' quella che c'è tra un insieme di individui e un collettivo.
Oggi il PD assomiglia più ad uno spazio che ad un progetto. Invece in una fase storica in cui si stanno dissolvendo i vincoli comunitari, c'è bisogno di partiti che non si limitano ad ospitare aspettative e aspirazioni personali, ma che assolvano alla funzione di costruire un tessuto connettivo che tenga insieme valori, idee e proposte condivise. No, quest'ultima non è un'idea vecchia di partito, come certamente si affretterà a dire qualcuno che ambisce invece, in nome del nuovo, a riproporre modelli ottocenteschi dove non erano previste organizzazione sociali e politiche attraverso le quali i soggetti più deboli potevano incidere nelle decisioni pubbliche. Al contrario, è l'essenza stessa di un modo di vivere ed interpretare la politica come avventura collettiva e di popolo.
L'idea originaria del PD come la nuova casa in cui diverse culture politiche popolari si meticiassero tra loro per unire e sprigionare i fermenti del riformismo non si è ancora compiuta. Sia chiaro l'opzione praticabile rimane quella del PD che, anche in Trentino, è l'insostituibile architrave di una politica che può realizzare rinnovamento e riforme vere. Ma una casa non è necessariamente un condominio in cui gli inquilini si salutano distrattamente sulle scale e litigano poi quando si deve decidere sulla "parti comuni". E' un po' come quando Vincenzo Passerini, proponendo la riforma della scuola, lanciava
il messaggio "Dai muri alle Persone": ecco ora per il PD è venuto il momento di pensare meno al contenitore e alle regole e più ai contenuti e alle proposte.
Affermare come fa qualcuno che il PD è il partito degli elettori è quasi tautologico. E di chi dovrebbe essere se no? Sono loro che votano e alla fine decidono. Diverso è giungere alla tesi che la linea politica di un partito deve essere quella elaborata dagli elettori, trasformando così i partiti stessi in permanenti comitati elettorali. Si vuol far passare così un'idea a mio avviso distorta di partecipazione e che contrappone, come ha recentemente scritto il filosofo ed intellettuale Franco Rella, le singolarità alla socialità, sostituisce il privato socializzato all'idea stessa di Polis, di Comunità.
I Partiti e tra questi il PD con maggiore impegno pari alla sua forza e dimensione popolare devono continuare invece a sentire la responsabilità di elaborare orientamenti culturali e politici offrendo soluzioni alle istanze dei cittadini. Solo così si costituiscono leadership forti e reali, non "capetti" di correnti o subspazi politici, sistematicamente poi consumati da una sorta di cannibalismo interno.
E i primi a pagare il prezzo di questa deriva individualista sono i giovani che spesso non hanno il tempo di fare esperienza, imparare, sbagliare. Perché senza "gavetta" non si diventa leader, se non di se stessi. Liste - partito costruite sui singoli fioriscono in questo periodo e ne abbiamo dimostrazione nei movimenti che precedono le elezioni provinciali. E' uno dei risultati della demagogia applicata alla politica che, per dirla ancora con Franco Rella, semplifica la realtà e sgretola la complessità. Noi abbiamo
il dovere di dare risposte diverse, più incentrate sul "noi" che non sull'"io".
Meno icone, simboli e slogan, più idee e opzioni politiche praticabili, contro il rischio di una pericolosa, anche sul piano democratico, polverizzazione sociale. Mai come in questo momento vi è bisogno di lavorare "insieme". Insieme tra cittadini ed istituzioni, insieme tra imprenditori e lavoratori, insieme tra volontariato e corpi intermedi della società. La mia è un'idea di PD che da spazio indeterminato e asettico diventi un progetto realizzato da persone unite da un vincolo di solidarietà e di appartenenza, perché sentono di avere una visione comune della società, del Trentino di oggi e di domani. Non mi riconosco in un partito disposto a concedere spazio a tutto e tutti, a prescindere da che cosa si ha da dire e per quale fine personale ci si spende perché il pluralismo non equivale al "liberi tutti", ma è la diversità di idee che feconda il
dibattito per poi realizzare una sintesi condivisa e un leale gioco di squadra.
Se non farà cosi, frenando le fughe in avanti di chi costruisce percorsi paralleli per autopromuoversi, questo partito coltiverà il germe dell'individualismo con grave pregiudizio per coloro che ci guardano e seguono con speranza, perché aumenterà ancora di più la loro solitudine. E il PD è nato anche per far sentire le persone meno sole. Anche perché nel nostro Paese ed anche in Trentino vi è oggi più che mai
bisogno di una politica che promuova valori progressisti: la tutela dei più deboli, la centralità del lavoro, la promozione universalistica dei diritti e delle opportunità, la redistribuzione della ricchezza. Ma questi valori oggi non si possono attuare senza riforme che favoriscano la crescita e lo sviluppo, valorizzino la cultura del merito, migliorino l'efficienza del pubblico. Ed allora, come dice De Gregori in una recente intervista al "Corriere", più che "parole di sinistra" bisogna cominciare a dire "qualcosa di sensato". E poi magari si scopre che è anche di sinistra. Ecco allora che anche il PD, a meno di tre mesi dalle elezioni provinciali, deve proporre qualcosa di sensato e
concreto per riacquistare centralità politica nella coalizione se non vuole scivolare nella ridotta della subalternità.
Basta guardarsi attorno, parlare con la gente e si capisce subito quali sono oggi gli urgenti campi di intervento per una forza responsabile e di governo: il lavoro e l'economia su tutti. Su questi temi si svilupperà la campagna elettorale e per quanto mi riguarda non sono disposto a farmi dettare l'agenda e proporre soluzioni miracolistiche dalla destra o da qualche apprendista stregone. La burocrazia è un problema? Certo che lo è, anche in Trentino. Serve sgretolare il macigno creato da regole, procedure, controlli dannosi ed inutili. Le imprese vanno sostenute nell'investire, nel migliorare la loro qualità, nell'avere credito, nel fare alleanze competitive e nel rapportarsi con un fisco più equo. Il lavoro è e sarà la priorità delle
priorità. Serve un piano meno standard e più innovativo, incentivato sulle politiche attive e sull'ampliamento della platea dei beneficiari dei nuovi ammortizzatori sociali.
Senza un PD forte il centrosinistra autonomista le elezioni di Ottobre non le vince. Ma serve un PD che abbia un profilo politico chiaro e riconoscibile, che superi ogni ambiguità e contraddizione interna, che voglia e sappia essere il motore di un riformismo pragmatico e responsabile.
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