"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

«Presto sarà troppo tardi». Appello degli scienziati sul clima

Superficie terrestre

15 mila scienziati di 184 paesi hanno sottoscritto un solenne messaggio sullo stato del pianeta, invitando l’umanità a cambiare modello di vita per evitare “una perdita catastrofica di biodiversità

di Guglielmo Ragozzino*

“Presto sarà TROPPO TARDI…” Il 13 novembre Le Monde, importante quotidiano francese, poco disponibile al sensazionalismo, apre la sua prima pagina con il titolo, a caratteri di scatola, che abbiamo tradotto. L’occhiello è drammatico: “Grido d’allarme di 15.000 scienziati per salvare il pianeta”. Sotto un lungo catenaccio che spiega come 15.000 scienziati di 184 paesi abbiano sottoscritto un solenne messaggio sullo stato del pianeta. Essi invitano l’umanità a cambiare modello di vita per evitare “una perdita catastrofica di biodiversità”. Il riscaldamento climatico e la deforestazione mostrano come il degrado dell’ambiente naturale abbia cause umane. Infine si nota che dopo tre anni di stagnazione le emissioni umane di CO2 siano tornate ad aumentare nel 2017 per la crescita cinese. Il documento, scritto in lingua inglese, per la rivista BioScience è proposto anche in francese, spagnolo, portoghese. Gli autori dello scritto cui si erano poi aggiunte le altre 15.000 firme, sono otto scienziati: William J. Ripple, ecologo dell’università di stato dell’Oregon (Usa); Mohammed Alamgir, ricercatore di scienze forestali e ambientali di Chittagong (Bangladesh); Ellen Crist del dipartimento di scienze, tecnologia e società dell’università statale della Virginia (Usa); Mauro Galetti ecologo dell’università statale paulista di Sao Paulo (Brasile); William Laurance, professore emerito di biologia della conservazione all’università James Cook (Australia); Mahmoud I. Mahmoud ricercatore della National Oil Spill Detection and Response Agency di Abuja (Nigeria); Thomas M. Newsome, associato al dipartimento di ecosistemi forestali e società dell’università di stato dell’Oregon (Usa) e all’università Deakin di Geelong (Australia); Christopher Wolf , ricercatore di sistemi forestali all’università statale dell’Oregon (Usa). Le altre firme che si sono aggiunte sono di 15.364 studiosi di 184 paesi. Qui vogliamo offrire ai lettori e alle lettrici di sbilanciamoci.info una traduzione italiana.

Sono trascorsi 25 anni da quando, nel 1992 l’unione degli scienziati responsabili e più di 1.700 scienziati indipendenti, compresa la maggior parte dei premi Nobel in materie scientifiche allora in vita, firmavano il “World Scientist’s Warning to Umanity”. Quegli scienziati esortavano l’umanità a fermare la distruzione dell’ambiente naturale e avvertivano: “per evitare grandi disastri umani è indispensabile operare un profondo cambiamento nella nostra gestione della terra e della vita che essa racchiude”. Nel loro manifesto, i firmatari mostravano che gli esseri umani procedevano lungo una traiettoria di scontro con il mondo naturale. Gli scienziati si mostravano preoccupati per gli effettivi guasti, presenti o potenziali, causati al pianeta Terra, come la diminuzione dello strato di ozono, la riduzione dell’acqua potabile, lo scadimento della vita marina, le zone morte degli oceani, la deforestazione, la distruzione della biodiversità, il cambiamento climatico e la crescita continua della popolazione umana. Affermavano la necessità di procedere in fretta a cambiamenti decisivi per evitare conseguenze inevitabili mantenendo inalterato il comportamento corrente.

Gli autori della dichiarazione del 1992 temevano che l’umanità stesse forzando gli ecosistemi oltre la capacità di sostenere la trama della vita. Si auguravano che avremmo capito in fretta i limiti di tolleranza della biosfera, prima di causare guasti gravi e irreversibili. Gli scienziati firmatari ritenevano necessario stabilizzare la popolazione umana, convinti che il vasto numero di esseri umani – aumentati di altri due miliardi di persone dal 1992, pari a una crescita del 35% – esercita sulla Terra pressioni tali da annullare ogni tentativo di assicurarle un futuro duraturo. Essi insistono per una riduzione delle nostre emissioni di gas a effetto serra (GHG) per l’abbandono progressivo dei combustibili fossili, per la riduzione della deforestazione e per l’inversione della tendenza alla distruzione della biodiversità. Nel venticinquesimo anniversario del loro appello, è arrivato il momento di ricordare il loro avvertimento e di valutare le risposte che l’umanità ha dato, esaminando i dati delle serie cronologiche disponibili. Dal 1992, se si esclude la stabilizzazione dell’assottigliamento dello strato di ozono stratosferico, l’umanità non ha compiuto progressi sufficienti per risolvere le sfide ambientali annunciate, ed è molto inquietante costatare che per la maggior parte i problemi si sono fortemente aggravati. Tracciato effettivo di un cambiamento climatico potenzialmente catastrofico, dovuto all’aumento del volume dei GHG cresciuti per la combustione dei combustibili fossili deforestazione e produzione agricola – soprattutto emissioni causate dall’allevamento dei ruminanti da macello. Abbiamo inoltre scatenato un fenomeno di estinzione di massa, il sesto in circa 540 milioni di anni, al termine del quale numerose forme di vita potrebbero sparire del tutto, o in ogni caso trovarsi prossime dell’estinzione da qui a fine secolo.

L’umanità riceve oggi un secondo avvertimento a causa dalle sue pericolose tendenze. Mettiamo in pericolo l’avvenire rifiutandoci di moderare il consumo materiale, intenso e oltretutto iniquo, in senso geografico e demografico e di prendere coscienza che la crescita demografica rapida e continua è uno dei principali fattori di minacce ambientali e anche sociali. Fallendo nel tentativo di limitare adeguatamente la crescita della popolazione, di rivalutare il ruolo di un’economia basata sulla crescita, di ridurre le emissioni di GHG, di incoraggiare il ricorso a energie rinnovabili, di proteggere gli habitat naturali, di restaurare gli ecosistemi, di eliminare l’inquinamento, di por termine alla “defaunazione” e a limitare il propagarsi delle specie estranee invadenti. L’umanità sceglie di non prendere le misure urgenti indispensabili per preservare la nostra biosfera in pericolo.

Poiché i responsabili politici sono sensibili alle pressioni, gli scienziati, le personalità mediatiche e i cittadini qualsiasi devono esigere dai loro governi che prendano misure immediate: si tratta di un imperativo morale nei confronti delle generazioni presenti e future degli esseri umani e delle altre forme di vita. Grazie a un’ondata di iniziative di base, organizzate, è possibile avere la meglio su qualsiasi opposizione, per profonda che sia e obbligare i dirigenti politici ad agire. È venuto anche il tempo di esaminare i nostri comportamenti individuali, compresi limiti alla stessa riproduzione (l’ideale sarebbe di attenersi al massimo al livello del ricambio della popolazione) e diminuendo drasticamente i nostri consumi pro capite di combustibili fossili, carne e altre risorse.

Progressi lungi dall’essere sufficienti

Il rapido declino delle sostanze distruttrici dello strato di ozono nel mondo mostra che siamo capaci di operare cambiamenti positivi quando operiamo con determinazione. Abbiamo raggiunto risultati nella lotta contro la fame e la povertà estrema. Altri notevoli progressi (che non entrano ancora nei grafici acclusi) includono il rapido declino dei tassi di fertilità in molte regioni da attribuirsi all’investimento in educazione di ragazze e donne (www.un.org/esa/population), il promettente declino del ritmo della deforestazione in determinate regioni e la rapida crescita nel settore delle energie rinnovabili. Abbiamo imparato molto dopo il 1992, ma il progresso sul piano dei cambiamenti che sarebbe necessario realizzare con urgenza in tema di politiche ambientali, comportamenti umani e iniquità mondiali è ancora ben lontano dall’essere sufficiente.

Le transizioni verso la sostenibilità possono avvenire in modi diversi, ma hanno sempre bisogno di una pressione della società civile, di campagne d’informazione fondate su prove, di leadership politica e solida comprensione degli strumenti politici, dei mercati e di altri fattori. Qui di seguito, senza ordine di grandezza o importanza, alcuni esempi di misure efficaci e diversificate che l’umanità potrebbe assumere per operare la propria transizione verso la sostenibilità:

a) privilegiare la messa in opera di scorte connesse tra loro, correttamente finanziate e correttamente gestite destinate a proteggere una parte significativa dei diversi habitat terrestri, aerei e acquatici – acqua di mare e acqua dolce;

b) preservare i servizi resi dalla natura per mezzo degli ecosistemi bloccando la conversione di foreste, praterie e altri habitat originali;

c) restaurare su grande scala le comunità di piante endemiche, in particolare i paesaggi forestali;

d) rendere di nuovo selvaggi spazi abitati da specie endemiche, in particolare da superpredatori, al fine di ristabilire dinamiche e processi ecologici;

e) sviluppare e adottare strumenti politici per lottare contro la “defaunazione”, il bracconaggio, lo sfruttamento e il traffico delle specie minacciate;

f) ridurre lo sperpero alimentare con l’insegnamento e il miglioramento delle infrastrutture;

g) promuovere un riorientamento del regime alimentare verso un nutrimento prevalentemente vegetale;

h) ridurre ancora il tasso di fecondità, facendo sì che uomini e donne abbiano accesso all’educazione e ai servizi della pianificazione familiare, in particolare nelle regioni dove tale servizio è ancora assente;

i) moltiplicare le uscite all’aperto dei bambini nell’intento di sviluppare la loro sensibilità alla natura, e in maniera generale migliorare l’apprezzamento per la natura in tutta la società;

l) disinvestire in determinati settori e por fine a taluni acquisti per incoraggiare un cambiamento ambientalista positivo;

m) concepire e promuovere nuove tecnologie verdi e indirizzare una più decisa attenzione alle fonti di energia verdi riducendo progressivamente gli aiuti alle produzioni di energia che utilizzano combustibili fossili;

n) rivedere la nostra economia al fine di ridurre le disuguaglianze di ricchezza e fare sì che i prezzi, le tasse e i dispositivi di sostegno tengano conto dei costi reali per l’ambiente dei nostri schemi di consumo;

o) determinare a lungo termine una misura di popolazione umana sostenibile e difendibile scientificamente, assicurando al contempo il sostegno dei paesi e dei responsabili mondiali al fine di raggiungere tale obiettivo vitale.

Per evitare una sofferenza generalizzata e una catastrofica perdita di biodiversità, l’umanità deve adottare un’alternativa ecologicamente più durevole di quanto non sia la sua pratica attuale. Pur se la raccomandazione sia stata chiaramente formulata già venticinque anni fa dai maggiori scienziati del mondo, nella maggior parte degli argomenti trattati non abbiamo dato ascolto al loro avvertimento.

Presto sarà troppo tardi per uscire dalla traiettoria votata allo scacco, e il tempo incalza. Dobbiamo prendere coscienza tanto nelle nostre vite quotidiane che nelle nostre istituzioni governative che la Terra, con tutto quello che contiene, è la nostra sola casa.

* da www.sbilanciamoci.info

 

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