"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Sulle tracce di Al Andalus e del Don Chisciotte

Alhambra vista da Albayzin

giovedì, 21 aprile 2022

Viaggio nella solitudine della politica. Tredicesimo itinerario.

Andalusia. Sulle tracce

di Al Andalus e del Don Chisciotte

 

21 aprile 2022 – 3 maggio 2022



«Il palcoscenico costruito da Cervantes era affollato da versioni diverse della domanda

se le cose possano mai essere quelle che sembrano, che affermano di essere, 

che vogliamo che siano, che ad altri occorre che siano»

Maria Rosa Menocal, Principi, poeti e visir


Mi sono interrogato più volte se fosse il caso di proporre - malgrado tutto quel che accade intorno a noi - un ennesimo viaggio. Pandemia, crisi climatica, guerre ci potrebbero indurre ad attendere tempi migliori. Il fatto è che il tempo migliore viene considerato quello della normalità, ovvero il contesto nel quale l'intreccio delle crisi che stiamo attraversando ha trovato il proprio retroterra materiale, culturale e politico. Ovviamente valuteremo nelle prossime settimane quali saranno gli sviluppi degli avvenimenti, ma anche questo nostro immergerci nella storia europea e mediterranea lo vorrei considerare come una risposta a chi ci ripropone - in queste ore di guerra - lo scontro di civiltà. E poi non vorrei cedere ad un'emergenza che diviene infinita, perché non sappiamo leggere in altro modo il presente. 

Ecco perché - salvo ostacoli insormontabili - vorremmo di nuovo metterci in viaggio. Uso il plurale, perché questi viaggi sono stati un agire collettivo, una forma di "presenza al proprio tempo" o anche occasioni di formazione, che hanno a loro volta prodotto pensiero e relazioni, diari e libri ed altro ancora.

Abbiamo imparato che ogni terra è un caleidoscopio sul proprio tempo. Lo è andando a rileggere il passato che, quando non elaborato, incombe sul presente. Lo è per quanto ha saputo condensare nella modernità. Lo è infine nella capacità di far vivere il futuro nel presente.

Se ci pensiamo, tutti i precedenti itinerari di questo nostro “Viaggio” hanno cercato di interpretare altrettanti limes, come a far scorrere avanti e indietro la macchina del tempo alla ricerca dei nodi gordiani di un secolo con il quale non abbiamo saputo fare i conti, ancora ingombro dei pensieri e dei paradigmi di una storia finita.

Ancora ci mancavano alcuni passaggi cruciali. Lungo le rotte mediterranee fra l'Europa, l'Africa e il vicino Oriente, alla ricerca di ciò che rimane delle “primavere arabe”. Lungo il cuore di tenebra del progresso, fra la regione del carbone e del ferro contesa nella prima guerra mondiale, il mito della razza che portò ai campi della morte e il delirio dell'homo faber che ha nell'“Arbeit mach frei” e nel controllo dell'atomo i suoi tragici simboli. E infine il passaggio che ci racconta di quando Europa volse il proprio sguardo verso occidente, come a voler rompere il cordone ombelicale che la tratteneva alla Mezzaluna fertile del Mediterraneo.

E’ quest'ultimo un itinerario concettuale prima ancora che fisico quello che ci porterà ad aprile in Andalusia, per toccare tre aspetti che meglio di altri crediamo possano trasmetterci qualcosa dalla storia e dal presente di questa terra.

Il primo ci fa viaggiare all’indietro fino al califfato di Al-Andalus e alla presenza araba in Europa, per conoscere i caratteri di una storia finita nell'oblio. E mette a fuoco il primo di questi tre aspetti: l’integrazione. Una società aperta al sapere che vede convivere ed integrarsi le diverse culture, araba, cristiana, ebraica e la conoscenza che veniva da Oriente (da Damasco prima e da Baghdad in seguito) fino a favorire il rinascimento europeo.

La città che irradiava il Movimento di traduzione in Europa era Cordoba. Nella Grande Moschea, la Mezquita, il bosco di colonne moltiplica lo spazio, in un gioco di perfezione che richiama la matematica e l'architettura. I racconti sulla città di Medina Azahara e sul palazzo oggi in rovina, ci dicono quali potessero essere le passioni e le ambizioni dei califfi dell’epoca. In città si conserva il quartiere ebraico della Juderia, a suo tempo centro della città, dove nacquero i filosofi come Averroè e Maimonide.

C'è un'aria di mistero fra queste vie e questi palazzi: il rogo dei libri lascia il segno in ogni tempo e oltre. Incantati dalla grazia delle decorazioni, respiriamo il colore nell’aria. Uscendo nei giardini, allo scorrere leggero dell’acqua, tra le ombre portate dalla luna, la mente si espone al gioco che ferma il tempo, e anzi lo riporta indietro a mille anni prima.

L’Alhambra, complesso costruito nel XIV secolo nella città di Granada, è la massima espressione dell’arte moresca: vi si coglie il mormorio dei pensieri di un popolo colto. E’ un’arte che non celebra conquiste, né esprime grandezza. Ma racconta attraverso una ricca simbologia, avendo preclusa la ricchezza espressiva dell’iconografia. Parla ai cuori col linguaggio dell’amore. Ricerca l’armonia unendo la geometria alla poesia. In questo anticipando di cento anni il Rinascimento fiorentino.

La contaminazione, il secondo degli aspetti che indagheremo nel corso del viaggio, la ritroviamo nell’Alcazar di Siviglia, una delle massime espressioni dello stile mudejar, opere realizzate da architetti di fede islamica, rimasti in Spagna dopo la riconquista da parte dei re cattolici. A loro fu permesso di mantenere cultura, fede e religione. I musulmani, i moriscos, invece furono costretti nei primi anni del ‘500 a convertirsi al cristianesimo, fino ad una loro definitiva cacciata nei primi anni del XVII secolo. Ma lo stile mudejar è diverso: la simbologia islamica è sostituita da simboli cristiani, l’ambiente perde calore, il rigore prende il posto della grazia.

E’ come un passaggio di testimone. Gli arabi vanno via e attorno all’anno 1400 arrivano i gitani, fuggiti dall’India a causa di altre persecuzioni. Stanziatisi in Andalusia uniscono le vecchie tradizioni del canto, del ballo e della musica andalusa alle loro tradizioni orientali dando vita al cante jondo, canto privo di armonia e di ritmo metrico nella linea melodica, ricco di pathos, dove piange la melodia come piangono i versi.Dall’incontro tra lo stile del canto andaluso non gitano e lo stile gitano nascerà, nell’ottocento il flamenco. Nel flamenco si ritrovano ritmi moreschi, ispanici e afro e l’influenza della musica cubana, attraverso gli stili denominati di Ida y Vuelta (andata e ritorno con le colonie spagnole).

Ci siederemo in qualche locanda di Jerez o al Sacromonte e se saremo fortunati ascolteremo un canto improvvisato a botta e risposta. Ascolteremo in qualche peña di Triana una siguiriya gitana, una canzone tipica del cante jondo, un grido terribile, un grido che divide il paesaggio in due emisferi ideali. E’ il grido delle generazioni morte, l’acuta elegia dei secoli scomparsi, è la patetica evocazione dell’amore sotto altre lune e altri venti che ricorda il lungo esilio gitano, l’allontanamento dalle loro terre orientali, come canta Garcia Lorca. Perché la storia è storia di migrazioni, fino ai giorni nostri. E popoli come gli ebrei, gli armeni, i gitani raccontano l’attaccamento alla loro cultura.

Nel 1922 per recuperare la tradizione autentica del cante gitano viene organizzato a Granada, ad opera di una serie di intellettuali, il Concurso del Cante Jondo. E’ promosso da Federico Garcia Lorca, Manuel De Falla, Joaquin Turina, Rafael Alberti, Juan Ramon Jimenez, Andres Segovia.

Chi non si ritrova nella riduzione della complessità e della contaminazione è Don Chisciotte che ingaggia una battaglia a difesa degli antichi valori del cavaliere errante, l’ordine morale della bontà offesa. E non si avvede della trasformazione che sta avvenendo nella società, l’ultimo degli aspetti del nostro viaggio. Don Chisciotte, non comprendendo la trasformazione, si inganna. Si ritrovò a vivere «in un mondo di specchi deformanti creati da tutta una serie di editti che imponevano di professare palesi falsità, una condizione di follia autodistruttiva degna del genio letterario di Cervantes». Lui sa bene, come Sancho Panza sa bene, come sono le cose, ma per lui è importante trovare le somiglianze con quello che lui ha nella testa, con quello che vorrebbe che siano, e credere che queste somiglianze siano ancora la realtà. Una follia letteraria. Una follia necessaria.

Don Chisciotte è l’eroe della bontà: gli ideali si servono ma non ci possono mai servire. E questo lo pone fuori dal tempo, ieri come oggi.

Cervantes affianca a Chisciotte l’umile Sancho, un compagno di avventura. Sancho serve al racconto per alternare al sogno di Chisciotte la realtà, all’ideale le ragioni immediate. Lo scrittore sembra dire che è Don Chisciotte non solo chi sposa gli ideali, ma anche chi vive solo nell’azione: la realtà provvede a sconfessare e a deludere il primo, ma a bastonare, senza neanche il conforto di aver combattuto per un’idea, anche il secondo. Forse, sembra suggerire Cervantes, è bene ricordarsi di scambiare le parti ogni tanto, essere un po’ l’uno e un po’ l’altro.

Il Don Chisciotte viene scritto qualche anno prima dell’editto reale che mette al bando i moriscos (1609 – 1614) di tutta la Spagna costringendo all’esilio 300.000 moriscos spagnoli. Lo stesso Cervantes usa come escamotage raccontare del ritrovamento di un manoscritto in arabo che si fa poi tradurre. Cervantes è vissuto in Andalusia: a Siviglia è stato imprigionato; a Siviglia ha ambientato racconti.

L'Andalusia è la metafora dell'Europa, degli attraversamenti che l'hanno plasmata, delle pulizie etniche che hanno segnata nel volerne ridurre la complessità e il valore sincretico.

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I luoghi

Visiteremo Siviglia, Cordova, Granada, Ronda, Jerez, Cadice. Ma anche Portbou e Lourmarine

Ci inoltreremo nel mondo affascinante dei palazzi (https://www.youtube.com/watch?v=MYULZH12lQM) e in quello della musica (https://www.youtube.com/watch?v=XPYONlEjBBw), nei passaggi della storia (https://youtu.be/cEsN3pdE7e4) e dell'illusione ottica (https://www.youtube.com/watch?v=pUR2QxLJRE8), di quanto accadde con l'inquisizione (https://youtu.be/byQsL1qlNxU) e nel Novecento (https://youtu.be/-Ueymk0JW5Y).

Il viaggio (21 aprile - 3 maggio 2022)

Vaggeremo in 14 persone. Alcuni dei partecipanti arriveranno in aereo a Siviglia. Chi viene in pulmino, partirà il 21 aprile e rientrarà il 3 maggio. ASiviglia si noleggerà un altro Van. Ai partecipanti è stata indicata una bibliografia. Lungo il viaggio contiamo di darci dei momenti di riflessione, tanto sulle cose che andiamo a conoscere quanto sulle modalità del nostro viaggiare. 

Per la partecipazione è necessario il Green pass rafforzato.

Il viaggio viene realizzato in collaborazione con l'Associazione Viaggiare i Balcani e l'Agenzia Etli - Trentino.

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Programma

 


Giovedì 21 aprile (viaggio) e Venerdì 22 aprile (Siviglia)

Ore 6.00. Partenza dall'Italia con destinazione Portbou, con visita al Memoriale dedicato a Walter Benjamin. Pernotteremo in zona per ripartire al mattino così da essere a destinazione (Siviglia) alla sera del 22 aprile.

Sabato 23 aprile e Domenica 24 aprile – Siviglia

Visita alla città e alle attrazioni principali (Alcazar https://www.andalusiaspagna.com/siviglia/cosa-vedere-siviglia/alcazar/, Giralda, Cattedrale, Maestranza https://www.viaggioinandalusia.it/arena-siviglia-real-maestranza/ ecc). Prevediamo una visita all'Archivio delle Indie, dove sono custoditi tutti i documenti sui viaggi da e verso le colonie a partire da Colombo. C'è da vedere anche una bellissima mostra sui pirati. https://www.andalusiaspagna.com/siviglia/cosa-vedere-siviglia/archivo-de-indias/

Lunedì 25 aprile e Martedì 26 aprile – Cordova

Completeremo la visita a Siviglia e ci trasferiremo a Cordova (distanza 145 km).

La città è molto bella e si gira bene in una giornata e mezza. Da non perdere assolutamente la Mezquita https://mezquita-catedraldecordoba.es/en/, che da sola vale tutto il viaggio. Visita alla Madinat al-Zahra (https://www.scopricordova.com/madinat-al-zahra), l'antica capitale degli arabi (in rovina), appena fuori città.

Mercoledì 27 aprile e Giovedì 28 aprile – Granada

Trasferimento a Granada (distanza 206 km).

Granada è oggi la città più araba (l'ultima Tajfa a cadere). La città è impegnativa per le molte cose imperdibili. A partire dall'Alhambra, che da sola porta via almeno mezza giornata https://www.alhambradegranada.org/it/info/bigliettialhambra.asp). Da vedere, a parte la cattedrale e i monumenti, i quartieri di Sacromonte e Albaycin, dove potremmo pernottare. Se sono aperti, varrebbe la pena vedere i bagni arabi https://www.spain.info/it/scoprire-spagna/granada-bagni-arabi/ . Pernottamento a Granada.

Venerdì 29 aprile – Ronda

Trasferimento a Ronda (178 km)

Ronda https://www.andalusiaspagna.com/costa-del-sol/ronda/ è molto bella, potremmo pernottare lì per poi fare un breve tour di alcuni dei pueblos blancos nella Sierra di Grazalema (https://www.andalusiaspagna.com/costa-del-sol/parque-natural-sierra-de-grazalema/), scendere verso Arcos de la Frontera e magari da lì, sempre attraverso la campagna arrivare a Vejer de la Frontera https://www.andalusiaspagna.com/costa-de-la-luz/vejer-de-la-frontera/

Sabato 30 aprile e Domenica 1 maggio – Cadice e Jerez de la Frontera

Trasferimento a Cadice (182 km)

Cadice, la "città che sorride" (il suo carnevale è molto popolare) e anche la città più antica d'Europa. Meravigliosa. https://www.andalusiaspagna.com/cadice/

https://www.viviandalucia.com/cadiz/cosa-vedere-jerez/

A Jerez, oltre alla visita della città e dei suoi quartieri più tradizionali, possiamo anche provare a visitare una delle tante cantine locali. Alcune sono particolarmente interessanti come ad esempio Tradicion https://bodegastradicion.es/es/historia/ dove si può vedere anche una piccola ma straordinaria esposizione di quadri. A Jerez riusciremo quasi sicuramente a vedere uno spettacolo di flamenco, quello "vero", un'esperienza che non si può evitare in questa parte dell'Andalusia.

Lunedì 2 maggio – Jerez a Siviglia. Il ritorno.

Partenza per l'Italia in aereo e in pulmino. Per chi viaggia in pulmino faremo sosta fra la sera del 2 e il mattino del 3 maggio a Lourmarin (Provenza) per mettere un fiore sull'ultima dimora di Albert Camus. il ritorno in Italia è previsto per la tarda serata del 3 maggio.

Andalusia (Siviglia, Cordova, Granada, Ronda, Cadice)

 

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