"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Affari & Politica

Il potere. Società, personaggi, intrecci.
La prima di copertina del libro

Libro bianco

Il potere. Società, personaggi, intrecci.

A cura di Democrazia Proletaria del Trentino

 

Uscito nel 1985, nel pieno di una crisi industriale e occupazionale, questa pubblicazione ha avuto il merito di svelare come il profitto e la rendita (e non la comunità) rappresentassero la bussola dei potenti. Erano gli anni nei quali il territorio veniva regolarmente saccheggiato per operazioni immobiliari che vedevano all'opera il "partito degli affari". Espressione che coniammo non solo per descrivere l'intreccio fra affari e politica, ma anche la trasversalità politica che in nome dello sviluppo lasciava prosperare livelli speculativi prima sconosciuti. Furono gli anni del saccheggio di Trento Nord, dell'Alto Garda, delle valli più vocate al turismo... solo per indicare la natura sociale e territoriale del lavoro di denuncia messo in campo. Un azione di contrasto che porterà a risultati concreti. 

L'evasione fiscale nel Trentino
La prima di copertina del libro

Libro bianco

L'evasione fiscale nel Trentino

a cura di Democrazia Proletaria del Trentino (1980)

 

Si tratta del primo lavoro di indagine sull'intreccio "affari e politica" dedicato al tema dell'evasione fiscale in Trentino, curato dalla Commissione Fisco di DP del Trentino nel 1980. Illustrato con le vignette di Paolo Vitti.

 

Affari & Politica
La prima di copertina del libro

Solidarietà

Affari & Politica

Viaggio attraverso gli intrecci politico finanziari del Trentino

Solidarietà, 1991

 

Proseguendo il lavoro di inchiesta sul potere che era stato di Democrazia Proletaria del Trentino, nel 1991 esce - per iniziativa del movimento politico Solidarietà - "Affari & Politica". L'inchiesta Mani Pulite e la stagione di Tangentopoli ancora non c'erano e questo libro anticipò di qualche mese lo sconquasso politico e giudiziario che prese il là a Milano e poi in tutto il paese grazie soprattutto alle inchieste della magistratura. In realtà eravamo al canto del cigno della prima repubblica e le inchieste giudiziarie non fecero altro che scorperchiare una realtà che un'attenta analisi politica e sociale avrebbe già dovuto far emergere. Fu questo quel che facemmo, pur in una condizione di isolamento e per certi versi di intimidazione.

Disegni e copertina di Rudi Patauner.

Influenza sociale fra denaro e prestigio
disonore

di Giovanni Pascuzzi *

L’influenza sociale viene definita dalle scienze che la studiano (psicologia, scienza politica e sociologia) come la capacità di orientare i comportamenti degli altri. Gli strumenti attraverso i quali si attua sono essenzialmente tre: il denaro, il potere e il prestigio.

Chi è ricco può comprare beni e prestazioni lavorative. L’esempio tipico è rappresentato dal capitano d’industria che costituisce e organizza le imprese: avendo la possibilità di ristrutturarle, chiuderle, delocalizzarle può incidere sulla vita di tante persone e pure sulle entrate fiscali di uno Stato.

A ben vedere il denaro costituisce anche un potere di fatto (e veniamo al secondo strumento) come contrapposto al potere di diritto, ovvero dell’autorità, che per definizione orienta il comportamento degli individui attraverso ordini, leggi o incentivi. Il prestigio, infine, deriva da una particolare considerazione sociale e varia da contesto a contesto. In passato era legato all’essere anziani o all’aver rivestito ruoli militari. Oggi è legato più alla cultura: per questo gli intellettuali hanno (o dovrebbero avere) grande prestigio sociale.

The battle of Rome… (1)
dal sito https://pontidivista.wordpress.com

Registro che la crisi del Comune di Roma tende ad attraversare molti dei nostri momenti di conversazione e che tale dibattito va assumendo, come spesso accade, i caratteri manichei di un pregiudizievole pro o contro. Convinto peraltro del fatto che le vicende che si susseguono nella capitale ormai da qualche anno abbiano una valenza che ne travalica i confini, ho pensato di riprendere in questo spazio di pensiero le voci più interessanti che trovo (o che vorrete segnalarmi) attorno alla questione. Iniziamo dunque con questo intervento di Federico Zappini (dal blog https://pontidivista.wordpress.com), cui farà seguito Silvano Falocco, anomatore a Roma della scuola di politica Danilo Dolci.

di Federico Zappini

(10 settembre 2016) Mi sono tenuto alla larga dal “dibattito” attorno alle vicissitudini della Sindaca Virginia Raggi, ma l’amico Alberto mi ha regalato un’immagine così meravigliosamente nostalgica e irriverente per non condividerla. Sulla proprio non efficace azione di governo del M5s in questi giorni si è fatta un sacco d’ironia (come è giusto che sia, ci mancherebbe) e si è segnalato come a scricchiolare sia l’intera impalcatura del modello che la coppia Grillo/Casaleggio aveva immaginato per il proprio movimento politico. Un modello pieno di contraddizioni – che non starò qui a elencare – ma che ha avuto l’innegabile intuizione di interpretare  la crisi e l’insufficienza conclamata della democrazia rappresentativa non come un passaggio transitorio ma come di lungo periodo, tentando di costruire una possibile alternativa ad essa. Dove questa ipotesi abbia portato (qualche verifica la si può avere sul campo, e non è certo confortante) e dove porterà (la situazione è fluida, quasi gassosa, non solo dentro il Movimento) non è dato saperlo con assoluta certezza.

Mi sento però di condividere tre spunti di ragionamento, tra loro concatenati, che spero aiutino a capire quali sono – a mio modo di vedere – le questioni che si dovrebbero salvare dal marasma di queste giornate.

La questione morale richiede cambiamento, non di allacciarsi le cinture...
Linus

«Tempi interessanti» (43)

Le iniziative giudiziarie che investono l'intreccio fra affari e politica in Italia fanno parlare di una nuova stagione di “mani pulite”. La prima di queste stagioni, per quanto doverosa, non ha sortito grandi cambiamenti sul piano della moralizzazione della nostra società. Al contrario ha avuto come effetti collaterali una crescente deresponsabilizzazione nella pubblica amministrazione e, sul piano politico, il farsi largo di un becero populismo all'insegna dei furbi e dei mascalzoni. In assenza di una seria elaborazione capace di intervenire sul retroterra culturale prima ancora che sulle regole, l'intreccio del malaffare è cresciuto senza trovare anticorpi...

La sparatoria al Tribunale di Milano e le lobby delle armi
Esposizione di armi

Dal sito www.unimondo.org un'interessante analisi di Giorgio Beretta

 

di Giorgio Beretta

 

(10 aprile 2015) Ieri al Palazzo di Giustizia di Milano, Claudio Giardiello ha ucciso tre persone e ne ha ferite gravemente altre due. Per farlo ha usato una Beretta, modello 98, calibro 9x21 (inizialmente era stato detto una Beretta calibro  7.65) alimentata da un caricatore da 15 colpi: di fatto – secondo le prime ricostruzioni – Giardiello avrebbe inizialmente sparato 13 colpi con la stessa arma, legalmente posseduta con tanto di porto d’armi (nonostante il parere - non vincolante - negativo dei Carabinieri), e al momento dell’arresto aveva ancora con sé alcuni caricatori. «Volevo vendicarmi di chi mi ha rovinato» avrebbe detto Giardiello subito dopo essere stato catturato.

 

Il caricatore non è un dettaglio di poco conto. Come riporta ancora il Corriere della Sera, Giardiello avrebbe sparato “nove colpi contro suo nipote, Davide Limongelli, 40 anni e due figli, ferendolo gravemente”. Quindi avrebbe “rivolto l’arma contro l’avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani, 37 anni, uccidendolo con un colpo all’altezza del cuore”. Il tutto in pochi secondi. Giardiello è stato descritto come “un paranoide ingestibile” dall’avvocato Valerio Maraniello che lo aveva difeso per imputazioni di bancarotta fraudolenta e che proprio per le difficoltà a gestire il suo cliente ha poi deciso di rimettere il mandato. Ma uno dei suoi amici più stretti non ha esitato, anche dopo la sparatoria, a definire Giardiello una persona "di buon carattere", e come “una persona molto buona”. 

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