"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Diario

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sabato, 16 novembre 2013Mare

Onda su onda... Si ispira a un vecchio motivo di Paolo Conte questo nuovo spazio che da domani prende il posto del "Diario di bordo". E, proprio in mare aperto, provo a disegnare le tracce di un rinnovato impegno politico che, conclusa l'esperienza amministrativa, mi dia nuovi stimoli di ricerca-azione. Non mi è poi così difficile. Lo sguardo sulle cose del mondo, anche in questi cinque anni di mandato istituzionale, non si è certo spento.

Nell'osservazione del reale, nell'affrontare quel nuovo contesto globale che ci si attarda a chiamare crisi, nel cercare di interagire con i grandi temi del limite o del confronto fra storia e civiltà nell'area euromediterranea, nel provare a fare i conti con il Novecento e la sua eredità, nell'immaginare nuove frontiere dell'agire politico... ho provato a darmi un'agenda di lavoro che cercasse di non rincorrere gli avvenimenti pur nella necessità di dare risposte immediate ai problemi della comunità di cui sono parte.

Ora, con il tempo disteso che meglio si addice al ricercatore, vorrei provare una navigazione fuori bordo lungo i sentieri delle terre alte e sole che sperimentano forme di impegno civile, professionale, culturale intimamente politiche, ma che la politica
non sa  o fatica a vedere. Quel che ne verrà ancora non lo so.

Intendo questo percorso come una sorta di azione parallela fra l'agire sociale e politico, fatto di studio e di ascolto, di formazione e di elaborazione. E di scrittura, perché nel "darsi il tempo" ci sarà anche lo spazio per il racconto.

 

sabato, 2 novembre 2013La topolino amaranto

Il "diario di bordo" finisce qui. Visto che questa bella esperienza di comunicazione è nata come parte di quel patto partecipativo che avevo proposto in caso di elezione in Consiglio provinciale cinque anni fa e considerato che questo patto non è stato rinnovato, a bordo semplicemente non ci sono più.

Più che un impegno, il diario è stato per me in questi cinque anni un amico che mi ha accompagnato e che mi ha permesso di guardarmi allo specchio, interrogandomi quotidianamente sul senso del mio lavoro. Un diario vero, insomma. Nel quale il lettore poteva rintracciare la fatica, le amarezze, le soddisfazioni. Alla fine è diventato quasi una necessità, tanto che anche in questi giorni di "ammaraggio" ogni tanto sono stato tentato di scrivere la cronaca delle mie affannose giornate. Poi la ragione mi diceva che no, che questa cosa non avrebbe senso al di fuori di un impegno condiviso.

Semmai il diario potrebbe diventare qualcosa di diverso, nel mare aperto. Dandosi il tempo giusto (e più disteso) per raccontarci delle nuove sfide che di certo non mancheranno, del desiderio di scrivere, del ritornare sulle strade del mondo per il piacere del meravigliarsi, ma anche su quelle a noi più vicine, nella convinzione dell'urgenza di cambiare i paradigmi e le forme della politica anche a prescindere dagli esiti elettorali, incapace com'è (questa politica) di uscire della proprie patologie (ho trovato molto suggestivo a questo proposito il passaggio del commento di Maurizio Agostini su L'Adige di venerdì).

Ma prima di prendere qualsiasi decisione devo ancora resettare un po' di cose. Che mi piaccia o no, la mia vita da domenica scorsa è cambiata. Solo che la mia testa tenderebbe ad essere nella dimensione precedente. Avverto il dovere di passare la mano, affinché quanto è stato realizzato non rimanga lettera morta e che i processi avviati non si fermino a metà del guado, spazzati dalle correnti. E al tempo stesso non intendo immaginare il mio futuro come un ritorno al passato, prima di questa parentesi istituzionale. Insomma, credo sia necessario imparare a vivere come un'occasione di cambiamento anche le sconfitte.

Intanto vi ringrazio per avermi seguito sin qui, lungo questo racconto certamente unico nel suo genere che voleva testimoniare come anche le cose del palazzo possono assumere un colore meno grigio e forse più simile a quello dei mille papaveri della poesia di Fabrizio De Andrè. 

(interessante il dibattito sviluppatosi su facebook a partire da questo diario) 

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