«Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani»<br/> Manifesto di Ventotene
Tempi interessanti (6)
Non sono mai stato un fanatico delle primarie. Ammetto di averle considerate, ad un certo punto e a fronte della crisi profonda dei corpi intermedi, uno strumento per rimettere in moto l'ingranaggio arrugginito dei partiti. Un po' forse è stato così, ma con l'andare del tempo mi sono ricreduto, tanto che ora le considero come parte integrante di quella cultura plebiscitaria che ha devastato il senso stesso della politica.
Tempi interessanti (5)
La vicenda dei vigili urbani di Roma che hanno disertato il lavoro a Capodanno ha aperto un dibattito molto acceso e questo mi sembra doveroso. Temo però che il confronto non porti ad interrogarsi su quel che avviene nella nostra società, quanto piuttosto ad emettere giudizi morali che in quanto tali rischiano di far seguire ad una iniziale indignazione (e all'individuazione di un eventuale capro espiatorio) un atteggiamento di ipocrita accettazione dello status quo.
di Michele Nardelli
(10 gennaio 2015) Se l'idea tragica dello “scontro di civiltà” cercava una potente veicolazione l'ha trovata nelle mani assassine che hanno fatto strage a Rue Nicolas Appert, nel cuore di Parigi.
In una delle rappresentazioni della solidarietà alle vittime del settimanale satirico Charlie Hebdo, le matite vengono stilizzate come altrettante torri gemelle ed in effetti l'impatto emotivo suscitato dall'azione terroristica ha raggiunto, almeno sul piano culturale, un effetto analogo a quello delle Twin Towers: “Siamo in guerra”.
I connotati di questa guerra appaiono – a chi la invoca – in tutta la loro nobiltà: sono in gioco i valori della libertà, della democrazia, del diritto di critica e di satira, della laicità... i valori occidentali nati dalla rivoluzione francese, per i quali si è lottato armi in pugno nella resistenza al nazifascismo. “Occorre reagire” – si dice – “non si può stare a guardare l'islamizzazione del mondo”, aggiungendo sottovoce ma non più di tanto “con il suo portato di oscurantismo”.
Massimo Cacciari a "la Repubblica": la necessità di ragionare alla grande. Parole sensate fra le tante (troppe) a vanvera (e periolose) in queste ore difficili
(8 gennaio 2015)"I fatti orrendi di Parigi dovrebbero imporre a tutti noi di ragionare alla grande, ma in questo clima sono in pochi a ragionare, soprattutto in Italia. Il livello del dibattito è deprimente". Lo dice il filosofo Massimo Cacciari.
E quale sarebbe, professore, la prima riflessione da fare?
"Negli ultimi venti-trent'anni abbiamo vissuto tutti nell'illusione che la storia potesse in qualche modo cancellare la propria dimensione tragica. Che la nostra Penisola potesse restare fuori dalle trasformazioni epocali che hanno rivoluzionato la geopolitica e prodotto una serie di conflitti (Afghanistan, Iraq, la questione irrisolta dei rapporti tra Israele e palestinesi) che anche per colpa dell'Occidente restano pesantemente irrisolti".
Risultato?
"Vedo un rischio terribile e concreto. Il rischio di una guerra civile in Europa. Mi spiego: dobbiamo tenere presente che nel 2050 la metà della popolazione del nostro continente sarà di origine extracomunitaria, quindi è impensabile ritenerci in guerra, noi europei, con l'altra parte, con il mondo islamico. Per questo dico che bisogna ragionare alla grande. Il problema è con chi".
Tempi interessanti (4)
Faccio fatica a riconoscermi nella politica che c'è. Abbiamo provato in questi anni a sparigliare le carte nell'obiettivo di dar vita a nuove sintesi politico culturali, dovendoci al fine arrendere di fronte alle derive di una politica che ha pensato al cambiamento più come accettazione dell'ineluttabilità di un mondo segnato dalla diseguaglianza e dal potere del più forte piuttosto che nella ricerca di nuove strade di liberazione umana. Altri ci provano ancora, malgrado tutto, per non lasciare il campo libero a tali derive...
Lo sciopero generale nazionale è una forma di lotta estrema. Se non produce nulla, forse ci sarebbe di che interrogarsi. Se le politiche di sostegno all'economia e alle imprese non producono effetti, né di crescita, né di lavoro, forse un modello di sviluppo è finito e occorre cambiare approccio. Se il delirio dei consumi rende le nostre vite insostenibili, se il mercato finanziario va bene quando cresce l'inflazione e va nel panico quando il prezzo del petrolio ritorna a livelli meno insopportabili, vuol dire che siamo alla follia.
Tempi interessanti (3), pensieri in libertà.